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Autore: Elos    11/03/2010    3 recensioni
- Kami! - Geme lui, più sconcertato che seccato, alzando la testa quel tanto che serve per guardarla in faccia. - Parli più di Naruto, e non credevo fosse umanamente possibile! -
Lei protesta lamentosamente, inchiodandolo nuovamente tra le gambe per impedirgli di ritrarsi:
- Sei troppo vestito! Se tu fossi meno vestito io starei più zitta! -
[...]
- E' un bel problema. Però credo si possa risolvere. -

Prima classificata al concorso "Kakashi loves... sorpresa!" indetto da Verolax.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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24 anni - Konoha - Occhi, ricordo, mano.




Ogni tanto ci pensavo ancora, alla schiena di Yoru sotto la pioggia, ed il ricordo aveva qualcosa di profondamente disturbante, come quando reggevo tra le mani la foto.
In uno scontro cogliere l'attimo giusto è fondamentale: conta più che essere forti, più che essere valorosi, abili, intelligenti, vale più che essere geni, perché basta saper individuare il momento esatto in cui affondare il colpo per riuscire a vincere, a salvarsi, a sopravvivere.
Ogni volta che ricordavo Yoru, come ogni volta che ricordavo Obito, Rin, Minato, ero sopraffatto dalla sensazione di aver perso l'attimo dell'affondo.

C'erano giorni in cui non ci pensavo per niente, magari settimane di fila in cui non mi passava nemmeno per la testa, e poi vedevo qualcuno che teneva la schiena e il capo piegati proprio come faceva lei, il coprifronte sulla gola - mezza Konoha lo portava così, la cosa non mi aiutava - o una massa di capelli lisci e neri, ed eccola lì, Yoru, come l'avevo lasciata.

Nel frattempo, mi veniva da dirmi, forse si era sposata. Forse aveva un marito e bambini a frotte: le piacevano i bambini, era affettuosa, li capiva - era un po' bambina anche lei, nella testa. Forse qualcun altro aveva quello che io avevo respinto.
Me la immaginavo sempre contenta. Ferma ai suoi vent'anni, come cristallizzata nell'ultima volta in cui l'avevo vista, limpidissima e sorridente, perpetuamente entusiasta di tutto.
Nella mia testa sorrideva.

Non mi aspettavo che l'avrei mai rivista: era come Obito, come Rin, come Minato, persa.
Però era viva.
Non sarebbe mai stata come i visi nella foto: perché lei era viva.


Quando gliel'ho raccontato - mi sembrava più
normale, poi, spiegarle che cosa mi era passato per la testa quella mattina - Yoru ha riso:
- Caposquadra, sai, io non sono intelligente come te o Kurai, e sicuramente non sono un genio, proprio no: però a casa ho un sacco di foto dei miei genitori, che sono morti, e le guardo tutti i giorni, e non è che ho mai cercato di ignorare qualcuno per quasi cinque anni a causa di quelle. Secondo te, vorrà dire qualcosa? -



Se c'è una cosa di quell'occhio di Obito che proprio non sopporta è la frequenza con la quale lo costringe a finire in ospedale.
E' stressante, ripetitivo e, tra le altre cose, anche vagamente umiliante: basta tenere il coprifronte sollevato un minuto di troppo durante uno scontro ed ecco che si ritrova con le ginocchia tremanti, la schiena molle e a malapena l'energia necessaria per accumulare un faticosissimo respiro dopo l'altro.
Farsi raccattare semisvenuto dal campo di battaglia non fa bene alla sua nomea - e per quella passi, non è che gliene sia mai importato davvero qualcosa - ma, soprattutto, gli punzecchia la dignità. E' per questo che, quando viene con suo immenso sollievo dimesso, raccatta la sua roba in tutta fretta e abbozza quello che ha tutte le caratteristiche di un tentativo di fuga verso l'uscita.
Se ne sta sgattaiolando per i corridoi dell'ospedale anche in questo momento, mimando una noncuranza ammirevole - ma i reparti sanno di medicinale, certuni di sangue, non un buon odore - quando qualcuno gli taglia la strada d'improvviso, sbucando fuori in tutta fretta da una stanza.
Kakashi inchioda e l'altro gli finisce addosso, rimbalzandogli - non c'è migliore definizione per la cosa - contro il torace e ritrovandosi per terra insieme alla voluminosa pila di fogli che teneva tra le mani... Non c'è da sorprendersi, pensa Kakashi con un miscuglio di rassegnazione ed esasperazione, che con un cumulo del genere tra le mani non riuscisse neanche a vedere dove metteva i piedi.
- E' tutto a posto? - Si azzarda a chiedere gentilmente, piegandosi un po' verso la persona seduta per terra; che alza la testa, adocchiandolo con aperta irritazione, e bofonchia:
- Non è evidente? -
Il bofonchio si spegne mentre sgrana gli occhi - sgranano gli occhi, entrambi - e Kakashi si trova a fissare un volto familiare come quelli dolci che in una foto gli sorridono tutte le mattine, ed è in un déjà vu accecante che riconosce il viso e la scena.
- Yoru...? -
Il volto familiare si aggrotta, corrucciandosi, e la voce, già irritata di suo, si fa decisamente poco amichevole:
- Hai sbagliato fratello, Kakashi. -
Kurai. Oh, dannazione...

Non è migliorato neanche un po' con il tempo. Tutte quelle storie sugli anni che stemperano le asperità e addolciscono il carattere... be', deduce Kakashi, sono precisamente solo quello, storie. Balle. Kurai è lì ed è suscettibile, scontroso, saccente e indisponente esattamente come il giorno in cui l'ha conosciuto.
Ed ha, ma a dir questo è una vocina nella sua testa che preferirebbe non ascoltare, sempre la stessa faccia - che poi è quella di Yoru - ma questo non conta niente, giusto?
Giusto.
L'aiuta a raccattare da terra i fogli, che si sono sparpagliati un po' dappertutto lungo il corridoio e ad ogni spiffero che filtra dalle porte e dalle finestre si allontanano ulteriormente, trasformando la raccolta in una specie di inseguimento forsennato.
Disinvoltura, si raccomanda interiormente. Disinvoltura e cortesia. - Come vanno le cose? -
- Bene. -
Non è facile essere né disinvolticortesi con Kurai, perché la tentazione è quella di abbandonarlo a sé stesso lì nel corridoio con i suoi fogli caduti, girarsi e andarsene senza perdere nemmeno il decimo di secondo necessario a salutare.
Kakashi riesce finalmente a sommare la presenza del ragazzo in quel posto con un qualche ricordo che scatta tutto ad un tratto nella sua testa:
- Hai trovato lavoro qui, allora? -
- No. - Lo interrompe Kurai, il tono piatto. - Lavoro con la squadra di analisi. -
Ben sette parole per una risposta. Gli si saranno grattugiate le corde vocali, con tutto questo fiato sprecato...
Kurai gli rivolge una strana occhiata piuttosto penetrante al di sopra di un foglio, prima di abbassare lo sguardo e soggiungere:
- Sono venuto qui a trovare Yoru. -
A Kakashi quasi sfugge di mano la pila di carte raccolte.
Yoru, Yoru, Yoru. La vocina nella sua testa lo scandisce in una cantilena. E' venuto a trovare Yoru. Yoru è in ospedale.
- Non sta bene? -
Kami, per cortesia, fate che sia suonato molto noncurante ma non troppo noncurante. Diciamo amichevolmente noncurante, ecco.
- Adesso sì. -
Adesso sì. Un adessoprevede un prima no. Prima no?
- E' stata male? -
- E' stata ferita, qualche mese fa. -
E' stata ferita qualche mese fa ed è in ospedale ora?
- Comunque, se vuoi andarla a trovare, è al terzo piano. - Kurai gli sfila i fogli dalle dita e Kakashi lo lascia fare, recuperando appena in tempo la prontezza di spirito necessaria ad allentare la stretta delle dita: si rende conto d'averle serrate, per un attimo, in una specie di morsa che ha lasciato segni stropicciati sulle carte.
- Mh, già. -
Kurai pare prendere il mezzo mugugno che gli è scappato dalle labbra come una risposta completa, coerente e, soprattutto, dotata di senso: perché gli rivolge un cenno del capo a mo' di commiato, piegando a malapena la testa, prima di allontanarsi con la sua roba tra le mani.
E lasciando Kakashi, fermo in mezzo al corridoio, alle prese con un dilemma morale di proporzioni epiche.

Che cosa si dice in questi casi?
Sono felice di vederti...? Come, come? Sono felice di vederti... in ospedale? Non ne sono del tutto sicuro, ma direi che potrebbe non essere adatto. Scartiamo il sono felice.
Mi spiace vederti qui? Che, tenendo conto dei precedenti, potrebbe anche suonare come un mi spiace vederti ovunque...
Spero che tu stia bene? Spero che tu stia bene potrebbe andare. Prima o dopo di un come stai?
Si scopre sull'ultimo gradino della scala, ormai al terzo piano, colto da un'improvvisa tentazione di girarsi e andarsene.
L'ha lasciata quattro anni prima con nulla più che un fatti pure la doccia, se proprio ti serve: non capisce bene cosa sia, adesso, tutta questa smania di andare a informarsi sulla sua salute. Kurai ha detto che è a posto, ora, no? E' in ospedale. E' stata ferita in missione. Be', è una ninja, dannazione. E' previsto, no, che possano essere feriti, uccisi...?
Sobbalza, un po' per il pensiero che si è insinuato all'improvviso - è che sommare quelle due parole, Yoru e uccisa, gli assesta una specie di fitta che passa attraverso lo sterno e gli si pianta dritta dritta sopra la bocca dello stomaco - e un po' perché si rende conto che, malgrado tutto, ancora sta camminando
. E' già a metà del corridoio e c'è una parte di lui, quella che nel frattempo non è intensamente occupata a rimuginare, che sbircia in ogni stanza in cerca di un viso familiare. Non qui, non qui, non qui, forse - no, non qui. E poi, ecco, finalmente, qui.

Ha i capelli cortissimi: più corti di quelli di un maschio, tanto corti che le orecchie piccole affiorano ai lati della testa tra le ciocche folte, bianche nel nero, tanto corti che i lineamenti del viso sono come un disegno senza contorni. Sta seduta sul bordo di uno di quei lettini asettici e tanto scomodi che si usano negli ospedali, con una maglia di lana dal collo altissimo e asimmetrico sotto al quale si perdono il suo mento e parte di una guancia. E' più magra di come la ricordasse, le dita sono più sottili, ma ha le spalle sempre larghe, la schiena diritta. Dalla lana della veste emerge una gamba scoperta e un'altra fasciata da una guaina elastica. Anche le braccia sono così, una nuda ed una vestita, ed è piacevole e curioso il contrasto tra la stoffa e la pelle.
Non sorride: e Kakashi, che da quattro anni a questa parte la vede solo sorridente, in ciascuno di quei ricordi che si ostinano a fare capolino nella sua testa, si sente come defraudato di qualcosa. Yoru alza la testa di scatto e lo inquadra. Con gli occhi sgranati, sorpresi, a Kakashi sembra di rivedere la faccia che aveva suo fratello solo pochi minuti prima.
- Kakashi? -
Non caposquadra, ma Kakashi. Di nuovo, qualcuno gli ha tolto da sotto le mani qualcosa che nemmeno sapeva di aver conservato.
- Ciao. -
Il come stai, il spero che tu stia bene, il ti trovo in forma e via discorrendo sono spariti tutti in quel sorriso che manca e che non era mai mancato, prima. Cerca di ricordare se l'ha mai vista seria - seria davvero - ma è lo sguardo un po' opaco a fare davvero la differenza.
- Che ci fai qui? - Domanda Yoru, stupita.
Ho incontrato tuo fratello e l'ho scambiato per te - dannazione - e lui mi ha detto che stavi male e se è davvero così è sbagliato, perché tu dovresti stare bene, sempre bene, sempre sorridente e sempre con la testa altrove, sempre come l'ultima volta in cui ti ho visto, ché era quello che volevo ottenere spingendoti via - credo.
- Mi hanno dimesso oggi. -
- Non sei stato bene? -
- Niente di grave. E' solo l'occhio. Tu? -
Yoru sorride, inclinando il capo da una parte: ma, per la terza volta, Kakashi ha l'impressione netta del furto, perché quello non è il sorriso di Yoru. C'è qualcun'altra, dietro la sua pelle, che finge di essere contenta e non lo sembra per niente, e lei se ne sta seduta sul bordo del letto e stringe con le mani il materasso.
- Sono qui per una visita di controllo. Ne devo fare una al mese, sai, per un anno almeno. -
- Per cosa? -
- Per i danni. Quelli che sono rimasti, msì. - Yoru piega la testa sulla spalla e poi la fa dondolare su e giù, lentamente, in un gesto che Kakashi le ha visto fare infinite volte. - Kurai dice che non ci saranno problemi, non ci sarà rigetto né niente, ma i dottori qui ci tengono a controllare. -
Rigetto. Kakashi vorrebbe riuscire ad assimilare quella parola, appropriarsene, ma l'occhio gli è caduto su qualcosa che affiora dal collo della maglia, bianco più bianco della pelle: Yoru segue il suo sguardo e avvampa. Alza le dita per sollevare un altro po' il bordo di lana, e contro il rosso improvviso delle guance la cicatrice spicca candida come latte.


Nel buio non ho bisogno di vederla per poterla seguire con le dita, anche se è liscia e compatta e non è affondata nella pelle morbida. So dov'è perché le mie dita ci sono passate sopra a sufficienza da poterla imparare a memoria: l'ho odiata, all'inizio, perché aveva rotto la foto di Yoru che mi era rimasta in testa - sedici anni intatta candida felice con tutta la vita davanti - e non riuscivo a perdonarglielo, ma adesso è lei anche quella.
Se la cerco Yoru sorride ed è bellissima - più bella dei suoi sedici anni, dei venti, più bella di quanto lo possa essere chiunque mai in qualunque modo o tempo o dimensione - perché come per Obito stava per scivolarmi via dalle mani, rotta, ma poi non era il momento, così, ecco, adesso è viva.



- Ho fatto una sciocchezza. Abbiamo fatto una sciocchezza tutti e due, a dire il vero, io e Kurai. -
Parla svelta e un po' distratta, il capo piegato da una parte e le mani strette attorno ad una tazza di caffè caldissimo.
Caffè che, per inciso, odora di morto. Kakashi ha buttato appena un'occhiata alla tazza prima di allontanarla impercettibilmente da sé, facendola strisciare sul tavolino del locale: il suo istinto di sopravvivenza gli ha suggerito amabilmente che il suo stomaco potrebbe non apprezzare l'immonda brodaglia.
Yoru, che forse non è dotata di un fiuto altrettanto buono - o che più probabilmente ha un istinto di sopravvivenza piuttosto scarno - trangugia il liquido scuro della tazza a lunghi sorsi.
- Avrei dovuto pensare che poteva non essere una buona idea infilarci nelle gallerie quando sapevamo che ci stavano seguendo, mh? Ma poi ci siamo trovati in mezzo al crollo e c'era questo tizio, fuori, che cercava con la sua accidenti di tecnica di farci cadere tutti i tunnel addosso per schiacciarci... -
Oltre all'odore disgustoso ha anche un aspetto non del tutto rassicurante, quel caffè. E' marrone fango, quasi verdognolo - come ci si aspetta che qualcuno, chiunque, sano di mente, beva quella roba?
Kakashi si concentra intensamente sul caffè nella speranza che nessuna immagine di crolli e persone schiacciate gli salga alla testa, ma non è sicuro che il metodo funzioni.
- Comunque adesso va meglio, davvero. Sono in vacanza. - Conclude, contenta, ed è una contentezza che sa di falso dalla prima all'ultima sillaba e dal primo all'ultimo dente che si scopre in quel dannatissimo sorriso che è la brutta copia d'un sorriso alla Yoru. - Niente missioni per Yoru, per un po', finché il braccio non torna a posto. -
- Cos'ha il tuo braccio che non va? -
Lei lo guarda un po' sorpresa: forse, dopo quasi mezz'ora di silenzio, non si aspettava di vederlo decidersi tutto ad un tratto a partecipare al discorso.
- L'osso era rovinato. Anche il muscolo, e il tendine, ma l'osso era peggio. Kurai ha fatto tutto quel che ha potuto e molto di più, anche, ma ci vuole tempo per queste cose. Però tornerà a funzionare esattamente come prima, ne sono tutti convinti... - Una scheggia di sorriso più sincero. - Si tratta solo di aspettare. -
Ha ripiegato il collo alto della maglia da una parte, Yoru, ma tiene il capo inclinato per nascondere più che può la cicatrice dietro la lana. Kakashi sente di capirla, la capisce, certo, ma non c'è niente di più tremendo di quello. Yoru non - è Yoru, Kami!, Yoru, candida, pulita, è sbagliato - non è fatta per aver disagio di una cicatrice.
- Posso vedere? -
Se anche lei gli risponderà di no, forse, cercherà di forzarla. Vuole vederla, quella cosa che lei nasconde, perché pensa che se potesse vederla magari si sentirebbe un po' meno sporco e colpevole. Non è ragionevole sentircisi: però ci si sente, con Minato, Obito, Rin, e la faccia di Yoru e dei suoi vent'anni, tutto buttato nello stesso calderone.
Yoru, comunque, alza le mani e abbassa la maglia per scoprire la guancia, il mento, il collo e un pezzo di spalla: la cicatrice si mantiene liscia e appena frastagliata lungo lo zigomo, si approfondisce nella piega molle della gola e poi si dirama come acqua increspata in prossimità della clavicola, allargandosi.
Lei afferma, con un tono allegro che è come una lama rigirata a fondo, ad ogni parola una coltellata sporca di sale:
- La gamba è un po' peggio. Il braccio è un po' più che un po' peggio. -
Ecco spiegati la manica e il gambale. La manica, soprattutto: lunga fino alle nocche, stretta, con un buco per far scappare via il pollice. Sotto la stoffa liscia e tesa non si vede niente di più che la forma del gomito, sottile come Kakashi la ricorda, la piega esilissima del polso, la curva più ampia del muscolo che si fonde e poi, nella spalla, si fa forte e nervoso.
- Mi dispiace molto, Yoru. -
Il sorriso di lei si ingentilisce, addolcendosi:
- Grazie, caposquadra. -
E' sentirsi chiamare così che gli fa montare dentro una voglia furiosa di scusarsi con lei per quel capisco con il quale l'aveva congedata mentre lei sembrava chiedergli se andava bene chiudere in quel modo, andarsene, e di scusarsi per la foto, e per la cicatrice - che non è dipesa da lui, se ne rende conto davvero, lui non c'entra niente, però non riesce a fare a meno di sentirsi in colpa anche per quella.
Yoru è ancora bellissima con quei capelli che non ci sono più - ma ricresceranno - ed il viso che la cicatrice fa solo un po' meno bianco, nel contrasto, e la muscolatura è intatta sotto la pelle lesa, il suo sorriso è diritto e perfetto come prima, anche se sembra spento, anche se sembra incerto.
- Mi spiace anche per la doccia, Yoru. -
- … doccia? Che doccia? -
- Quella storia della doccia. -
Lei sgrana gli occhi, piuttosto perplessa, e c'è proprio tutta Yoru così come dovrebbe essere dietro a quegli occhi spalancati e stupiti, mentre esita per un po' prima di affermare cauta:
- Scusami tanto, caposquadra, ma non è che ti seguo proprio bene. Di che cosa stai parlando, precisamente? -
Spiegare è complicato, pensa Kakashi. E' che la doccia e quella sua stupidissima frase cattiva, detta in un attimo di - paura? - qualcosa che adesso non sa bene cosa sia stato, gli è rimasta a metà della gola e ha contribuito a inacidirgli la vita per tutti quegli anni.
- Hai una stanza a Konoha, Yoru? -
Vede gli occhi sgranati farsi ancora più grandi, se possibili, nello sconcerto:
- E' una specie di domanda trabocchetto, la risposta alla mia domanda o cos'altro...? -
- Yoru... - Gli scappa da mugolare, esasperato.
- Non ho una stanza, Kakashi, perché non mi serve. Quando vengo per le visite sto a casa di Kurai: lui ha un appartamento, lo divide con Hime e Kasumi, le bambine... adesso sono tutte e due all'Accademia, sai? -
- E resti per qualche giorno? -
- Msì, credo, forse fino a dopodom... -
- Stai da me, stasera? -
Ha una foto da farle vedere, forse, e qualche altra cosa di cui scusarsi, sicuramente.
Trecentosessantacinque giorni moltiplicato per quattro anni e rotti trascorsi fanno un sacco di giorni per i quali scusarsi: si può cominciare un po' alla volta, magari, e poi dirle che gli spiace per quella volta che l'ha baciata solo attraverso la stoffa, e per tutte quelle altre in cui avrebbe dovuto capire quanto è stato fantastico averla a vent'anni - ma con un po' di fortuna non è troppo tardi per quello - e poi, soprattutto, spiegarle perché ha da chiederle scusa per una doccia.
Yoru fa una faccia strana, esterrefatta al punto da sembrare comica, e poi si oscura: è come se si spegnesse, prima le labbra che scivolano verso il basso, poi le guance che si piegano con la cicatrice che sembra aumentare in bella evidenza, e infine gli occhi, opachi. Era così, all'ospedale, un po' triste, molto incerta, niente sorriso.
- Non mi pare una buona idea, Kakashi. -
Suona molto come un no.
Be', in quei quattro anni potrebbe aver trovato un marito, una frotta di figli - quelli che Kakashi aveva immaginato per lei - o, semplicemente, potrebbe aver perso d'interesse. D'altro canto non era mai stato in grado di quantificarlo, quell'interesse, di dire se era poco, abbastanza o molto.
Sono passati quattro anni e magari lui non è più sufficientemente interessante. Di che si lamenta, in ogni caso? Non è stata lei a sbatterlo fuori di casa, all'epoca...
Fa per aprire bocca e scusarsi, cercando stentatamente le parole giuste per mascherare la delusione, ma Yoru tutto ad un tratto allunga una mano di scatto attraverso il tavolo: prima la sinistra, che è quella fasciata dalla manica lunga, che però si ferma a mezz'aria e viene sostituita subito dall'altra. Le dita sottili della ragazza gli si posano sul polso con incertezza:
- Scusa. - Mormora rauca. - Non è un granché da vedere, tutto qui: e ti prego di credermi sulla parola. -
Kakashi guarda la mano sul suo braccio e prova un miscuglio di sollievo - non ha detto di no - nostalgia - quel gesto delicato non assomiglia molto a quelli ingombranti di Yoru, improvvisi e inaspettati, gli sembra gli strazi le viscere il ricordo - calore - non sa bene cosa vuole ma sa che cosa non vuole: non vuole che resti così, non vuole che non sorrida, non vuole che se ne vada.
- Se è tutto qui, ti credo sulla parola, Yoru, e vorrei che tu restassi. -
La faccia di Yoru si rompe, è proprio così che la vede, rotta, mentre pare sull'orlo del pianto. Non l'ha mai vista piangere - Kami, prima di oggi non l'ha mai nemmeno vista se non sorridente! - e non sa bene come affrontare la cosa, però Yoru inghiotte a vuoto due volte e si ricompone; e pure la voce esce distesa, quasi naturale:
- Non ti piacevo, Kakashi? -
Per un po' non sa cosa rispondere, ma poi decide che la verità, per una volta, forse è la cosa migliore:
- Molto. - Molto, ed anche per quello non aveva voluto che Yoru diventasse ciò che erano i volti sulla foto, cose preziose, perché le cose preziose si perdono e poi restano solo nomi da rimpiangere su un sasso bianco.
- Allora non ti piacerei, adesso. -
E' candida anche in questo, assolutamente franca.
Kakashi pensa che forse sarebbe opportuno dire qualcosa di rassicurante, qualcosa che le dia la certezza che non sarà come lei crede, che sarà tutto giusto e perfetto, ma di fronte a tanta franchezza, be', non sarebbe solo crudele, sarebbe osceno rispondere qualcosa che non si pensa.
- Lasciami almeno provare. -

Yoru si tortura il labbro inferiore con i denti - incertezza, una parte di Kakashi che ancora pensa da ANBU quasi si aspetta di sentire l'odore della paura gocciare fuori dalla sua pelle - ma poi alza gli occhi e assente:
- D'accordo. -
E gli occhi, gli occhi, gli occhi, non sono più opachi.





Note

E io mi sono resa conto da un paio di giorni di aver rubato il titolo a qualcosa che già esiste: Tutta la vita davanti è infatti un film di Paolo Virzì, uscito forse due anni fa, che ruota attorno alle vicende di Marta (interpretata da Isabella Ragonese), neolaureata con lode che si trova suo malgrado a lavorare in un call center gestito da una inquietantissima direttrice (interpretata da Sabrina Ferilli).
Il film trae a sua volta ispirazione dal libro Il mondo deve sapere, di Michela Murgia.

Avevo già visto il film qualche tempo fa - e avevo trovato apocalittiche somiglianze tra me e la protagonista, a cominciare dal nome (ahi, ahi, ahi xD) per terminare con la tipologia di laurea scelta - ma no, il titolo non viene da lì. Devo anzi dire che non ci avevo pensato per niente, e che se ci avessi pensato qualche riferimento dentro, magari, ce l'avrei inserito.

Il titolo nasce invece dall'ennesima rilettura de L'Ultimo Orco, uno dei meravigliosi romanzi di Silvana De Mari, che io considero tra le autrici italiane insieme più brave e meno considerate di questi anni.
Scrive fantasy come fantasy comanderebbe, in un italiano che è come l'italiano istesso chiede d'essere scritto, per parafrasare Camilleri, ed è insieme originale, profonda, ironica e lieve.
E, ovviamente, è misconosciuta: per cui io mi trovo le librerie intasate da trilogie che sono copie di copie di copie, ma per recuperare una buona edizione dei suoi libri debbo prenotarla. Ho deciso pertanto che la mia missione sarà pubblicizzarla ovunque, ferocemente.
Uno degli ultimi capitoli de L'Ultimo Orco - del quale no, non racconterò niente - mi ha fatto nascere una riflessione su questa vita che resta dopo qualcosa: da cosa nasce cosa, da riflessione riflessione, e siamo arrivati al titolo che c'è ora.


... in realtà mi sono trovata a due ore dalla consegna a interrogarmi disperatamente su un titolo, sperando nella divina illuminazione. Ma questi sono dettagli, ovviamente.


Salice: Io trovo che Kakashi sia, come Sasuke, una di quelle persone che, se fossero reali e ti capitasse di incontrarle, ti verrebbe solo che voglia di prendere a schiaffi. Quando nel manga s'atteggia con tre tredicenni (ehi, sono tredicenni, miseria! xD Sono piccini, piccinissimi, perché li tratti così, se non serve?), quando fa finta con Sasuke che non gliene importi niente e sorride, e invece magari se gli avesse spiegato sarebbe cambiato qualcosa, quando se ne va in giro depresso perché ha trattato a pesci in faccia Obito, e poi non è che sia migliorato tanto... Però, che personaggio bellissimo che è. *_*

slice: No, è verissimo! xD Come ho già detto su a Salice, anche il Kakashi del fumetto certe volte mi ispira insieme di autolesionista e vagamente intollerante ai problemi degli altri. E' un po' come se non li capisse, o non si rendesse conto di quanto possono essere gravi o delicati: è un po' come se decidesse di farsi carico del peso del mondo, e per questo decidesse di scavalcare, magari, i pesi più piccoli che vede sulle spalle di chi ha attorno a sé. Penso sia anche questo che lo renda affascinante. Grazie per i complimenti! ^^ Spero che questo capitolo ti sia piaciuto di più...!
  
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