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Autore: Inessa    28/07/2005    5 recensioni
Si giocava ad una macabra roulette russa. Il tamburo gira… Basta puntare la canna alla testa ed avere il coraggio di premere il grilletto per scoprire di aver vinto.
Genere: Romantico, Malinconico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer : i personaggi di Harry Potter non appartengono a me, ma a chiunque ne detenga i diritti. Sono da me utilizzati senza autorizzazione alcuna e senza scopo di lucro. Il titolo di questa one shot non appartiene alla sottoscritta, ma è il titolo di una canzone dei Pooh e soltanto a loro appartiene.

Le campane del silenzio - Vento divino (Kamikaze)

Soldat Soldat in grauer Norm
Soldat Soldat in Uniform
Soldat Soldat, ihr seid so viel
Soldat Soldat, das ist kein Spiel
Soldat Soldat, ich finde nicht
Soldat Soldat, dein Angesicht
Soldaten sehn sich alle gleich

Lebendig und als Leich

Soldat Soldat, wo geht das hin
Soldat Soldat, wo ist der Sinn
Soldat Soldat, im nächsten Krieg
Soldat Soldat, gibt es kein Sieg
Soldat Soldat, die Welt ist jung
Soldat Soldat, so jung wie du
Die Welt hat einen tiefen Sprung

Soldat, am Rand stehst du

Soldat Soldat, in grauer Norm
Soldat Soldat, in Uniform
Soldat Soldat, ihr seid so viel
Soldat Soldat, das ist kein Spiel
Soldat Soldat, ich finde nicht
Soldat Soldat, dein Angesicht
Soldaten sehn sich alle gleich
- lebendig und als Leich

(Soldat Soldat – Wolf Biermann)






Spinse stancamente la pesante porta in noce ed entrò nella vecchia locanda.

Lasciò che si richiudesse alle sue spalle, in un sempre più lento e pesante ondeggiare.

L’ambiente era molto caldo in quel pigro pomeriggio di Luglio. Solo poca luce filtrava ad intervalli irregolari dalle finestre chiuse, illuminando la miriade di granelli di polvere che, ad ogni movimento, si sollevava dai vecchi tavoli, formando una tempesta di puntini luminosi.

L’aria sapeva di vecchio, di mare, di sole.

Di bei giorni ormai andati.

Poca gente occupava i tavoli, intenta a bere, o a leggere un giornale.

I titoli inquietanti della tragedia di poche settimane prima ancora riuscivano a conquistarsi le prime pagine. Si contava il numero di morti, proprio lì…tra la pubblicità dell’ultima Nimbus e la quantità di cosmesi utilizzata dal Ministro della Magia.

Prese posto al bancone, su un vecchio sgabello.

-Un whisky!- ordinò stirando tra due dita una banconota che fu costretto a lasciar cadere sul legno logoro. Il lieve tremolio delle mani tradiva la sua ansia.

Si guardò intorno per prendere nota dei presenti.

Per registrare gli ultimi, fugaci attimi.

Era come una nota stonata. Il suo abbigliamento, il suo portamento, la sua espressione…non avevano nulla a che spartire col resto dei clienti.

Il suo elegante completo nero, rifinito in argento, strideva con i vecchi abiti da stregoni e con le povere divise delle cameriere.

La sua ostentata nobiltà, i suoi gesti ricercati discostavano dai volgari atteggiamenti del resto dei presenti.

Era un La bemolle in un giro di Do.

Stonava.

Per il resto però, tutto era come previsto.

Aveva ricevuto ordini precisi: niente Auror.

Niente atteggiamenti vistosi.

Sarebbe dovuto passare inosservato, avrebbe dovuto portare a termine il lavoro in modo pulito.

Esattamente come ci si sarebbe aspettato da un combattente del suo livello.

Da un devoto seguace del Signore Oscuro.

Era un’arma carica, pronta ad esplodere.

Doveva solo attendere l’ordine ed eseguire.

Perché era questo ciò per cui era stato addestrato:

Eseguire gli ordini.

Colpire.

Uccidere.

La sua volontà passava in secondo piano.

Era solo una marionetta, guidata da autorevoli fili invisibili.

Un fantoccio anonimo che avrebbe costituito solo un anonimo pezzo di quel grande mosaico che era la guerra a cui combattevano.

Per una razza pura.

Per dimostrare a tutto chi fossero i superiori.

Per il potere.

-Ecco a lei!-

Spinse la banconota in direzione della barista precipitandosi sul suo whisky. Ancora una volta dovette arrendersi alla sua angoscia.

Man mano che sentiva il tempo scorrere le sue mani prendevano a tremare con sempre più vigore.

Lanciò un’occhiata alla ragazza sperando non si fosse accorta di quella debolezza.

Lo stava guardando.

I capelli rossi legati in una coda alta, qualche ciuffo ribelle ai lati del viso.

Gli occhi verdi sembravano rilucere in quel luogo angusto.

Un’altra nota nel giro sbagliato.

La sua divisa, semplice e povera contrastava con il sorriso sulle sue labbra e con l’espressione viva sul volto.

Lo colse un forte senso di déjà vu.





Mosse lentamente le gambe tra le lenzuola calde.

Un raggio di sole filtrava dalle imposte socchiuse, andando a posarsi sul suo torace nudo.

Sentiva un lieve peso sul fianco destro, una mano leggera poggiata su una spalla, quasi sconosciuta.

Aprì lentamente gli occhi, abituandosi gradatamente alla luce. Era nella sua stanza. Nei sotterranei della scuola.

Mise finalmente a fuoco l’immagine davanti a sé, restandone abbagliato.

Non era stata però la luce del sole ad accecarlo, facendo stringere paurosamente le sue pupille in precedenza dilatate.

Due occhi verdi lo stavano fissando assorti. Poteva scorgervi una luce…come di una fiamma danzante. -Buongiorno! Dormito bene?-

Si limitò a sorridere a quella domanda, posta da una voce stranamente squillante per una ragazza appena sveglia.

Le poggiò una mano sulla guancia attirandola a sé e la baciò con calma.

Fu lei, dopo avergli regalato un sorriso, ad abbassarsi di nuovo su di lui approfondendo il bacio.





-Sei nuovo di queste parti? Non ti ho mai visto.-

Annuì con vigore mentre prendeva un sorso dal suo bicchiere, poi lo posò con violenza sul bancone soffermando di nuovo i suoi occhi di ghiaccio su di lei.

-Da dove vieni?- chiese lei poggiando i gomiti sul bancone e sostenendosi il viso con una mano.

-Diciamo che sono un vagabondo!- affermò lui sorridendo enigmatico.

Si portò di nuovo il bicchiere alle labbra, mandando giù una buona dose di liquido ambrato. Chiuse gli occhi godendo del bruciore che gli invase la gola.

-Non hai l’aria del vagabondo!-

Sollevò un angolo della bocca in atteggiamento malizioso.

-Forse non lo sono! Ti piacerebbe davvero scoprirlo?-

La ragazza si limitò a sorridere facendo ondeggiare i capelli. I suoi occhi presero a brillare più di prima.

La sua grazia poco si addiceva al logoro completo, forse un po’ troppo corto per una cameriera, che indossava. Nonostante tutto riusciva a mantenere un atteggiamento accattivante.

-Dimmi, vagabondo, ce l’hai un nome?-

Le lanciò un occhiata con nonchalance giocando col posacenere alla sua destra.

-Demetrius.-

Le indicò poi il bicchiere vuoto con un dito ed allungò un'altra banconota, nella silenziosa ordinazione di un altro whisky.

Attese in silenzio che lei ritornasse, dando un’altra controllata intorno, per assicurarsi che tutto procedesse secondo i piani.

Scorse un orologio alla parete dietro il banco.

Mancava poco, davvero poco.

Il ticchettare della lancetta dei secondi iniziava prepotentemente ad invadergli la mente.

Tic tac

Ringraziò la ragazza mentre prendeva in mano il bicchiere.

-Sbaglio, o le presentazioni non sono ancora complete?-

La vide incurvare le labbra appena evidenziate da un filo di rossetto e porgergli la mano tesa.

-Sono Galiläa!-

Strinse quella mano con forse più calore di quello che la sobria eleganza del suo rango permetteva.

-Dimmi una cosa, Galiläa! Che ci fa qui una come te?-





Una mano scese lungo la sua schiena sfiorandola in una lenta ma sensuale carezza.

La afferrò possessivamente per i fianchi facendola sedere sul suo bacino, le mani di lei gli si poggiarono sul torace come tante volte avevano fatto quella notte.

Sorrise guardandola negli occhi: quella situazione sfiorava i limiti del paradossale.

Percorse con la punta delle dita le sue gambe, dalla pianta del piede sino al ginocchio. Accarezzò la pelle sopra il polpaccio che, quella notte, aveva scoperto estremamente sensibile.

La vide, infatti, sospirare mentre le guance le si riaccendevano.

Le lenzuola argentate riuscivano appena a coprirle i fianchi, per il resto poteva liberamente vederla. -Non capisco cosa ci faccia qui una come te!-

Sussurrò mentre le dita leggere di lei iniziavano a muoversi lungo i suoi pettorali.

-E come sarebbero quelle come me?-

Chiese senza porre fine a quella tortura.

-Di certo non adatte a questo posto!-





-E come sarebbero quelle come me?- chiese appoggiandosi di nuovo al bancone nella stessa posa di poco prima, avvicinandosi più del necessario ed abbassando la voce.

-Di certo non adatte a questo posto!- rispose in un sibilo continuando a fissarla negli occhi.

Effettuò un gesto con la mano per indicare l’ambiente circostante, dimostrando quanto un’occhiata fosse sufficiente a dimostrare la sua estraneità.

-E tu? Che ci fa qui uno come te?- gli chiese mordendosi il labbro inferiore.

Distolse lo sguardo posandolo sul padrone del locale pigramente addormentato su una seggiola sull’uscio che portava sul retro, cullato dal basso chiacchierio dei presenti.

-Non credo ti piacerebbe saperlo, piccola!-

Ebbe un violento sussulto. Dovette stringere le mani a pugno per trattenere i tremiti.

L’ansia lo stava spaventosamente attanagliando.

Ed un combattente in preda alle palpitazioni era un combattente fallito.

Inutile dire…morto.





-Il vento divino?- chiese quasi sarcastico.

Era abituato ad incantesimi con i nomi più macabri, ma mai aveva sentito di maledizioni…divine.

-Non assumere quel tono. Non è davvero per niente divertente. E’ una vecchia maledizione…giapponese, se non sbaglio.-

Scosse la testa. Le sue, pur vaste conoscenze in materia oscura, non gli erano per nulla d’aiuto in quel momento.

-E’ pericolosa?-

L’altro scoppiò in una risata, che suonò, nella penombra di quella vecchia stanza, dannatamente falsa.

-Pericolosa? E’ micidiale. Mai sentito parlare di armi atomiche?-

Sollevò lo sguardo. Le armi atomiche erano Babbane. Davvero non riusciva a cogliere il nesso.

-Cosa c’entrano le armi atomiche?-

-La potenza è la stessa, è devastante. Capace di radere al suolo una città in pochi minuti.-

Annuì poco convinto. Quella storia gli piaceva poco.

Aveva un cattivo presentimento.

-Come funziona?- chiese tentando di apparire il più distaccato possibile.

-Non so con esattezza! Chi la utilizza deve essere capace di formare una sfera energetica molto potente. Per questo il combattente sarà scelto tra noi.-

-Se è davvero micidiale come dici…chi la scaglia, che conseguenze ne subisce?- ignorò il nodo che in quel momento gli si era formato in gola.

Non erano molte le possibilità di risposta.

Ancora una volta una macabra risata riecheggiò tra le pareti spoglie.

-Non ne resta nulla!-





-Mettimi alla prova.- sussurrò con sguardo malizioso. Alcune ciocche le erano cadute sugli occhi -Oppure…sarai costretto ad uccidermi dopo avermi rivelato il tuo scopo?-

Le sorrise accattivante e, perdendosi per un attimo in quello sguardo smeraldino, le scostò una ciocca rossa portandogliela dietro l’orecchio.





Si trovava sopra di lei, sudato ed ansante.

La luce, fattasi più accecante, creava degli strani giochi sui loro corpi avvinghiati tra le lenzuola.

Colse l’invito delle sue labbra scarlatte e la baciò per l’ennesima volta.

Si sollevò su di lei, guardandola negli occhi e le spostò una ciocca ribelle dietro l’orecchio.

La sua mano scese lungo la gola, la spalla, il seno…fino ad incontrare quella di lei, nascosta tra le pieghe delle lenzuola.

Fece intrecciare le loro dita.

-Ci rivedremo!- sussurrò.

Le sue labbra si erano mosse da sole, ancora prima che egli stesso riuscisse a comprendere il senso delle proprie parole.

Lei annuì.

-Lo so!-

Suggellò quell’assurda ed indefinita promessa catturando di nuovo le sue labbra.

Nell’attimo dopo ed in quello successivo…ed ancora per tutti quelli a seguire, la stanza si riempì di gemiti e sussurri sconnessi.





-Potrebbe anche darsi!- sussurrò lasciando scivolare la mano sulla sua gola.

Tic tac

-Sono pronta a rischiare.-

Distolse ancora lo sguardo, verso l’orologio alle sue spalle.

Tic

Adesso davvero mancava poco.

Tac

-Sei talmente sicura di te da osare sfidare anche la vita?- chiese in cuor suo già consapevole della risposta.

-La vita non è che una sfida. Ed io non faccio altro che coglierla.-

Sorrise compiaciuto.

Quella risposta gli era piaciuta.

Tic tac

Dovette deglutire e stringere ancora le dita, sino a far diventare le nocche bianche per dare un contegno alla sua paura.





Vedeva lo sguardo del suo Signore, parzialmente coperto da un cappuccio scuro, scorrere su tutti i presenti.

Era il momento della scelta.

Sarebbe bastato un gesto per segnare il destino dei presenti.

Vita…

…o morte.

Chi avrebbe avuto l’onore di morire per la loro nobile causa?

Quello era gioco d’azzardo…e la posta in gioco era la vita.

Si giocava ad una macabra roulette russa.

Il tamburo gira…

Scommetto dieci galeoni sul biondo!

Basta puntare la canna alla testa ed avere il coraggio di premere il grilletto per scoprire di aver vinto.

Aprì gli occhi dopo un lungo momento.

Si ritrovò faccia a faccia con due occhi scarlatti.

La Dea Bendata aveva scelto.

La scommessa era vinta.

A lui l’onore.





Si alzò di scatto: era giunta l’ora. Tic tac

Fine dei giochi.

-Avrai la tua risposta!- disse soltanto.

Si fermò solo un attimo prima di girarsi e dirigersi verso l’uscita.

-Addio, Ginevra!-

Tic tac

-Addio, Draco!-

Sorrise amaramente.

Tic tac

Riaprì la porta del locale ed uscì.

Estrasse la bacchetta dirigendosi verso la sua meta, brulicante di vite ignare.

Adempì il suo compito, fiero.

Sarebbe morto per onore.

Alzò la bacchetta.

Non ebbe nemmeno il tempo di compiacersi per il suo operato né di sentire le urla di disperazione.

Silenzio.

Benvenuti all’inferno…





The end





A seguito, la traduzione di Soldat Soldat. Concedetemi il beneficio del dubbio, purtroppo non conosco la lingua tedesca ma sono solo un’autodidatta, quindi non sono da escludere errori di traduzione, nonostante la semplicità del testo.

Soldato soldato

Soldato soldato in grigia norma
Soldato soldato in uniforme
Soldato soldato, siete così tanti
Soldato soldato, questo non è un gioco
Soldato sodato, non trovo
Soldato soldato, il tuo viso
Soldato siete tutti uguali
Viventi e come cadaveri

Soldato soldato, dove va quello lì
Soldato soldato, dov’è il senso
Soldato soldato, nella prossima guerra
Soldato soldato, non c’è nessuna vittoria
Soldato soldato, il mondo è giovane
Soldato soldato, giovane come te
Il mondo ha una profonda crepa
Soldato, sul ciglio stai tu

Soldato soldato, in grigia norma
Soldato soldato, in uniforme
Soldato, soldato, siete così tanti
Soldato soldato, questo non è un gioco
Soldato soldato, non trovo
Soldato soldato, il tuo viso
Soldato siete tutti uguali
- viventi e come cadaveri

   
 
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