Eheh. Eccomi qui. Ho incontrato una comitiva di anziani e li ho aiutati a traslocare da un ospizio all’altro. E poi mi è anche entrato qualcosa nell’occhio… xD
I suoi occhi potevano individuare
una preda anche nel buio più fitto ed il suo olfatto avvertiva la presenza di
cibo a metri e metri di distanza. Ma era comunque anziano e, di tanto in tanto,
gli capitava di appisolarsi proprio nel bel mezzo di una battuta di caccia.
In ogni caso, lui se lo poteva permettere.
Lui era grosso.
Lui era feroce.
Di gran lunga il più pericoloso
tra le creature della foresta. Era il
signore di quei luoghi e viveva nella certezza assoluta che mai a nessuno in
nessun caso, sarebbe venuto in mente di avvicinarlo, figuriamoci sfidarlo.
Per questo, quando, proprio nel
bel mezzo del suo pisolino, Manda era stato svegliato da una bottarella sullo
stomaco si era irritato, prendendola
come una mancanza di rispetto.
Sbadigliando, aveva però
pazientemente atteso che l’incauto, chiunque fosse, realizzasse l’errore e
fuggisse a gambe levate, come si conveniva. Il tutto più per godersi la scena
della fuga che per reale indulgenza. Ma ad un secondo colpetto, stavolta cauto,
di esplorazione, la sua irritazione si era tramutata in collera. E non fu
sorpreso quando, con una contorsione del lungo corpo sinuoso, vide
distintamente la sagoma di un uomo che gli tastava le squame sulla pancia, come
a pungolarlo, trattandolo alla stregua di un ostacolo inanimato da scavalcare.
Esseri umani. Non aveva mai
conosciuto creature più stolte ed impudenti.
Non si faceva mettere i piedi in
testa da Orochimaru – d’accordo qualche volta si era fatto, per così dire, cavalcare… Ma era tutta un’altra
faccenda - , figurarsi se avrebbe permesso ad un omuncolo qualsiasi di venire a
disturbarlo nel bel mezzo della notte e per di più nel suo territorio.
Lo aggirò con calma, mentre
l’uomo si guardava attorno con espressione vagamente perplessa, forse per via
del trambusto che il suo corpo provocava strisciando tra gli alberi, simile ad
un terremoto in piena regola.
Manda dimenò un poco la coda,
abbattendo con noncuranza un paio di tronchi e digrignò le zanne, posizionando
la testa giusto sopra la sagoma dell’uomo che, però, non sembrò affatto turbato
dalla cosa. E infatti, mentre Manda, ormai stufo anche di pavoneggiarsi della
sua evidente superiorità, stava per risolversi ad ingoiare in un solo boccone
l’umano menefreghista – perché doveva essere perlomeno cieco, per non essersi ancora accorto di lui – quello, noncurante,
si mise a posizionare rapidamente le mani per dei sigilli.
Manda in verità non ne capiva un
granché.
Trovava che le tecniche e le arti
magiche che tanto piacevano a quel fissato di Orochimaru, altro non fossero che
patetici surrogati cui i piccoli, deboli esseri umani dovevano necessariamente
ricorrere per sopperire alle loro gravi mancanze di forza fisica ed istinto.
Così non se ne preoccupò molto,
limitandosi a preparare l’attacco, facendo saettare la lingua tra le zanne.
In seguito, per la prima volta
nella sua esistenza di fiero signore dei rettili, Manda si ripromise di non
commettere mai più l’errore di sottovalutare una preda.
Era stata questione di pochi
secondi, ma una fiammata aveva illuminato chiaramente parte della foresta, alle
loro spalle, spegnendosi poco dopo.
« E’ il sole che sorge in tutta
la sua esplosiva bellezza. » ripeté Deidara, testardo.
Kisame lo ignorò. Era già
abbastanza imbarazzante esserselo dovuto caricare in spalla come un infante.
Mettersi anche a dargli retta esulava di gran lunga dalle sue competenze; anche
perché ci stava già pensando Kabuto, a ribattere a tono.
« Il sole sorge ad est. E quello, per la dodicesima volta, è l’ovest. »ansimò, cercando di tenere il
passo. Kisame, data la costituzione mingherlina del ragazzo, in un inusuale
impeto di bontà – o forse aveva solo molta fretta di tornarsene al covo – si
era offerto lui stesso di caricarsi in spalla anche Sasuke che anzi, essendo
svenuto, poteva essere un peso molto più piacevole di Deidara, da trasportare;
ma il medico non aveva voluto sentire ragioni, restando ancorato al suo
protetto con l’indomabile tenacia di una leonessa mestruata, risoluto anche a
perire sotto il peso dell’Uchiha, piuttosto che cedere il fardello ad altri.
Proprio mentre Kisame iniziava a
pensare che si fosse finalmente zittito, Deidara prese nuovamente ad agitarsi,
irrequieto; fin troppo per qualcuno che, neanche dieci minuti prima, aveva
sostenuto di vedere la Luce alla fine di un tunnel oscuro.
« Vi dico che era il sole! »
« Era un incendio. »
« Piantatela! »
I due ammutolirono di colpo.
Kisame si schiarì la voce, quasi sorpreso che il suo intervento avesse sortito
un effetto così immediato.
« Non ci importa nulla di
cos’era. Non ci riguarda. » concluse, brutale.
Udì Deidara mugugnare qualcosa,
contrariato, ma per una volta l’artista ebbe il buon gusto di tenere la sua
opinione per sé e, anche se forse lo fece solo per via di un’altra fitta allo
stomaco, a Kisame piacque pensare di aver acquisito autorevolezza.
« Propongo di andare ognuno per
la sua strada, moccioso. » disse a Kabuto.
Lui annuì, affaticato.
« Concordo. Abbiamo già fatto
troppi danni. » aggiunse, sistemandosi meglio Sasuke in spalla. Poi si voltò e
proseguì dritto, eclissandosi nella vegetazione, senza minimamente prestare
orecchio al saluto di Deidara.
Anche Kisame si prese un paio di
minuti per accomodare meglio Pelle di Squalo e Deidara sulla sua schiena – non
senza che quest’ultimo protestasse, sospettando, dalla differente cura con cui
aveva trattato entrambi, che lui tenesse più alla spada – e poi si incamminò
tra gli alberi, senza però riuscire a distogliere lo sguardo dal punto in cui
era comparso quel bagliore rossastro. Prima quella specie di terremoto, che
Kabuto aveva catalogato sotto la definizione di “manda” - senza neanche avere
la decenza di spendere tre sillabe per spiegargli di che accidenti stesse
parlando, se fosse un’imprecazione nel suo dialetto o una sottomisura della
scala Richter – ed ora quello. Una fiammata. Anzi, una palla di fuoco.
« Oh, cavolo. » esclamò, frenando
bruscamente. La testa di Deidara andò a cozzare dolorosamente contro
l’impugnatura della spada, ma prima che lui avesse il tempo di fare qualcosa ,
fosse insultare Kisame o semplicemente imprecare, la sua portantina aveva già
effettuato una brusca deviazione e stava correndo a perdifiato proprio lì dove
era comparso il fuoco.
« Kisame… Kisame! Dove stai
andando?! » gli gridò, sputacchiando quando i capelli gli si andarono ad
infilare in bocca per via dello spostamento d’aria. « Non dovevamo cercare
Itachi?! »
« Infatti l’abbiamo appena
trovato. » ringhiò Kisame, di rimando. « Se quello non era il Katon io mi
mangio la divisa. » e aumentò il passo, rapido.
I muri non parlano. E neanche si
lamentano di dolore quando vengono colpiti in pieno da un Katon.
« Muori, dannato insulso essere umano! »
Itachi schivò le zanne,
spostandosi di lato e andando a dare una testata contro un ramo.
Non era fatalista, ma certe volte
gli veniva proprio da pensare di essere nato sotto una cattiva stella. Insomma:
guerra, tragedie familiari, compagni stupidi – Deidara, tanto per dire. Kisame,
per dire ancor di più – una tonaca con le nuvolette e, come se tutto questo non
fosse sufficiente, la cecità. Qualcuno doveva volergli male, lassù. O forse Sasuke
si era specializzato in macumbe.
In effetti, sapeva che se ne era
andato da Orochimaru. Un serpente pareva una calamità davvero appropriata.
Nel tentativo di schivare le zanne
del bestione, diede una testata ad un altro ramo. L’ultima cosa che vide,
appena prima di svenire come un idiota, fu lo sguardo – perplesso? - del serpente.
Sì, doveva essere ridicola una
preda che, cercando di contrattaccare, va a sbattere contro i tronchi.
Se Sasuke aveva davvero imparato
a scagliare maledizioni, gliel’avrebbe fatta pagare.
« Devo andare a cercare Itachi! »
Kabuto mugolò di nuovo,
frustrato.
Visto che ormai il danno era
fatto, tanto valeva dargliela, un’altra botta in testa all’odioso contenitore.
Sasuke gli rivolse uno sguardo
tanto minaccioso che Kabuto si vide seriamente costretto a fare almeno un passo
indietro.
« E tu non me lo impedirai. » scandì, sepolcrale.
Kabuto deglutì.
« Non penso sia una buona idea,
Sasuke kun. » spiegò, paziente. « Sarebbe un autentico suicidio. Che senso
avrebbe andare ora? »
« Ha senso perché lui è qui ora. » ribatté l’altro, testardo.
Kabuto si morse la lingua,
trattenendosi a stento dall’insultare lui e tutti i suoi defunti, supponendo
che questo non avrebbe fatto altro che gettare benzina sul fuoco.
« Non dovevi prima diventare più
forte…? » lui se le ricordava le pontificazioni su “voglio il potere”,
“sbrigati a farmi diventare più forte” e consimilia con cui ogni giorno Sasuke
si curava di rintronare sia lui che il maestro Orochimaru.
Davanti all’espressione furibonda
che ricevette in risposta, Kabuto si fece più propenso all’idea di stenderlo
con un diretto e trascinarselo dietro ma si vide costretto a scartare
l’allettante opzione. Non che non si ritenesse più che in grado di contrastare
Sasuke – era solo un moccioso presuntuoso, accidenti – ma, a differenza
dell’Uchiha, che non si sarebbe fatto alcuno scrupolo nel buttarlo all’aria nel
modo più brutale possibile, lui avrebbe invece dovuto controllarsi per evitare
di procurargli danni troppo evidenti, cosa che avrebbe reso lo scontro un po’
impari.
Stette lì per un paio di secondi
a ponderare quale fosse l’alternativa più conveniente – picchiare Sasuke,
lasciare che Sasuke fosse picchiato da Itachi o picchiare Sasuke, procurarsi
qualche ferita e strisciare dolorante da Orochiamaru raccontando di essere
eroicamente scampato ad un attacco a sorpresa da parte di settecentotredici
shinobi di Kiri armati di esplosivo ad alto potenziale – quando la terra prese
di nuovo a tremare.
« Mpf. Che diavolo è? » sbuffò
Sasuke, in tono disinteressato. Evidentemente, davanti alla sua preziosa,
prioritaria vendetta, solo un sisma di magnitudo superiore al dodicesimo grado
della scala Richter avrebbe forse potuto meritare parte della sua
considerazione.
Prima che Kabuto, se ne avesse
avuto voglia, trovasse il tempo rispondere, alcuni alberi iniziarono a
collassate in sequenza, a neanche una trentina di metri da loro.
« Quella non è una delle bisce di
Orochimaru? »
Per un riflesso quasi
condizionato, Kabuto aprì la bocca, pronto a redarguire Sasuke per il poco
rispetto che continuava ad esibire nei confronti del maestro Orochimaru e
quella sua sgradevole abitudine di omettere un dovuto suffisso onorifico dopo
il nome del sennin.
Invece il suo sguardo fu pilotato
oltre la spalla di Sasuke, verso l’alto.
Dietro l’Uchiha, che si era
voltato a guardare senza troppo interesse, tra gli alberi svettava l’immensa
testa squamosa di Manda.
Non aveva capito come fosse
potuto accadere: un secondo prima ci vedeva quasi meglio, complice l’alba, e
cercava di contrastare un serpente gigante spuntato furoi da non si sa dove e l‘attimo
seguente non ci vedeva più. Buio totale.
E puzzava, anche.
Itachi si alzò in piedi, solo per
scivolare subito dopo.
Qualunque cosa fosse successa,
non era più nella foresta.
Sotto di lui, qualcosa di molle e
viscido faceva la parte del pavimento e, tastando la parete con cautela, le
mani gli rimasero umide, intrappolate in una sostanza vischiosa e maleodorante.
Un altro movimento, come un’onda, lo fece capitombolare di nuovo a terra.
L’impatto restò muto, forse per via del pavimento morbido ma in compenso,
subito dopo, un suono roco e raschiante lo rintronò, mentre un soffio d’aria
calda e schizzi della stessa sostanza calda e viscida delle pareti lo spinsero
indietro.
Si rialzò, deciso.
Itachi era sempre stato diligente.
Anche attualmente, da criminale
traditore, conservava quello spirito del lavoro che, oltre all’innata
genialità, gli aveva conferito l’approvazione dei superiori e l’ammirazione dei
compagni di Konoha.
Restare lì – ovunque fosse lì -
era fuori discussione. Aveva ancora delle questioni d sbrigare, lui.
Sollevò la testa, raddrizzando il
busto.
Era ora di finirla.
Cosa c’era, un raduno?
Un raduno non autorizzato nel suo territorio?
« Togliti di mezzo, stupida
biscia gigante. »
Se avesse avuto il sangue caldo,
Manda avrebbe certamente accusato bollori ed una sensazione di ira bruciante
dalle parti dello stomaco.
Invece si limitò a provare un
acuto fastidio e a far saettare la lingua a due millimetri dal naso di quel
piccolo umano sciroccato che, balzato fuori dal nulla, si permetteva di rivolgersi
a lui da pari a pari. Anzi, come se si
potesse persino sentire superiore. Inconcepibile.
Era evidentemente un pazzo
autolesionista.
Tutti a lui capitavano.
Un’anaconda di cento metri non
può permettersi una dignitosa, placida vita di pensionato nella sua foresta. Un giorno stare appreso a
quegli umani dissennati l’avrebbe portato alla morte, se non teneva gli occhi
bene aperti.
« Sasuke kun… andiamo via… »
Ecco, l’uomo più grande sembrava
aver conservato un po’ di sano spirito di sopravvivenza.
« Tu… sei quel viscido lecchino
che si accompagna ad Orochimaru… » lo riconobbe Manda, poco dopo, stupendosi
sinceramente di come avesse fatto il suo cervello – impegnato in attività ben
più importanti, come dormire, mangiare e cacciare – a registrare un particolare
tanto irrilevante. «Bakuto. » sentenziò, dopo un nuovo sforzo mnemonico.
Quello strabuzzò gli occhi.
« Veramente sarebbe Kabuto… ma
non ha importanza… »
L’altro umano, l’indisponente
ragazzino dai capelli scuri, emise uno sbuffo divertito.
« Bakuto…? Questa bestiaccia mi è
quasi simpatica. » soffiò.
Bakuto, Kabuto, o come accidenti
si chiamava, lo ignorò concedendogli solo un’occhiataccia che però
sottintendeva palesemente l’augurio della morte più dolorosa possibile.
« Manda sama… » iniziò, sistemandosi
gli occhiali sul naso. L’aggiunta di ciò che nel tempo Manda aveva imparato ad
identificare come una formula di rispetto che gli umani erano soliti aggiungere
ai nomi dei loro simili più importanti, servì a rabbonirlo un poco. Molto poco,
però.
Kabuto si schiarì la voce.
« Il maestro Orochimaru ti manda
i suoi saluti e… »
Sì, come no. Orochimaru si
ricordava di lui solo quando gli serviva una cavalcatura coreografica per
assaltare villaggi ninja o scontrarsi con quei debosciati degli amici suoi,
altri megalomani a cavallo di lumache e rospi. Probabilmente ora era rintanato
sotto terra a fare dubbi esperimenti per diventare sempre più simile ad una
serpe. E dire che Manda lo reputava già viscido quanto e più di se stesso.
Il suo leccapiedi stava solo imbastendo
leziosità di circostanza per coprire la lampante realtà della sua indebita
violazione territoriale.
« Taci, patetico umano. Non me ne
frega niente di cosa stia architettando quello psicopatico di Orochimaru. » lo
interruppe, sdegnato. « A me basta che tu ed il tuo cucciolo di uomo
scompariate dalla mia vista. E in fretta, prima che cambi ide… » un gorgoglio
dalle parti dello stomaco lo costrinse a fermarsi per tossire in modo molto
poco degno. Gran parte della sua bava andò a spiaccicarsi dritta in faccia allo
zerbino di Orochimaru. Il ragazzino, invece, schivò il primo schizzo e poi si
piazzò dietro il compare, usandolo come scudo umano senza troppi complimenti.
« Dannati umani… » rantolò Manda,
quando riuscì a riprendere fiato. « Siete anche indigesti… »
Bakuto – o era Kabuto? – lo
guardò con l’espressione di un pesce tramortito, grondando saliva dai capelli.
« Che c’è? Vuoi che mangi anche
te? » gli sibilò contro.
« A… assolutamente no. Io… »
« Bene, perché quello che ho
mangiato prima pere essermi rimasto sullo stomaco e quindi invece di ingoiarti,
ti masticherei per poi sputare la tua carcassa in pasto ai corvi. »
Mentre Bakato – Bakuto? Tabuko? - ebbe
almeno il buon gusto di deglutire ed assumere un colorito più pallido, il
moccioso dai capelli scuri lo fissò per un attimo, curioso e per nulla
intimorito, prima di rivolgersi a lui in modo tanto schietto da rasentare la
brutalità.
« Hai mangiato un umano? »
domandò, come colto da un dubbio.
Manda brontolò qualche
maledizione sui perditempo, prima di soffermarsi a guardare il ragazzino con
più attenzione. Avvicinò l’occhio sinistro alla sua faccia, esaminandola da
vicino.
« Proprio così, moccioso
indisponente… » disse, sibilando. « E ti somigliava un sacco, sai? »
*angolo delle risposte* Elos: è
appropriato? Meno male... non ricordo neanche come mi è venuto
in mente^^" Sono estremamente lusingata dai complimenti *arrossice*
anche se rileggendo l'ultimo capitolo mi sono accorta di un mucchio di
ripetizioni O.o spero di aver fatto meglio, questa volta.
Come sempre, grazie a tutti coloro che leggono *wari fa inchino*
Quistis18: i
nani mi hanno rilasciata. Ma di motivi per far tardi, se ne trovano
sempre u__u. Kisame è davvero una personicina paziente xD sto
imparando ad amarlo, io che l'avevo sempre considerato il più
inutile dall'Akatsuki. E' un uomo dall'alto potenziale comico. O forse
dovrei dire pesce xD
Sunako e Sehara: accidenti!
Desolata! ma qui c'è un conflitto di interessi... ragni e
scorpioni fanno schifo a me xD La prossima volta ce li metto,
così siamo pari, ragazze u__u.