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Autore: Freya Crystal    18/03/2010    8 recensioni
"- Edward Cullen non ti piace? Come mai? – gli chiesi. - Quel ragazzo è strano. Non mi ispira fiducia. Voglio che tu gli stia lontana. - "
Lei è una studentessa del liceo di Forks. Lui un avvocato.
Lei ha 17 anni. Lui 47.
Ma soprattutto... lei ama lui.
Bella Swan non è attratta dai suoi coetanei, anzi, li teme. E’ forse per questo motivo che a far breccia nel suo cuore è un uomo molto più maturo di lei. Acerba, insicura, fragile, e facilmente manipolabile, la nostra Bella Swan è costretta a fronteggiare la nascita di un amore impossibile.
A scuola evita qualsiasi forma di contatto con i suoi compagni di classe: con le ragazze non parla mai; con i ragazzi mantiene la distanza assoluta. Nessuno riesce a spiegarsi il motivo di questo suo comportamento, nemmeno suo padre.
E come se non bastasse, c'è Edward Cullen, splendido e irraggiungibile, che prova un odio profondo e immotivato verso Bella sin dal primo istante in cui i suoi occhi hanno incrociato quelli di lei.
Con il passare del tempo il silenzio fa sempre più male. Il dolore diventa sempre più forte. Le ferite scavano sempre più in profondità dentro Bella, incapaci di richiudersi da sole. Suo inseparabile compagno è il segreto che porta con sé e che la uccide a poco a poco.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Twilight
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Supernatural

Richiusi la portiera arrugginita del mio pick up e mi diressi verso l’entrata della scuola senza degnare di uno sguardo gli studenti ammassati all’esterno. La mia macchina aveva più notorietà di me, il che era tutto dire. Io ero la ragazza ombra della Forks High School, quella di cui ci si accorgeva solo quando si vedeva il banco occupato in classe; la cosa non mi creava alcun tipo di problema, anzi, ero stata io a scegliere di vivere così. Il paese è piccolo e la gente mormora, dicevano. Ebbene, il mio arrivo aveva suscitato la smania e l’entusiasmo degli studenti di Forks, tanto che i primi tempi avevo faticato a mantenere le distanze da tutti. Alcuni compagni di classe erano stati particolarmente insistenti e petulanti. La loro ottusità li aveva portati a definirmi un riccio chiuso in se stesso che prima o poi avrebbe vinto la timidezza e si sarebbe mostrato al mondo. Ma in seguito anche i più ostinati si erano rassegnati, capito come stavano realmente le cose, e avevano smesso di rivolgermi la parola, perfino di salutarmi quando mi vedevano.

Come al solito, fui la prima ad entrare in classe. Mi godei i miei cinque minuti di solitudine ripassando gli appunti di storia, finché le risate e il brusio in avvicinamento mi informarono dell’arrivo degli altri. Mike soffermò il suo sguardo avvilito su di me, alla ricerca di emozioni sul mio viso, ma per sua sfortuna non ne intravide nemmeno una e andò a sedersi al suo posto con aria sconsolata. Nonostante sembrasse un ragazzo ingenuo e innocente, anche lui, come tutti gli altri individui di sesso maschile, mi dava sui nervi se mi guardava.

Richiusi il libro di storia con un colpo secco e incrociai le braccia al petto ciondolando la testa. Quella notte avevo dormito sì e no tre ore e mi ero risvegliata con il pigiama incollato addosso da quanto avevo sudato durante i miei incubi .

Anche dopo essermi fatta una doccia calda, continuavo a sentirmi sporca, come accadeva sempre.

I sospiri adoranti e i risolini eccitati delle ragazze m’informarono dell’arrivo di Mister Spaccacuori. Gli avevo attribuito quel soprannome perché non ve ne erano altri che avrebbero potuto render meglio chi fosse: Edward Cullen aveva rovinato la vita delle studentesse della Forks High School, alcune erano cadute in depressione secondo quanto si vociferava. Sguardo ambiguo, espressione perennemente seria, se non turbata in alcuni momenti, carnagione pallida, fisico perfetto e indomabile chioma bronzea la cui piega naturale sfidava le leggi della fisica: ecco la sua descrizione da fotomodello del Polo Nord.

Il fatto che fosse un bel ragazzo come al novanta per cento delle donne non capitava mai di vedere in una vita intera, era sufficiente a far sì che tutte impazzissero per lui.

Mister Spaccacuori lanciò un’occhiata irritata alla sedia vuota accanto al mio banco e passò oltre. Quando arrivava per ultimo e trovava tutti i banchi occupati, preferiva andare nell’ultimo posto in fondo all’aula piuttosto che sedersi di fianco a me. Per qualche inspiegabile ragione, che io non avevo desiderio di conoscere, aveva fatto di tutto per non avere una sola lezione in comune con me. Il massimo che era riuscito ad ottenere era di dovermi vedere solo il sabato e il martedì mattina nelle ore di storia e spagnolo, anziché tutti i giorni. Ma per sua sfortuna non era riuscito a cambiare classe. La cosa non mi creava alcun problema, se lo infastidivo così tanto, avrebbe potuto lasciare la scuola, la mia vita di certo non avrebbe riscontrato drastiche conseguenze senza di lui. Almeno avrei smesso di avere la testa in fiamme a storia e spagnolo a causa della continua sensazione di avere i suoi occhi assassini puntati su di me.

Meno di due minuti dopo, con l’arrivo del professore, iniziò la lezione.

Divoravo ogni parola che fuoriusciva dalla bocca del professore mentre spiegava e pronunciava parole in spagnolo, analizzavo mentalmente ciò che avevo capito e cercavo di prendere appunti in modo chiaro e corretto. Le lezioni costituivano momenti di respiro per me, portavo la concentrazione alle stelle per staccare la spina dal resto del mondo, dalla mia monotona vita, dai miei amari ricordi e dai miei problemi. Allora non ero in grado di rendermi conto di ciò che ero diventata.

Quando la campanella suonò, raccolsi le mie cose e uscii immediatamente dall’aula. La lezione successiva si sarebbe svolta nell’aula di letteratura. Trovai il professor Benner ad attenderci seduto dietro la cattedra con il sorriso sulle labbra. Quella mattina aveva deciso di farci fare una lezione di tipo filosofico; aveva la mania dei poeti classici italiani, specie di Leopardi, ed era intenzionato a parlarcene affinché conoscessimo il suo pensiero e riflettessimo al riguardo. Leggemmo una delle sue poesie e il professor Benner trattò il tema della speranza e della felicità. Sembrava un argomento interessante, ma dentro di me avrei voluto mettermi a ridere beffardamente: avevo smesso di essere un’adolescente a quindici anni, quando ero stata strappata con violenza dalla mia campana di vetro, dove mi ero concessa di sognare e avere grandi aspettative dal futuro, quindi sapevo che la felicità fosse  un illusione, non avevo bisogno che me lo venisse a dire Leopardi.

-Leopardi affermò che la felicità è un’illusione effimera. Quando aspettiamo con impazienza l’arrivo di un giorno speciale, o l’incontro con qualcuno di speciale, la felicità che proviamo nell’attesa è sempre più grande di quella effettiva, le nostre aspettative superano la realtà. L’immaginazione sopravvaluta i fatti. Pensate al sabato sera, non vedete l’ora di uscire per vedere quella persona che vi piace ad una festa, sperate succeda qualcosa tra di voi, ma poi, quando siete là, capite che trascorrerete una normalissima serata e che non riuscirete a concludere nulla, o perché la persona in  questione non è alla festa, o perché non avete il coraggio di farvi avanti. –

Il professor Benner si era lasciato trascinare ritrovandosi immerso in un discorso che solo il suono della campanella avrebbe potuto interrompere.

-Secondo Leopardi, la felicità è di breve durata, e svanisce sostituita dalla delusione, dall’amarezza e dal dolore. L’unica vera felicità è quella che si prova con la cessazione del dolore. Il piacere, a sua volta, è figlio del dolore. Pensate a una persona che cadendo prende una brutta botta alla testa: rimane a terra, tramortita dal dolore, pregando in cuor suo che la sofferenza fisica finisca presto. Solo quando le fitte lancinanti inizieranno ad attenuarsi, proverà sollievo e penserà di averla scampata, allora avrà il coraggio di muoversi e ringrazierà il cielo di essere ancora tutto intero con un solo pensiero nella mente: “E’ tutto passato.”-

Dei borbottii di sottofondo testimoniavano che non tutti erano d’accordo con quanto stava dicendo il professor Benner.

-Calmatevi ragazzi, gli ultimi dieci minuti di tempo li utilizzeremo per chiacchierare tra di noi, ognuno potrà esprimere la sua opinione e confrontarla con quella degli altri.-, li zittì il professore posando un dito sulle labbra.

“Non abbiate fretta di crescere…”

“Non desiderate  che il tempo passi in fretta…”

“Non buttate via i migliori anni della vostra vita…”

“Giovani, ingenui e inconsapevoli, sguazzate nei vostri sogni finché potete. Il mondo vi insegnerà che la speranza verso il futuro  e la felicità non esistono, se non nella vostra immaginazione. “

Quelle frasi rimbombavano dentro di me, riecheggiavano meste, lasciandomi un senso di vuoto incolmabile. Ricordi con cui ero costretta a lottare giorno e notte cercarono di riemergere nitidi agli occhi della mia mente. No, io nemmeno nei miei sogni riesco ad essere felice, pensai.

Un senso di nausea m’invase. Mi massaggiai delicatamente lo stomaco cercando di seguire la lezione e di ignorare i pensieri che si stavano facendo strada in me. Ma come potevo farlo se il tema della lezione era un simile argomento? Felicità e speranza uguale illusione e dolore.

- Il messaggio di Leopardi rivolto al fanciullo è di godersi la giovinezza senza pensare al futuro.-

Che qualcuno lo faccia smettere, pregai. Come per miracolo, in quel momento il professor Benner spostò gli occhi su di me; ciò che lesse nella mia espressione lo indusse a farmi una domanda: -  Signorina Swan, si sente bene?-

Rigida come uno stoccafisso, il respiro corto per lo sforzo di trattenermi, scossi la testa.

– Credo di dover andare in bagno. – La mia voce fu un flebile gemito impercettibile. Il professor Benner corrugò la fronte. – Vada pure, è molto pallida. Se non si sente bene chiami a casa. –

Annuii con vigore e schizzai a sedere. Uscii dall’aula come un tornado e quando fui abbastanza lontana dall’aula, mi precipitai di corsa verso il bagno. Mi ci fiondai dentro e richiusi la porta. Le ginocchia mi tremavano incontrollatamente. Scivolai a sedere con la schiena contro la parete. Il cuore mi batteva nel petto in maniera preoccupante. Chiusi gli occhi, in preda agli spasmi, cercando di ignorare quel pulsare frenetico e di fare grossi respiri. Con la forza della disperazione, mi rimisi in piedi ed entrai in uno dei tre bagni. Mi appoggiai alla tazza del water e rimisi. Dio, stavo da schifo. Non potevo crederci, ma stava capitando anche a scuola.

Tremante come una foglia, il respiro agitato e la testa che mi martellava, mi rigirai e appoggiai la testa contro le mattonelle del freddo muro. Ero sconvolta e spaventata.  Sapevo cosa sarebbe successo di lì a poco. Pregai che arrivasse presto, così che sarebbe potuto finire altrettanto in fretta.

Rivissi per l’ennesima volta quella maledetta giornata di due anni prima e iniziai ad ansimare, scossa dai brividi, come se avessi un insetto nei capelli e stessi cercando di scrollarmelo di dosso. Non fu una bella esperienza avere un attacco di panico nel bagno della scuola.

Lottai per non singhiozzare troppo forte. Quando esaurii le energie e non ebbi neppure la forza di piangere e di ansimare, raccolsi le ginocchia al petto e vi ci posai la testa. Avevo bisogno di aiuto, e l’unico appiglio a cui potevo aggrapparmi era me stessa.

“Il piacere è figlio del dolore”

Ero sollevata all’idea che fosse tutto finito. Dovevo sole aspettare e mi sarei ripresa. Non avevo intenzione di tornare a casa.

Rialzai la testa e aprii gli occhi appoggiandola nuovamente alla parete. Scostai una ciocca di capelli dal viso e sospirai, lo sguardo puntato sul soffitto bianco grigiastro. Mancavano solo gli attacchi di panico anche a scuola. Fantastico.

Mi rialzai e uscii dal bagno per lavarmi la bocca e rinfrescarmi la faccia con un getto d’acqua fresca. Non avevo intenzione di passare l’intera mattinata a marcire lì dentro. Mancava poco alla fine della lezione, per quel giorno basta Leopardi. Pensare che non facesse nemmeno parte del programma scolastico m’irritò profondamente. Il professor Benner, a quanto pareva, aveva in programma l’intento di deprimere i suoi studenti.

Quando richiusi la porta del bagno, giurai di aver intravisto una figura dietro la porta che dava sul corridoio oltre il vetro. Mi convinsi di aver avuto un’allucinazione causata dallo shock appena passato.

Mi guardai allo specchio e trattenei un sussulto: ero uno straccio. Le occhiaie erano più evidenti della sera precedente. Decisi di rimanere altri cinque minuti lì da sola per riprendermi e mi bagnai il viso numerose volte, finché non lo vidi più colorito.

Il suono della campanella mi invogliò a tornare in classe. Avrei dovuto resistere per altre due ore di lezioni, poi sarei potuta andare nella mensa a mangiare qualcosa per recuperare le energie.

Come mi ero ripromessa di farcela, arrivai sana e salva all’ora di pranzo. Anche quel giorno mi sedetti al mio tavolo personale, con un vassoio carico di cibo a tenermi compagnia. Il chiacchiericcio fitto degli studenti giungeva alle mie orecchie come il suono di una radio mal sintonizzata, tale era il mio disinteresse verso di loro.

Tre tavoli più in là del mio, c’erano i divi della scuola: i fratelli e le sorelle Cullen. Gli sguardi dei presenti, invidiosi, desiderosi, o carichi di risentimento, tendevano a convergere su di loro. Oltre al nome di Edward, sapevo quello di una delle sue sorelle e del suo fidanzato.

La piccola Alice aveva provato più volte ad avvicinarsi a me, dimostrandosi sorridente ed espansiva e con la voglia di chiacchierare ogni volta che mi vedeva. Deteneva il premio per la più testarda ed insistente di tutti nel suo tentativo di farmi socializzare, ma alla fine anche lei aveva smesso di cercarmi, all’improvviso. Forse di lei m’importava in minima parte saperne il motivo. Quella ragazza non sembrava una che si arrendeva da un giorno all’altro. Qualcosa mi diceva che doveva esserci qualcosa sotto.

Jasper Hale, invece, era un’altra storia ; il suo aspetto da stralunato suscitava inquietudine, tanto che facevo fatica a guardarlo per un solo istante. Se mi avessero obbligata a fissarlo, avrei preferito pagare in contanti pur di non farlo.

Dopo aver mangiato, mi sentii meglio e potei affrontare le ultime lezioni. Dopo trigonometria fu il turno di storia. La professoressa, con mia estrema irritazione, assegnò una ricerca a coppie di due. Se l’idea di dover lavorare con qualcuno non mi piaceva, la notizia che avrei dovuto svolgere la ricerca assieme a Edward Cullen, fece sprofondare il mio umore sottoterra.

Bella Swan baciata dalla sfiga,sua inseparabile compagna  …Ancora una volta.

A fine lezione, anziché perdere tempo a litigare con la professoressa come fece Mister Spaccacuori, preparai lo zaino e uscii dall’aula diretta al mio pick up. Io non volevo fare la ricerca con Cullen; Cullen non voleva farla con me: benissimo, non c’era alcun problema, io avrei lavorato per conto mio. Inutile perdere tempo a discutere con l’insegnante quando era ora di andarsene.

Giunta al parcheggio, i miei occhi furono catturati da una BMW nera e lucida ad una ventina di metri di distanza. Un filo invisibile aveva catturato e legato la mia attenzione a quell’auto. Provai un istantaneo senso di eccitazione e attrazione esplosiva. Solo quando una ragazza con una bionda coda di cavallo vi andò incontro e montò dentro, mi disincantai. Ero ridicolamente rimasta ferma in mezzo alla strada con il braccio destro alzato a mezz’aria.

Inarcai le sopracciglia e mi morsi il labbro superiore, la mente assorta, mentre guardavo la macchina allontanarsi. Prima l’attacco di panico e l’allucinazione in bagno, poi quell’attrazione improvvisa verso una BMW nel parcheggio che sapeva di sovrannaturale: forse stavo impazzendo.

Montai sul pick up, infilai le chiavi nella serratura e feci retromarcia. Non avevo neppure una radio per distrarmi. Il tragitto verso casa sembrò durare in eterno. Il rumore costante e fastidioso dei tergicristalli che pulivano il parabrezza mi fece riprovare l’ansia che mi era venuta  quella mattina in classe. Aguzzai la vista e concentrai le orecchie solo sulle gocce di pioggia prendendo a canticchiare una canzone a caso.

Quando arrivai nel cortile di casa mia, tirai un sospiro di sollievo. Avevo avuto la sensazione che non sarei riuscita a tornarvi sana e salva, e invece, eccomi lì.

Non appena entrai, respirai il profumo famigliare che aleggiava nell’ingresso. Mi diressi in cucina e trovai un biglietto di Charlie sul tavolo.

 

Bells, ho trovato altre due lettere nella buca della posta prima di andare a lavorare. Te lo ho messe sul letto … Penso che dovresti rispondergli. So che gli farebbe piacere, tesoro.

>

Tirai un lungo sospiro e mi avviai in camera mia. Sulla coperta verde chiaro erano adagiate due buste. Titubante, mi avvicinai. Quando lessi il mittente di entrambe, le afferrai con rabbia e le accartocciai tra le mie mani. Tornai in cucina e le buttai nel cestino.

Prima o poi avrebbe smesso di scrivermi. Non capiva che così mi avrebbe fatto solo del male? Non capiva che…non ne volevo più sapere di nessuno?

Mi accasciai su una sedia e rimasi a fissare le lancette dell’orologio che scorreva. Non mi tolsi neppure la giacca.

Un volto perfetto si spaziò luminoso nella mia mente. Ancora. Volevo rivederlo, al più presto. Pregai di incontrarlo martedì al bar finché il cielo oltre la finestra divenne blu scuro.

Solo quando sentii una macchina che parcheggiava nel vialetto di casa, tornai a guardare l’orologio e vidi che erano le sette e trenta.

Avevo passato tre ore e mezza a pensare a lui, quell'uomo dagli occhi verdi e la voce incantevole.

*******

Spazio dell'autrice: ma ciaooooo!! Vedo che dai vostri commenti dello scorso capitolo avete capito che Edward e il nostro Mister Verde Prato non sono la stessa persona. Lo so, il divario di età è tanto, ma è proprio questo che rende la storia diversa ;) Spero continuerete a seguire me e Bella in questa avventura!!  Pensavo vi avrebbe fatto piacere vedere il misterioso 47enne in foto XD Eccolo qui :

http://www.stylosophy.it/wp-content/uploads/2008/02/johnny.jpg

Vi piace?
Ora rispondo alle vostre recensioni ;)

 bells84 [Contatta] Segnala violazione
 13/03/10, ore 00:22 - Capitolo 2: The beginning of my story
Figurati, ovvio che sei tra le due persone che hanno capito subito XD Il 47enne si è dimostrato davvero crudele nel prologo,in seguito scoprirete il perché.
Spero che il capitolo ti sia piaciuto ;)
 shasha5 [Contatta] Segnala violazione
 08/03/10, ore 12:09 - Capitolo 2: The beginning of my story
Grazie davvero, beh a queste domande penso troverai risposte nei prossimi capitoli. Adesso non posso rivelarti nulla, alla prossima ;)
 piccolinainnamora [Contatta] Segnala violazione
 08/03/10, ore 11:05 - Capitolo 2: The beginning of my story
Forse ora avrai meno dubbi riguardo il 47enne ed Edward. Come vedi non sono la stessa persona. Grazie del commento ^^
 cloddy_94 [Contatta] Segnala violazione
 07/03/10, ore 23:17 - Capitolo 2: The beginning of my story
Ahahahah, mi piace la tua idea di rendere Edward un "rimpiazzo" XD XD Che dire, mi auguro che il capitolo ti abbia incuriosita ancor di più;)
 cussolettapink [Contatta] Segnala violazione
 07/03/10, ore 20:37 - Capitolo 2: The beginning of my story
Beh spero che nonostante il divario di età tu continuerai a seguire questa storia. Come ho detto sopra, è questa una delle diversità della storia. Piaciuto il capitolo?;)
 vanderbit [Contatta] Segnala violazione
 07/03/10, ore 20:21 - Capitolo 2: The beginning of my story
Ebbene sì, Edward è un coetaneo di Bella:) Grazie per i commenti^^

  
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