CAPITOLO VENTINOVESIMO: SCONTRO TRA TITANI.
Orochi, il Comandante dei
Capitani dell’Ombra, osservò con stupore
il suo colpo segreto schiantarsi contro una piccola barriera di energia cosmica
che Pegasus aveva messo su per proteggersi. Un quadrilatero di un metro
e mezzo scarso, creato dal Cavaliere aprendo leggermente le braccia. Ma
qualcosa, nel sorriso sarcastico del ragazzo, gli fece pensare che quella
trovata non era affatto improvvisata, ma il risultato di una progettazione e di
una maturazione individuale.
“Quadrato di Pegasus?!” –Sgranò
gli occhi Orochi, ancora con il braccio destro teso e l’energia rovente nel
pugno. –“Che diavoleria è mai questa? Un surrogato della mia barriera
difensiva?!”
“Tutt’altro, bestione!
Tutt’altro!” –Sorrise Pegasus, continuando a mantenere il suo quadrilatero
difensivo. –“È soltanto un sogno che si realizza!” –Aggiunse, iniziando a
spingere, in maniera sempre più consistente, per allontanare da sé la minaccia
del pugno energetico di Orochi.
“Misera esistenza la tua, ragazzo,
se non hai aspettato altro che aprir le braccia per difenderti!” –Commentò
Orochi sprezzante.
“In realtà è molto di più! Ma
non pretendo che un bestione come te abbia il cervello per capire!” –Rispose
Pegasus, spingendo con tutta la forza che aveva in corpo e rinviando indietro
il pugno energetico di Orochi, che investì in parte il Capitano dell’Ombra,
facendolo accasciare per la prima volta sulle ginocchia.
Quel momento di soddisfazione
non durò che pochi secondi, ma Pegasus ne approfittò per un respiro profondo e
per concentrare ulteriori energie, sicuro che la vittoria avrebbe dovuto
davvero sudarsela. Orochi si rimise in piedi all’istante, con un fianco della
scura corazza distrutto e numerose crepe sulle braccia.
“Non gioire! Il fatto che tu mi
abbia colpito una volta non significa che tu mi abbia sconfitto!” –Commentò
Orochi. –“Del resto… quante volte ti ho colpito io e ancora sei in piedi ad
opporti a me!”
“Ho validi motivi per restare in
piedi!” –Rispose Pegasus. –“Difendere il Santuario della mia Dea, per esempio,
e gli amici che con me sono cresciuti e hanno condiviso la vita! Motivazioni
del genere trascendono tutto il resto!”
“Ma che comunque non ti daranno
la vittoria!” –Sentenziò Orochi, espandendo il proprio cosmo color ruggine, mentre
la sagoma di un immenso drago a otto teste, avvolto in un oceano di fiamme,
compariva dietro di lui. –“Voglio mettere alla prova la difesa di cui hai
appena fatto sfoggio! Prima mi hai colto di sorpresa, lo ammetto, ma adesso che
so di cosa sei capace, non mi tratterrò più!”
“È stata una sorpresa anche per
me, devo dire!” –Esclamò Pegasus, senza nascondere una risata sottile. –“Solo
una volta l’avevo provato, e devo dire che contro Ares non era andata poi così
bene!”
“Era dunque la prima volta che
usavi tale tecnica difensiva?” –Chiese Orochi, stupito dalle parole del
ragazzo, poiché comunque aveva dimostrato sapienza nell’utilizzo.
“Tecnicamente sì, nonostante
l’abbia studiata a lungo, ispirandomi ad un quadrilatero di stelle che
risplendono nella costellazione che mi difende! Il Quadrato di Pegasus,
appunto!” –Rispose il Cavaliere. –“A differenza dei miei compagni, io non ho
mai posseduto una tecnica difensiva! Sirio ha lo scudo, Cristal può usare il
ghiaccio per generare solide mura e Andromeda ha una catena impenetrabile! Ma
io non ho mai sviluppato alcuna tecnica del genere, forse perché ho sempre
creduto, e tuttora lo credo, che in battaglia si vinca andando avanti e non
restando ad attendere passivamente gli eventi!”
“Un’ottima riflessione!” –Concordò
Orochi. –“Anche se così facendo offri un fianco al nemico!”
“E così è sempre stato! Non vi è
mai stata battaglia in cui non sia stato ferito, in cui non abbia incassato
almeno un colpo! Ma non lo rimpiango, se ti preme saperlo, né mi biasimo per questo,
poiché ogni colpo ricevuto è stato un insegnamento appreso! È stata una
medaglia che un maschio combattente porterà sempre con sé!” –Esclamò Pegasus
con decisione.
“E cosa ti ha fatto cambiare
idea adesso? Cosa ti ha spinto a sviluppare anche una difesa?”
“Tu!” –Rispose Pegasus,
bruciando il cosmo e lasciando che il bianco cavallo alato risplendesse dietro
di lui.
“Io?!” –Esclamò Orochi stupito.
Ma non ebbe tempo di chiedere altro che già Pegasus galoppava verso di lui,
avvolto nel suo cosmo scintillante.
“Fulmine di Pegasus!!!”
–Gridò il ragazzo, a cui il Capitano dell’Ombra oppose il suo Pugno del
Drago.
Lo scontro tra le due roventi
energie fu tremendo e aprì una faglia nel terreno, scaraventando entrambi i
combattenti indietro di decine di metri. Quando la polvere si diradò, Orochi,
nell’atto di rimettersi in piedi, poté notare lo sfacelo prodotto. Ma non trovò
tracce di Pegasus, nemmeno del suo cosmo. Stupito, fece per guardarsi attorno,
e soltanto allora poté percepirlo di nuovo. E inorridì. Perché era dietro di
lui.
“Così grande e grosso e nessun
occhio che ti copra la schiena?! Che te ne fai di otto teste se non sai usarne
nemmeno una?!” –Ironizzò Pegasus, afferrando con entrambe le braccia il gigante
attorno all’addome, bruciando il cosmo e balzando in aria, avvolto in una
turbinante energia simile ad una cometa. –“Spirale di Pegasus!!!”
“Spirale?! Quanti trucchi
conosci, ragazzo?!” –Balbettò Orochi, nuovamente stupito dalla decisione di
Pegasus. –“Bah! Quali che siano, non mi toccano affatto!” –E nel dir questo
fece esplodere il suo cosmo, liberando violente vampe di fuoco proprio mentre,
superato il punto più alto dell’arco, i due contendenti avevano iniziato a
precipitare al suolo.
Pegasus, a stretto contatto con
tale incandescente calore, lanciò un’esclamazione di sorpresa, allentando
brevemente la presa sul Capitano dell’Ombra, che fu abile a dimenarsi e a
colpirlo al ventre, scaraventandolo a terra a velocità impressionante, quasi
fosse una bomba umana. Pegasus, anche a causa della spinta che lui stesso si
era dato, si schiantò contro i resti di un edificio crollato, lanciando in aria
polvere e detriti, mentre Orochi, con un’agile piroetta, ricadeva compostamente
a terra poco distante, osservando lo sfacelo prodotto dal Cavaliere. E, in cuor
suo, temendo che avrebbe potuto essere assieme a lui.
“Non sei ancora immune all’Alito
del Drago!” –Ironizzò Orochi, mentre Pegasus a fatica si liberava delle macerie
e ricompariva davanti a lui. –“Una fiammata da distanza ravvicinata potrebbe uccidere
un uomo, precipitandolo nel martirio dei suoi rimpianti! Ma tu, che sembri non
conoscere la paura del passato, te la sei cavata con qualche scottatura!”
–Aggiunse, osservando il volto randagio di Pegasus e alcune parti annerite
della corazza.
“Del passato non ho affatto
paura, Orochi! Già una volta mi hanno giudicato, al Tribunale della Prima
Prigione dell’Inferno, e conosco i miei peccati! Ma tutto ciò che ho fatto l’ho
fatto in nome di Atena, in nome di una fede giusta, e non cambierei una virgola!”
–Precisò Pegasus, posizionandosi di nuovo di fronte a lui. –“Tu puoi dire
altrettanto?!”
Orochi non rispose, scuotendo la
testa ed espandendo quindi il proprio cosmo color ruggine. Concentrò l’energia
sul braccio destro, pronto per portarlo
avanti, ma fu fermato da un rapido movimento dietro di lui. Un piano energetico
schizzò di fronte al suo volto, impedendogli di avanzare, mentre quel che
restava della sua corazza lungo l’avambraccio fu ricoperta da un consistente
strato di ghiaccio.
“Excalibur!” –Gridò una
voce. Subito seguita da un’altra. –“Polvere di Diamanti!”
Sirio e Cristal comparvero
all’istante, appena rialzatisi dallo stordimento, e Pegasus fu felice di
vederli.
“Stai bene, amico?!” –Domandò
Cristal.
“Lascia che combattiamo
insieme!” –Esclamò premurosamente Sirio.
“Grazie amici, sto bene! Ma
dovete andare! I Cavalieri d’Oro hanno bisogno d’aiuto, e il silenzio di
Phoenix e Andromeda mi preoccupa!” –Dichiarò Pegasus, avanzando verso Orochi.
–“Terminerò quanto ho iniziato!”
“Ma Pegasus… Sei sicuro?!”
–Domandò Sirio, che aveva avuto modo di verificare lo strapotere del Comandante
dei Capitani dell’Ombra.
Fu Cristal a mettersi in mezzo,
poggiando una mano sulla spalla di Dragone, che non poté far altro che annuire,
salutando Pegasus e sfrecciando via, verso l’area orientale del Grande Tempio.
“Solo per curiosità… dove
credete di andare?” –Disse semplicemente Orochi. L’impenetrabile sguardo
nascosto dall’elmo a forma di testa di drago.
Vampate improvvise sorsero dal
terreno, fermando la fuga dei due amici, che si ritrovarono all’istante
prigionieri di una gabbia di muri concentrici che salivano sempre di più,
togliendo loro il respiro tanto intenso e pestilenziale era l’odore che quelle
fiamme emanavano.
“Amici!!!” –Gridò Pegasus. E scattò
avanti, con il pugno destro carico di energia. Ma l’agitazione e la fretta lo
resero impreciso e Orochi non dovette far altro che scansarsi di lato,
osservando Pegasus passargli accanto, quasi in un’azione al rallentatore.
Sogghignando, il Capitano dell’Ombra sferrò un sinistro micidiale allo sterno
di Pegasus, dove altre volte lo aveva già colpito, scaraventandolo indietro e
facendolo schiantare nuovamente a terra, con un buco consistente sull’Armatura
Divina.
In quella, Cristal balzò in
alto, spalancando le ali della corazza, e diresse contro le fiamme la Polvere
di Diamanti, per congelarle, ma Orochi ordinò alle vampe di sollevarsi
ancora, aumentando d’intensità e sciogliendo il ghiaccio. Sirio, stupito,
raccolse il cosmo tra le mani, per generare un’ondata di energia acquatica, ma
fu vinto sul tempo e raggiunto da un destro potentissimo di Orochi, a cui
riuscì a opporsi soltanto in parte, sollevando all’ultimo lo scudo del Dragone
e limitando i danni. Ma venne comunque scaraventato indietro, schiantandosi
contro i resti di un edificio.
Cristal, preoccupato per
l’amico, unì le braccia sopra la testa e scagliò il massimo colpo delle energie
fredde, al quale Orochi oppose il suo miglior sorriso sarcastico.
Riparato dietro la sua barriera
protettiva, il Capitano dell’Ombra la osservò ricoprirsi di ghiaccio, segno
evidente che il Cigno, nonostante l’Alito del Drago, riusciva comunque a
sprigionare una fredda energia. Quindi, volgendo lo sguardo al di là di essa,
vide Cristal crollare sulle ginocchia, stanco e sudato, più di quanto egli
stesso si aspettasse. Sorrise, schiantando con un pugno la barriera ricoperta
di ghiaccio e spingendo indietro il Cavaliere, prima di balzare su di lui e
afferrarlo per il collo.
“Di tutti gli avversari che ho
affrontato quest’oggi, sei l’unico che vincerei soltanto restando immobile!
Poiché per sconfiggerti non c’è bisogno di fare nulla, soltanto di lasciarti
fare! Ti uccideresti da solo, vittima dei rimpianti di cui non riesci a
liberarti!” –Esclamò Orochi, sollevando il Cigno e stringendolo per il collare
dell’Armatura Divina. –“Quanto tempo è passato? Un anno? Due? E ancora non ti
dai pace per la morte del tuo Maestro! Morte che tu stesso hai causato! Morte
che, ti ripeti ogni giorno, avresti potuto evitare!”
“Come… sai?!” –Balbettò Cristal,
cercando di reagire, e afferrò il braccio con cui Orochi lo stava stritolando.
Ma il Capitano dell’Ombra sollevò nuove fiamme, che avvolsero il Cavaliere di
Atena, facendolo urlare dal dolore, poiché era un fuoco che non agiva solo sul
corpo, ma sulla sua stessa anima. Mostrandogli di nuovo ciò che tanto aveva
cercato di cancellare.
“Fuggire non risolve i
problemi!” –Commentò Orochi. –“Puoi provare a dimenticarli ogni volta che vuoi!
Ma ciò non cambierà il fatto che tu hai ucciso il tuo Maestro e il Maestro di
lui, e l’amico che ti salvò la vita dalle correnti artiche! E, ultimo ma così
ardente tra i tuoi rimpianti, così ancora caldo, ti tormenti per aver tolto la
felicità a colei che più di tutti ami davvero! Ah ah ah!”
A quelle parole, mentre i
ricordi di Flare e Artax si accavallavano nella sua mente, Cristal fece
esplodere il suo cosmo, freddo come mai era stato prima, portandolo allo Zero
Assoluto, di cui ormai era maestro. Congelò le fiamme del suo martirio e
paralizzò il braccio di Orochi, che neppure se ne rese conto, prima di
allontanarlo con un calcio dal basso. Il Comandante dell’Ombra venne spinto
indietro ma rimase comunque in piedi, grazie alla sua stazza, e riuscì ad
afferrare il pugno di Cristal mentre questi lo caricava con rabbia.
Lo capovolse, come aveva fatto
con Pegasus poco prima, stritolandolo con la sua guizzante energia cosmica,
prima di scaraventarlo contro i resti di un edificio. Ma Cristal si rimise
subito in piedi, memore dell’ultimo insegnamento ricevuto, neppure un giorno
prima, da un uomo che aveva incontrato solo una volta prima di allora, ma che
sembrava conoscerlo meglio di chiunque altro.
“Trova nel ricordo di quegli
uomini valorosi la forza per andare avanti!” –Gli aveva detto Alexer,
riferendosi a sua madre, al Maestro di Ghiacci, Acquarius e Abadir. –“Per
vivere anche per loro!” –Ed era ciò che Cristal aveva intenzione di fare.
Sollevò le braccia al cielo, unendole a pugno, mentre un’anfora di energia
compariva dietro di lui, prima di abbassarle e liberare il colpo sacro
dell’Acquario.
“Scorrete, Divine Acque!”
–Esclamò. Ma Orochi lo aspettava al varco, riparato dalla sua barriera
difensiva.
Il Capitano dell’Ombra non
temeva niente e nessuno, proprio come Flegias gli aveva insegnato. Soprattutto
l’indebolito attacco di un cuore disperato, ancora restio ad accettare gli
eventi di cui lui stesso è stato protagonista.
“Incredibile!” –Esclamò Cristal
stupefatto. –“Neppure lo Zero Assoluto basta per abbattere la sua difesa!
Somiglia… allo Scudo di Ares!!!”
“Il tuo gelo non attacca con me,
Cigno!” –Disse Orochi infine. –“Questa barriera, che il Maestro di Ombre mi ha
insegnato a sollevare, racchiude tutto il mio cosmo, tutta l’energia da me
prodotta e da me raccolta dai rimpianti degli uomini! Lascia che l’Alito del
Drago lenisca le tue ferite!” –E nel dir questo lasciò esplodere il suo cosmo,
mentre violente vampe di fuoco liquefacevano il gelo del Cigno, liberando la
barriera protettiva e correndo poi verso Cristal, investendolo in pieno e
prostrandolo a terra. –“Muori, adesso! Pugno del Drago!!!” –Gridò
Orochi, scattando avanti, con il pugno sinistro carico di violenta energia
cosmica.
Ma l’assalto non raggiunse il
Cavaliere del Cigno, riparato dietro una sottile barriera quadrangolare che un
amico aveva prontamente creato, portandosi di fronte a lui.
“Quadrato di Pegasus!!!”
–Urlò il Cavaliere, sorprendendo lo stesso Orochi per la velocità con cui il
ragazzo era schizzato in difesa del compagno.
“Credi che basterà?!” –Tuonò il
Comandante oscuro.
“La faremo bastare!” –Ironizzò
Pegasus, spingendo con tutta la forza che aveva in corpo, riuscendo a spostare
indietro il gigantesco Capitano dell’Ombra, dapprima lentamente, poi in maniera
sempre più decisa, di fronte agli occhi sgranati di Cristal. –“Iaiii!!!” –Gridò
il ragazzo, rimandando l’intero attacco, potenziato dal suo cosmo, contro Orochi, che fu sollevato da terra e
scaraventato contro i ruderi di alcuni edifici.
Cristal ringraziò l’amico per
averlo salvato e poi crollò a terra, indebolito dal fuoco, mentre Pegasus lo
pregava di non preoccuparsi, poiché avrebbe difeso sia lui che Sirio.
L’esplosione del cosmo di Orochi
richiamò l’attenzione di Pegasus, che vide una bomba di energia color ruggine
spazzar via i resti degli edifici abbattuti in precedenza dal drago a otto
teste, e la possente sagoma del Capitano dell’Ombra rimettersi in piedi. Aveva
numerose crepe sulla corazza, un coprispalla distrutto ed era ormai privo
dell’elmo, cosicché Pegasus poté guardarlo per la prima volta negli occhi.
Aveva lunghi capelli castani che
gli cadevano sulla schiena, a prima vista sporchi e poco curati, probabilmente
tenuti fermi dall’elmo, un viso adulto su cui spiccavano un paio di cicatrici e
due occhi color oro che fissavano Pegasus intensamente.
“Dunque è bastato!” –Commentò
semplicemente, uscendo dalla macerie e portandosi di fronte a Pegasus, che
aveva già concentrato sul pugno destro una gran quantità di energia cosmica,
pronto per scattare avanti.
“Fulmine di Pegasus!!!”
–Gridò il ragazzo, caricando il Capitano dell’Ombra con rinnovata baldanza,
come se aver visto il suo volto avesse smascherato l’uomo che tanto timore gli
aveva infuso finora.
“Non così in fretta!” –Esclamò
Orochi, dirigendo una massa indistinta di energia contro Pegasus, investendolo
in pieno e facendolo esplodere verso l’alto, mentre un fiume di cosmo ribolliva
sotto di lui. Lo stesso modo con cui aveva fermato Ascanio.
Pegasus ricadde a terra dopo
poco, con l’Armatura ancora più danneggiata e le ali che ormai non si aprivano
più. Ma si rialzò di scatto, sollevando le difese, convinto che Orochi fosse
sopra di lui, con il pugno pronto a sfondargli il petto. Invece il Capitano
dell’Ombra non c’era e Pegasus dovette fendere l’aria tenebrosa con lo sguardo,
per ritrovare la sagoma del suo avversario vicino alla carcassa ancora fumante
del drago a otto teste.
Orochi sembrava cercare
qualcosa, disinteressato per un momento alla battaglia. E Pegasus non comprese
ciò che stava facendo. Il Capitano dell’Ombra avanzava tra i resti dell’immenso
drago, facendo attenzione a non venire in contatto con l’ancora ribollente
sangue oscuro, seguendo una direzione ben precisa. Una direzione che lo portò
sul dorso della creatura, fino a raggiungere la parte inferiore, ove le otto
code parevano unirsi. Le tagliò tutte, una ad una, distruggendole con fendenti
energetici, mentre Pegasus, stordito dal bizzarro comportamento del Capitano,
si avvicinava guardingo. Soltanto l’ultima non si staccò, e Orochi capì che
essa nascondeva ciò che stava cercando.
“Ame no Murakumu!” –Disse,
affondando le unghia nella coda maggiore e squarciando la pelle del drago,
rivelando l’oggetto dei suoi desideri. Il tesoro che Flegias gli aveva
promesso, come Comandante dell’Esercito dell’Ombra. –“La Spada del Paradiso!”
–Mormorò orgoglioso, sollevando una scintillante lama, lunga un’ottantina di
centimetri, il cui splendore fu tale da rischiarare per un momento l’aria di
tenebra in cui era immerso il Grande Tempio.
“La Spada del Paradiso?!”
–Balbettò Pegasus, coprendosi per un momento gli occhi con un braccio,
disturbato da quell’accecante riflesso.
“Ancora qui, ragazzino? O sei
folle o mediti il suicidio?!” –Ironizzò Orochi, muovendo la lama con tale
rapidità da scatenare un fendente energetico simile ad un piano diagonale, che
falciò l’aria, sfrecciando verso Pegasus, che fu abile a gettarsi a terra, per
non essere colpito.
Quando si rialzò, dovette
ammettere che tanto affilata e precisa era quella lama, che il bracciale destro
della corazza fumava per essere soltanto stato sfiorato.
“Questo è il tesoro di Orochi!
La Spada che il drago custodiva nella coda maggiore! L’hanno chiamata in molti
modi, tra cui Kusanagi, ovvero Spada falciatrice d’erba! Un nome
appropriato per una lama così tagliente! Non credi, Pegasus?” –Sogghignò
Orochi, muovendo ancora la spada ad altissima velocità, in modo da generare una
raffica di fendenti di energia che viaggiarono verso il ragazzo, obbligato a
muoversi continuamente in ogni direzione per non essere raggiunto. –“Cosa ne è
ora della tua parlantina? Ti sei chetato? Bravo, conserva il fiato per
saltare!” –Ironizzò, scagliando un ultimo violento fendente.
È incredibile! Quella Spada è
un prodigio di sapienza guerriera! È sufficiente che Orochi la sposti, senza
neppure troppo sforzo, per generare un piano di luce, sottile ma preciso! Commentò Pegasus, stringendo i denti ogni volta in cui un
fendente lo toccava anche solo di striscio.
“È uno dei tre tesori di Yamato,
cui il Maestro di Ombre mi fece dono al termine del mio addestramento!” –Spiegò
Orochi, avvicinandosi minaccioso. –“Ma, come ben sai, Flegias detesta gli
sprechi e ritiene che ogni cosa vada usata al momento giusto! Ogni carta va
sfoderata alla mano vincente! Ed io credo che questo sia il momento per
Kusanagi! Credo sia il momento per falciare con essa lo stelo della tua vita!”
–E nel dir questo scattò avanti, colpendo Pegasus in pieno petto con una
spallata, così potente da scagliare il ragazzo indietro, facendogli sputare
bava e sangue.
Subito fu su di lui, calando la
lama sul Cavaliere, che fu svelto a rotolare di lato, mentre Kusanagi si
piantava accanto a lui, falciandogli qualche capello. Pegasus cercò di colpire
Orochi ad una gamba, con un calcio laterale, ma non ottenne altro risultato che
lo stridere incandescente delle loro corazze. Ben piantato nel terreno, il
Capitano dell’Ombra era un vero macigno e Pegasus si chiese se avesse
abbastanza forze per farlo rotolare via.
“Assaggia il potere della Spada
del Paradiso, Pegasus! Essa ti condurrà verso l’eternità!” –Esclamò Orochi,
calando di nuovo la lama su di lui. Ma Pegasus riuscì a colpire con un calcio
il braccio del Capitano, facendogli perdere la presa su Kusanagi, che schizzò a
terra, a parecchi metri di distanza, proprio mentre il Cavaliere, con un colpo
di reni, effettuava un’agile capriola all’indietro, rimettendosi in piedi, di
fronte ad Orochi.
“Perché continuo a stupirmi?!”
–Commentò il Comandante oscuro, mentre Pegasus caricava da distanza
ravvicinata, con il pugno destro carico di energia lucente.
Ma Orochi fermò il suo assalto,
con il palmo della mano sinistra, su cui l’energia di Pegasus si schiantò,
ferma su una barriera difensiva dal diametro ridotto ma sufficiente per
respingerla e scaraventare indietro il Cavaliere di Atena.
Correndo verso la Spada del
Paradiso, Orochi la recuperò e quel breve gesto gli ricordò la prima volta in
cui il Maestro di Ombre gliel’aveva mostrata. Era dipinta in un’illustrazione
di un autore sconosciuto che accompagnava un’edizione di Kojiki, il più antico
testo giapponese, risalente all’ottavo secolo d.C. Uno dei pochi libri che
Flegias era riuscito a sgraffignare dalla Biblioteca di Alessandria prima che
le fiamme la divorassero per sempre. Preso a caso da uno scaffale vicino
all’entrata, Koijki si era invece rivelato ricco di informazioni utili e
Flegias aveva addirittura pensato che la Spada del Paradiso potesse essere uno
dei Talismani.
Così aveva fatto visita a
Biliku, negli antri oscuri del santuario nelle Isole Andamane, per avere una
goccia del suo sangue. Il sangue di una Divinità primordiale, di cui
necessitava per risvegliare Yamato no Orochi, grazie al potere della Pietra
Nera. Persino Flegias era rimasto a bocca aperta quando il gigantesco drago era
tornato ad alitare fiamme di morte sulla Terra, più grande di quanto lui stesso
si aspettasse, e lo aveva messo di guardia all’isola che aveva scelto come base
segreta, una delle tante nell’Egeo orientale, ordinandogli di scavare gallerie
e antri in profondità.
Col passare degli anni, Flegias
si era convinto che la lama contenuta nell’ottava coda del drago non poteva
essere uno dei Talismani, sia perché non avvertiva alcuna energia ancestrale
provenire da essa, sia perché, se fosse stato, non avrebbe certo potuto
raggiungerlo così facilmente.
“I Talismani sorgeranno da soli
il giorno in cui l’ombra minaccerà di nuovo la nostra Terra!” –Aveva sentito
ripetere spesso ad Avalon. –“Loro stessi sceglieranno i custodi che dovranno
impugnarli, per portare il messaggio di luce! E non viceversa!”
Anni dopo, mentre definiva i dettagli
per la conquista dell’Olimpo, Flegias vi aveva adescato Orochi, con la promessa
di cederla al più potente tra i suoi guerrieri, colui che avrebbe guidato
l’Esercito delle Ombre alla conquista del mondo. Orochi ne era rimasto
affascinato e da allora aveva incrementato il suo addestramento per migliorarsi
sempre di più.
“E adesso è nelle mie mani! Il
mio percorso è concluso!” –Commentò il Capitano dell’Ombra, volgendosi verso
Pegasus, nel frattempo rimessosi in piedi. –“Non potrai averne ragione, ragazzo!
Questa spada è tutto ciò per cui ho lottato finora! Questa spada è il
potere!!!” –E scagliò una moltitudine di fendenti energetici contro Pegasus,
che dovette muoversi continuamente in ogni direzione per evitarli.
Quindi, stufo di stare sulla
difensiva, Pegasus scattò avanti, dirigendo una fitta pioggia di stelle contro
Orochi, con una velocità e un’intensità sempre maggiori, che il Capitano
dell’Ombra fermò tagliandoli in due con la Spada del Paradiso, muovendola di
fronte a sé, con l’abilità di uno spadaccino. Quelli che non riusciva a
colpire, li parava con il palmo della mano sinistra. Una protezione
invalicabile, che presto stancò Pegasus, obbligandolo a frenare l’attacco.
Orochi sorrise, convinto di
averlo in pugno, ma il Cavaliere di Atena concentrò tutto il cosmo in un’unica
sfera di luce, determinato ad abbattere quella barriera.
“Cometa di Pegasus!!!”
–Gridò, scagliandola contro il Capitano dell’Ombra, che le volse il palmo della
mano sinistra, caricandolo di tutto il suo cosmo e lasciando che vi si
infrangesse, limitandone l’impatto ma venendo comunque spinto indietro di
qualche metro.
A fatica, sollevò lo sguardo
verso Pegasus, già intento a scattare contro di lui con il pugno carico di
energia, e lo falciò con un fendente di Kusanagi, che si abbatté sulla gamba
sinistra del Cavaliere, scheggiando la sua corazza e strappandogli un grido di
dolore. Pegasus si tastò il ginocchio, dove il fendente l’aveva raggiunto, e
Orochi approfittò di quel momento per balzare su di lui. Con la Spada del
Paradiso sollevata sopra la testa, la calò giù di colpo con entrambe le mani,
avvolto nel suo cosmo color ruggine.
Pegasus aprì le braccia in
fretta, creando il quadrilatero protettivo, ma esso andò in frantumi come fosse
di vetro e la lama gli trinciò il pettorale dell’Armatura Divina, in senso
verticale, falciando via qualche capello e ferendolo ad una guancia. Quindi
Orochi cambiò l’impugnatura, puntando la spada direttamente al cuore del
Cavaliere, ma Pegasus, stringendo i denti per lo sforzo, la fermò con le mani a
pochi centimetri.
I guanti protettivi della
corazza andarono in frantumi e sangue iniziò a sgorgare copioso dalle mani del
ragazzo, che dovette esercitare un’immensa pressione con il cosmo sulla lama,
per non farla schizzar via. E lasciarla lì, intrappolata tra le sue mani, con
Orochi che tentava di sfilarla e sollevarla di nuovo. Ma Pegasus lo anticipò,
colpendolo dal basso sull’addome, prima con un calcio, con cui lo allontanò di
mezzo metro, facendogli perdere la presa su Kusanagi, poi con un pugno in cui
concentrò tutta l’energia cosmica accumulata fino a quel momento.
Il Capitano dell’Ombra venne
sbalzato in aria dalla potenza di Pegasus, crollando a terra molti metri
addietro, con l’armatura in frantumi e il basso ventre squarciato, da cui
uscivano fiotti di sangue, imbrattando il suolo sotto di lui. Pegasus piantò
con rabbia Kusanagi a terra, prima di scattare verso Orochi, avvolto nel suo
sfolgorante cosmo di luce. Lo afferrò ad un braccio, mentre stava rimettendosi
in piedi, e con sforzo immane lo capovolse, sbattendolo nuovamente a terra.
Quindi lo afferrò sotto le ascelle, per portarlo in aria con la sua Spirale, ma
il Capitano dell’Ombra fece esplodere quel che rimaneva del suo cosmo,
allontanando bruscamente il ragazzo in un vortice di fiamme.
“Quel che mi resta…” –Commentò
Orochi, rimettendosi in piedi, ancora avvolto nel suo cosmo color ruggine. Tirò
un veloce sguardo alla Spada del Paradiso, conficcata nel terreno a una decina
di metri da entrambi, prima di concentrarsi su Pegasus, pronto per l’ultimo
attacco. –“È qua!!! Pugno del Drago!!!” –Gridò, dirigendo un violento
pugno di energia verso il Cavaliere di Atena, il quale aveva radunato tutto il
suo cosmo, concentrandolo in una cometa di luce che diresse contro Orochi.
I due poteri si fronteggiarono
per qualche istante, incendiando l’aria attorno, finché, neanche troppo
sorpreso di ciò, Orochi vide la cometa azzurra spingere indietro il Pugno
del Drago. Un metro dopo l’altro. Inesorabilmente. Inspirò a fondo, mentre
un sorriso si dipingeva infine sul suo volto, prima che la sfera di energia di
Pegasus gli sfondasse il petto, scaraventandolo indietro, schiantandosi contro
una parete di roccia, e poi crollando al suolo disteso.
“È… finita!” –Balbettò Pegasus.
–“Il Comandante dei Capitani dell’Ombra è caduto! Molto… bene!” –Socchiuse gli
occhi, mentre le forze gli venivano meno, e crollò sulle ginocchia, sentendo il
peso di quelle ore di scontro piombargli improvvisamente addosso. Prima che
toccasse terra, due braccia amiche lo afferrarono in tempo, e Pegasus vide il
volto sorridente di Sirio chinarsi su di lui.