It’s
never too late
CAPITOLO 1
Era una bella giornata di fine estate, una di
quelle che mettono di buonumore al solo sentire gli uccellini cinguettare. In
fondo era settembre, era normale. Ma non a Los Angeles: VIP, feste a non
finire, ma soprattutto caos, caos, caos. Per questo Bella fu veramente
entusiasta del regalo ricevuto dal marito per il suo 31° compleanno: una
settimana sulle colline del Michigan per due persone.
Bella si era sempre ritenuta una donna
soddisfatta, completa, sia in ambito lavorativo che amoroso. Lavorava come
manager in un’agenzia per giovani talenti anche se il suo sogno era quello di
diventare un’attrice. Magari non di film per ragazzini, alla High School Musical, ma film indipendenti che insegnavano al
pubblico qualcosa: solidarietà, amicizia, droga, amore. Un amore da farti
battere il cuore, quello da farti rincoglionire al solo pensiero.
Bella non aveva mai provato emozioni del genere,
si era sempre ritenuta una “donna di ghiaccio”. Sposò suo marito solo per vedere
suo padre felice, finalmente orgoglioso della figlia. Ma l’amore non c’entrava
niente. Ormai erano passati anni dal loro matrimonio e ancora si chiedeva il
perché di quella assurda scelta. Di quel maledetto “si” pronunciato con
incertezza.
Certo, suo marito Jacob era un uomo d’oro, non
c’era che dire, si era sempre comportato egregiamente con lei. Forse perché su
un mese si vedevano si e no 5 volte. Colpa del troppo lavoro, le trasferte, lo
stress. Bella, negli ultimi tempi, aveva preso la decisione di chiamare un
avvocato e chiedere il divorzio, ma ogni giorno le piombava in testa una scusa
per non farlo.
Nonostante questo, oramai superati i trenta, Bella
e suo marito partirono con destinazione le campagne del Michigan.
Tre quarti del viaggio lo passò pensando all’hotel
di lusso prenotato, allo sfarzo che non si concedeva da tempo, ai massaggi, ai
fanghi termali, al riposo tanto desiderato.
-Allora, amore, contenta della vacanza?- Odiava
quando la chiamava amore. Jake non ci poteva fare
niente, però ogni volta che suo marito la chiamava con quell’appellativo, le
saliva un moto di irritazione non indifferente, e si vergognava di se stessa
per questo.
-Si, non vedo l’ora- disse, ricordandosi che suo
marito attendeva una risposta. Si scambiarono solo queste parole durante il
viaggio.
L’hotel era enorme, pieno di vetrate. Il portone
d’ingresso era grande e imponente con rifiniture molto eleganti e raffinate. Il
paesaggio era altrettanto stupefacente: il cielo era di un azzurro puro con
nuvole bianche simili a batuffoli. L’interno era ancora più mozzafiato:
ascensori molto sfarzosi, lampadari di cristallo. Sembrava di essere in una
favola.
Bella si diresse subito nella hall, dove, dietro
ad un bancone, si trovava una donna bionda, di mezza età, con occhi azzurri
coperti da occhiali da vista. Le rughe erano presenti agli angoli della bocca e
intorno agli occhi. Tutto sommato era una bella donna. Bella chiese la tessera
della camera e subito la signora gliela porse. Poco dopo Jake
arrivò sommerso di valigie, forse Bella aveva esagerato: andava in campagna,
non sulla Luna!
Arrivati nella camera, un maggiordomo fece sapere
loro che si cenava alle 19:00 e si consigliava un abito elegante. Bella guardò
l’orologio: mancavano giusto 30 minuti all’ora di cena. Il tempo giusto per
farsi una doccia e scegliere il vestito adatto. Un quarto d’ora dopo, Bella si
stava imbattendo su un problema esistenziale: che cosa avrebbe indossato? Le
possibilità erano due: il vestito rosso Valentino (costato due stipendi) o il
tailleur Chanel (regalo del marito). Alla fine si decise: rosso Valentino.
Dopo essersi truccata si guardò allo specchio.
Perfetta. Bella era stata sempre considerata una bella donna: capelli castano
scuro, occhi color cioccolato, labbra carnose e pelle diafana. Le poche e quasi
invisibili lentiggini che si trovavano sul nasino all’insù e sugli zigomi
rendevano il suo viso dolce e infantile. Bella, nonostante tutto, non aveva mai
fatto tanto per esaltare la sua bellezza. Da giovane non si era mai truccata e
indossava quello che trovava nell’armadio.
-Si è fatto tardi- Jake
la distolse dai suoi pensieri, le prese la mano e insieme scesero giù, al
ristorante, entrambi curiosi e molto affamati.
Il ristorante era situato al piano terra, anche lì
le pareti erano di vetro e permettevano la visuale di un grande giardino dove
una piscina, in quel momento illuminata, faceva bella mostra di sé. L’interno
della sala era spazioso, con innumerevoli tavoli di forma circolare. Non tutti
erano occupati perché era settembre e si sa, in quel periodo, la gente tornava
a lavorare. La luce soffusa era emanata dai lampadari a muro e dalle piccole
candele al centro di ogni tavolo. La maggior parte delle persone che occupavano
i tavoli erano coppie anziane, probabilmente in pensione. In che caspita di
luogo si trovava?
Eppure, Bella si sentiva osservata. Da quando
aveva messo piede nell’hotel quella strana sensazione non voleva proprio andare
via. Si guardava intorno cercando tra i volti delle persone presenti una faccia
conosciuta, ma non ne trovò nessuna.
L’antipasto era a buffet, quindi dovette alzarsi
per prendere il cibo. Sul bancone, allestito elegantemente dai camerieri, vi
erano portate di ogni genere. Dal pesce, alla carne, dai formaggi, agli
affettati. Bella era tremendamente indecisa: non voleva riempirsi la pancia
prima delle altre portate, ma era curiosa di assaggiare tutto.
Quando fu vicino alle pietanze, la sensazione di
essere osservata fu più forte che mai. Aveva bisogno di una sigaretta,
altroché. Bella aveva smesso di fumare circa quattro anni prima, dopo enormi
sforzi, solo perché si era resa conto di non poter danneggiare ulteriormente i suoi
polmoni in quel modo. Diciamo che riservava quel maledetto vizio solo in casi
rari: quando si sentiva nervosa, triste, agitata, e soprattutto stressata,
quello era l’unico modo per calmarsi.
Chiese al marito una sigaretta e l’accendino e
andò fuori, nell’area fumatori. Non c’era nessuno a parte un uomo di spalle.
Bella si sedette subito sulla prima poltroncina che vide, accendendosi la
sigaretta e portandosela alle labbra, inspirando.
Più guardava quell’uomo e più le ricordava
qualcuno di familiare. Lo vide prendere il cellulare e rispondere ad una
chiamata. Lo sentì parlare. Il cuore di Bella perse un battito. Lei strabuzzò
gli occhi. Quella voce era inconfondibile, l’avrebbe conosciuta anche se fosse
stata mezza sorda. Quella voce profonda, roca, ma soprattutto, un tempo di
vitale importanza per lei.
“Oddio, non può essere” pensò “Non può essere
lui”. L’uomo, dopo aver chiuso la chiamata, si girò. Bella lesse lo stupore
anche nei suoi occhi. Era sorpresa quanto lui.
-Edward?-
chiese semplicemente.
-Bella?-