Alla
Mimuccia,
perché
è stato il suo compleanno.
Inutile
stare a soffermarsi
sul
fatto che sono in ritardo di tre giorni,
ma
meglio tardi che mai.
<3
Le
donne
hanno
occhi
e
orecchie
dappertutto!
«Mi
rifiuto di fare un altro allenamento con Ino.»
«Per
quale assurda ragione?»
«No,
dico Kiba, l’hai vista?»
Il
gruppo di ragazzi si voltò all’unisono in direzione della bionda amica, che non
accortasi di tutti quegli sguardi puntati addosso, stava sistemando i fiori
fuori dal negozio per l’apertura pomeridiana.
«Eccome
se l’ho vista: difficile da non notare.»
Kiba
assottigliò lo sguardo, scannerizzando il corpo di Ino dall’alto in basso, non
tralasciando nemmeno un centimetro, finché Shikamaru non riportò l’attenzione
del ragazzo su di sé con una sonora gomitata ai reni.
«Tu
immaginatela in canottiera e in calzoncini, sudata, che si
allena.»
«Dico
io, lamentati pure!» fu la replica scandalizzata di Kiba. Anche a lui sarebbe
piaciuto godere della magnifica visione delle curve di Hinata esposte al sole
primaverile, durante gli allenamenti: era sicuro che la compagna di squadra non
sarebbe stata seconda a Ino in niente. Ma Hinata era troppo timida per portare
un abbigliamento così succinto e così il giovane Inuzuka era costretto a vederla
con maglie di due taglie più grandi e pantaloni ginnici che nascondevano le
gambe affusolate.
«E
così Ino ti distrae…»
«A
te non distrae, Cho?»
«Un
po’» ammise l’amico, non vergognandosi di tale affermazione, «ma come tutte le
cose poi ci fai l’abitudine.»
«Senza
contare il pubblico, oltre tutto…» sottolineò Shikamaru, per cercare di portare
gli amici dalla sua parte, «… è da non credere la moltitudine di persona che
vengono ad assistere ai nostri allenamenti, e non è un caso il fatto che questi
sono tutti ragazzi tra i quindici e i vent’anni!»
«Non
capisco tutto questo tuo disappunto, onestamente.»
Anche
Naruto sembrava essere dalla parte di Choji: lui doveva avere a che far tutti i
giorni con i pantaloncini attillati di Sakura che lasciavano ben poco
all’immaginazione, ma non si era mai lamentato, anzi. Erano passati i bei tempi,
spensierati e ingenui, in cui Sakura gli piaceva per gli occhi verdi, la fronte
spaziosa e i lineamenti dolci; adesso altri fattori erano subentrati e troppo
spesso doveva controllare la traiettoria dei suoi occhi, che non fissassero per
troppo tempo una determinata zona del corpo della
compagna.
«Non
sopporto la gente che mi fissa mentre mi alleno.»
«Non
guardano te, guardano lei.» gli fece notare Neji senza troppo zelo. Si annoiava
terribilmente quando finivano col parlare di quegli argomenti: lui non aveva di
certo i loro problemi.
«Vi
ostinate a non capire.» fu la secca sentenza del Nara.
Per
qualche minuto rimasero tutti in silenzio, ognuno preso dal finire la propria
bibita ghiacciata. Anche se la primavera era appena iniziata, le giornate erano
afose come se fosse piena estate; gli allenamenti diventavano sempre più pesanti
e si preferiva oziare all’ombra di un bar che andare fino ai campi d’allenamento
a massacrarsi di botte e a riempirsi di polvere e terra.
«Io
credo che tu sia sessualmente represso, Nara.»
Cinque
teste si girarono verso Shino, che nonostante la temperatura non aveva
abbandonato il suo cappuccio sulla testa e la felpa tirata su fin sopra la
bocca.
«Come
scusa?» chiese Shikamaru, disorientato.
«Sei
sessualmente represso.» ripeté l’amico, non muovendosi di un
millimetro.
«Da
quando sei un esperto in materia, Shino caro?»
«Non
sono affari tuoi, Kiba.»
Neji
valutò con attenzione quelle parole, non capendo lì per lì il loro nesso con
l’intero discorso.
«Dici
che Shikamaru è così frustrato perché nel suo inconscio ha desideri sessuali
verso Ino?» chiese Choji sporgendosi sul tavolo e guardando Shino sospettoso.
Quello annuì con la testa e Akimichi sbatté una mano sul tavolo,
soddisfatto.
«Pienamente
d’accordo! L’ho sempre detto io!»
Nara
guardò scioccato l’amico, mentre gli altri sogghignavano maligni.
«Okay,
avete vinto. Supponiamo per ipotesi che Ino mi attragga. Parecchio.» aggiunse
Shikamaru subito dopo notando il sorriso sornione di Kiba.
«Non
vorrete mica dirmi che sono l’unico. A quanto ne so, nessuno di voi ha concluso
sotto quel punto di vista, perciò non fate gli scarica
barile!»
«Io
non nego!» alzò prontamente la mano Kiba, «Sono aperto a qualsiasi gentil
donzella bisognosa di attenzioni.»
«Tu
sei un maniaco, non conti.» l’apostrofò Shino.
«E
a te è venuta troppa voglia di parlare tutta insieme.»
«Neji…»
chiamò Naruto, portando l’attenzione degli altri su di sé, «… qui tu sei il più
grande. Come hai gestito la cosa con Tenten?»
La
domanda, che al ragazzo biondo sembrava del tutto innocua, procurò uno stato di
confusione nella mente di Neji, che adesso guardava i suoi amici con occhi
aggrottati.
«Come,
prego?»
«Fagli
un disegnino, altrimenti non capisce.»
«Kiba,
vai a spulciarti altrove, ti va?»
Kiba
assottigliò lo sguardo verso Neji, soffermandosi in particolar modo sulle spalle
e le braccia muscolose: forse non gli conveniva farlo arrabbiare, era assai più
grosso di lui.
«Non
nego di avere anch’io qualche problema con Sakura-chan, sotto un certo punto di
vista. Insomma, non posso continuare a guardare il suo lato B fino
all’infinito!»
Shikamaru non sapeva se essere rincuorato dal
fatto che non fosse l’unico ad avere dei problemi di auto controllo, oppure
preoccuparsi che quel qualcuno fosse proprio Naruto.
«E
io in cosa dovrei aiutarti?» gli chiese Neji, dubbioso.
«Immagino
che anche Tenten durante le giornate torride si denudi un
po’…»
«Non
più di tanto, credetemi. Lei è una ragazza in gamba che prende seriamente i
nostri allenamenti, non pensa a mettersi in mostra con abiti striminziti o cose
varie.»
«Quindi
non hai mai…» domandò Choji alzando un sopracciglio.
«…
fatto pensieri indecenti sulla mia compagna di squadra come voi maniaci repressi sessualmente? No, sono in pace con me stesso,
io.»
E
con questo, Neji Hyuuga aveva detto la sua.
Erano
due giorni a quella parte che Neji ripensava alle confessioni dei suoi
amici.
Lui
se ne lavava le mani, non voleva mischiarsi a loro, ma doveva ammettere che
tutto quello lo aveva fatto pensare. Aveva diciannove anni, era un ragazzo serio
e sì, non era più vergine da diverso tempo ormai. Per lui il mondo non girava
intorno alla sua squadra, a Rock Lee, il maestro Gai e Tenten; per lui c’erano i
doveri verso uno dei più importanti clan di Konoha, le responsabilità come Jonin
e come amico. C’erano state delle ragazze, alcune insignificanti, altre a cui
aveva voluto bene davvero, ma che poi pretendevano da lui troppo. Era disgustato
a volte da come il gentil sesso avanzasse delle pretese sugli uomini, come se li
avessero comprati al mercato!
Il
lavoro era una cosa, gli affetti erano un’altra, comunque. Motivo per cui non
aveva mai pensato a Tenten come una ragazza. Era carina, gentile, in gamba e
non dava problemi; non riusciva a capire perché necessariamente avesse dovuto
vederla come oggetto dei suoi desideri. Non c’era una legge scritta che diceva
che inevitabilmente i compagni di squadra dovessero stare insieme,
frequentandosi e desiderandosi l’un l’altro. Lo trovava
assurdo.
Ed
era con questi propositi che era giunto al campo di allenamento in quella
mattinata torrida, e sempre questi propositi furono mandati a farsi benedire
dopo un’ora.
Rock
Lee si era svegliato con l’insana voglia di correre quella mattina e stava
cercando di stabilire il record di corsa intorno alle mura di Konoha; Neji non
aveva avuto niente in contrario, come spesso accadeva si sarebbe allenato con
Tenten sullo schivare kunai a carte bombe, ma non aveva messo in conto che il
caldo, quando arriva, arriva per tutti.
Tenten
si era tolta la maglietta ormai completamente bagnata e l’aveva gettata a terra
senza tante preoccupazioni; si era arrotolata i pantaloni fino alle ginocchia e
aveva tolto i sandali, rimanendo a piedi nudi sul prato.
Gli
occhi di Neji puntarono inavvertitamente al seno non troppo prosperoso che si
abbassava e si alzava a un ritmo talmente veloce che credeva che Tenten lo
facesse apposta, solo per il gusto di fargli vedere che anche lei era donna.
Parecchio donna.
«Qualcosa
non va?» chiese la ragazza, sentendo il peso di quegl’occhi bianchi
addosso.
«Niente,
scusami. Stavo pensando.» biascicò il giovane Hyuuga scuotendo la testa.
Sicuramente
tutto quello era dovuto ai quei vecchi bastardi dei suoi amici, che con tutti
quei discorsi gli avevano messo la pulce nell’orecchio.
«Fa
un caldo insopportabile, vuoi davvero tenerti tutti quei vestiti addosso?»
l’innocua domanda di Tenten scatenò tutta una serie di doppi sensi nella testa
di Neji, che in silenzio cominciò a togliersi la casacca bianca cercando di
focalizzare l’attenzione altrove.
Cominciava
a pensare che non ne sarebbe uscito vivo.
«Neji,
ti spiace se ci alleniamo sul corpo a corpo?»
Appunto.
«Perché?»
«Semplicemente
perché il mio punto debole è la lotta corpo a corpo, non sono abituata. Invece
mi sembrerebbe opportuno e utile essere allenata anche in
questo.»
Neji
vagliò per qualche frazione di secondo quella proposta, arrivando alla
conclusione che la ragazza aveva ragione e lui da buon amico non poteva
rifiutarsi.
Accettò
senza troppo entusiasmo e si posizionarono uno di fronte all’altra, le mani
chiuse in pugni e le gambe tese pronte a scattare.
Dopo
i primi dieci minuti, Neji capì che Tenten sapeva.
In
modi del tutto sconosciuti al genere maschile, la ragazza riusciva a strusciarsi
sensualmente a lui, in un modo o nell’altro; dapprima con leggerezza, proprio
come se fossero delle piccole casualità, poi sempre con più decisione. In
particolare, quando Tenten si fermava a prendere fiato e si poggiava sulle
ginocchia, Neji poteva benissimo vedere, attraverso la scollatura della canotta,
l’incavo dei seni.
Andarono
avanti per un’altra mezz’ora, finché il giovane Hyuuga, spazientito, le bloccò
il polso della mano destra, chiusa in un pugno.
«Continuerai
ancora per molto?» le chiese quasi adirato, non lasciandola
andare.
La
ragazza sgranò gli occhi stupita, non capendo.
«Ma
non è nemmeno un’ora che siamo qui!» protestò, cercando di sciogliere il polso
dalle presa del compagno.
«Tenten,
di grazia, mi hai preso per uno stupido?»
«Ma
di che stai parlando?»
«Finiscila!»
«Di
fare cosa?! E lasciami, accidenti! Mi stai facendo male!»
Neji
mollò subito la presa.
«Ti
sei ammattito?»
«No,
tu ti sei ammattita, tutti mi sembrano ammattiti! Ma sappiate che con me certi
giochetti non funzionano!»
«Qual
è esattamente il tuo problema?»
Tenten
sembrava realmente stupita e lo guardava con rabbia per il modo in cui la stava
trattando. Si mise le mani sui fianchi, aspettando impaziente una risposta: non
amava quei comportamenti.
«Il
mio problema? Ti rendi conto di ciò che stai facendo?»
«Mi
sto allenando!»
«No,
ti stai strusciando a me!»
«Scusami?!»
Adesso
Tenten era indignata, se non addirittura offesa. Neji la guardava in cagnesco,
per non dover puntare gli occhi su tutto il resto del
corpo.
Era
proprio una donna, doveva ammetterlo.
«Il
caldo ti sta dando alla testa?» chiese quella, facendo un passo in avanti verso
di lui.
«No,
sei tu che stai facendo qualcosa che prima non hai mai
fatto.»
«E
sarebbe? Stai insinuando che ci stia… che so, provando con te? Che stia
flirtando con te o qualcosa del genere?»
Neji
rimase in silenzio, anche se quello era il pensiero dominante nella sua testa.
«Non
so se lo sai, carino, ma io non ho
bisogno di ricorrere a certi trucchetti per far cadere un uomo ai miei piedi.»
continuò la ragazza, questa volta offesa nell’orgoglio.
Si
portò a pochi centimetri da Neji, guardandolo risoluta dal basso. Lui fissò i
suoi occhi castani, per non dover vedere altro.
Restarono
una buona decina di secondi in quella posizione, a fissarsi a vicenda, senza
dire una parola, quasi a trattenere il respiro; ci fu quell’istante in cui Neji
dischiuse leggermente la bocca e il suo fiato accarezzò le labbra di Tenten e
l’alchimia cominciò a fare il suo percorso. Si baciarono, come se per tutta la
loro vita non avessero aspettato altro, mordendosi le labbra, lasciando che le
loro lingue si inseguissero, si cercassero, come due amanti che fanno l’amore in
un groviglio di lenzuola. Neji la sollevò per la vita e impacciato camminò verso
la quercia sotto alla quale avevano posato i vestiti e l’attrezzatura; l’adagiò
contro il tronco e finalmente fece vagare le mani su quel corpo così invitante
che gli aveva fatto perdere il controllo. Le toccò il seno diverse volte
attraverso la fine stoffa della canotta, massaggiandoglielo e toccandole i
capezzoli che per l’eccitazione si erano induriti.
A
Tenten mancò il respiro, sentì le labbra umide di Neji che con fervore le
baciavano il collo, scendendo sulle spalle; le sue mani grandi e callose scesero
lungo i fianchi, toccandole le cosce e il fondoschiena. La ragazza era
consapevole che presto avrebbe ceduto e sarebbero finiti col fare l’amore
proprio lì, incuranti di tutto e tutti. Cercò con fatica di ribaltare le
posizioni, spingendo Neji contro il tronco dell’albero, cominciando nuovamente a
strusciarsi addosso a lui. Lei si stava eccitando come non mai e voleva essere
sicura che anche il suo compagno provasse le stesse emozioni.
Si
avvinghiarono nuovamente, le mani che s’intrufolavano ovunque, toccavano ogni
centimetro di pelle nuda sia dell’uno che dell’altra; nonostante il caldo,
avevano i brividi in tutto il corpo.
Neji
si staccò da Tenten per qualche secondo, prendendo aria con profondi respiri e
afferrandole il viso con le mani, guardandola negli occhi. Non si era mai
soffermato troppo su quelle iridi castane, ma in quel momento gli parevano i più
begl’occhi che avesse visto in vita sua.
«Che
c’è?» chiese Tenten ingenuamente e non senza arrossire, sfiorando le proprie
labbra con quelle del ragazzo, sentendo i loro profumi che si
mescolavano.
«Ho
voglia di fare l’amore con te. Adesso.»
Neji
era sempre schietto, anche in quelle circostanze, ma era una delle tante qualità
che Tenten apprezzava nel ragazzo.
Lo
baciò di nuovo e con mosse volutamente sensuali a calcolate giocherellò per un
po’ con il bordo dei suoi pantaloni, mentre lui giocava con i suoi capelli, le
baciava la fronte.
«Sai
Neji…» disse, sorridendogli, «… credo che per quello dovrai
aspettare.»
Il
giovane Hyuuga si bloccò all’istante, guardando la compagna interrogativamente,
sperando di aver capito male.
«Come?»
«Hai
sentito, caro. Chi troppo vuole,
nulla stringe.»
Tenten
si allontanò da lui come se niente fosse; raccolse le sue cose, ricomponendosi i
chignon disfatti e arruffati, rimettendosi la maglietta e i sandali. Neji era
rimasto fermo e immobile al suo posto, eccitato come non mai, confuso da quel
comportamento. Che avesse sbagliato qualcosa? Avevano appena passato dei minuti
da favola, si erano voluti, desiderati, c’era stata una forte attrazione da
entrambe le parti. Perché non voleva continuare?
«Tenten…»
la chiamò ancora, vedendola in procinto di andarsene, «… stai scherzando,
vero?»
Sperò
con tutto il cuore che fosse così, non poteva lasciare le cose a
metà.
«Per
niente. Ci vediamo domani.» salutò Tenten disinvolta, avviandosi verso l’uscita
del campo d’allenamento.
Il
giovane Hyuuga indossò nuovamente i suoi abiti di fretta e furia, volendo andare
a fondo a quella storia. Non permetteva a quella ragazza di sedurlo, fargli
perdere la testa e lasciarlo in quel modo come se niente fosse stato; non lo
avrebbe permesso.
Mentre
tentava di abbottonarsi in maniera dignitosa la casacca bianca, Tenten si voltò
per l’ultima volta verso di lui, sorridendo furba e
sorniona.
«Un’ultima
cosa, Neji, un consiglio. La prossima volta che voi maschietti sessualmente repressi desiderate parlare dei vostri problemi
ormonali, evitate di farlo davanti al negozio di Ino.»
Sconvolto,
Neji la vide sculettare strafottente mentre se ne andava, e si sentì un vero
allocco.
Le
donne hanno occhi e orecchie dappertutto.
Note:
Oh.
Oh. Oh.
Dire che mi sono divertita a scrivere questa fanfic è poco. La posto veramente col sorriso sulle labbra, perché è proprio venuta come volevo: semplice e tranquilla, simpatica a modo suo, senza pretese. Ebbene sì, mi piace. E spero che piaccia anche a quella piattola della Mimi, dato che è per lei, e a tutti voi che avete letto, ovviamente.
Auguri
amyketta mia <3 Ti amoH anche con qualche ruga in più *beve
thè*
Lee