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Autore: Ninfea Blu    30/03/2010    15 recensioni
Dopo diverso tempo ho deciso di presentare questa storia. E' una ff dal punto di vista maschile e Oscar appare solo sullo sfondo in un certo senso. Cosa ha davvero provato Andrè quando Fersen è tornato dall'America? E Fersen cosa ha trovato al suo ritorno in Francia? Speranze e illusioni si scontrano con la realtà.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Axel von Fersen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SPERANZE E ILLUSIONI

SPERANZE E ILLUSIONI

(Sette anni dopo: il ritorno)

 

 

Ciao a tutte. È molto che non pubblico in questa sezione e adesso ho deciso di proporvi questa storia.

L’ho scritta molto tempo fa, è vecchia quasi quanto “Dopo il ballo”, ma per tanto tempo è rimasta incompiuta. Lentamente ha preso forma nel tempo, fino a diventare quello che è adesso.

È una fic dal punto di vista maschile, le voci narranti sono due (per differenziarle ho scelto due colori  diversi, penso si capisca chi è uno e chi è l’altro). Vi lascio alla lettura e spero la troverete piacevole. Aggiornata 14/1/2013

 

 

*****

 

Era una giornata placida e perfetta.

Una leggera brezza giocava col sole e schiaffeggiava dolcemente i nostri volti.

Sembrava che nulla potesse turbare il perfetto equilibrio che si era creato tra noi quel giorno.

Era tanto tempo che non mi sentivo così bene in sua compagnia.

Avevamo lasciato il palazzo molto presto quella mattina, per andare ad allenarci con le armi da fuoco.

Oscar era serena e rilassata, come non le succedeva da tempo.

Il caso della collana, quello scandalo clamoroso che aveva fatto tremare la corte di Francia e la partenza improvvisa di Rosalie l’avevano resa triste e silenziosa più del solito.

Invece, quel giorno tutto pareva dimenticato e lontano nel tempo: lei sorrideva, a volte scherzava e mi sembrava addirittura felice.

“Ottimo Andrè! Non ho sbagliato un colpo. Credevo di essere fuori forma, ma non è così… potrei tentare di colpire quelle bottiglie a occhi bendati. Che ne dici?” mi rispondeva allegra.

E se lo avesse fatto, magari ci sarebbe davvero riuscita.

 

Forse presagiva che sarebbe tornato?

Non lo sapevo, ma ringraziavo Dio per questo stato di grazia, che raramente le era concesso.

A lei come a me.

Quella era la quiete prima della tempesta; adesso, a distanza di tempo lo capisco, ma allora mi sembrò altro, avevo creduto che fosse la pace dell’anima.

La giornata perfetta naturalmente non poteva durare, perché le cose belle durano poco.

È bastato uno sparo e una mela a pezzi nel rosso del tramonto, a rompere l’equilibrio di due vite.

Quando ho sentito quel suono, ho avvertito quella paura che ci attraversa quando sentiamo il cuore che rotola portato via da una speranza infranta.

L’ho capito con sgomento prima di lei e ne ho avuto la certezza, quando ho sentito quella voce pronunciare il mio nome.

“…Trovo benissimo anche te, Andrè.” ha detto.

Non stavo bene per niente in quel momento: ho sentito freddo, benché il vento caldo soffiasse sulla pianura da diverse ore.

Era apparso all’orizzonte sul suo destriero come un eroe da leggenda, e il vento lo investiva gonfiando il suo mantello, e la sua criniera biondo cenere sembrava confondersi con quella del suo cavallo. E non capivo dove finisse uno e iniziasse l’altro.

Come un eroe era tornato dall’America, dopo sette anni passati a sperare che non tornasse mai, pregando che lei potesse dimenticarlo.

Ma si sa che le speranze sono figlie degli inganni.

Ho visto la mia effimera illusione crollare come un castello di carte davanti alla reazione di pura gioia che lei ha avuto, quando ha realizzato chi era il cavaliere apparso all’orizzonte.

Sono rimasto immobile, come se avessi visto lo sguardo di Medusa e mi fossi trasformato in una statua inanimata. 

Non tradivo nessun’ emozione; forse non ne ho provata alcuna all’inizio, come se le mie stesse emozioni si fossero fossilizzate all’istante, mentre la vedevo correre senza ritegno nella sua direzione, mentre la sentivo gridare quel nome maledetto.

Io ero sempre assolutamente fermo, bloccato in un sortilegio malvagio.

Solo dopo è arrivato quel dolore sordo.

Si è fatto strada lentamente strisciando sul cuore. E lì, è rimasto sedimentandosi.

Senza saperlo, lei mi uccideva.

Ho sentito il sapore della sconfitta.

Ti lascia in bocca il gusto amaro, insinuante della gelosia.

Lui mi aveva battuto senza alcuno sforzo; aveva conquistato il cuore della mia amata, occupato la sua mente senza dover far nulla.

Io, per quanto avessi tentato di fare, per quanto avessi pregato e sperato, in sette anni non sono riuscito a farglielo dimenticare.

Tutta un’altra vita non servirebbe.

 

Siamo tornati tutti insiemi a Palazzo Jarjayes e lungo la strada, loro non hanno fatto altro che parlare. Lei non era mai stata così loquace, così avida di domande. Parlavano dell’America, degli anni trascorsi, del passato lasciato alle spalle.

Entrambi sembravano essersi dimenticati della mia presenza.

In quel momento io non esistevo. Forse non ero mai esistito, in realtà.

Dal conte potevo aspettarmelo, ma da Oscar… No.

Da lei non riuscivo ad accettare di essere trattato così.

Mi sentivo veramente meno di un servo in quel momento; avrei voluto essere altrove, per non vedere e sentire l’indifferenza cui Oscar mi condannava.

A ferirmi maggiormente era la consapevolezza che di questo, lei neppure si accorgeva.

Non mi vedeva, del resto in tutti questi anni, non mi ha mai visto. Semplicemente lei non vedeva altro che quell’uomo tornato dall’inferno di una guerra.

Ha sempre visto solo lui, ha sempre pensato solo a lui.

Costantemente, per sette lunghi anni.

Pensieri insospettabili, nascosti dietro quella maschera da soldato che porta da troppi anni, solo apparentemente dimenticati; essi affogavano nell’incalzare incerto dei giorni, ma tornavano a galla in un bicchiere di birra bevuto con lei in qualche squallido locale di Parigi.

 

A palazzo l’eroe è stato accolto con tutti gli onori; la cena, la stanza degli ospiti.

Oscar lo ha pregato di restare per riposarsi dalle fatiche del viaggio e ho collaborato anch’io all’opera di persuasione, con poche frasi di circostanza.

Avrei voluto ben altro, in realtà.

Volevo e speravo che se ne andasse, che corresse da Maria Antonietta.

Di certo, non ero interessato alle sue avventure americane e neppure riuscivo a sopportare lo sguardo di lei: un misto di gioia e incredulità.

Brindiamo, brindiamo a Fersen che è tornato sano e salvo! In alto i calici!

Sono un dannato bugiardo, perché l’amarezza che provavo mi avrebbe fatto andare il vino di traverso, ma ho continuato a fingere allegria, quando in realtà pregavo, supplicavo Dio che non si fermasse a palazzo.

Non avevo osato sperare nella sua morte, ma in quel momento ho rimpianto di non aver mai trovato il suo nome tra i caduti.

Eppure mi sarei morso la lingua, piuttosto che lasciar uscire le parole cattive che avrei voluto urlare.

Mi irritava la sua commozione, il suo essere felice per l’accoglienza che lei e anch’io gli stavamo dimostrando. Mi irritava il mio stesso dover fingere, anche se sono abituato a farlo da una vita; se in quel momento avessi potuto parlare, avrei vomitato parole di rabbia contro quell’uomo.

Invece ero costretto ad essere cortese ed educato. Eppure ero stanco di esserlo.

Mi infastidiva che lui dormisse sotto il nostro tetto, ed ero lacerato dall’angoscia che la sua presenza nella casa, inducesse Oscar a rimanere sveglia nel suo letto a pensare a lui.

E anch’io restavo sveglio a tormentarmi, sentendomi colpevole, mentre maledivo il suo ritorno.

 

 

****

 

Finalmente sono tornato in Francia. Per sette anni ho desiderato, sognato di tornare qui. 

Sono felice. Avevo quasi dimenticato cosa volesse dire dormire senza aver paura di non arrivare a domani. Le notti in America sembravano eterne e quando arrivava il mattino, sembrava una grazia del cielo concessa agli uomini. Mi aggrappavo al desiderio di restare vivo, ai ricordi preziosi, l’unica cosa bella che avessi sotto quel cielo violento.

Qui nulla sembra essere cambiato: tutto sembra rimasto fermo a prima della mia partenza.

Chissà se la gente che mi additava come il suo amante si è dimenticata di me.

Solo i miei capelli sono più lunghi e grigi sulle tempie, ma da questa parte del mondo tutto sembra immutabile. Oscar è come la ricordavo; averla incontrata mi dà la sensazione di aver ritrovato qualcosa di me stesso che pensavo di aver perso.

Ora che sono qui, per me è inevitabile indugiare sul suo ricordo, che in tutti questi anni mi ha accompagnato, ed è eccitante pensare che è così vicina che mi basterebbe allungare una mano per sfiorarla, eppure cerco di convincermi che non sento il bisogno di rivederla.

Forse significa che i miei sentimenti non sono più gli stessi di un tempo.

Tornerò in Svezia, ma prima devo fare chiarezza dentro me stesso, resterò fino a quando non l’avrò fatto.

In fondo sono qui per questo, per trovare delle risposte.

Devo approfittare dell’ospitalità di Oscar; sono fortunato a godere della sua amicizia che è rimasta invariata attraverso gli anni. Mi dispiace che si sia preoccupata per me, ma sette anni fa non c’era altro che potessi fare per proteggere colei che amavo… che forse amo ancora.

Ma adesso sono più forte.

Maria Antonietta… oso pronunciare il suo nome… un delicato petalo di rosa sulle mie labbra.

 

André, neanche lui è cambiato: gentile e disponibile come sempre.

Solo all’inizio, mi era sembrato stranamente freddo: non è nell’indole di quell’uomo, anche se a volte lo capisco e mi sorprende non poco. In fondo, dev’essere un’abitudine perfezionata attraverso gli anni, quella di non manifestare mai ciò che sente davvero.

Non ho alcun dubbio, che sia segretamente innamorato di Oscar e sa perfettamente di non avere speranze. Eppure le è rimasto sempre accanto. Ammirevole, certo. Stoico anche.

Non è mai scappato come ho fatto io.

Nel mio lungo peregrinare, credo di non aver mai trovato un amore tanto costante, profondo e altrettanto vano. Come riesce a celare così bene i suoi sentimenti? Quale forza deve avere, che gli permette di restare vicino a Oscar, senza mai fare un passo falso?

Non si è mai accorta di niente… normale… e come potrebbe una come lei, notare certe cose?

Tanto tempo fa, proprio lei mi disse che la sua unica ambizione, era prendere un giorno il posto di suo padre.

Rimasi sorpreso e incredulo che potesse veramente desiderare di vivere come un uomo, ma conoscendola attraverso gli anni, mi resi conto che era vero e non potei non ammirarla profondamente, più che se fosse stata davvero un uomo.

Eppure, a volte mi chiedo perché sia nata donna. Che bizzarro scherzo del destino.

Oscar ha qualità straordinarie, è coraggiosa, leale e sincera, il migliore amico/donna che un uomo possa avere, ma il suo cuore non è fatto per i turbamenti dell’amore.

Il suo corpo troppo esile non conosce piaceri e non saprebbe darne.

Le sue mani forti non sono fatte per accarezzare, ma per brandire una spada.

André dovrebbe capirlo e farsene una ragione.

Francamente, non capisco perché insiste; forse semplicemente non ha la forza di lasciarla, ma se il suo amore per Oscar fosse pari a quello che ho nutrito verso la regina, allora potrei intuire il suo tormento. È un sentimento irrealizzabile nella sua pienezza, ma chi ne resta vittima è destinato a consumarsi. Io mi sono consumato per sette lunghi anni; ho cercato di dimenticarla tra le braccia di altre donne, ma nell’amplesso era il suo nome che invocavo, era il suo profumo che cercavo.

Chissà se André si sarà fatto consolare da altre braccia; sebbene sia solo un servo, è un uomo di notevole fascino. Credo ne sia consapevole, ma sa celare le sue qualità con discrezione.

Conosco un paio di nobili fanciulle, che non lo disdegnerebbero nel loro letto. A volte mi viene il dubbio che non abbia mai guardato un' altra donna, almeno non come guarda Oscar; questo sicuramente gli farebbe un grande onore, ma la tensione accumulata prima o dopo esploderà.

Un uomo per quanto virtuoso, non può celare per sempre le proprie passioni.

E io so per esperienza che gli uomini virtuosi non esistono, e se provocata, la loro vera natura viene fuori. E Andrè non è un santo: quello che ho visto nel suo sguardo è il guizzo di un desiderio possente e carnale, anche se trattenuto.

Come reagirebbe Oscar, se dovesse scoprire i sentimenti che il suo attendente nutre per lei?

Sarei davvero curioso di assistere ad una scena del genere, sarebbe quantomeno istruttivo. 

Se ciò accadrà, per Oscar sarà qualcosa di inatteso e sconvolgente.

 

 

*****

 

 

Con mio sommo dispiacere, Fersen ha deciso di restare in questa casa, ancora per qualche giorno.

E io, non so ancora per quanto, fingerò di gradire la sua presenza qui. Dovrò guardarlo parlare con Oscar, vedere lei che gli sorride, che lo invita a cavallo, che bevono cognac invecchiato, mentre io che sono il servo, verserò liquore nei loro calici e ingoierò la mia bile.

Ha detto ad Oscar che vuole dimostrare a sé stesso, di non provare più amore per la regina Maria Antonietta. Che i suoi sentimenti per lei sono cambiati.

E lei gli ha creduto!

O forse vuole semplicemente illudersi.

E io lo so più di lei che le illusioni sono più dolci della realtà; il colonnello ne sa veramente poco dell’amore. Ma non vedi che sta mentendo?

Non vedi che muore dalla voglia d’incontrarla ed è trattenuto solo dal timore di nuocerle?

Chi ama davvero non dimentica. Non può, perché  l’amore è più forte di ogni volontà umana.

L’amore ci governa e ci fa fare quello che vuole.

È forte come la morte: a entrambi non si sfugge.

Io non posso smettere di amarti Oscar, anche se mi fai morire ogni giorno un po’ di più, un pezzetto alla volta. Il sole forse, non continua a sorgere e tramontare?

Ho guardato Fersen negli occhi e ho colto il riflesso del mio stesso sentimento. Anche a lui l’amore ha consumato l’anima.

 

Come sono state le vostre notti in America?

Quali fantasmi le popolavano?

La paura della morte, quella di non rivedere la donna che amavate, c’erano?

Avete sognato di tenerla fra le braccia in una notte di gelo?

C’era il ricordo delle sue labbra calde a seguirvi?

Di Oscar, io non ho altro che la voce forte che mi reclama e occhiate affilate come rasoi.

 

I suoi fantasmi non devono essere poi così diversi dai miei; non c’è via di scampo da essi, popolano i sogni di uomini come lui e me. Ci nutriamo solo dell’immagine di lei, perché altro non possiamo nemmeno sperare di avere. E basta quello sguardo chiaro e limpido per sopravvivere.

Eppure lui ha avuto più di me; ha la corrispondenza del cuore e gode senza saperlo dell’amore di Oscar. I suoi sguardi, i suoi sorrisi sono per lui. Che non fa nulla per meritarli.

Cosa darei per avere uno solo di quegli sguardi, per vedere quella scintilla bruciare per me, almeno una volta. Una tranquilla indifferenza è tutto ciò che si deve a un servo.

 

*****

 

Come stona questa giornata limpida con quello che ho dentro al cuore; i raggi del sole giocano tra le foglie di un verde tenue e scaldano i nostri volti, ma non arrivano a illuminare il profondo della mia anima.

Oggi, Oscar e il conte hanno fatto una cavalcata nel parco attorno al palazzo.

Io li seguivo a poca distanza, proprio come avrebbe fatto un servo qualsiasi. Eppure io non sono un servo qualsiasi neppure agli occhi di quest’uomo, che forse di me ha capito qualcosa, che forse ha riconosciuto nel mio sguardo la fiamma ardere sotto la brace; per questo non mi sono sorpreso, quando ha espresso lo strano desiderio di misurarsi in duello con me.

“Dicono André, che siete un ottimo spadaccino, anche se il vostro stile non è particolarmente raffinato.” Ride il conte, del suo capriccio di volersi confrontare con un semplice attendente.

Un nobile… Che onore per me.

E io dovrei fingere di sentirmi lusingato, ma un moto d’orgoglio mi fa fremere d’irritazione: io non devo niente a quest’uomo. Per lui non sono niente ed egli vale altrettanto per me.

Un nobile che della sua casta privilegiata ha tutti i difetti, quelli che Oscar disprezza così tanto.

 

Mi battevo con Fersen e non facevo nulla per misurare la mia forza, non mi trattenevo come a volte mi capitava di fare con lei. Sì, il conte ha ragione; non sono particolarmente raffinato, ma so essere un avversario temibile e non ho esitato a far assaggiare allo svedese la punta del mio fioretto: ho rovinato la sua bella camicia di seta e graffiato la sua pelle, trattenendo l’impulso cattivo di andare più a fondo, mentre lei ci guardava e forse intuiva che non era un banale allenamento.

Lei lo guardava…

Guardava e non vedeva. Né lui, né me per ciò che eravamo.

Nella sua mente credo stia prendendo forma una speranza sepolta sotto la stoffa della divisa da troppi anni. È inquieta da quando le ha detto che non ama più la regina, me ne sono accorto perché non si concentra durante i nostri consueti allenamenti.

Nutre la speranza vana che Fersen possa per qualche ragione accorgersi di lei.

Pensa costantemente a lui.

Io sto sempre peggio, eppure non cedo, non lascio trasparire nulla del mio tormento.

Tanto a che servirebbe? Lei non capirebbe il motivo del mio disagio, tutt’al più direbbe che sono strano.

Sono così bravo a fingere, a nascondere quello che sento veramente che lei non si accorge di niente.

Non si accorge neppure che sono mortalmente geloso di ogni cosa che riguarda lui, delle attenzioni che gli offre, del bicchiere che gli porge, degli spazi che mi ha tolto e che erano nostri.

Della nostra vita prima che lui tornasse.

Guardo il mio nemico di sottecchi e nascondo dietro a sguardi distanti e solo apparentemente amichevoli quello che davvero sento per quest’uomo: il mio risentimento e perché no, anche il mio disprezzo. Lei non si accorge di quanto sappia essere vigliacco, lui che è sempre fuggito da colei che ama, che non ha mai avuto la forza di restarle accanto.

Io invece, mi accorgo sempre di quello che succede a lei; sono troppo bravo anche in questo, tanto che mi faccio del male. Dolore inutile il mio: so benissimo che Fersen non l’amerà mai.

Lo so e vorrei che non fosse così finto nella sua apparente perfezione.

In fondo, non ho paura di lui; ho paura di lei, per lei e di quello che potrebbe fare quando capirà che il suo è un sogno irrealizzabile. Perché lo capirà, prima o poi: verrà il momento in cui scoprirà quanto può essere dolorosa la realtà; perderà il coraggio e le forze per affrontarla.

Deve accadere, e io resterò a guardare e mi sentirò impotente. E sarà altro male.

“Non farti ingannare Oscar, non credere alle chimere… - le ho detto in un momento che eravamo soli - Non credere alle parole di Fersen; non riesce neppure a convincere se stesso.”

Mi ha risposto col silenzio che conosco, ma il suo sguardo è diventato indeciso e confuso.

Non credere che Fersen potrà amarti un giorno, avrei voluto dirle.

Si dice che la sofferenza renda più forti e ci fa crescere; dev’essere un passaggio della vita che non è precluso a nessuno, che si deve necessariamente affrontare.

Sarà per questo che io devo sopportare di vederla innamorata di uno che non la considera nemmeno una donna.  Nessuno può impedire questo. Neppure io.

Ma in alcuni momenti, sopportare sembra quasi impossibile; mi sento come se le forze mi abbandonassero e non riuscissi più a reggere questa prova. Allora la guardo, nel petto sento montarmi una smania quasi incontrollabile e stringo i pugni: vorrei scuoterla furiosamente.

Ma non vedi?

Non vedi che sprechi i battiti del tuo cuore per chi non può sentirlo?

 

 

******

 

 

Andrè ha ragione: la Francia è davvero cambiata.

Sette anni fa, quando me ne andai, la regina e la famiglia reale erano amati e rispettati da tutto il popolo. Oggi, lungo una strada di Parigi, puoi trovare immagini della coppia reale su cui l’odio della gente ha sfogato la sua rabbia.

Cosa sta succedendo qui? Sparano all’interno delle case, i nobili sono presi di mira.

Oggi dei ribelli facinorosi hanno quasi colpito André. Ho voluto sapere la verità e lui è stato spietato nel presentarmela nuda e cruda. Mi ha raccontato dell’odio della gente, mi ha detto che i nobili e la famiglia reale non sono più ben visti.

Mi ha detto che il popolo odia la regina, la chiamano con disprezzo “l’austriaca”, la scherniscono e la definiscono “madame deficit”, la rovina della Francia.

Mio Dio!

Non potevo credere alle sue parole e ho voluto vedere con i miei occhi.

Abbiamo preso i cavalli e siamo venuti a Parigi, dove qualcuno ha gridato al nostro passaggio - morte a chi affama la povera gente! – e il gelo mi è entrato nel cuore.

Ho visto un suo ritratto affisso su un muro, sfigurato da lame di coltello: si erano accaniti usandolo come bersaglio.

È stato terribile, ma ho capito…

Mi è bastato vedere una sua immagine per sentire l’antico sentimento riemergere dal profondo del mio essere… ho capito che non ho mai smesso, e non smetterò mai di amarla.

L’ho confessato anche ad Oscar, a lei sola posso dirlo.

Dopo quello che ho visto e udito, sono obbligato a fare qualcosa, perché questo paese sta cambiando; questo vento sembra trasformarsi in una tempesta e rischia di travolgere colei che più amo. Mi ero sbagliato credendo che nulla fosse mutato. È cambiato tutto, invece.

Il mondo che avevo lasciato andandomene, sembra sul punto di scomparire, in bilico sull’orlo di un abisso. Basta davvero poco per farlo precipitare.

La regina ha bisogno di me, non la posso abbandonare in un momento così difficile, ho il dovere assoluto di esserle vicino, il mio amore me lo impone. Non posso più scappare. Non ora.

Ho parlato della mia decisione con Oscar, ha capito e approvato. Credo che anche lei si renda conto di quanto sia instabile questa situazione.

Così sono andato al Trianon, dove lei vive adesso con i suoi figli. Rivederla mi ha dato una gioia immensa, come ho fatto a starle lontano per tanto tempo?

Mi ero illuso che l’amore avesse abbandonato il mio cuore.

È ancora bellissima, la maternità l’ha resa ancora più bella, ha messo una nuova luce nei suoi occhi. Le ho parlato con sincerità, come il più fedele dei suoi servi. Le ho parlato della mia esperienza in America e l’ho messa in guardia da quello che sta succedendo qui; ci sono all’orizzonte già tanti piccoli fuochi, dobbiamo spegnerli prima che diventino incendi e travolgano la famiglia reale.

L’ho pregata di tornare a corte e fare di tutto per riavvicinarsi ai nobili e mi sono votato a lei, mettendomi al suo servizio per il resto della mia vita. Lei mi ha ascoltato.

Ho deciso che non tornerò in Svezia.

 

 

*****

 

 

Ma come ha potuto farle una domanda del genere?

Quanto poco tatto Fersen!

Si è chiesto perché Dio l’abbia fatta nascere donna! Senza pensare che quella domanda la tormenta da una vita. Lui non si accorge nemmeno di quanto quella frase inopportuna l’abbia urtata.

Lui crede che sia divertente, mentre lei fa finta di nulla e intanto si nasconde dietro un sorriso di circostanza. Io so che lei se lo è chiesta tutti i giorni, fino ad oggi, e non ha mai trovato la risposta.

Fin dal primo giorno in cui ha scoperto la vera natura del suo sesso, lo sgomento e lo stupore, la sensazione di essere stata ingannata, l’ hanno sempre accompagnata.

Vorrei afferrarla per le spalle e scuoterla selvaggiamente, mentre non so cosa mi trattiene dal gridarle in faccia: non lo vedi? Non ti accorgi di quanto è così lontano da te? Di quanto è incapace di comprenderti?

Ma lui che ne sa della lotta con sé stessa che lei ha dovuto ingaggiare, del conflitto con la sua natura che non ha mai risolto? Che ne sa lui dello sforzo, della fatica per essere sempre perfetta, all’altezza delle aspettative: donna e militare in un mondo di uomini che non accetta debolezze, non perdonano se sbagli.

Non sa che aveva solo 14 anni quando fu costretta a scegliere il proprio destino assurdo, per soddisfare il capriccio di un padre che non ha avuto figli maschi?

No, non può saperlo. Non la conosce così intimamente.

In realtà di lei non sa niente, non sa nemmeno che nel profondo di sé stessa, lei è una donna stupenda, con un cuore grande e generoso. Non ne conosce la sensibilità e la dolcezza, non sa quanto amore è capace di nutrire, quanto amore saprebbe dare.

Ma io lo so e forse la amo per questo. La amo per tutto quello che lei nasconde. Amo quello che gli altri non conoscono o non vedono: la costanza, la forza delle idee e l’assoluta fiducia in esse.

Fersen l’ammira senza averne capito il reale valore, l’abnegazione.

Oscar è stata fedele alla sua regina, l’ha sempre difesa da tutto e tutti, le è stata vicina nei momenti critici, molto più di quanto non abbia fatto il conte, che non ha mai saputo far altro che scappare.

 

Il momento d’imbarazzo è durato poco per fortuna; uno sparo e la vetrata va in pezzi e io finisco a terra. Il proiettile non mi ha raggiunto, ma Oscar sì.

Per un attimo ha scordato Fersen, si è lanciata verso di me per assicurarsi che non fossi ferito.

Mi ha chiamato e potevo sentire l’ansia nella sua voce forte.

Ho sentito le sue mani sulle mie spalle. Un contatto fugace, ma sufficiente a concedermi un attimo di preziosa serenità.

Allora ti preoccupi ancora per me?

Fersen ha assistito a tutta la scena incredulo; non ha capito cosa fosse successo, né perché.

Ho dovuto spiegarglielo, non ho tralasciato nessun particolare: improvvisamente ha compreso di aver lasciato una guerra dall’altra parte del mare, per trovarne una forse più terribile qui.

L’idillio si è rotto come una fragile bolla di sapone. La calma apparente in cui eravamo vissuti in quei pochi giorni, si è dissolta di colpo come i sogni quando svaniscono alle prime luci dell’alba.

 

Attraverso il ventre di Parigi, tra pezzenti e mendicanti che la fame spegne inesorabile, Fersen ha scoperto che la Francia non è più il paese felice e accogliente che ricordava, se mai lo era stato, ma è diventata la terra ostile alla donna che lui amava, alle persone come Oscar: gli aristocratici.

Potevo capire il suo timore e la sua angoscia; negli ultimi tempi anch’io mi ero posto delle domande, sentivo tutta l’incertezza del futuro, la paura del domani.

Nelle mie notti deliranti e solitarie passate a sbronzarmi nelle bettole di Parigi, avevo sentito già troppi discorsi di gente che odiava chi apparteneva alle classi privilegiate.

E questo naturalmente, mi portava sempre a preoccuparmi per Oscar.

Mi aspettavo esattamente quello che Fersen decise di fare: tornò dalla regina.

E anche Oscar se lo aspettava. Mi presi il piacere cattivo di farglielo notare. Perché speravo che capisse, che si rassegnasse.

“È stato lontano per sette anni, ma non sono bastati a fargli dimenticare la donna che ha sempre amato.”

Oscar non mi ha risposto, ma per me i suoi silenzi sono mille volte più espressivi delle parole che non dice; seduta davanti al fuoco, reggeva nelle mani il suo bicchiere di brandy dove tentava di sfumare il suo tormento.

 

 

******

 

 

Fersen frequenta la reggia quasi tutti i giorni da quando la regina è tornata a Versailles e Oscar si tormenta; svolge le sue mansioni come al solito, ma sempre più spesso mi chiede di lasciarla sola. Fugge a cavallo, tentando di soffocare quello che il suo cuore grida con forza, e lei non immagina che pena sia per me, guardarla mentre si strugge d’amore così inutilmente.

Sa che Fersen e Sua Maestà hanno ripreso i loro incontri, ma l’esperienza li ha resi più cauti ed evitano di far parlare di sé.

La sento suonare il piano con strazio, tormenta i tasti come se dovesse sfogare un dolore che le opprime il cuore, e io sono qui sotto la sua finestra a lavare il suo cavallo e stringo lo straccio tra le mani, come lei stritola il mio cuore.

E per l’ennesima volta, maledico Fersen e il suo ritorno che ha sconvolto le nostre vite.

Avrà mai fine questa cosa?

Troveremo un po’ di pace Oscar dai nostri dolori, o sarà sempre così, portando in cuore il segreto di desideri inconfessabili? 1

Ecco, all’improvviso è successo qualcosa che mai avrei potuto prevedere; un azzardo da parte sua, perché decide di sfoderare quelle armi che sono proprie di tutte le donne, ma che lei non conosce e neppure sa usare.

Decide di fare per lui, quello che rifiutò di fare tanto tempo fa, quando io le chiesi per la prima volta di diventare una donna.2

Per la prima volta nella sua vita, Oscar ha ceduto alle ragioni del cuore e indossa un abito femminile.

Finalmente rivela al mondo la sua natura di donna che abbaglia per quanto è bella.

E la sua luce è talmente accecante che nessuno potrebbe riconoscerla.

Quando l’ho vista scendere dalle scale… il mio cuore… forse si è fermato in quell’istante dilatato nel tempo e nello spazio. Non ho parlato. Non subito.

Ho dovuto raccogliere fiato a sufficienza.

Mi ero appoggiato all’inizio del corrimano della scala, come se avessi bisogno di reggermi.

E mi sembrava di essere tornato indietro a quella primavera che lei aveva quattordici anni, mentre scendeva dalla stessa scala con addosso quell’uniforme bianca che l’aveva trasformata in un uomo. Lo stesso bianco; due immagini uguali e diverse che si confondevano davanti a me.

Avrei potuto dirle che era bellissima…

Avrei potuto dirle ciò che voleva sentirsi dire, ma non lo feci.

Poi, non so come, parole diverse sono scivolate via.

La mia voce troppo debole, è uscita dalle labbra come un suono cupo.

“Credi che servirà?” le ho chiesto senza riuscire a nascondere la mia profonda delusione.

In risposta solo una supplica silenziosa nei suoi occhi inquieti – per una sera, lasciami essere ciò che non sono mai stata –

E io ho accolto quella supplica.

L’ho guardata andar via nella notte senza di me, mentre mi arrivava alle orecchie il cigolio ritmato delle ruote della carrozza che la portava a Versailles.

Io sono rimasto lì, fermo per non so quanto tempo, seduto ai piedi di quella scala di marmo freddo con la testa tra le mani, a pensare. A sentire il mio cuore. Che non batteva più.

Era per Fersen quel vestito.

Era per lui quello splendore, quegli occhi scintillanti, quel seno delicato che per la prima volta affiorava da una scollatura, le braccia nude e la sua pelle candida.

L’ho vista come mai avrei creduto di poterla vedere,  mai avrei voluto vederla così per un altro.

In realtà non l’avevo mai creduto possibile. Per me lei era scomparsa dentro quell’ uniforme quasi vent’anni prima e credevo che mai più sarebbe riapparsa; sapevo che era lì, perché io ero il solo che poteva vederla anche sotto il tessuto rigido della divisa che la nascondeva.

Ma quella Oscar all’improvviso era uscita dal suo guscio ed era tornata. Per un uomo che non ero io. Il pensiero che stava andando da lui mi faceva impazzire.

Ringrazio solo che mi sia stata risparmiata la pena di doverla accompagnare.

 

Non pensare.

Dovevo cercare di non pensare, altrimenti…

Prima di quella sera il mio cuore non era mai stato tanto pesante, io non mi ero mai sentito così infelice. Mi sono alzato da quegli scalini per andare nelle cucine… No.

Neppure annegare le mie pene d’amore nell’alcool mi avrebbe aiutato, rimedio a cui ero corso già tante volte in passato. Non c’era miele che potesse addolcire il calice amaro che lei mi costringeva a bere in quel momento.

Non ho dormito quella notte; ho preso il mio cavallo e mi sono lanciato in una folle corsa attraverso la pianura, urlando come un ossesso, mentre il freddo mi percuoteva la faccia, fino a farmi lacrimare. Ho preso a pugni il tronco di un albero, al punto da farmi sanguinare le nocche delle mani. Cercavo il dolore fisico per non sentire quello dell’anima.

Per un attimo mi sfiorò l’idea folle di andare a Parigi e di infilarmi in qualche bordello.

Ma non lo feci.

Non guidavo neppure il mio cavallo, ma lasciavo che fosse lui a portarmi dove voleva. Ho vagato ramingo come un fantasma fino all’alba.

Il dolore era così forte che soffocava addirittura il mio risentimento per Fersen.

 

 

Il giorno dopo Oscar ha visto le mie mani graffiate e spelate a sangue; un po’ mi sono sorpreso, perché penso sempre che lei non mi noti. Mi ha chiesto cosa mi fossi fatto; le ho risposto che mi ero fatto male lavorando e lei ha preso per buona la mia scusa, ma si vedeva che era perplessa.

Le avrei risparmiato la verità.

 

Non so esattamente cosa sia accaduto quella notte, non so cosa Fersen le abbia detto, né se l’abbia riconosciuta.

Al mattino, Oscar ha ordinato alla nonna di riporre quel vestito in un baule della soffitta, dove si mettono le cose vecchie in disuso, come se volesse chiudere per sempre una parentesi triste della sua vita.

Qualunque cosa sia successa fra loro, deve aver cancellato anche la sua più tenue speranza.

Lei non ne parla mai; io non ho il coraggio di chiederle niente.

Proseguiamo la nostra vita come se niente fosse accaduto di diverso dal solito. 

L’ennesima calma apparente.

Questo vivere nell’incertezza è davvero logorante, perché io non so esattamente cosa fare per aiutarla, non so che parole usare e temo di dire la cosa sbagliata.

Non so se conoscere i dettagli di quella notte aiuterebbe. Forse è meglio che io non sappia nulla; sarebbe solo altro dolore da aggiungere a quello che già mi tormenta.

Io vorrei soltanto che lei dimenticasse e farò il possibile perché ciò avvenga.

Un equilibrio fragile circonda tutto e non so quanto possa reggere.

Lei è troppo tranquilla e non è una cosa normale.

Da alcuni giorni aspetto che accada qualcosa, perché l’azzardo di Oscar avrà le sue conseguenze e le temo, come lei teme l’incontro con Fersen che certamente verrà a cercarla. Ed è un supplizio quest’attesa spasmodica, questa calma piatta che attraversa questi giorni; è una quiete che non può durare, ha un che di sinistro che preannuncia un dramma. E ho paura.

Quando la bufera ci investirà, crolleranno le difese e non so se si potrà andare avanti con le nostre vite. E vorrei dirle che solo io saprei amarla per la meravigliosa donna che è.

L’amerei come merita. L’amerei perché lei è Oscar e basta.

Ma non posso, perché lei nulla sospetta, e in me altro non vede che un amico fedele.

 

 

Intanto, diamo la caccia ad un ladro. E lei si è lanciata in questa impresa con una determinazione inusuale; è decisa a catturarlo. Troppo decisa.

Frequentiamo tutte le feste dove potrebbe comparire. Oscar ha sempre detestato frequentare questi eventi mondani, li ha sempre disertati volentieri e io con lei.

È solo un altro modo per non pensare: alla sua disperazione, allo sgomento, all’amarezza che ti resta addosso quando la dolcezza di un sogno sfuma e ti abbandona alla nebbia pesante di un grigio mattino. 

 

 

****

 

 

Cieco e stupido, questo sono! Neppure sapevo quanto!

Ho sempre avuto un’alta opinione di me stesso, del mio intelletto. Mi stimavo più di quanto valessi.

La scoperta di stasera mi dà la portata della mia ampia ottusità.

Mi maledico per non aver capito nulla per tanto tempo. Credevo di conoscerla. Che presunzione!

Credevo di aver capito tutto dell’animo di Oscar, che non ci fossero zone d’ombra.

Come mi sbagliavo! Che errore clamoroso! Quale uomo può dire di conoscere davvero una donna?

Una donna come Oscar! Meno di qualsiasi altra.

Era lei, dunque!

Quella donna bellissima e affascinante, con cui ho danzato poco fa e che ho lasciato fuggire via, non l’ho nemmeno riconosciuta.

Del resto, come avrei potuto? Non sarei mai stato capace di immaginarla così. Un sogno che si fa carne, una creatura fantastica che non appartiene a questo mondo.

E ne sono stato rapito, come tutti gli altri. Uomini e donne, tutti ne sono stati stregati. 

Ero preparato a una serata piatta e monotona, che non mi avrebbe riservato nessuna sorpresa, nessuna emozione.

La regina non c’era, sapevo che non sarebbe intervenuta questa sera. Distratto, quasi annoiato, fino a quel momento nulla aveva catturato la mia attenzione.

E poi… un crescente brusio di meraviglia mi ha fatto sollevare lo sguardo dal mio calice di vino.

E l’ho vista…

 

 

******

 

 

 

Che serata triste.

Ma gli addii sono sempre così e quello di stasera è senz’altro il più triste di cui abbia memoria.

Non pensavo che sarebbe mai arrivato un giorno simile, quello che accompagna la fine di un’amicizia che io ho sempre pensato fosse inossidabile. Ma ho realizzato che non ci sono alternative nel momento in cui ho capito che questo legame era tale solo per me. Era la mia illusione personale e ora va scomparendo.

Niente di quello che avevo lasciato partendo per l’America, è come credevo che fosse: persone, cose, sentimenti.

È come aprire gli occhi dopo un sogno e bruscamente accorgersi che la realtà è diversa.

Fa freddo mentre mi allontano da palazzo e le lacrime solcano ancora il mio viso. Lascio che sia il vento a portarle via insieme alla polvere, alle foglie morte che solleva in mulinelli impazziti. Vorrei essere leggero come il vento, invece mi sento pesante, schiacciato da un dolore nuovo.

Alla fine ho trovato le mie risposte, ma non erano esattamente quelle che mi sarei aspettato. Sarebbe presuntuoso pensare di essere stato tradito. Forse il traditore sono io.

 

Negli occhi ho ancora l’ultima immagine di voi che piangete disperata contro la porta delle scuderie. Neppure io, Oscar ho mai conosciuto la felicità completa, ma solo una lenta e triste agonia.

Davvero, l’amore non porta ad altro.

Credo di conoscere il dolore: l’ho incontrato tante volte nella mia vita. Ho conosciuto gli orrori della guerra, ho visto la morte sui campi di battaglia, ho incontrato il coraggio e la vigliaccheria umana. Ma questo…

Cosa darei per rendere questa separazione meno penosa; è un mese che ci sto pensando con sconforto, paventavo questo momento che sapevo di non poter evitare.

Se ripenso a quella sera lontana, a tutto quello che ho provato, il turbamento del primo momento, e poi lo sconcerto inaspettato quando ho avuto solo il tempo di capire chi avevo davanti.

Ancora mi sembra irreale.

Ci credereste? Ho quasi sperato che non foste voi quella donna, di essermi ingannato.

Avevo colto qualcosa di famigliare… una duchessa straniera conosciuta altrove.

Ho danzato con voi e vi ho tenuta tra le braccia e vi ho ammirata, ed ero così rapito che per molti minuti ho quasi creduto di essere solo con voi in quella sala e che tutti gli altri fossero scomparsi. Danzavamo e la musica dei violini sembrava trasportarci lontano, e intanto, come uno stolto parlavo di voi come del mio migliore amico.

E sono state proprio le mie parole a riportarci bruscamente alla realtà, una realtà a cui non volevo credere.

Una realtà con cui ora dolorosamente devo fare i conti.

 

Ho commesso l’errore imperdonabile di dimenticare che siete una donna, singolare certo, ma pur sempre una donna.

Una donna con dei sentimenti, capace di amare e di soffrire, come chiunque.

E io non l’ho capito, o forse ho voluto fingere perché mi faceva comodo pensare che fosse tutto normale; la nostra amicizia, insolita e straordinaria, un privilegio concesso a pochi, a un solo uomo a dire il vero.

Io non sono mai stato capace di avere amicizie femminili.

Per me le donne erano sempre qualcos’altro; erano il piacere e la lussuria, il gioco della seduzione, creature fragili, molto spesso deboli, quasi prive di volontà.

In fondo, quale uomo può essere per davvero amico di una donna?

Una donna bella e intelligente, colta e sensibile, dotata di fascino?

Una donna come voi, una donna forte e volitiva?

Credevo di potermi concedere un simile privilegio, proprio in virtù di una natura così singolare e fuori da ogni consuetudine. Ho pagato cara la mia presunzione.

Perché non ho saputo comprendervi? Perché non ho saputo guardare oltre l’apparenza? Solo adesso realizzo quanto sia stata grande la mia insensibilità.

Che sofferenza è stata per voi in tutti questi anni, dover celare i vostri sentimenti? Come avete fatto, Oscar?

Così brava a nascondere il vostro cuore, venivate sotto la pioggia a portarmi i messaggi di Maria Antonietta.

Stolto, non capivo quanto vi costasse la devozione e la lealtà verso la vostra sovrana.

Quanto siete simile ad Andrè, quanto avete in comune con lui e neppure lo sapete.

E quando vi parlavo della regina e del mio amore per lei, incurante e ignaro del tormento che vi procuravo, Oscar, cosa pensavate in realtà?

Quante lacrime avete nascosto sotto la vostra uniforme?

Quella sera ho scoperto quanto stona con la vostra natura, quanto vi mortifica.

Non posso asciugare le vostre lacrime, Oscar… se c’è qualcuno, quello non sono io.

Forse Andrè potrebbe…

Io non ho saputo asciugare neppure quelle di colei che amo. Non so farlo neppure ora, nel momento estremo in cui avrebbe più bisogno di me. Mi sembra tardi per ogni cosa.

Mi dispiace… se avessi potuto evitare tutto questo… Ma io, davvero non sapevo.

Non dovevo tornare in Francia.

È per questo che sono sopravvissuto a una guerra, alle febbri che hanno stroncato tanti uomini come me?

Per mettere la parola fine alla nostra amicizia?

Sarebbe stato meglio per voi credermi morto laggiù, lontano.

Sarei diventato un ricordo lieve e remoto nel vostro cuore, ma non sarei stato la causa di questa pena che adesso affligge anche me.

Ora mi sono chiari anche certi sguardi di André; riconosco la sua gelosia che invece non ho mai colto nei vostri occhi, Oscar. Perché di una cosa sola sono certo: nonostante tutto, non siete mai stata gelosa della regina Maria Antonietta. Voi l’amate, forse quanto me. Le siete stata fedele più di quanto abbia fatto io.

È finita, per sempre.

Ma Dio mi è testimone, che ho fatto del mio meglio per essere vostro amico. Ma non sono riuscito ad essere il migliore.

Non vi ho mai ingannato, Oscar.

La mia unica colpa è non aver saputo impedire che accadesse tutto questo.

Non posso ricambiare ciò che provate per me, perché il mio cuore me lo rubò lei, la prima volta che la vidi a quel ballo in maschera a Parigi.

Un tempo lontano, un istante indelebile nel mio cuore.

Mi dispiace Oscar, per tutto.

Vorrei che ogni cosa fosse diversa…anche se non so esattamente in quale altro modo poteva essere… Se avessi saputo che donna siete, forse avrei saputo evitare di deludervi. 3

 

Dovevo venire a dirvi addio.

Ve lo dovevo. Per onestà verso me stesso e soprattutto verso di voi.

Se qualcuno mi avesse detto che questo giorno sarebbe arrivato, lo avrei giudicato un pazzo.

Non ho mai pensato che potesse accadere. 

Ma è arrivato, come questo vento che s’insinua sotto le vesti e fa tremare di freddo, mentre il sale delle lacrime fa bruciare le labbra.     

                                  

 

***********

 

 

La gelosia che provavo un mese fa è quasi spenta, sostituita da un’ emozione forse più terribile.

Se avessi saputo in anticipo come sarebbero finite le cose, forse non mi sarei disperato tanto, ma io ho avuto timore di un’illusione passeggera dalla consistenza impalpabile. Al suo posto adesso c’è il dramma che sto vivendo insieme a quello di lei. Come se i nostri dolori venissero sempre in coppia.

Ma ora la realtà è quanto di più terrificante potesse capitarmi.

I contorni della sua immagine sbiadiscono col passare dei giorni; io mi sono nutrito per anni solo di quella, come se fosse solo mia, ma adesso che rischio di perdere davvero l’unica cosa che mi appartiene di lei, il terrore e l’angoscia dilagano nel cuore con spavento.

 

Il sipario si sta chiudendo sulla prima parte delle nostre vite.

Di recente ho perso la vista da un occhio, ferito da quel ladro a cui davamo la caccia per non pensare alle nostre delusioni, mentre lei ha perso la speranza di una vita che forse stava provando a immaginare diversa.

Ma il dramma non si è compiuto del tutto, mancava l’ultimo atto della rappresentazione.

Fersen è il protagonista dell’ultima drammatica scena della nostra esistenza.

Il buio che non ha ancora raggiunto me, ha già raggiunto lei.

Il buio portato dalle parole di Fersen.

Ecco, è ripartito sul suo cavallo, dopo averle detto addio.

E questa volta non ha le sembianze di un cavaliere senza macchia.

Sembra solo un uomo che con dolore deve affrontare e riconoscere una realtà che non ha mai saputo vedere.

Deve abbattere l’illusione che lui stesso ha contribuito a creare; il miraggio di un sentimento che non esiste.

Io posso solo restare a guardare, mentre lei raccoglie schegge di vetro dal pavimento, come se fossero brandelli del suo cuore.

In questa stanza sembra passato l’uragano e ha lasciato solo macerie.

Ma ora forse si può ricominciare.

Era qui che si doveva arrivare; questo è il suo calice, ma lei non sa che lo divide con me, perché il suo dolore è sempre stato anche il mio.

“Posso fare qualcosa per te, Oscar?”

Glielo chiedo, forse per abitudine.

Si è tagliata con i cocci di vetro. Sangue che si mischia alle lacrime.

Mi avvicino e lei si alza verso di me; allora, con un fazzoletto le tampono la piccola ferita mentre trattengo la sua mano nella mia. Il calore della sua pelle per un momento mi fa fremere e quasi trattengo il respiro.

“Grazie André…” è tutto quello che mi dice con gli occhi ancora umidi.

E ho come l’impressione che voglia affidarsi a me.

Lei sa che io sarò sempre qui, mentre tutto il resto passerà portato via dalla corrente che investe le nostre vite.

 

E aspetto che lei decida qualcosa.

Decida cosa fare della sua e della mia vita.  Ho paura per tanti motivi e a nulla serve affogare nell’alcol.

Quale sarà la sua prossima mossa? Cosa farà adesso per tentare di dimenticarlo?

Dove andrà a nascondersi per leccarsi le ferite?

 

È questo che farai, vero Oscar?

 

Fersen è uscito dalla sua vita con dolore, ma io sarò sempre qui ad aspettare di entrarvi…

No, non è vero… Sto mentendo.

Io sono parte della sua vita dalla prima volta che ci siamo incontrati da bambini; da allora, come un’ombra, ne ho sempre fatto parte. E come un’ombra continuerò a seguirla ovunque vada, perché ora più che mai, anch’io ho bisogno di lei, dei suoi occhi per vedere, e continuerò ad aspettare che finalmente si accorga di me, dell’affetto che provo per lei, solo per lei.

Potrei aspettare in eterno, ma non importa.

Aspetterei fino all’ultimo giorno, dell’ultima ora della mia vita.

Deve accadere, devo crederlo e avere fiducia in questo.

Un debole lumicino che brilla ostinato nel buio.

Devo credere che non sia solo un’illusione, o non avrebbe senso la mia vita,  fatta di questa lunga attesa.

In fondo, anche questa è vita. 

 

 

 

*******

 

 

Forse la vita è fatta dalle illusioni degli uomini; essi si nutrono di quelle per sentirsi vivi.

A volte capita che tali illusioni diventino speranze.

E a volte le speranze possono diventare certezze. Io ho vissuto per questo.

Una notte di tanto tempo fa mi dicesti che non avevi più bisogno di me, ma per fortuna tua e poi mia, non ti ho mai creduto.

Era solo il tuo cuore ferito che aveva parlato, ma la tua anima ha sempre desiderato le stesse cose.

Perché tu non mi ha mai detto di andarmene e con gli occhi mi dicevi di restare, anche quando urlavi, anche quando volevi cacciarmi dalla tua vita.

Per questo non ti ho mai lasciato, perché sapevo che non lo volevi veramente. Erano i tuoi silenzi a parlare e per me valevano più di mille parole.

Sei stata tu ad alimentare le mie speranze; lo hai fatto attraverso ogni parola sussurrata o sospesa, in ogni sguardo rapido e gesto fugace che mi inchiodava in una morsa possessiva.

È sempre stata una catena invisibile, la nostra. Un peso a cui non ho mai voluto rinunciare. E neppure tu.

Tu mi volevi con lo stesso accanimento con cui ti volevo io. Percepivo lo sforzo che facevi per soffocare l’istinto.

 

Quella notte sul tuo letto ho sentito qualcosa che si scioglieva dentro di te, un fremito disperato che cercava di liberarsi attraverso il tuo respiro accelerato. Anche la tua minaccia suonava debole nella voce arrochita.

 

- Vattene André, o chiamo aiuto…

 

Ti avevo liberato i polsi e ancora, tu non mi respingevi.

Ho pensato che fosse paura, quella che leggevo in fondo al tuo sguardo, ma nel tempo venuto dopo ho capito.

Io conoscevo già il mio desiderio, ma tu non avevi mai scoperto il tuo. Non lo avevi mai sentito.

Ma se ti avessi ascoltata in quel momento, allora ti avrei persa davvero.

 

Adesso, in questa notte di luglio ho trovato il senso supremo della mia esistenza passata ad aspettarti.

Me lo hanno detto le tue parole.

Sentivo che erano sincere anche se ti tremava la voce.

Mi hai detto che hai amato Fersen, ma sapevi che io ti amavo.

Ma quella era la tua illusione Oscar, non la mia.

Io sapevo che tu mi amavi; anche se credevi di amare un altro, era a me che ti affidavi sempre. Era me che cercavi tra le fila dei tuoi soldati, era me che hai seguito in una chiesetta tanto tempo fa, era me che volevi vendicare quando un ladro mi ha privato di un occhio e dalla tua furia ceca sembrava che avesse ferito te.

Una sera ti sei vestita di seta per lui, ma questa notte ti sei vestita del tuo cuore tremante d’amore solo per me.

Quando ci siamo inoltrati in questo bosco per nasconderci, non immaginavo ci saremmo ritrovati spogli e nudi davanti a noi stessi.

Ci avrebbero sorpresi finalmente i nostri sentimenti che non possono più essere nascosti.

Finalmente ci siamo trovati e presi sotto questo chiarore lunare che bacia la pelle dei nostri corpi diafani, come io bacio le tue lacrime colme d’amore che il buio di questa notte custodisce.

L’acqua del fiume scorre e porta via ogni dolore; ha un suono dolce, lento e silenzioso, come i sospiri che muoiono sui nostri baci, e la luna ogni tanto si specchia sulle sue acque scure e placide.

Luci danzano per gioco sul pelo dell’acqua e intorno a noi.

Ora brillano come i tuoi occhi che si specchiano nei miei.

Io so che tu mi ami.

Me lo hai detto stanotte; quanto le ho attese queste parole e sentirle è stato come avvertire un nodo che si scioglie sotto al cuore. Sentire la tua testa posarsi sul mio petto è come sentirsi avvolti da una coperta calda che ti protegge.

Io so che ti ho sempre amato e non c’è un'altra realtà per me. Non c’è mai stata.

Questo amore è vita e non è un illusione, amore mio.

Era una speranza divenuta certezza che allaga e riempie i nostri cuori di una felicità inseguita a lungo, e finalmente trovata.

 

 

 

Fine

 



1 Frase del manga che in realtà pronuncia Oscar, ma gli stessi pensieri secondo me, possono essere attribuiti ad Andrè.

2 Riferimento alla prima puntata dell’anime, dove Andrè chiese a Oscar di diventare una donna.

3 La frase originale dell’anime che Fersen dice a Oscar mi ha sempre irritato parecchio; cosa significava? Che se avesse capito che era una donna , allora l’avrebbe amata? Ma d’altronde merluzzo svedese non è noto per il suo tatto.

   
 
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