Buona pasqua!!!
Oggi ho deciso di mettere questo nuovo capitolo, che mi sembra molto più lungo degli altri! Spero che vi piaccia e senza tante parole vi auguro una buona lettura!!!
Stavo
disfando la mia valigia. Non avevo molte cose, solo l’essenziale più che altro.
Eravamo
arrivate da un po’ al college, Cloe si era occupata di tutto, dall’iscrizione a
trovare una stanza nel campus.
La
camera non era tra le più spaziose e accoglienti che avessi mai visto, ma aveva
in compenso un’ottima visuale. La finestra si affacciava appunto su una grande
distesa d’erba, alberi e fiori, un panorama che mi rassicurava molto, perché mi
dava l’idea di un luogo dove poter stare in tranquillità con la natura.
Come
dicevo stavo mettendo via i miei indumenti nell’armadio e riponendo le attrezzature
da cacciatrice, balestra e diversi paletti, nella cassa di fronte al letto.
Avevo
portato con me anche dei vecchi diari, che avevo scritto durante la mia
adolescenza, che erano pian piano diventati i custodi del mio dolore.
Era
mezzogiorno, il cielo era sereno e il sole era tornato dopo una lunga mattinata
di pioggia.
Non
mi rimaneva quasi nulla da riporre, frugai nel mio zaino e tirai fuori l’unico
affetto che possedevo, ovvero il mio orsacchiotto di pezza. Ne ero affezionatissima
e non permettevo a nessuno di toccarlo.
Mi
era stato donato da mio zio Will, l’unico parente verso cui avevo voluto bene
ma soprattutto che mi aveva voluto bene.
Lo
zio con me era sempre stato magnifico, lo vedevo di rado, ma tutte le volte
erano state per me un’immensa gioia. Mi riempiva di baci, coccole e mi portava
regali, quello che mi piaceva di più in lui era l’affetto che mi sapeva dare. Sembrava
che volesse riempirmi di attenzioni per compensare a quel malsano distaccamento
che avevano i miei da me.
Molte
volte quando mi domandava se desideravo qualcosa in particolare che potesse
portarmi, io chiedevo sempre la stessa cosa, anche se sapevo che non l’avrei
ottenuta.
***
“Dov’è quella bellissima bambolina che abita questa casa?”
chiese un uomo dai capelli bruni.
“Zio!” una bambina uscì di corsa dalla cucina per andare
incontro alla zio.
L’uomo la prese in braccio e le scoccò un bacio in
fronte.
“Come sta la mia principessa?” chiese prima di riempirla
nuovamente di baci.
La bambina rideva nelle braccia dello zio, si sentiva
come una vera principessa in sua compagnia.
“Ti ho portato un regalino, spero ti piaccia” tirò fuori
dal suo lungo cappotto grigio un pupazzetto di pezza e lo porse alla bambina.
“E’ bellissimo zio! Grazie!”.
“Di nulla tesoro, sono felice che ti piaccia! Il mio
compito è renderti felice” le sussurrò all’orecchio prima di ricominciare a
coccolarla.
“Mia principessa, hai qualcos’altro che desideri?”
“Si! Vuoi diventare il mio papà e portarmi via da qui?”
chiese con le lacrime agli occhi, la piccola.
“Sai che non posso farlo, ma vedrai che un giorno
potremmo stare insieme tutto il tempo che vorremmo, te lo prometto bambolina
mia” le sorrise e la lasciò per andare a parlare con i genitori, che in un
angolo stavano guardavano la scena disgustati.
***
Quella fu l’ultima volta che lo vidi, litigò per chissà
quale ragione con mio padre, che dichiarò che mio zio non avrebbe più messo
piede in famiglia.
Fu terribile per me, ero piccola e non potevo accettare
che non mi venisse più a trovare, pensavo che mi avesse abbandonato.
Da quel momento il suo nome non fu più nominato, come se
fosse stato cancellato per sempre, o peggio non fosse mai esistito.
Mai io non potevo scordarlo e quel pupazzo di pezza era
come una prova che lui era esistito e viveva ancora nei miei sogni.
Senza che me ne fossi accorta, il tempo era passato in un
attimo, fuori stava già calando il sole ed io iniziavo ad avere fame.
Avevo mangiato un tramezzino a pranzo, e poi più nulla per
il resto della giornata, tutta presa com’ero per il trasloco.
All’improvviso la porta si aprì, ed entrò la mia
coinquilina.
Cloe aveva già svuotato tutti i suoi bagagli stamattina e
mi aveva lasciato sola con la scusa di fare delle commissioni.
“Ehilà Kassy! Ma che hai fatto in tutto questo tempo,
lascia le tue cose e vieni con me, oggi c’è una festa!”.
***
Detestavo i party.
Erano molte le ragioni per cui non sopportavo le feste di
quel genere, dove ero costretta a stare in mezzo a certi individui uno più
sballato dell’altro, a fingere di divertirmi.
Non so come fece la mia amica a convincermi a partecipare
a quella festa, ma comunque fosse ero lì, in giardino appoggiata ad una
colonna, a guardare quell’ammasso di ragazzi con gli ormoni a mille.
Mi annoiavo,
desideravo andarmene il più presto possibile, ma avevo promesso a Cloe di
restare almeno una mezz’oretta e dopo di ciò me ne sarei andata di sicuro.
Era passata forse più di un’ora e avevo ricevuto già
diverse avance da ragazzi, che uno dopo l’altro avevo respinto.
Non sapevo se fosse il mio fascino o l’abito succinto che
Cloe mi aveva messo addosso, a essere una calamita per uomini, forse il mix
delle due cose.
“Ehi bella pupa! Ti va di farci una nuotata” mi domandò ammiccante
un ragazzo, che portava solo degli slip rossi, che riuscivano a far risaltare
molto una certa cosa.
“Vuoi un aiuto ad affogarti?” gli chiesi gelida.
“Eddai! Se non ti piace l’acqua possiamo andare in un
luogo più appartato” continuò imperterrito.
“Se vuoi la morte, posso ucciderti anche in pubblico, non
mi faccio problemi” gli risposi fulminando con gli occhi.
“Che tipa! Per tua fortuna mi piacciono le ragazze
aggressive, dai vieni che ci facciamo un bagnetto” mi prese per un braccio,
deciso a portarmi via con la forza.
Non avevo mai permesso a nessuno di comportarsi in tale
maniera con me, stavo per spezzarli quella maledetta mano quando qualcuno venne
in mio aiuto.
Con un gesto staccò dal mio braccio la mano ossuta del
mio scocciatore, torcendola e buttandolo a terra, facendo sbattere la sua testa
contro il pavimento cementato del giardino.
“Questa bella fanciulla come vedi non gradisce, faresti
meglio ad andartene se non vuoi un nuovo alloggio al cimitero vicino” e con
queste parole si girò a guardarmi.
Era lui! Lo sconosciuto dagli occhi blu che continuava a
perseguitare i miei sogni!
Mi sorrise e mi fece segno di seguirlo, senza pensarci gli andai dietro, forse avrei scoperto finalmente la sua identità!