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Autore: roxy_black    04/04/2010    0 recensioni
Questa storia parla di una giovane donna, imprigionata nella sua vita.
Un passato che tra ricordi belli e brutti rimpiange.
E un presente che la intimorisce e l'avvilisce sempre di più.
Adesso aspetta a lei decidere gli aventi che determineranno il suo futuro...
Genere: Romantico, Malinconico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buona pasqua!!!

Oggi ho deciso di mettere questo nuovo capitolo, che mi sembra molto più lungo degli altri! Spero che vi piaccia e senza tante parole vi auguro una buona lettura!!!

Stavo disfando la mia valigia. Non avevo molte cose, solo l’essenziale più che altro.

Eravamo arrivate da un po’ al college, Cloe si era occupata di tutto, dall’iscrizione a trovare una stanza nel campus.

La camera non era tra le più spaziose e accoglienti che avessi mai visto, ma aveva in compenso un’ottima visuale. La finestra si affacciava appunto su una grande distesa d’erba, alberi e fiori, un panorama che mi rassicurava molto, perché mi dava l’idea di un luogo dove poter stare in tranquillità con la natura.

Come dicevo stavo mettendo via i miei indumenti nell’armadio e riponendo le attrezzature da cacciatrice, balestra e diversi paletti, nella cassa di fronte al letto.

Avevo portato con me anche dei vecchi diari, che avevo scritto durante la mia adolescenza, che erano pian piano diventati i custodi del mio dolore.

Era mezzogiorno, il cielo era sereno e il sole era tornato dopo una lunga mattinata di pioggia.

Non mi rimaneva quasi nulla da riporre, frugai nel mio zaino e tirai fuori l’unico affetto che possedevo, ovvero il mio orsacchiotto di pezza. Ne ero affezionatissima e non permettevo a nessuno di toccarlo.

Mi era stato donato da mio zio Will, l’unico parente verso cui avevo voluto bene ma soprattutto che mi aveva voluto bene.

Lo zio con me era sempre stato magnifico, lo vedevo di rado, ma tutte le volte erano state per me un’immensa gioia. Mi riempiva di baci, coccole e mi portava regali, quello che mi piaceva di più in lui era l’affetto che mi sapeva dare. Sembrava che volesse riempirmi di attenzioni per compensare a quel malsano distaccamento che avevano i miei da me.

Molte volte quando mi domandava se desideravo qualcosa in particolare che potesse portarmi, io chiedevo sempre la stessa cosa, anche se sapevo che non l’avrei ottenuta.

 

***

“Dov’è quella bellissima bambolina che abita questa casa?” chiese un uomo dai capelli bruni.

“Zio!” una bambina uscì di corsa dalla cucina per andare incontro alla zio.

L’uomo la prese in braccio e le scoccò un bacio in fronte.

“Come sta la mia principessa?” chiese prima di riempirla nuovamente di baci.

La bambina rideva nelle braccia dello zio, si sentiva come una vera principessa in sua compagnia.

“Ti ho portato un regalino, spero ti piaccia” tirò fuori dal suo lungo cappotto grigio un pupazzetto di pezza e lo porse alla bambina.

“E’ bellissimo zio! Grazie!”.

“Di nulla tesoro, sono felice che ti piaccia! Il mio compito è renderti felice” le sussurrò all’orecchio prima di ricominciare a coccolarla.

“Mia principessa, hai qualcos’altro che desideri?”

“Si! Vuoi diventare il mio papà e portarmi via da qui?” chiese con le lacrime agli occhi, la piccola.

“Sai che non posso farlo, ma vedrai che un giorno potremmo stare insieme tutto il tempo che vorremmo, te lo prometto bambolina mia” le sorrise e la lasciò per andare a parlare con i genitori, che in un angolo stavano guardavano la scena disgustati.

 

***

 

Quella fu l’ultima volta che lo vidi, litigò per chissà quale ragione con mio padre, che dichiarò che mio zio non avrebbe più messo piede in famiglia.

Fu terribile per me, ero piccola e non potevo accettare che non mi venisse più a trovare, pensavo che mi avesse abbandonato.

Da quel momento il suo nome non fu più nominato, come se fosse stato cancellato per sempre, o peggio non fosse mai esistito.

Mai io non potevo scordarlo e quel pupazzo di pezza era come una prova che lui era esistito e viveva ancora nei miei sogni.

Senza che me ne fossi accorta, il tempo era passato in un attimo, fuori stava già calando il sole ed io iniziavo ad avere fame.

Avevo mangiato un tramezzino a pranzo, e poi più nulla per il resto della giornata, tutta presa com’ero per il trasloco.

All’improvviso la porta si aprì, ed entrò la mia coinquilina.

Cloe aveva già svuotato tutti i suoi bagagli stamattina e mi aveva lasciato sola con la scusa di fare delle commissioni.

“Ehilà Kassy! Ma che hai fatto in tutto questo tempo, lascia le tue cose e vieni con me, oggi c’è una festa!”.

 

***

 

Detestavo i party.

Erano molte le ragioni per cui non sopportavo le feste di quel genere, dove ero costretta a stare in mezzo a certi individui uno più sballato dell’altro, a fingere di divertirmi.

Non so come fece la mia amica a convincermi a partecipare a quella festa, ma comunque fosse ero lì, in giardino appoggiata ad una colonna, a guardare quell’ammasso di ragazzi con gli ormoni a mille.

 Mi annoiavo, desideravo andarmene il più presto possibile, ma avevo promesso a Cloe di restare almeno una mezz’oretta e dopo di ciò me ne sarei andata di sicuro.

Era passata forse più di un’ora e avevo ricevuto già diverse avance da ragazzi, che uno dopo l’altro avevo respinto.

Non sapevo se fosse il mio fascino o l’abito succinto che Cloe mi aveva messo addosso, a essere una calamita per uomini, forse il mix delle due cose.

“Ehi bella pupa! Ti va di farci una nuotata” mi domandò ammiccante un ragazzo, che portava solo degli slip rossi, che riuscivano a far risaltare molto una certa cosa.

“Vuoi un aiuto ad affogarti?” gli chiesi gelida.

“Eddai! Se non ti piace l’acqua possiamo andare in un luogo più appartato” continuò imperterrito.

“Se vuoi la morte, posso ucciderti anche in pubblico, non mi faccio problemi” gli risposi fulminando con gli occhi.

“Che tipa! Per tua fortuna mi piacciono le ragazze aggressive, dai vieni che ci facciamo un bagnetto” mi prese per un braccio, deciso a portarmi via con la forza.

Non avevo mai permesso a nessuno di comportarsi in tale maniera con me, stavo per spezzarli quella maledetta mano quando qualcuno venne in mio aiuto.

Con un gesto staccò dal mio braccio la mano ossuta del mio scocciatore, torcendola e buttandolo a terra, facendo sbattere la sua testa contro il pavimento cementato del giardino.

“Questa bella fanciulla come vedi non gradisce, faresti meglio ad andartene se non vuoi un nuovo alloggio al cimitero vicino” e con queste parole si girò a guardarmi.

Era lui! Lo sconosciuto dagli occhi blu che continuava a perseguitare i miei sogni!

Mi sorrise e mi fece segno di seguirlo, senza pensarci gli andai dietro, forse avrei scoperto finalmente la sua identità!

   
 
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