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Autore: MaryMatrix    06/04/2010    5 recensioni
Un furto. A Nami hanno rubato i soldi che le servivano per riscattare il suo villaggio.
Uno strano arrivo: un gruppo di ladri capitanati da Lupin e un ispettore dell'Interpol.
Una nave misteriosa nascosta in una cala dell'isola. Con un comandante che indossa una maschera. Interna ed esterna.
Una bambina che a tutti ricorda qualcuno e che nasconde un segreto.
I pirati di Rufy Cappello di Paglia e i ladri di Lupin saranno alle prese con una favola. Che è diventata leggenda. Che è diventata realtà.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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cap.11

Cappello di Paglia

 

Capitolo 11
La Teoria delle Chiacchiere in Taverna

Usop e Chopper non si erano accorti che Kuroobi li stava seguendo per controllare che loro non dicessero a Nami quello che Arlong aveva, forse imprudentemente, detto.
Il primo pensiero di Kuroobi quando vide la Going Merry, quella sera, fu: "E questa sarebbe una nave pirata? Ma con chi è andata a unirsi Nami?".
La Going Merry era molto diversa dalla Shark Superb, la nave su cui viaggiava lui: questa infatti non aveva una coltivazione di mandarini, non aveva quello che sembrava essere una specie di fabbrica con oggetti strani a cielo aperto.
Pensava che fossero felici a bordo di quella nave, invece, non appena vi arrivò, si rese conto di quanto fossero a terra col morale le persone che vi erano a bordo.

Vide subito la chioma rossa di Nami, vicino alla coltivazione di mandarini, che stava controllando la loro regolare crescita e maturazione. Il piccolo amico renna di Hacchan sembrava proprio evitarla e non passò molto tempo che si ritirò definitivamente dal ponte annunciando che sarebbe andato a dormire.
Poi vide un ragazzino moro che indossava un cappello di paglia, che stava protestando perché la cena non era ancora pronta. Finalmente, da quelle che Kuroobi credevano essere le cucine, uscì il cuoco, un tipo magro con i capelli biondi.

- Rufy, per l'ultima volta, vuoi smettere di reclamare la cena? -.

- Ma io ho fame. - si lamentò Rufy.

- Abbi pazienza e vedrai che la cena sarà pronta. - replicò il biondo.

- Uff. - il ragazzo moro si lasciò cadere per terra e appoggiò la testa sulla mano, facendo roteare gli occhi. - Da quando lavori in quel ristorante hai molto meno tempo per preparare da mangiare a noi. -.

A quelle parole Nami irrigidì le braccia. Il cuoco biondo si accese una sigaretta e guardò il ragazzo moro malissimo. - Il mio lavoro al ristorante non influisce minimamente sulle mie prestazioni qui nella ciurma. Oggi ho avuto più lavoro del solito e sono stanco, ma sono comunque a farvi da mangiare. Vedi di ringraziare per quello che ti viene dato e non fare tante storie. - detto questo tornò in cucina, con le mani in tasca.

Che ciurma strana che era quella. Lavoravano. "Bah... i veri pirati non lavorano per procurarsi del denaro. Che lo stiano facendo per cercare di restituire a Nami i soldi? Poveri sciocchi. E' una somma troppo alta, non gli basterebbe una vita per procurarseli tutti" poi si guardò in torno. "Ma il tizio col naso lungo dov'è?".
Lo trovò su un telone sul ponte della nave, poco più in là. Stava armeggiando con qualcosa che Kuroobi non riusciva proprio a vedere.
- Nami. - la chiamò. - Nami, vieni qui. -.

La ragazza saltò giù e andò da lui.
Kuroobi scattò sugli attenti. "Per quale motivo l'ha chiamata?".
Quando Nami lo raggiunse Usop le mostrò un bastone, che Kuroobi riconobbe essere quello della ragazza.
- Dimmi Usop. -.

- Ho fatto alcune modifiche al tuo bastone. - la informò.

Nami lo guardò incuriosita. A lei sembrava sempre il suo solito bastone. Usop cominciò a spiegarle.

- Ci è voluto un po' di tempo stasera ma alla fine ce l'ho fatta. Ho forato qui, all'interno, in tutta la prima componente del bastone. - gliela indicò. - Così facendo mi è stato possibile creare una specie di serbatoio per poter mettere al suo interno questi. - prese delle piccole sfere che avrebbero potuto passare per biglie. - Ora ne ho fatta solo una, è un prototipo. - si affrettò ad aggiungere lui mentre la mostrava a Nami. - E' piccola, ma non farti ingannare dal suo aspetto. Sono come le mie stelle. Te ne preparerò alcune esplosive, altre al peperoncino. Avremo più o meno lo stesso arsenale. - diede il bastone a Nami. - Ho già verificato la capacità di espulsione dei proiettili usando delle normali biglie e funziona perfettamente. Non ti farò provare con i proiettili, potresti danneggiare la nave. -.

Nami annuì, anche se sembrava incerta. - Usop... ma perché mi hai fatto questo? -.

Usop alzò la testa verso di lei, guardandola negli occhi. - Perché così anche tu sarai in grado di difenderti quando un giorno, magari, potresti trovarti nella necessità di farlo. -.

Nami si domandò perché mai lei un giorno avrebbe dovuto trovarsi nella situazione di difendersi. Lei preferiva l'astuzia agli scontri diretti, per quelli c'erano Rufy e gli altri. Usop non gliela raccontava del tutto giusta: un po' era la sensazione che le aveva dato mentre le rispondeva, un po' era perché era sempre diffidente riguardo a ciò che usciva dalla sua bocca.
Accettò tuttavia il bastone, ringraziandolo.

Usop la guardò mentre ci prendeva confidenza. Era leggermente più pesante, ma la rossa sembrava non farci troppo caso, si trovava comunque a suo agio. Gli costava molto non dirle la verità, ma dentro di sé era convinto che Arlong in qualche modo li avrebbe controllati, che avrebbe saputo se lui e Chopper avessero parlato.

Kuroobi infatti non si era perso una parola. Si era insospettito, era stato pronto ad attaccare quando lui le aveva detto che forse lei avrebbe dovuto difendersi da qualcosa, ma quando l'aveva vista allontanarsi non aveva avuto più niente da temere. I casi erano due: o il tipo dal naso lungo era un codardo che non osava dire la verità a Nami per non far arrabbiare Arlong, oppure era più furbo di quel che sembrava e si era reso conto di essere spiato.
A ridestarlo dalle sue presunzioni fu il ragazzo dai capelli biondi, che riuscì fuori, annunciando che la cena era pronta.

- Evviva! - esultò il ragazzo moro. - Finalmente si mangia! -.

Vide tutti i membri della ciurma, tranne il piccolo amico di Hacchan entrare in cucina per mangiare. Il biondo invece poco dopo tornò fuori.
Kuroobi sentì la voce di Nami venire dalle cucine.

- Sanji, che fai? Tu non mangi? -.

- No. - il ragazzo dai capelli biondi spense la sigaretta. - Non ho fame. Buonanotte. -.

Non aspettò di sentire ricambiato il suo saluto, ma andò subito dritto nei dormitori.

Kuroobi rimase molto colpito da quel comportamento anomalo: che cosa stava accadendo in quella ciurma? Non sembravano forti, non sembravano uniti, sembrava quasi che odiassero stare su quella nave. Che cosa li teneva uniti?
Quasi gli dispiaceva per Nami. A lui non era mai stata molto simpatica, aveva sempre pensato che fosse una traditrice. Però non le augurava di ritrovarsi in una ciurma tanto spaiata e scorbutica come quella.
Sentiva la voce del ragazzo moro parlare, come se tentasse di tirare su l'allegria. Una voce femminile, non quella di Nami, sembrava essere l'unica a dargli spago.
Nami interveniva qualche volta per riprenderlo, ma la sua mente era sempre rivolta al bastone di Usop: cercava di intuire per quale motivo glielo avesse fabbricato. Usop poi, era particolarmente strano quella sera, il che fece pensare alla rossa che sotto ci fosse sicuramente qualcosa.
Tentò di fargli sputare il rospo anche prendendola alla lontana, facendo domande apparentemente casuali, ma Usop stava troppo in guardia. La pazienza di Nami stava per terminare e l'unica cosa che la spinse a non fare una partaccia al suo compagno era che stava lavorando per lei.
Si limitò quindi ad annunciare che non aveva fame, quindi uscì sul ponte e si sporse da un lato della nave, fortunatamente per Kuroobi, dal lato opposto in cui si trovava.
Le chiacchiere di Rufy si andarono lentamente affievolendo: ora che non c'era più lei a dargli corda nessuno sembrava minimamente intenzionato ad ascoltare le sue parole, nemmeno la ragazza che prima interagiva con lui. Parole cariche di sogni, come al solito. Sogni che stavano costando loro molto più di quello che si aspettavano.

..........**********..........

Il giorno dopo Sanji si alzò di buon'ora, di ottima ora e in silenzio si diresse nelle cucine, quindi cominciò a preparare la colazione per tutti. Quella mattina voleva raggiungere Fujiko e gli altri molto presto, quella mattina era deciso a scoprire che cosa mai ci fosse di così importante in quel libro che era costato loro così tanta fatica rubare e che era stato molto ben protetto.
Si assicurò che le colazioni fossero mantenute al caldo, prima di lasciare la nave. Stava proprio per scendere quando sentì che una mano si posava sulla sua spalla.
Avrebbe riconosciuto quel tocco tra mille.
- Dove stai andando a quest'ora? -.
Nami lo aveva sentito, lo aveva visto preparare la colazione.
E quella era una bella domanda. Era poco più dell'alba: dove mai poteva andare un cuoco a quell'ora?
- A lavoro. - rispose lui. - Dobbiamo prendere le ordinazioni per i menù da preparare quest'oggi a pranzo. -.
Bugia. Non si era nemmeno voltato per dirgliela. Forse perché era talmente lampante che si stava inventando una scusa che se lo avesse visto negli occhi se ne sarebbe accorta subito.

- A quest'ora? - ripeté lei, incredula.

Ci avrebbe giurato che lei sarebbe stata incredula.
- Matrimonio. - rispose prontamente.

- Matrimonio? -.

- Matrimonio. - ripeté lui, mettendo nella voce più convinzione. - Faccio parte di un catering per un matrimonio, ci saranno più di cinquanta invitati. - spiegò lui.

- E' per questo che ieri sera sei andato a letto così presto? -.

- Sì. - Sanji si voltò finalmente lentamente verso di lei. - Sì, è per questo che ieri sera non ho cenato e ho preferito andare a dormire. Volevo conservare le energie per oggi. -.

- Un matrimonio non dev'essere per niente facile. -.

- No, infatti. -.

Silenzio imbarazzante, colmato solamente dal vento. Fu lui a rompere la situazione, girando sui tacchi.

- Devo andare. Scusa, Nami adorata. - e prima che lei potesse dire qualsiasi cosa era già andato via. Non correndo, camminando, ma con un passo così fermo che nessuno avrebbe osato richiamarlo indietro.
Non sapeva perché si era comportato in quel modo: erano così pochi i momenti in cui gli era concesso di stare da solo con la sua principessa. La verità era che in quel periodo stava male a passare del tempo con lei. La verità era che in quel periodo odiava la sua presenza, odiava mentirle. Odiava quella grande menzogna in cui era andato a cacciarsi.

L'hotel Crystal brillava alle prime luci del sole e sembrava davvero fatto di cristallo. Forse, pensò Sanji, era per quello che avevano deciso di dargli quel nome.
Fujiko ovviamente era già in piedi e la trovò su un divanetto della hall, che sfogliava il libro. Notò che la ladra aveva accuratamente coperto la copertina in modo che nessuno avrebbe potuto sospettare che quello era il libro che era stato rubato.
Rimase interdetto ad osservarla per qualche momento. Aveva i capelli fissati in una crocchia, un po' a sbuffo sulla nuca, indossava un paio di occhiali. Il tailleur viola che indossava le stava divinamente. Non sembrava avere troppa fretta, sfogliava quel libro con l'apparente interesse con cui avrebbe sfogliato una qualsiasi altra rivista. Ogni tanto soffermava i suoi occhi su qualche riga e la scorreva lentamente, come se stesse cercando di imprimerla nella sua memoria per sempre. Ad altre righe dava solo una sbirciatina veloce. Infine sospirò e chiuse il libro sulla sue ginocchia.
Finalmente la donna alzò gli occhi su di lui. Ma si era già accorta da prima della sua presenza.

- Puoi uscire da quell'angolo Sanji. Vieni qui. - lo invitò.

Non era affatto sorpresa di vederlo. Notò anzi, che davanti alla poltrona su cui lei gli aveva fatto cenno di sedersi c'era una tazza di té bollente.
Lui guardò la tazza dubbioso e si chinò per spengere la solita sigaretta.

- Mi stavi aspettando? -.

- Chiamalo intuito femminile. - rispose lei. - Era logico pensare che tu oggi ti aspettassi delle risposte riguardo al libro. -.

Fu a quel punto che si sedette. - Non pensare che mi abbia impressionato il furto. - ci tenne a precisare. - Ho passato momenti ben peggiori rispetto a quello, fidati. -.

- Non ne dubito. - Fujiko sembrava convinta di quello che diceva. - Ma avevo previsto bene. Tu vuoi davvero delle risposte su questo libro. Vuoi davvero sapere dove vogliamo arrivare con quel furto. -.

Non erano delle domande, erano delle semplici affermazioni. Dei dati di fatto, che Sanji non poteva smentire perché corrispondevano alla verità. Sentiva che quella sarebbe stata una spiegazione piuttosto lunga e impegnativa.

- Sono anni che faccio la ladra. - cominciò Fujiko. - Sono anni che ho capito che questo è lo stile di vita che più è adatto a me. L'ho capito nel momento stesso in cui mi sono resa conto che il grande amore della mia vita è il denaro. - si lasciò andare ad una risata. - Lo so che detto in questo modo ha un suono molto brutto. Ma sono giunta alla conclusione che il denaro è l'unica cosa che conta davvero. Alcuni dicono che i soldi non fanno la felicità, ma tu non dar loro retta. Sono degli stupidi. Solo degli stupidi potrebbero pensare di viver bene anche da poveri. -.

- Sei una donna ambiziosa, Fujiko. Ma non vedo cosa c'entra questo col libro. -.

- Il libro c'entra. - lo interruppe lei. - Ascolta in silenzio, Sanji, chissà che tu non possa imparare qualcosa di utile. -.

- Dovrei imparare davvero qualcosa da una donna materiale come te? - domandò lui.

- Molto. - sorrise lei. Era davvero divertita. - Non sei il primo che mi dice che sono materiale, ma non me ne preoccupo minimamente. Quelli che lo dicono sono solamente invidiosi perché come puoi vedere anche tu guardandoti intorno, posso permettermi il meglio del meglio. Non mi sono mai pentita delle scelte che ho fatto. Ho deciso di fare la ladra, di entrare nel bel mondo. Ma mi è costato fatica arrivare a questo. Ho dovuto affinare la tecnica per anni, ho dovuto imparare a non disprezzare nulla di quello che potevo avere a disposizione, perché non si può mai sapere con certezza cosa prima o poi potrà tornare utile. Non si può decidere a priori che qualcosa è inutile. E' uno degli errori più grossolani che si possano fare in qualsiasi mestiere. Devi saper cogliere l'occasione giusta ma non devi mai lasciarne andare nessuna. E se adesso io ho tra le mani questo libro lo devo proprio a questa mia convinzione. -.

- Hai saputo cogliere un'occasione? -.

- Una delle tante. - rispose prontamente. - Nel tempo sono andata sviluppando sempre più quella che io amo chiamare la teoria delle chiacchiere in taverna. Consiste nell'andare ogni volta che voglio e che sono a caccia di una notizia succulenta, di un'occasione, in una taverna o in una locanda. Non crederesti mai quante leggende girano per quei posti e quante di esse spesso portino a dei veri tesori: se quelli stolti ubriachi tenessero per loro quello che sanno senza cedere alla tentazione di una bella donna sarebbero ricchi e soprattutto sarebbero dove sono io adesso. -.

- E' stato così che hai saputo del libro? -.

- Sì. - rispose lei. - E' successo qualche tempo fa. Ero poco lontana da quest'isola, insieme a Lupin e agli altri e avevo deciso di stare da sola quella sera. Fu così che andai al porto, in una di quelle locande, alla ricerca di qualche notizia interessante. Appena entrai nella locanda vidi subito un tipo che poteva fare al caso mio: non aveva uno sguardo cattivo, anzi, piuttosto buono, indossava un mantello nero e rideva. Era inquietante: non riuscivo a capire se fosse ubriaco o meno. Ad ogni modo decisi di avvicinarmi... -.

- Una così bella signorina tutta sola non si è mai vista! - esclamò lui prendendo a Fujiko uno sgabello in modo che potesse prendere posto accanto lui. - Io sarei di una scortesia mai vista se non le offrissi nulla oltre alla mia compagnia. -.
Fujiko non si era sbagliata, non era davvero una cattiva persona.
- Qual'è il suo nome, signorina? - domandò lui.
- Mine. - rispose lei. - E il suo  nome? -.
- Può come fanno tutti. Capitano. -.
Fujiko sorrise. Pirata. Pirata probabilmente con un tesoro appetibile. Non le sembrava proprio il caso di lasciarselo sfuggire, quindi fu ben felice di accettare il rum che quello le proponeva. Bevve in tutta tranquillità mentre il capitano non faceva che decantare la sua bellezza e di come fosse un peccato che una signorina del genere si trovasse in un posto come quello.
- Qualcuno, malintenzionato, potrebbe farle del male. - concluse lui. - Per fortuna ha trovato me, e non le succederà niente. -.
- La ringrazio per la sua premura capitano. - lo ringraziò lei, regalandogli uno dei suoi sorrisi fatali.
Lui sembrava a dir poco pendere dalle sue labbra e fu per questo che non riuscì proprio a restarsene zitto quando lei gli domandò quale avventura lo avesse portato lì.
- La mia storia, signorina, potrebbe impressionarla. -.
Fujiko sorrideva amabilmente. - Sia gentile... -.
- Va bene. - sorrise. - Quello che sto cercando è un libro. - ammise.
- Un libro? - domandò Fujiko. - Mi sono sempre piaciuti  i libri. -.
- Quello che cerco io è un libro particolare. - continuò Capitano. - E' un libro che parla di un cappello, signorina, un cappello di paglia. Lei conosce i fratelli Grimm? -.
Fujiko annuì. Quando era piccola sua madre amava leggergli le favole dei due frateli tedeschi: Fujiko amava quelle fiabe. Poi era cresciuta. E aveva capito che la vita era diversa dalle fiabe.
- Conosci la fiaba di Rumpelstilzchen? - le domandò. Quella particolare fiaba le sfuggiva, il capitano fu ben felice di raccontergliela. - E' la storia di una fanciulla che è consegnata dal padre ad un re perché gli fili la paglia in oro: ovviamente ciò non è possibile e la fanciulla piange per questo. Sopraggiunse allora una strana piccola creatura, il cui nome era Rumpelstilzchen: le domandò il perché di tante lacrime e la fanciulla gli raccontò tutto. In cambio di un monile della fanciulla la creatura decise di tessere al posto suo e questo avvene per altre due notti. Ma l'ultima notte lei non aveva più nulla da dargli. Allora lei fu costretta a promettere che gli avrebbe dato il primogenito che sarebbe nato dal suo matrimonio col re, che aveva promesso di sposarla se avesse filato la paglia anche quella notte. Ma quando nacque la bambina la fanciulla non ebbe il cuore di consegnarla e cercò un modo per liberararsi dalla promessa fatta. Rumpelstilzchen le diede tre giorni di tempo per scoprire il suo nome: se lei avesse indovinato il suo nome lui non avrebbe preso la bambina. -.
- E la regina indovinò il suo nome? - domandò Fujiko.
- Sì. - rispose lui. - Una guardia lo scoprì proprio l'ultima notte, quando ormai tutte le speranze erano state perse. Rumpelstilzchen allora morì, squarciandosi per la rabbia. -.
- Che storia orribile. - Fujiko comprese perché sua madre non gliel'avesse mai raccontata.
- Ma le cose non erano andate così. - il capitano scosse la testa. - Quella fu solamente una rivisitazione della storia. La leggenda originale diceva che Rumpelstilzchen quella notte rubò le corone d'oro del re e della regina e riuscì a ritrasformarle in paglia. Se ne fece un cappello da indossare ed essendo derivato dalle corone di un re e di una regina volle che le altre creature come lui lo chiamassero re. Per questo si dice che chiunque indossi quel cappello di paglia diventerà il Re dei Pirati. - fece una pausa. - Emozionante no? -.
- Sì. - Fujiko annuì. In realtà non era molto entusiasta. Lei si era aspettata tesori, non uno stupido cappello di paglia.
- E pensare che ci sono degli sciocchi - ricominciò il Capitano. - che cercano il Cappello solo perché vale un mucchio di soldi. -.
- Un mucchio di soldi? -.
- Sì. - rispose lui. - Pazzi collezionisti sono disposti a pagare cifre da capogiro pur di mettere le mani sul vero cappello della fiaba dei frateli Grimm. -.
Alle orecchie della donna quel Cappello assunse all'improvviso tutto un altro valore, tutta un'altra importanza. Doveva trovare quel Cappello.
- Immagino che sia difficile trovare il Cappello... -.
Lui scoppiò a ridere. - Non così tanto. Sul libro è scritto il nome della famiglia che custodisce il Cappello. -.
- E il libro... dove si trova? -.
- Le sue copie un po' ovunque. - rispose il Capitano, sempre più ubriaco. - Ma sono riuscito a scoprire il nome dell'ultimo collezionista che lo ha comprato. -.

Sanji era rimasto stupito.
- Così hai scoperto chi aveva il libro. -.
- Sì. - rispose Fujiko.
- Quindi eccovi qui. -.
- Sì. -.
- Sapete già chi ha il Cappello? -.
- Sì, Sanji. - rispose Fujiko. - Pare che ce lo abbia la stessa persona che aveva il libro molti anni fa. Un collezionista, membro della prima famiglia ad aver avuto libro e Cappello. -.
A Sanji parve logico.
Probabilmente il collezionista rivoleva il suo libro indietro in modo che nessuno scoprisse che aveva lui il Cappello di Paglia. 

Non aveva mai creduto alle favole lui. Era stato costretto a crescere in fretta. Aveva 5 anni quando la sua vita era cambiata del tutto, prima ancora di incontrare Zef. Tuttavia, se Fujiko credeva a quella storia significava che aveva qualche fondo di verità. Il libro era davanti a lui. Lo prese.
Cominciò a sfogliarloo con timore quasi referenziale: eccolo il libro che l'avrebbe portato alla fonte da cui avrebbe preso i soldi per la bella Nami. Lesse tutta la storia, lesse di come i fratelli Grimm l'avessero modificata: forse per proteggere la famiglia che aveva mantenuto il Cappello per molto tempo prima che il libro gli venisse sottratto in qualche modo. Ma non si preoccupò di chi fosse stato il primo a rubare il libro. La sua attenzione era concentrata tutta sul Cappello di Paglia.
- Quindi quando agiremo? - domandò lui.
- Domani. - rispose Fujiko.
- Se lo aspetteranno. - fece notare Sanji. - Non credi che sarebbe meglio aspettare che si siano calmate le acque? -.
- Le acque non si calmeranno. - rispose Fujiko. - Tutti si aspettano il furto, su questo ti do ragione. Ma potremmo aspettare anni e Zenigata resterebbe qui ad aspettarselo comunque. - rise. - E' così ostinato e cocciuto quell'uomo. -.
Sanji annuì, poco convinto. Secondo lui sarebbe stato meglio aspettare ancora un po' di tempo, ma non gli parve sensato opporsi alle decisioni di Lupin. Per quello che ne sapeva lui Lupin era un ladro molto esperto che conosceva bene il suo nemico. E comunque non avrebbe avuto alcun senso aspettare ancora per restituire i soldi a Nami.
- Qual'è il piano? -.

- Lupin e Jigen sono andati a dare un'occhiata alla villa dove abita il nostro collezionista. - spiegò Fujiko. - Ancora non abbiamo deciso un piano ben preciso. Credo che ne discuteremo oggi a pranzo. -.

Sanji sentì il bisogno impellente di fumare una sigaretta. Posò il libro e si alzò senza dire una parola. Uscì nei giardini dell'hotel, appoggiando la schiena al muro, mentre fissava quei fiori colorati. L'alba ormai era già passata da un po' di tempo ma i raggi solari non erano ancora sufficienti a far apparire i fiori fulgidi: era come se ancora fossero chiusi, ripiegati su loro stessi.
Quest'immagine aggiunse tristezza a quella che già provava. Per Nami, a cui stava mentendo. Per Zoro, che era morto. Per tutti gli altri, che si sarebbero ritrovati coinvolti se lui avesse commesso qualche sciocchezza.
Ripensò a tutta la storia del libro e a quanto fosse assurdo credere ad una storiella come quella.

- Credi che sia assurdo, vero? - sentii una voce provenire dalla sua destra. - Non saresti il primo a dire che faccio qualcosa di assurdo. -.

- Lupin! - esclamò Sanji.

Lupin sorrise. - Ma se ci rifletti tutti agiamo assurdamente. E' buffo. Ma tutte le cose che per noi sono più serie agli altri risultano semplicemente assurde. -.

Sanji non disse niente e Lupin si sedette su una sdraio. - Pensa a me. - gli disse. - Sono anni che corro dietro a Fujiko e lei nemmeno si degna di guardarmi. E' assurdo. Ma io ci credo. O Zenigata. Il caro papino sa perfettamente che non mi prenderà mai, però crede lo stesso che un giorno riuscirà a farlo. - scoppiò a ridere. - E forse chissà, arriverà quel giorno. Vogliamo poi parlare di Jigen che crede che tutte le donne siano una seccatura? Non è assurdo questo? O Fujiko che continua a credere che i soldi siano l'unica cosa che conta? -.

Sanji finalmente si voltò a guardarlo.

- Persino quel tuo amico spadaccino credeva assurdamente di poter battere Goemon. -.

- Infatti guarda come si è ritrovato. - Sanji si decise a parlare. - E' quasi morto. Credendo alle cose impossibili non si raggiunge un buon risultato. -.

- Non è assurdo che tu creda di poter restituire i soldi alla tua bella diventando un ladro e rubando un libro? Ma lo hai fatto. - allargò il sorriso. - Se posso dirlo lo hai fatto anche con convinzione. - fece una pausa, durante una quale fece una strana smorfia. - Credo che sia proprio dell'essere umano credere alle cose assurde, sono il motore che lo spingono ad ogni sua azione. L'importante è esserne consapevoli. Così non ci si prende troppo sul serio e non si diventa troppo seriosi come te. -.

Sanji lo fulminò con lo sguardo. - Io non sono serioso. - puntualizzò. - Io mi preoccupo per la ragazza per cui faccio tutto questo. -.

- Si vede lontano mille miglia. -.

- Non puoi credere davvero che esista un cappello che sia stato trasformato in paglia da due corone d'oro per opera di una strana creatura. -.

- Non devo crederci io. - rispose Lupin. - Deve crederci quello che comprerà il Cappello da noi per una cifra esorbitante. Noi dobbiamo solo ringraziare il cielo che esistano ancora persone che credono alle favole. -.

- Suppongo di sì... -.

Sanji dovette ammettere che Lupin, pur sembrando pazzo a volte, pur sembrando uscito fuori da un cartone animato... aveva capito molte più cose rispetto agli altri. Forse era proprio per quello che si comportava in modo così tranquillo, che pensava solamente a divertirsi: perché lui sapeva di essere un passo avanti rispetto al resto del mondo.
Ripensò a quella conversazione per tutta la mattina, steso a prendere il sole sul lettino. Era vero che gli uomini credevano in delle cose che agli occhi degli altri sembravano assurde. Eppure tutte quelle cose assurde erano ciò che mettevano l'uomo nella condizione di mandare avanti quel grande ingranaggio chiamato mondo.
Se non ci fosse stata gente disposta a credere a cose assurde, pensò, nessuno avrebbe fatto niente.
"E io non sarei qui" si disse. Dentro di lui sapeva che in fondo, la sua vita, la doveva proprio a una persona che credeva nelle fiabe, proprio nel momento in cui lui aveva smesso di crederci.

..........**********..........

Quella mattina Zoro si sentiva più in forza.
Stava guarendo e lo sentiva. Ancora non riusciva a credere di essere sopravvissuto. Forse perché non era quello che voleva. La morte aveva avuto uno strano senso dell'umorismo con lui: quand'era piccolo gli aveva portato via la sua amica rivale, lo aveva preso con sè dopo averlo fatto soffrire, gli aveva fatto rivedere la sua amica rivale e quando stavano per tornare finalmente insieme la morte gliel'aveva nuovamente strappata via e aveva rifiutato lui, rimandandolo in vita.
Ebbe tutto il tempo di dedicarsi a questi macabri pensieri perché il capitano aveva avuto la bella idea di metterlo come aiutante in cucina, con la scusa che nella sua condizione fisica non avrebbe giovato a nessuno averlo in giro per il ponte a fare i lavori di forza.
Quello che il capitano non sapeva era che stare in cucina gli ricordava anche troppo quel dannato cuoco biondo fastidioso che era costretto a sopportare ogni singolo giorno passato sulla nave di Rufy, quindi per distrarsi da quel pensiero non faceva altro che alternare il pensiero del pessimo senso dell'umorismo della morte, quello della pessima idea del capitano di metterlo in cucina e quello delle patate che stava sbucciando da un tempo ormai interminabile.

Alla circa centoventesima patata sbuffò sonoramente in direzione del cuoco.

- Ma non sono sufficienti tutte le patate che ho sbucciato? -.

Il cuoco, un energumeno si voltò verso di lui. - Non ti piace la tua mansione? Pensavo che fosse la giusta occupazione per uno che ha visto in faccia la morte. Non troppo faticosa... - sembrava perplesso.

- Ho sbucciato patate per un intero reggimento. Come è possibile che un equipaggio le riesca a mangiare in un solo giorno? -.

- Tu non devi preoccuparti, mi hai capito? Sbuccia e basta. -.

Zoro, per distrarsi, provò a cominciare una conversazione.

- Allora... ehm... come mai siete da queste parti? - domandò, mantenendosi sul vago.

- Il nostro capitano sta cercando un libro. - rispose lui.

- Un libro? -.

- Sì. - rispose il cuoco. - Non ci ha detto il perché. Il capitano non dice mai nulla. Non si fida di noi. -.

Zoro si preoccupò. Il capitano non si fidava della sua ciurma: era forse per quel motivo che non aveva permesso a nessuno di avvicinarsi quando lui era completamente privo di forza?
Guardò il cuoco: in effetti non era il classico tipo che ispirava fiducia. Poteva sembrare un ottimo pirata, quello senza alcun dubbio: era grosso, gli mancava una gamba, alla quale sopperiva grazie all'uso di una stampella. Era notevole come riuscisse a muoversi agilmente. Avendo conosciuto Zef si domandò se non fosse una caratteristica dei cuochi sulle navi dei pirati quella di essere senza una gamba. Chissà se sarebbe capitato anche a Sanji prima o poi.

- Io mi chiamo Zoro. - si presentò.

- Lo so, ragazzo. - fece una pausa. - Io mi chiamo Barbecue. Barbecue Silver. -.

- Barbecue? - ripeté Zoro, sorpreso.

- Oh, è solo un soprannome. - l'omone sorrise. - Ti dispiacerebbe sbattere queste uova? No vero. Bravo ragazzo. Sì, mi chiamano così perché ho fatto mangiare ad un lurido francese la sua gamba dopo averla fatta arrostire su un barbecue. -.

Zoro provò un improvviso senso di nausea.

- Ma non devi avere paura. Barbecue Silver non fa del male se non viene provocato. -.

- Ti aveva provocato? -.

- Devo ringraziare lui, Deval, se non ho più la mia gamba. Ah, i francesi. Diffida dai francesi ragazzo. Sono doppiogiochisti. E cucinano male. Hai finito con le uova? -.

Zoro gliele porse in attesa del suo prossimo incarico. Era intenzionato a sapere come mai il capitano non si fidava della sua ciurma, anche se non gli era difficile immaginarlo. Quel Barbecue Silver, per esempio, era un po' troppo gioviale, un po' troppo incline a chiacchierare. Dietro quella sua maschera pacifica però si nascondeva un vendicatore piuttosto feroce, se quello che gli aveva raccontato era vero.
Decise di non stare a fare troppi giri di parole.

- Come mai il vostro capitano non si fida di voi? -.

- Ahahahah. - la sua risata esplose in un ruggito. - Non siamo i suoi uomini, probabilmente per questo. -.

- Non siete i suoi uomini? -.

- Questa è una nave di uomini liberi, Zoro. Uomini liberi che hanno deciso di navigare sotto le sue vele. Non voleva i suoi soliti uomini per non essere riconosciuto. Pare che questa faccenda del libro sia una cosa molto segreta. Tieni le cipolle, sbucciale e vedi di non metterti a frignare. - gliele porse.

Il capitano aveva cambiato ciurma per svolgere quell'impresa. Per non essere riconosciuto. Immaginò che il capitano non avesse detto subito del libro ai membri di quella ciurma. Erano uomini liberi, probabilmente in cerca di ricchezze. Il capitano non si fidava perché supponeva che gli volessero tirare qualche tiro mancino dal momento che li aveva trascinati per chissà quante miglia alla ricerca di un libro.
Doveva essere per forza quella la spiegazione.
Si domandò quanto tempo dovesse passare prima di un ammutinamento, ma fece di tutto per non esprimere i suoi pensieri.
Si doveva rimettere presto in forze e doveva tornare al sicuro da Rufy il prima possibile. Portando con sé il capitano che gli aveva salvato la vita.
Gettò un'ultima occhiata al cuoco prima di tornare a concentrarsi sulla cipolla. Sorridente, gioviale. Ma con un tono di voce imperativo, con una sicurezza che scatenava solo ammirazione, nel bene o nel male. E nell'ultimo ambiguo sorriso che Barbecue Silver gli lanciò Zoro vide che l'ammutinamento sarebbe stato organizzato da lui.

Proprio in quel momento entrò il capitano. - Ma bene Silver. Vedo che ci divertiamo a raccontare lo scopo del viaggio agli ospiti. -.

- Era solamente per fare un po' di conversazione, capitano. - rispose il cuoco. - Povero diavolo, sono giorni che non fa una conversazione normale con un essere vivente. Rischia di disimparare a parlare e sappiamo tutti quanto sia indispensabie saper parlare per raccontare storie a questo mondo. -.

- Cosa che è sempre riuscita bene a voi, vero Silver? -.

- Non me la sarei cavata in quasi nulla se non fosse stato per la mia parlantina e la mia capacità di raccontare storie. E' tutto merito della parlantina. Se si sa parlare come un libro stampato non esiste uomo disposto a non credere ad ogni parola che diciamo. D'altronde si sa, gli uomini credono volentieri alle favole e alle assurdità e ci credono ancora di più se sono raccontate bene. -.

- Non lo metto in dubbio Silver. Ma finché siete a bordo di questa nave vi prego di frenare la lingua. -.

- Come volete, capitano. - prese un recipiente e glielo porse. - Volete della creme broulè? E' buona. -.

- E' francese. - non poté fare a meno di osservare Zoro.

- Una delle poche cose buone che i francesi hanno fatto, se volete il mio parere. - Barbecue Silver sorrise.

Il capitano restituì il recipiente a Barbecue Silver. - Aspetterò tutti gli altri per mangiare, Silver. Buon lavoro. - uscì dalla cucina.

Il cuoco tornò a concentrarsi sulla cucina canticchiando.

Zoro invece mentre sbucciava la cipolla pensava. Creme broulè. Un piatto francese. Aveva detto prima che la cucina francese era pessima. Di diffidare dei francesi. Quindi o il cuoco si era inventato una storia oppure nella creme broule c'era del veleno. Per l'ammutinamento. Lo spadaccino dai capelli verdi era più incline a ritenere veritiera la seconda opzione: Barbecue Silver aveva fatto tutto quel discorso su quanto fosse importante saper raccontare storie per fargli credere che anche la storia sul francese non era vera, che quindi non aveva nulla da temete dai francesi. Ma Zoro non ci aveva creduto.

All'improvviso il cuoco si voltò verso Zoro, facendolo sobbalzare.

- La vuoi tu un po' di crema? -.

Il cervello di Zoro si attivò: se avesse rifiutato il cuoco avrebbe intuito che lui sospettava qualcosa, se invece avesse accettato avrebbe rischiato di morire. Di nuovo.
Ricordò la nuova promessa fatta a Kuina.

- No grazie. - declinò la proposta.

Il cuoco sorrise. - L'ho capito subito che sei un ragazzo che vale. E che impara in fretta. Bravo ragazzo, mai fidarsi della roba francese. - poi si voltò a buttare via la crema.

Zoro guardò il cestino dove Barbecue Silver aveva buttato la crema. Era avvelenata.

..........**********..........

Ora di pranzo.
Il ristorante dell'Hotel Crystal era pieno di gente, principalmente uomini d'affari che discutevano con le proprie mogli che invece avevano progettato un impegnativo pomeriggio di niente. Le loro pelli abbronzate facevano un tremendo constrasto col candore delle tovaglie. Sanji si domandò quante di quelle persone fossero a conoscenza del furto, di quanti di loro li avessero riconosciuti. Di quanto tempo sarebbe passato prima che qualcuno li denunciasse alla polizia.
Ma nessuno sembrava fare caso a lui, un ragazzo biondo in giacca e camicia che stava aspettando qualcuno per pranzo. Erano tutti troppo presi dalle loro conversazioni.

"Tutte le cose che a noi sembrano assolutamente serie e importanti per gli altri sono semplicemente assurde" ancora una volta risuonò nelle sue orecchie la voce di Lupin.
Era assurdo che quelle persone stessero mangiando nella stessa stanza di alcuni ladri e nessuno se ne rendesse conto. Non c'era nessuno in quella stanza capace di vedere oltre i propri problemi, i loro affari.
"E forse è meglio così" pensò Sanji.

Dopo pochi minuti fu raggiunto dagli altri che presero posto accanto a lui.

- Signori, abbiamo un piano. - annunciò Lupin, felice come un bambino.

- Illuminaci. - lo invitò Goemon.

- Il piano è questo. - creò un silenzio di attesa. - Sarà una truffa bella e buona, niente di violento. Io e Fujiko ci fingeremo dipendenti della banca in cui il caro nonnino ha lasciato tutti i suoi averi. Non oserà non lasciarci entrare in casa. Così mentre tu, Fujiko, lo incanterai con i tuoi modi di signora e le tue belle parole, io chiederò di andare in bagno.... -.

- ... ed aprirà la porta sul retro. - concluse la frase Jigen. - Dove ci saremo io e Goemon ad aspettarlo. Quindi entreremo e cercheremo il Cappello. -.

Fujiko guardò Lupin. - Dovrò invertarmi qualcosa di molto lungo da dire allora. -.

- L'inventiva non ti manca ma chérie. Ma se proprio vogliamo andare sul sicuro potremo sempre studiare quacosa da dire io e te questo pomeriggio... - si sporse un po' per baciarla ma tutto quello che ottenne fu un pugno in testa.

- Non credo proprio che dedicherò il mio tempo a te questo pomeriggio. Inventerò qualcosa questa sera... da sola. - mise particolare nedasi sulle ultime due parole. - Ad ogni modo mi sembra un buon piano. -.

- Io che farò? - domandò Sanji. Infatti Lupin non lo aveva nominato.

Lupin lo guardò. - Qualcosa di assurdo, mio caro. Proprio per questo, qualcosa di molto importante. Ma solo per noi. - sorrise misterioso.

 ..........**********..........

Era già sera.
Sanji aveva finito di sparecchiare la tavola e stava lavando i piatti. Nico Robin era ancora seduta al tavolo e aveva ascoltato attentamente tutto il discorso di Sanji.

- Io credo che dovresti fidarti di Lupin. -.

- Tu credi Nico Robin? -.

- Ho avuto modo di parlare spesso con Goemon in questo ultimo periodo dal momento che lavoravamo insieme. E' convinto del fatto che sia uno che sa il fatto suo, che se dice una cosa è fattibile allora lo è. Non metterebbe mai nessuno in pericolo per nulla. -.

- Questo è quello che dice il samurai. -.

Nico Robin sorrise. - Il samurai non è una persona che dà la propria fiducia a chiunque. E' molto selettivo. -.

- Già... - Sanji non sembrava troppo convinto.

- Vedrai Sanji. - Nico Robin si alzò e gli appoggiò la testa sulla spalla. - Vedrai che riuscirai a fare quello che lui ti ha detto e tutto andrà bene. -.

- Fare che cosa? -.

Nami era entrata in cucina. Nico Robin si scostò subito da Sanji che si voltò all'improvviso, preoccupato. Ma il suo sguardo si rilassò subito quando vide la sua bellissima Nami nella sua camicia da notte azzurro cielo. Sembrava un angelo sceso dal cielo con i capelli spettinati e l'aria vagamente assonnata.

- Un altro matrimonio. - rispose istintivamente lui. - Domani. Quello di oggi pare sia andato alla grande. -.

Nami sorrise felice. - Sono contenta per te, Sanji. -.

- Grazie... - poi si accorse che erano ben due minuti che la sua Nami adorata era entrata in cucina e ancora non le aveva offerto nulla. - Ma hai fame? Hai sete? Vuoi qualcosa? Siediti. - andò subito a scostare una sedia dal tavolo per farla sedere. Nami sorrise e scosse la testa. - No. In realtà ero venuta a vedere come stavi. Mi eri sembrato piuttosto stanco a cena e... abbattuto. -.

- La mia principessa si preoccupa per me. - Sanji sorrise, nel suo unico occhio brillava un immenso cuoricino. - Hai sentito anche tu Robin? -.

Nico Robin e Nami scoppiarono a ridere a quelle parole. Nico Robin finì la risata scotendo la testa. - Vi lascio soli. - abbandonò quindi la cucina.
Nami stava ancora ridendo. - Sei davvero incredibile. - sospirò alla fine. - Domani dovrai andare via presto come oggi? -.

- Sì. - rispose Sanji.

- Allora lascia perdere qui, ai piatti ci penso io. Tu lavori già tanto di giorno. - gli disse lei.

- Nami anche tu lavori di giorno. Sono io l'addetto alla cucina e... -.

- Vuoi contraddirmi Sanji? - domandò lei, sorridendo maliziosa.

Allora lui capì che insistere era inutile. Sorrise e basta abbassando la testa. - Grazie. -.

Lei gli afferrò il mento con una mano, tirandoglielo su. - Non devi ringraziarmi. -.

A Sanji sembrava di toccare il cielo con un dito. Era così bello il cielo, così soffice, così morbido, così alto. Poi lei lasciò la presa e immerse le mani nella schiuma. - Buonanotte Sanji. -.

- Si potrebbe avere un bacio della buonanotte? - azzardò lui.

- Scordatelo Sanji. - rispose lei, ma non era arrabbiata.

- Oh beh. Io ci ho provato. Buonanotte Nami adorata. - uscì dalla cucina e fu colpito dal vento fresco.

Nami preoccupata per lui. Era una cosa assurda. Ma per lui estremamente importante.
Ed era avvenuta.

 

L'angolo della Matrix
No. Non sono morta.
No. Non mi hanno rapita gli alieni.
Sì. E' ricominciata la scuola.
Sì. Quest'anno ho la maturità e tutto il carico di stress che questa si porta dietro (vedi professori urlanti: siamo indietro col programmaaa!!!)
Sì. Ho avuto degli impegni anche per il canto.
No. Non ho avuto il tempo di scrivere niente.
Sì. Prometto che non passerà mai più tutto questo tempo per un prossimo aggiornamento.
Sì. Vi appoggio in pieno se deciderete di essere arrabbiati con me.

Comunque alla fine ce l'ho fatta a scrivere questo nuovo, importante capitolo. Si può dire che sia il capitolo di svolta.
Finalmente (credo) si è capito perché "Cappello di Paglia" è il titolo della FF.
E' un capitolo molto dialogato, me ne rendo conto anch'io, ma era da tanto che volevo trovare un po' di spazio per una conversazione tra Sanji e Lupin.

Il dialogo tra Zoro e Silver non so da dove mi è uscito. Non doveva esserci: doveva semplicemente essere un dialogo tra Zoro e il cuoco di bordo, in modo da spiegare il motivo per cui il capitano si trovava lì... e anche per spiegare che a ciurma non è quella vera del capitano. Solamente che quando ho scritto del cuoco mi è venuto automatico scrivere su Silver. Che molti di voi riconosceranno come il mitico, unico, grande pirata dell'Isola del Tesoro. Pirata che amo con tutte le mie forze da quando ho letto "La vera storia del pirata Long John Silver" di Bjorn Larsson: il mio Barbecue Silver infatti è ispirato al Silver di Larsson, un Silver colto, che parla come un libro stampato e che pensa che saper raccontare storie è l'unico modo per cavarsela nella vita, un Silver che ha perso la gamba per colpa del francese Deval e che si è vendicato facendo tagliare la gamba anche a lui e poi cucinandogliela su un barbecue (trovate tutto questo nel libro di Larsson).
Non sarà un personaggio di spicco nei prossimi capitoli, tuttavia mi sembrava doveroso nei suoi confronti inserirla.

La fiaba "Rumpelstizchen" esiste veramente ed è dei fratelli Grimm (ed è la mia preferita) e in italiano la trovate col titolo tradotto "Tremotino". A onor del vero ammetto che ci sono diverse versioni della fiaba: in alcune il primogenito del re e della regina è maschio, in altre è femmina. Io qui ho voluto che fosse femmina solamente perché nella prima versione della fiaba che ho letto quando ero piccola si trattava di una bambina e sono particolarmente affezionata a quella versione.
La variazione con la storia della filatura delle corone nel cappello invece è uscita dalla mia testa. Nella fiaba originale Rumpelstizchen muore e non fa nessun cappello di paglia.

Penso di aver detto tutto quello che dovevo dirvi, comunque se mi viene in mente qualcos'altro lo aggiungerò dopo.
Nel frattempo mi dedico a qualcosa di veramente utile: i ringraziamenti. A cui allego le mie scuse più sentite per il mio ingiustificabile ritardo.

  • Nicoranus83: devo dire che mi sono divertita molto a scrivere lo scorso capitolo. Immaginare Arlong da bambino è stato un modo per immaginarlo più umano in un certo senso. L'ho sentito più vicino a me. Mi è piaciuto. Inoltre avendolo immaginato da bambino spero di potergli dare una migliore caratterizzazione da adulto. Spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Un bacio!

  • Crybaby: non sai quanto sono stata contenta di leggere la tua recensione. Sono felice che ti sia piaciuto il personaggio di Usop, è uno dei personaggi su cui ho più dubbi. Sapere che ti è piaciuto è stato come raggiungere un obbiettivo, quindi ti ringrazio. Per quanto riguarda la storia dei due bambini stai tranquillo, la seconda parte ci sarà presto... e non sarà Dewenport a raccontarla. Ma non ti anticipo altro xD. A proposito di anticipazioni riguardo ad un altro argomento, ti dico solamente che quello dello scorso capitolo non sarà l'ultimo incontro tra la renna e il polpo, ma questo probabilmente lo immaginavi già. Spero che, mentre aspetti le risposte alle tue domande, questo capitolo ti sia piaciuto e ti abbia acceso qualche lampadina riguardo al futuro svolgimento della storia. Un bacio!
    (ps: dopo un aggiornamento in tempo fenomenale, ecco a te un ritardo fenomenale!!)

  • minouche86: con te ovviamente mi scuso piùccheimmensamente per il ritardo, dal momento che sei la datrice della storia e che una scrittrice più ritardataria di me non potevi trovarla nemmeno se l'avessi cercata col lanternino. Ti voglio comunque rassicurare sull'identità di Minouche: ha una bella identità. Complimenti per averla collegata al racconto di Dewenport... xD Ma no, non ha a che fare con Lupin. Ha a che fare col Cappello di Paglia però.
    Spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Besitos anche a te.

Come al solito, è possibile che ci siano errori di battitura: proprio non ce la faccio a vederli tutti tutti.
Come al solito, se c'è qualcosa che non capite chiedete senza esitare. Adesso la trama comincerà a sciogliersi, quindi è indispensabile che abbiate bene in mente tutti i personaggi che ne fanno parte e i loro ruoli. Lo dico perché l'intreccio è già complicato per me (ci ho messo due settimane a progettarlo) quindi posso solo immaginare quanto sia difficile per voi seguirne lo svolgimento senza avere un quadro generale della situazione.

Un bacio e a presto (spero)

@matrix@

 

 

 

  
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