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Autore: Splinter    06/04/2010    1 recensioni
Le mie priorità erano cambiate,mutate.Sovvertite da un paio di occhi azzurri,profondi e nitidi. Lui mi aveva cambiata con i suoi modi acqua e sapone. o forse la mia vita era cambiata da quando avevo messo piano per la prima volta lì,allo Stars
Genere: Comico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti..questa è la mia prima fanfiction ,quindi non sono molto esperta. La storia la scoprirete man a mano che posterò i capitoli..che dire spero vi piaccia e che lasciate commenti di ogni tipo, positivi o negativi che siano. mi scuso se eventualmente troverete errori di battitura o grammaticali. Buona lettura....spero

1

Case. Alberi. Industrie. Case .Alberi . Industrie.  

Questo è il panorama che mi si presenta davanti agli occhi. Sembra fatto con lo stampino , riprodotto in serie da un’anonima industria.

Il mio sguardo ne registra ogni dettaglio , monotono e ripetitivo, cosa che invece non fa la mia mente. È da tutt’altra parte. Distratta.  Lontana nel tempo e nello spazio.  Magari già alla meta. O semplicemente su un altro  pianeta forse.

Nelle orecchie gli ultimi accordi della canzone sfumano lentamente attraverso gli auricolari , trasmettendomi una sensazione strana alla bocca dello stomaco. Strana ma famigliare.Le mie labbra si tendono lievemente -ed involontariamente- in un sorriso appena accennato.Riconosco benissimo questa emozione , è solo meno forte ed intensa del solito.

                                                                                                                                                                                                                                   Sospiro ,poi, spostando lo sguardo dal finestrino ,sporco e impolverato , sul mio i-pod.

Sullo schermo luminoso scorre il titolo della canzone che ha , come sfondo, un motivo che va a ritmo con la musica, ora veloce ed energica. È di quelle che ti caricano a dismisura facendoti venire voglia di cantarla a squarcia gola e saltare sul letto imitando i cantanti rock.Per un attimo fisso ipnotizzata lo salire e scendere dei disegni in movimento. Con il pollice istintivamente accarezzo l’adesivo un po’ rovinato di Titti.

Il colore giallo , una volta sgargiante, si è un po’ sbiadito e un angolo è alzato. Probabilmente dovrei  cambiarlo, o sostituirlo quantomeno , ma ragioni ancestrali mi impediscono di farlo. Magari con dello scotch si aggiusta.                                                                                                                                                                                    Il mio cellulare vibra. Di nuovo. So benissimo chi è ma non ho comunque intenzione di rispondere.Non servirebbe a nulla tanto .Solite parole, solite scuse. Niente di nuovo o di sconcertante.

Sospiro affranta cercando di allungare le gambe il più possibile nonostante lo spazio angusto della cuccetta.

Porto le braccia davanti al busto ,distendendo anche queste cercando di stiracchiarmi.

Sono tutta indolenzita e la schiena inizia anche a farmi un po’ male, colpa probabilmente di questi sedili con l’imbottitura ormai lisa e consunta.    

Non mi piacciono i viaggi. Cioè , mi piace visitare nuovi luoghi ma non sopporto il viaggio che mi ci porterà.

Odio i tragitti , mi fanno sentire quasi in trappola. Chiusa in una scatola di metallo, che sia un aereo, un automobile o un treno non cambia. Mi trasmettono una sensazione di ansia, irrequietezza. Il treno emette un fischio acuto, risvegliandomi dai miei pensieri. L’autoparlatante inizia a parlare, diffondendo la sua voce metallica.

Il rumore delle rotaie sui binari ,però, non mi permette di capire l’annuncio. Alcune persone si alzano dai loro posti prendendo i propri bagagli, segno che siamo quasi arrivati alla prossima fermata. Ora ne manca solo una. Rassegnata alla noia della parte di viaggio restante ripongo l’i-pod dentro la borsa in pelle nera al mio fianco.

Mi passo una mano fra i capelli, risistemandomi un ciocca cadutami davanti agli occhi. Dopo l’ennesimo sospiro inizio a far vagare il mio sguardo per tutto lo scompartimento. Il vagone è quasi totalmente vuoto vista anche l’ora del tardo pomeriggio, fatta eccezione solo per poche persone.

Nello scompartimento di fronte al mio ci sono due persone , un uomo e una donna.

Il primo è vestito con un completo classico ,grigio scuro , gessato. Ha con se una 24 ore nera. Avrà si e no quarant’anni visto i capelli brizzolati e alcune rughe intorno agli occhi. E’ intento a fissare con aria corrucciata alcuni fogli che tiene nella mano destra mentre ,con quella sinistra, fa scorrere la penna sul bordo ,come per segnare dei promemoria. Ha una postura  rigida sul sedile ,cosa che mi fa pensare che svolga un lavoro dal comportamento ligio e serio. Magari è un avvocato o un notaio che torna a casa dopo una lunga giornata.

 La donna invece è più giovane, forse sui venticinque anni, minuta di corporatura e con i capelli corti. 

Legge un libro ,un romanzo rosa di quelli che si trovano in edicola a basso costo e che hanno sulla copertina sempre due tizi che stanno amoreggiando. Chissà perché hanno titoli del genere “il conte focoso” oppure “il fiore di maggio”, “il castello intrigante”. Banali e poco stimolanti proprio come le loro trame.

Nella fila dietro di loro è seduto un ragazzo giovane con dei lunghi capelli annodati in dei rasta.

La giacca di una taglia più grande e i pantaloni a vita bassa mi fanno intuire che deve essere uno di quei ragazzi che ascolta musica rag e fuma roba strana tutto il giorno con gli amici. Tamburella le mani sulle ginocchia mimando chissà quale azione musicale compiuta da un batterista, seguendo il ritmo della musica che pompa nelle sue orecchie attraverso le cuffie.

Poco più in là ,invece, c’è una signora anziana che sta facendo la maglia. Le dita artritiche lavorano veloci dando una forma definita alla lana color rosa chiaro avvolta in un gomitolo. Inclino leggermente la testa di lato, cercando di capire cosa sta creando con le sue mani raggrinzante. Un cappello. Si , è decisamente un capellino quello che sta prendendo sempre più forma. Probabilmente per una bambina visto il colore e le piccole dimensioni.

La donna incarna perfettamente lo stereotipo della “nonnina” delle favole. I capelli grigi raccolti in una crocchia,gli abiti colorati un po’ fuori moda e i ferri da maglia in mano le danno l’aria della nonna buona e saggia.

Di quelle che si vedono nei film  che regalano qualche perla di saggezza che poi si rivela sempre fondamentale per la storia. Il treno rallenta la sua corsa fino a fermarsi del tutto con uno stridio di rotaie.

Socchiudo leggermente gli occhi , infastidita dalla luce giallognola della stazione che mi ferisce il viso. 

La prossima fermata è la mia, finalmente. Sta incominciando a diventare straziante. Stranamente non sono ne in ansia né trepidante  per la nuova esperienza. Mi sento solo pervasa da una tranquillità infinita e pacata.  

Come se una nebbia di serenità mi avesse avvolta. Cosa assai insolita per me , sempre iperattiva  e ansiosa. Speriamo che duri anche quando arò arrivata e sarà arrivato il momento di confrontarsi con altre persone.

Di mettersi in gioco. Il mezzo ,dopo pochi minuti , riparte. Non è salita molta gente e ora il mio scompartimento è quasi totalmente vuoto ,fatta eccezione per la signora anziana e me.

Poso lo sguardo sul finestrino dove compaiono varie scritte. Ci sono insulti a squadre avversarie o critiche al governo, frasi d’amore o d’amicizia e alcune davvero oscene. C’è persino scritta una barzelletta, non molto pulita a dire il vero.

Ne leggo un paio , nella speranza che così il tempo passi, per poi soffermarmi nuovamente su paesaggio. È strano quanto in pochi kilometri sia cambiato. Ha abbandonato alberi e industrie per lasciare spazio ad un ambito più cittadino, urbano. Case popolari si alternano a villette cittadine e strade asfaltate.

Socchiudo involontariamente gli occhi, la stanchezza inizia a farsi sentire dopo tutte queste ore di viaggio.

Li riapro a forza ,cercando di non farmi vincere dal sonno proprio ora che manca poco meno di mezzora all’arrivo.

Mi muovo sul sedile cercando di riattivare la circolazione nel mio corpo, soprattutto nel mio sedere che sembra esseri appiattito.

Mi alzo cercando di non cadere per gli spostamenti del treno e cerco, con molta difficoltà di aprire un minimo il finestrino. Dopo un paio di strattoni belli forti riesco finalmente ad aprirlo facendomi inondare dall’aria fresca e frizzante che almeno, in minima parte ,mi risveglia.

-Informazione di servizio : fra 10 minuti circa saremo alla stazione di Roma termini. Grazie per aver viaggiato con noi. Buon viaggio- afferma la voce metallica di un hostess.

Finalmente ,pensavo di non sentirlo mai più questo messaggio. Mi alzo ,nuovamente, appoggiando le mani sul ripiano porta bagagli per non cadere all’ennesimo spostamento.

Con un po’ di fatica riesco a districare il mio borsone dalle reti che lo contengono e tirarlo giù. Pochi minuti dopo il treno rallenta la sua corsa fermandosi nella stazione. Afferro , con una mano, la borsa e la valigia nera mentre con l’altra il borsone coordinato, incamminandomi poi verso l’uscita del mezzo.

Non appena il mio piede tocca il marciapiede sporco una sensazione di libertà si impossessa di me.

Finalmente sono arrivata ,sono a Roma . Nuova città , nuova vita.

Speriamo che questo detto sia vero.

E con questo pensiero mi incammino tra la folla.

  
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