Film > Basil l'Investigatopo
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Autore: Bebbe5    10/04/2010    4 recensioni
Rattigan è tornato in azione e tocca di nuovo a Basil sconfiggerlo. Ci riuscirà anche stavolta? Per tutti i fan dell'argomento. [capitoli e titolo modificati e corretti]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note dell’autrice: eccomi, sono tornata or ora da Monaco (stanca morta, febbricitante, ma viva). Sembrava impossibile, ma ce l’ho fatta. Allora, prima di tutto volevo dirvi una cosa: in questo capitolo ci sarà una scena nella quale vi verrà richiesto un certo sforzo mentale, ve la dovrete immaginare. Per aiutarvi in questo, a parte l’utilizzo di descrizioni il più dettagliate possibile, ho pensato di utilizzare un brano tratto dalla colonna sonora del trailer di “La bussola d’oro”, eccolo qui:

http://www.youtube.com/watch?v=hSSnHCD6y4I

 

Si intitola “To the rescue” e il compositore è James Newton Howard.

Per ora non vi dico nulla di più: conoscendomi, potrei rovinare la sorpresa.

 

ANGOLO DELLE RECENSIONI:

 

BELLIS: innanzitutto volevo chiederti, se le 11.52 sono primo mattino per te, le 8 cosa sono? Dai, a parte gli scherzi, grazie della recensione. Ti confesserò che Cornelia era nata come mia emulazione, ma alla fine è cresciuta ed è diventata un personaggio a sé (sigh, come passa il tempo), in poche parole è diventata diversa da me. Per quanto riguarda il passato di Basil, ne verrai a sapere di più con il seguito della storia. Anche per questo ho dovuto cambiare un po’ la datazione. Eh sì, l’informatore è una fanciulla, chi sarà? Basil lo sa benissimo, tranquilla. Grazie per le consuete annotazioni, mi fanno un gran piacere.

 

MIRISTAR: Sono contenta che la questione delle date non crei problemi, t’immagini riscrivere tutto da capo? Già, di una donna. Chi sarà?

Grazie per il commento.

 

GIUSTY54; grazie per i complimenti, sono contenta che la storia ti piaccia.

Basil è un po’ il personaggio che mi ha avviata proprio a Sherlock Holmes.

 

Bene, ora direi che possiamo anche cominciare.

 

Capitolo 18

 

Topson camminava rapidamente al fianco di Cornelia e, come lei, non perdeva d’occhio il detective, che procedeva frettolosamente per le strade di Londra, pochi metri davanti a loro. Sembrava che non si fosse accorto di essere seguito, perché continuava ad avanzare a passo spedito senza guardarsi intorno. Improvvisamente svoltò un angolo, scomparendo alla vista. Il dottore e l’attrice attesero qualche istante prima di compiere la medesima azione ma, quando si decisero finalmente ad avanzare, videro che, nella strada che il detective aveva imboccato pochi attimi prima, non c’era traccia di lui.

Costernati, si fermarono di botto, senza avere la più pallida idea di cosa fare. Si guardarono intorno freneticamente, nella speranza di intravederlo da qualche parte ma nulla: Basil sembrava essersi volatilizzato.

 

“Accidenti” mormorò Cornelia tra i denti con rabbia.

 

“L’abbiamo perso.” Disse Topson, prendendosi la testa tra le mani .

 

“Deve essersi accorto che lo seguivamo ed ha fatto di tutto per seminarci.”

Fece lei.

 

“Ma come diamine ha fatto a sparire così? Non ci abbiamo messo poi tanto a seguirlo e lui non può essere così veloce.” Si chiese il dottore.

 

“Forse non sarò così veloce, ma l’astuzia di certo non mi manca, caro Topson.”

 

All’udire quella voce alle loro spalle, i due sobbalzarono e, voltandosi, videro Basil uscire dall’ombra di un vicoletto, con un ghigno divertito stampato sul volto.

 

“Ah, vecchio mio, non finirai mai di stupirci.” Esclamò Topson, affrettandosi a stringergli la mano.

Cornelia, invece, rimase al suo posto, chiaramente indecisa. Era felice che Basil non avesse deciso di seminarli (cosa che sarebbe stato benissimo in grado di fare), però era ancora irrequieta per quella lettera trovata sul tavolo.

Sapeva che dubitare di lui, essere gelosa, era un comportamento stupido, eppure non riusciva a fare a meno di provare quelle sensazioni.

Mille domande continuavano a frullarle nella testa: chi era quella donna? In quali rapporti era con il detective? Perché lui gliene aveva mai parlato? Più ci pensava, più sentiva il suo cervello andare in fumo.

 

“Stavo aspettando il momento giusto e, involontariamente, l’ ho trovato.”

 

Basil aveva capito al volo i suoi pensieri, le aveva risposto e le si era avvicinato.

 

Lei abbassò lo sguardo imbarazzata e mormorando:

“Ti odio quando mi leggi nel pensiero.”

 

Lui ridacchiò e, rivolgendosi anche a Topson, disse:

“Ebbene sì, alla fine mi vedo costretto a confessare e…” si interruppe per guardarsi velocemente attorno, poi riprese:

“Forse è meglio non parlarne qui in strada, non si sa mai chi potrebbe essere in ascolto. Seguitemi e, strada facendo, vi anticiperò qualcosa.”

 

Detto ciò, prese a braccetto Cornelia e si avviò lungo la strada, con Topson al suo fianco.

 

“Conosco la signorina B.B da… beh, direi da una vita e non è solo un modo di dire. La nostra collaborazione è cominciata all’incirca 8 anni fa, quando tu, Cornelia, eri già in Europa e tu, Topson, non avevi ancora bussato alla mia porta con la signorina…. Ehm… Flourisher?”

 

“Flaversham” lo corresse il dottore, scotendo la testa: avrebbe mai imparato?

 

“Sì, come vuoi. ”replicò seccamente il detective.

 

“Quando intendi collaborazione, vuoi dire…” cominciò Cornelia, incuriosita da quella conversazione.

 

“Per ora nulla, mia cara. Siamo troppo allo scoperto. Ve ne parlerò a breve, ormai siamo quasi arrivati.” Poi, guardandola negli occhi, aggiunse: “Nulla per cui tu debba riversarmi addosso le tue ire.”

 

Infatti, dopo neanche un paio di minuti, svoltato un altro angolo, il detective condusse i due di fronte ad un teatro tanto immenso per la loro statura, quanto minuscolo per quella umana: all’esterno aveva una larga scalinata, con ai lati due colonne in stile corinzio. La porta, altissima, era completamente di massiccio legno di quercia, con borchie, battenti e cerniere di piombo. Era inoltre decorata da intarsi raffiguranti le Muse ed alcuni personaggi delle antiche opere teatrali.

 

“Il Mousedom Theatre.” Disse Cornelia, che ne aveva sentito parlare durante i suoi viaggi. Era infatti un luogo di spettacolo molto famoso e rinomato per le novità che offriva continuamente al pubblico, anche se lei non aveva mai avuto il piacere di assistere ad una rappresentazione, in quanto la data di fondazione del teatro risaliva a circa 7 anni prima.

 

“Come mai ci hai portato qui?” chiese poi al detective.

 

“Mi sembra abbastanza ovvio no? Dobbiamo entrarci.”

 

“Beh, grazie per la poca stima delle mie facoltà mentali, ma non hai visto che c’è un cartello con su scritto “CHIUSO PER PROVE” proprio lì davanti al tuo naso?”

 

“Certo che l’ ho visto, carissima, ma chi ti ha mai detto che saremmo entrati dalla porta principale?” rispose lui. Si guardò intorno per assicurarsi che nessuno li stesse osservando, poi disse:

 

“Ora seguitemi, veloci.” Con ciò, si avviò a passo spedito verso una viuzza poco distante, con Topson e Cornelia alle calcagna.

Una volta giunti lì, si ritrovarono davanti ad una porticina di legno verde.

Su una targhetta dorata al centro di essa, c’era scritto “INGRESSO ARTISTI”.

Basil bussò e, dopo pochi istanti, una voce dall’altra parte della barriera lignea chiese, piuttosto bruscamente:

 

“Parola d’ordine.”

 

“Il tabacco migliore è quello indiano.” Rispose prontamente il detective.

 

La voce senza volto ridacchiò:

 

“Mi dispiace signore. Quella era valida fino al mese scorso.”

 

Basil sgranò gli occhi allibito. Il volto di Cornelia assunse un ghigno divertito:

 

“Cos’è che avevi detto? Che saremmo riusciti a non entrare dalla porta principale.”

 

“Per una volta, Cornelia, fammi il valore di stare in silenzio. Oh, se riesco ad entrare mi sente, quella. Accidenti, non me la ricordo.”

 

La sua frustrazione fu sostituita in pochi attimi da una nuova ondata d sbigottimento: la porta, infatti, si era aperta.

 

“Ma come… cosa..?” si ritrovò a balbettare il detective.

 

“Avete appena detto la parola d’ordine, signore: non me la ricordo.” Gli rispose il possessore della voce, un topo piuttosto alto e robusto, ridacchiando ancora più forte.

“Prego, entrate, ma fate piano, stanno ancora provando.”

Detto ciò si fece da parte, lasciando passare il trio che, per la sorpresa, sembrava aver perso il dono della parola.

Fu ovviamente Cornelia a ritrovarlo per prima:

 

“In che razza di covo di matti ci hai portato?” chiese al detective, mentre camminavano lungo un corridoio tappezzato di velluto rosso ed illuminato dalla luce di alcun lampade a gas.

 

“Me lo stavo chiedendo anch’io. La signorina deve conoscerti molto bene Basil.”disse Topson.

 

“In che senso, caro amico?” chiese il detective, senza comunque fermarsi.

 

“Senza offesa, ma hai l’orribile tendenza di scordarti cose che ti sembrano poco importanti.”

 

“Non è vero.” Replicò Basil, indispettito, ma continuando a camminare.

 

“Qual è la data del mio compleanno?” chiese Cornelia, introducendosi nella conversazione.

 

“Ehm, il 4 novembre?” rispose lui esitante.

 

“Sbagliato, il 26 di quel mese. Spiacente di dovertelo dire, ma Topson e questa signorina hanno proprio ragione. Ciò mi fa sorgere il dubbio su quanto profondamente vi conosciate voi due.” Disse l’attrice con una punta di amarezza.

 

“Non c’è alcuna ragione di fare la gelosa, né ce n’è bisogno.”

 

“Da che pulpito viene la predica.”

 

“Per piacere, ora non mi sembra il caso di litigare, tanto più che ci è stato chiesto di fare silenzio. Basil, fai strada, Cornelia, ogni cosa a suo tempo.” Disse Topson, riuscendo a placare le acque.

 

I tre percorsero in silenzio il resto del tragitto. Dopo alcuni minuti di brusche e numerose svolte (“Siamo finiti in un labirinto, oltre che in un covo di matti? E’ il Paese delle Meraviglie?” aveva commentato Cornelia), giunsero ad una doppia porta in legno marrone. Basil la spinse, fece entrare i suoi due compagni, poi la richiuse alle loro spalle.

Si ritrovarono nel buio più totale, senza alcuna possibilità di discernere qualcosa della stanza in cui si trovavano, tranne forse il fatto che era un luogo enorme.

Avanzando a tentoni, il detective riuscì a trovare una serie di poltroncine ed aiutò Topson e Cornelia a sedersi. Per un po’ non accadde nulla, la sala era immersa nel silenzio più totale. Improvvisamente, poi, sentirono un rumore che assomigliava ad un sibilo e, alla debole luce che proveniva dalle fessure della porta da cui erano entrati, videro che il luogo cominciava a riempirsi di fumo.

Cornelia e Topson cominciarono a sentirsi un po’ a disagio ma, prima che potessero fare qualsiasi cosa, si sentirono quattro colpi ritmici. Dal fondo della sala comparve un alone dorato che, in quell’atmosfera fumosa, dava l’idea di essere finiti in un mondo sovrannaturale, quasi paradisiaco, ancorché inquietante.

Udirono una nota prolungata ed in crescendo giungere da dove era spuntata la luce. Guardando meglio, riuscirono a scorgere un’orchestra, posizionata sotto un palco. Strumenti e suonatori erano completamente bianchi.

La musica esplose di colpo, intonando una melodia frenetica e travolgente.

Dopo i primi secondi, eseguiti alla perfezione dall’orchestra, cinque musicisti, tre donne e due uomini, comparvero sopra il palco ed attaccarono un assolo ancora più frenetico con i loro violini. Anch’essi erano vestiti di bianco, con abiti di seta che ricordavano molto quelli che Topson aveva avuto modo di vedere in India come modello, ossia quelli delle odalische, ma molto meno succinti, dato che non lasciavano nulla di scoperto. Lo spettacolo era di per sé normale, se si escludeva quell’ atmosfera surreale da Regno dei Cieli.

Il dottore stava già cominciando a chiudere gli occhi per godersi la musica in silenzio quando, improvvisamente, i cinque violinisti i misero a correre, sempre suonando, verso il bordo del palco. Per un attimo, Topson temette che sarebbero caduti giù ma, prima ancora che potesse gridare loro di fare attenzione, questi spiccarono letteralmente il volo. Nulla sembrava trattenerli in aria e la cosa era resa ancora più suggestiva dalle paia di ali comparse dietro le schiene dei cinque suonatori. Mentre l’intera ensemble ripeteva il motivo ascoltato solo pochi secondi prima, i violinisti compivano bellissimi e precisissimi movimenti in aria, dapprima in totale sincronia, poi cominciando ad incrociarsi tra di loro, in una danza mozzafiato. Ciò che stupiva di più il dottore, era il fatto che fossero in grado di continuare a suonare i loro strumenti. Evoluzioni su evoluzioni (una delle quali, consistente in un pericoloso avvicinamento tra il piede di uno degli uomini e la testa di una delle ragazze) si susseguirono per qualche secondo, dando l’idea a Topson che l’intera armata dei cieli si fosse radunata in quel piccolo teatro per dare sfoggio del suo splendore divino.

Dopo pochi istanti, però, l’orchestra ripeté una nota lunga e crescente ed i cinque violinisti atterrarono, staccando gli archetti dai violini e posando i piedi per terra, proprio mentre l’orchestra terminava la sua melodia.

Nel teatro cadde il silenzio. Nessuno fiatava, né i musicisti, né i tre spettatori in fondo alla sala. Poi, la ragazza al centro, quella che si era quasi presa un pedata in testa, abbassò le braccia, che aveva tenuto sollevate per dare l’effetto finale, e disse:

 

“Bravi, complimenti davvero. Come esecuzione era quasi perfetta.” Tutti i musicisti lasciarono andare un sospiro di sollievo.

Evidentemente, pensò Topson, la ragazza doveva essere un tipo piuttosto esigente in fatto di spettacoli.

 

“Solo una cosa.” Riprese lei “Percy, andresti a chiamarmi Andrew? Vorrei scambiare due paroline con lui.”

Uno dei violinisti sul palco annuì e si allontanò, ritornando pochi istanti dopo, accompagnato da un topo dall’aria mortificata.

 

“Signorina, non so davvero come sia potuto succedere. Tutte le corde erano al loro posto e le ho manovrate esattamente come mi aveva detto lei.” Disse con voce supplichevole.

 

“Certo Andrew, certo. Dunque hai certamente abbassato la fune cinque mentre alzavi di tre quarti la quattro, vero?” gli chiese con aria sarcastica la ragazza.

 

“Io… io… no.” Esalò lui, in preda al panico.

 

“Sapevi che, a quella velocità, se Phil mi avesse colpito sul serio, ora la mia testa sarebbe stata strappata dal collo, avrebbe colpito la colonna, sarebbe rimbalzata sul palco e, infine, sarebbe finita nella buca dell’orchestra, dritta nella canna del trombone?” Gli chiese lei, sottolineando volutamente ogni macabro particolare di ciò che sarebbe potuto accadere con l’esattezza di un discepolo di Pitagora.

 

Il poveretto non riuscì a proferire verbo, limitandosi a tenere gli occhi bassi.

Lei lo guardò con tanto gelo da poter creare un secondo strato di ghiaccio sull’intera Artide, poi, con una voce altrettanto gelida, gli disse:

“Per stavolta sei perdonato, anche perché, se ti concentri, sei un ottimo tecnico, ma che non si ripeta mai più, va bene?”

 

Lui annuì con forza, felicissimo.

 

“Bene, allora direi che per oggi possiamo chiudere. Ci rivediamo domattina alla solita ora, complimenti a tutti.” Disse e fece un applauso rivolto alla troupe che ricambiò felice e cominciò a ritirarsi dietro le quinte. La ragazza, evidentemente la regista e l’artefice del magnifico spettacolo a cui avevano appena assistito, attese che tutti se ne fossero andati, poi, lanciando un’occhiata verso il fondo della sala, più precisamente verso il trio, sospirò e scese dal palco, dirigendosi verso di loro.

A questo punto, sarebbe opportuno dare una descrizione della misteriosa giovane, perciò, dato che non sarei capace di caratterizzarla al meglio, lascerò che sia il dottor Topson ad illuminarvi: ecco qui un estratto del suo diario di appunti.

 

 

“Nel vederla scendere dal palco con un balzo, non potei fare a meno di pensare al cosiddetto folletto dei boschi, per via della grazia e dell’agilità con cui aveva compiuto l’azione. Eppure, mentre ci si avvicinava, notai che di quella creaturina aveva ben poco. Il passo energico, reso elegante probabilmente dall’educazione ricevuta sia nell’ambito domestico che in quello artistico, non poté non farmi tornare alla mente la forza con cui si era librata nell’aria pochi attimi prima.

Quando si fermò davanti a noi, fui in grado di dare un giudizio più accurato alla sua persona:

era di una bellezza tutta sua, ben diversa dai normali canoni che si utilizzano per valutare l’aspetto di una signorina. Si sarebbe potuta definire un incrocio tra varie culture: la composizione del volto faceva pensare all’ebrea Rebecca del romanzo Ivanhoe,  la fierezza dei modi veniva dagli antichi Celti, e così il nome, come avrei scoperto in seguito. Gli occhi azzurri con striature ambrate la facevano sembrare una italo - tedesca, mentre i lunghi ricci di un castano tendente al ramato, resi crespi da Madre Natura ed ancor più dalle acrobazie a cui avevamo assistito fino a pochi minuti prima, erano quelli di un’amazzone tornata da una battaglia tra i selvaggi arbusti delle sue terre. Era magra, ma non eccessivamente: del resto, vista la particolare disciplina che si trovava a praticare, non avrebbe certo potuto avere il fisico di una ballerina comune.

 

Questo pensava Topson, mentre la ragazza si avvicinava a loro. Riusciva a scorgere qualcosa di familiare nel volto terribilmente serio ed inquisitore di lei, ma mai si sarebbe aspettato una simile rivelazione dal suo amico.

 

“Amici miei, lasciate che vi presenti mia sorella maggiore: Brynna Anne – Marie Basil.”

 

Il dottore sbarrò gli occhi e così fece Cornelia, anche se per motivi differenti:

Topson non aveva mai pensato al fatto che Basil potesse avere una famiglia, eppure ora notava i tratti in comune tra i due fratelli e, sotto quel paio di occhi freddi, provava la stessa sensazione di lieve disagio che aveva sperimentato pochi anni prima quando aveva conosciuto il suo collega.

Cornelia, invece, era stupita di sé stessa per non essere riuscita a riconoscerla al primo colpo. Avevano trascorso tanti anni insieme a scuola e a casa di Basil. Sinceramente, non la sopportava molto. Brynna era sempre stata molto particolare, chiusa in sé stessa e nel suo mondo, ben attenta a non lasciare intravedere la sua vera personalità agli altri. Era fredda ed insensibile, per quanto ne sapeva lei. Ne fu ancora più certa quando la giovane donna raggiunse il terzetto e disse in tono secco al fratello, senza degnare di uno sguardo gli altri due:

 

“Non mi pare di averti permesso di portare degli amici, l’ hai forse dimenticato?”

 

FINE DEL CAPITOLO

 

Wow, che tipetto curioso eh? Non sembra avere modi molto cordiali. Quale ruolo avrà nell’intera vicenda? Leggere per scoprire.

Spero che abbiate gradito

Bebbe5

   

 

 

  
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