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Autore: Silice    12/04/2010    5 recensioni
Una gita, una missione. I loro destini si incrociano. Un’avventura per entrambi, lei trascinata in un mondo misterioso e sconosciuto, lui nell’universo degli adolescenti. Riusciranno a uscire indenni da questa avventura? Ma soprattutto, i loro destini rimarranno legati? La guardò negli occhi. “Ti odierò per sempre” Silenzio. “Anch’io"
Genere: Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hello!! Eccomi qua con un altro capitolo, anche se obbiettivamente mi chiedo: perché sto postando? Insomma, tanto varrebbe tenermelo per me, ma c’è da dire che tanto ormai l’avevo scritto, dunque tanto vale…

Non voglio dedicarlo alla mia migliore amica, perché fa schifo.

Dunque non lo dedico a nessuno.

Ora ricapitolo un po’ a me stessa, sola soletta: questo capitolo sta qui, un po’ a sé, per introdurre Spinella. Poi ci sarà un altro capitolo, necessario ma un po’ duro da scrivere, e poi FINALMENTE il nucleo della storia, la prima vera parte, il motivo per cui la storia è nata.

Alleluia.

 

 

LIKE AN IDIOT

 

 

Spinella non era nata per stare ferma. Era una persona attiva, e starsene con le mani in mano la faceva sentire inutile e pigra: per questo, mentre i suoi colleghi spesso poltrivano e si giravano i pollici, lei preferiva impegnarsi in una missione o comunque dedicarsi intensamente a qualcosa. Qualcosa che, di solito, portava guai.

In quel momento, Spinella si stava contorcendo su una sedia in un buio e tetro studio, da sola, in perfetto silenzio. Sebbene fosse già stata a casa Fowl, anche se non proprio per sua volontà, Spinella pensò che non l’aveva mai osservata bene, dunque si mise a ispezionare la stanza con occhi attenti: la scrivania, e la poltrona alle sue spalle, le incutevano un certo timore; le tende erano tirate, il tutto aveva un’aria chiusa e malsana, e perfino i libri contenuti negli scaffali sembravano avere un che di oscuro e misterioso. Se non fosse stato per le pile e pile di fogli e appunti e per il computer acceso sulla scrivania, avrebbe detto che nessuno aveva messo piede là dentro da secoli.

“Spinella.” Una voce maschile alle sue spalle interruppe queste sue riflessioni.

Si voltò, e quasi non riconobbe il ragazzo che aveva di fronte. Artemis era cresciuto incredibilmente quell’anno: era più alto, e, se possibile, ancora più magro, benchè Spinella riuscisse a scorgere una parvenza di muscoli sotto la camicia azzurra; aveva fatto crescere i capelli neri , che ora arrivavano all’altezza di quegli occhi di colore diverso.

“Artemis.” Spinella sorrise. Era felice di rivederlo, anche se ogni loro incontro non portava che guai. Questa volta, almeno, il pericolo non era imminente. “Ti vedo… cresciuto.”

Artemis si passò una mano fra i capelli e si abbandonò sulla poltrona dall’altra parte della scrivania.

“Anche te sei… cambiata. Sembri più rilassata.”

Effettivamente, pensò Spinella, alla LEP non c’erano stati grandi problemi, dopo Artemis. Almeno fino a quel momento.

“Sì, più o meno.” Spinella sorrise di nuovo. “Polledro ti manda i suoi saluti. E Bombarda dovrebbe raggiungerci fra qualche giorno.”

“Qualche giorno?” Artemis si sporse sulla scrivania, alzando leggermente un sopracciglio. “Ti fermerai così tanto?”

Spinella sospirò. “Dovevo parlarti proprio di questo.” Accavallò le gambe, tentando di mettersi più comoda sulla sedia, invano. “Abbiamo avuto dei problemi giù a Cantuccio.” Squadrò Artemis. “Hai tempo? È una storia lunga.”

Il ragazzo non fece una piega: “Continua.”

Spinella prese un bel respiro, poi cominciò: “Ultimamente, le nostre risorse di energia stanno diminuendo. Il vento, il Sole sono inaccessibili per noi, come stai bene, e le vampate di magma non sono molte. La quantità di energia che il Consiglio decide di erogare diminuisce di anno in anno.”

Fissò Artemis, che la stava guardando attento, poi riprese: “Il problema è proprio questo. I goblin, sebbene abbiano preso una batosta non da poco, l’anno scorso, si sono ripresi, e ora stanno facendo un sacco di storie per l’energia. Semplicemente, ne vogliono di più, principalmente per rifornire le industrie illegali di armi. E qui sono cominciati i casini: il Consiglio, naturalmente, non ha ceduto, e noi, che credevamo che i Goblin si sarebbero adattati alla cosa, abbiamo dovuto ricrederci. La scorsa settimana qualcuno si è infiltrato nei nostri Computer, eludendo perfino i sistemi di protezione di Polledro.”

Artemis, pur continuando a tacere, spalancò gli occhi. Nessuno, a parte lui, aveva mai fregato Polledro.

“E’ inutile che io ti descriva la sua reazione. Si è chiuso nel suo studio per tre giorni, senza parlare con nessuno, e qualcuno ha giurato di averlo sentito piangere. Sai, ha sempre avuto un debole per il melodramma. Comunque, il vero problema è che i file che hanno preso riguardano un nuovo modo per procurarsi energia, attraverso il nucleare. Era stata archiviato da un po’, per i rischi che comportava, non solo per gli abitanti del sottosuolo, ma per tutta la terra. Sicuramente Polledro te lo spiegherà molto meglio di me, ma sostanzialmente si parla di un modo di portare atomi a temperature altissime, incredibilmente pericolose, specialmente se nelle mani sbagliate. Figurarsi se per caso questi file sono finiti nelle mani dei goblin.” Spinella alzò nuovamente gli occhi verso Artemis.

“La situazione è questa: il Consiglio mi ha mandato qui non soltanto a chiedere il tuo aiuto, ma anche a controllarti. Finora l’unico che sia mai riuscito a metterci nei guai se stato tu, Artemis, e questa volta non escludono che tu sia coinvolto. Ho tentato di difenderti, ma sono solo riuscita a far inviare me, invece che qualche altro stupido elfo della Lep. Ho accennato alla tua richiesta degli Spazzamente, e loro te li accorderanno, a fine missione. In cambio, tu dovrai collaborare, ma per il momento non dovrai fare nulla, e aspettare ordini dal basso.” Finì il discorso in un lampo, sapendo che a Artemis non avrebbe sicuramente fatto piacere.

Artemis stette qualche secondo in silenzio. “Perfetto. Proprio quello che mi aspettavo.”

Spinella pensò che, in fondo, non avrebbe dovuto essere sorpresa. In fondo, era pur sempre Fowl.

Il ragazzo continuò: “Dal momento che avevo previsto queste decisioni del consiglio, mi sono premunito alla meglio. Non so esattamente come, ma sicuramente la persona che dovevo incontrare in Italia e questa crisi a Cantuccio sono collegate. Dal momento che non posso fare nulla, né uscire da qui, aspetterò e continuerò a controllare la situazione da casa Fowl. Intanto, mi piacerebbe parlare con Polledro e con il comandante Tubero, se possibile”.

“Si collegheranno domani mattina, quando l’emergenza sarà passata e avranno informazioni più precise da darti.” Disse Spinella, concisa. “Intanto, perché non mi racconti degli ostaggi?”

“Beh, io non li definirei proprio ostaggi.” Iniziò Artemis con un ghigno. “Diciamo che qui vengono trattati più come ospiti. Juliet è allegra, e passa tutta la giornata a fraternizzare con quei ragazzini e a trattarli come se dovessero abituarsi a rimanere qui. In fondo, non posso darle torto, io non sono mai stato granchè di compagnia.” Aggiunse, con un mezzo sorriso. “Anche Leale, nonostante non voglia ammetterlo, è rimasto colpito dai ragazzi, che, non so come dire, lo addolciscono un poco. Tanto per darti l’idea, quando una di loro, che è pure quella che mi ha aiutato a scappare, ha tentato di fuggire, lui non ha fatto niente, anzi, ora ricorda il suo nome e le parla tranquillamente.”

“E tu? Hai fatto del tuo meglio per metterli a loro agio, suppongo.” Osservò Spinella ironica.

“Esatto.” Disse Artemis, rispondendo per le rime. “Devo ammetterlo, credevo che sarebbero stati un grande problema, ma ho scoperto che stanno abbastanza tranquilli, e che tutto sommato non danno grandi fastidi. Anche se, naturalmente, non traggo alcun giovamento dalla loro presenza, qui.”

“Immagino che sia inutile ricordarti che hanno la tua età, e che interagire con loro ti farebbe bene, vero?” Spinella sapeva che il suo tentativo non avrebbe portato a nulla.

“Divertente.” Rispose Artemis, secco. “Mi sembrano tutti piuttosto noiosi. Parlare con loro mi darebbe soltanto fastidio.” Il ragazzo si alzò, e si diresse verso la porta. “Ora andiamo. Leale e Juliet non vedono l’ora di rivederti.”

 

Elinor bussò piano alla porta della stanza di Milla, ed entrò. La sua amica era sdraiata nel letto, con gli occhi chiusi e la testa appoggiata sul cuscino. Accanto a lei, sedute sul letto c’erano Arianna e Sissi, che parlavano a bassa voce.

“Come sta?” chiese piano Elinor, per non svegliare Milla.

“Non molto bene.” Rispose Sissi sottovoce. “Credo abbia la febbre.”

Elinor si avvicinò e mise una mano sulla fronte dell’amica. Era calda.

“Hai ragione.” Si voltò verso la porta. “Vado da Juliet a chiedere delle medicine. Torno subito.”

Socchiuse la porta, tentando di non far rumore, e si diresse velocemente verso le scale. Il silenzio irreale che regnava sulla casa continuava a inquietarla, nonostante fosse lì già da una settimana. Ormai Elinor aveva perso ogni speranza di tornare a casa a breve: nessuno aveva parlato di una loro possibile partenza, e Juliet aveva deciso di avventurarsi fuori dalla casa per comprare un’incredibile quantità di vestiti per tutti i ragazzi, come se avessero dovuto rimanere lì dentro per mesi; inoltre, Lily aveva visto Leale e sua sorella scaricare nell’ingresso una quantità abnorme di cibo, che sarebbe bastata a sfamare un reggimento per settimane.

Camminò silenziosamente verso la cucina, da cui provenivano alcune voci, una delle quali era sicuramente di Juliet. Quando entrò, non credette ai suoi occhi: nella cucina, oltre a Leale e a Juliet, c’erano anche il ragazzo pallido, Artemis, e un’altra persona, che sembrava una ragazza, ma di statura incredibilmente bassa. Elinor rimase così sorpresa che rimase qualche secondo sulla porta a boccheggiare, senza credere ai propri occhi: l’aver visto soltanto quelle tre persone, anzi due, dal momento che il ragazzo non si faceva mai vivo, per tutta la settimana le aveva fatto dimenticare che ci potessero essere altre forme di vita sulla terra.

Rimase dunque, sulla porta, sbigottita, senza dire una parola, poi, ricordandosi del motivo per cui era venuta, si schiarì la voce. “Juliet… volevo soltanto…”

Non stava andando affatto bene. Tutti, in quella stanza, si erano voltati verso di lei, e Elinor non si era ancora abituata alla nuova situazione abbastanza da sentirsi a suo agio. In fondo, erano sempre i suoi rapitori. Prese un bel respiro, e poi, con una rinnovata sicurezza, riformulò la frase: “Milla è malata. Ci sono per caso delle medicine che potremmo darle?”

“Ma certo.” Rispose Juliet, che si alzò di scatto. “Che cos’ha?”

“Credo che sia febbre, ma non posso esserne certa. Non abbiamo neanche un termometro.”

 “Ok, fammi dare un’occhiata alle medicine che ci sono in casa. Tu aspettami qui.” E, detto questo, uscì dalla cucina, lasciando Elinor da sola a fronteggiare gli sguardi delle tre persone rimanenti.

Doveva fare qualcosa, non poteva rimanere lì sulla porta come un’idiota, pensò. Si tirò giù la maglietta sui Jeans, abitudine che aveva nei momenti di ansia, e si diresse verso le dispense e il frigo, cercando di ignorare gli sguardi dei tre, che erano invece seduti al tavolo.

“Posso?” chiese, mettendo una mano sulla maniglia del frigorifero. Era la prima volta che si serviva di qualcosa da sola, e ancora non aveva capito se le era possibile o meno.

Silenzio. Nessuno disse una parola. Dopo qualche secondo, Leale rispose: “Certo. C’è del succo alla pesca.”

Elinor respirò, rendendosi conto che aveva trattenuto il respiro fino a quel momento. Non avrebbe mai creduto che ottenere del succo alla pesca fosse così difficile.

Prese un bicchiere, e ci versò dentro il succo. In quel momento, Juliet arrivò, tenendo in mano alcune scatole e un termometro.

“Bene, ci sono. Andiamo.” Disse, ma poi si fermò. “Ah, Elinor, dimenticavo. Questa è Meg. Sarà nostra ospite per un po’.”

Elinor si limitò a alzare gli occhi dal bicchiere e a squadrare la nuova arrivata. A parte la statura, che si notava subito, era piuttosto magra, e, anche se era seduta, si notava il suo fisico atletico. Aveva corti capelli marroni, un viso piuttosto spigoloso, e un sorriso appena appena accennato.

“Meg. Questa è Elinor. Ha aiutato Artemis, in Italia. È anche l’unico essere umano vivente che è quasi riuscito a sfuggire a Leale.” Aggiunse con un sorriso.

“Onorata di fare la tua conoscenza.” Disse Meg. Elinor pensò che la sua voce aveva un che di musicale, che la rendeva davvero bella. Inoltre, parlava un italiano perfetto. “Così tu saresti quella che ha aiutato il nostro Artemis?” aggiunse la ragazza, girando il capo verso il padrone di casa, che la stava fissando con aria interrogativa.

“Devi essere una delle pochissime persone che gli hanno mai offerto aiuto. Sai, Artemis non è molto famoso per le sue doti di simpatia e amicizia.”

Elinor non aveva intenzione di sopportare oltre. Perché la gente continuava a ricordarle che era stata lei ad aiutare quell’odiosissimo individuo?

“Non ho mai detto di trovarlo simpatico, né tantomeno amichevole.” Rispose, secca, gettando appena un’occhiata verso l’oggetto di tanto odio. “Aiutarlo è stato soltanto un errore che non si ripeterà più.” E detto questo uscì, seguita da Juliet.

Spinella rimase qualche momento a fissare l’apertura. Poi voltò il viso e si rivolse a Artemis, sogghignando.

“Complimenti.” Disse, giocherellando col bicchiere davanti a sé. “Vedo che sei migliorato molto nei rapporti sociali”.

Si stupì molto nel vederlo dispiaciuto; e si stupì ancora di più nel notare che non era intenzionato a rispondere con una delle sue battute taglienti, ma rimaneva zitto a fissare il bicchiere davanti a sé, sbuffando appena alle sue parole.

“Aspetta un momento. Non dirmi che… le hai chiesto scusa per quello che è successo?”

Nessuna risposta. Artemis si limitò ad alzare gli occhi dal tavolo.

“L’hai almeno ringraziata per l’aiuto?”

Di nuovo, il silenzio. Anche Leale fissava Artemis, ma senza lo stesso stupore che Spinella provava in quel momento. Per la seconda volta nella giornata, l’elfa si disse che avrebbe dovuto aspettarsi un tale comportamento. In fondo, si parlava di Artemis Fowl. Tuttavia, quello a cui aveva appena assistito era davvero troppo anche per uno come lui.

“Artemis, lasciatelo dire…” Spinella si alzò e si diresse verso la porta. “Sei proprio un idiota.”

Uscendo, avrebbe giurato di aver sentito Leale sghignazzare.

 

 

So…

Eccomi di nuovo qua. Eheh. Ho sempre desiderato, dal profondo del cuore, dire a Artemis che è un idiota (la mia megalomania supera il mio sviscerato amore per questo personaggio inventato), e chi meglio di Spinella poteva farlo??

Ora vi lascio, interlocutori immaginari…

Al prossimo capitolo, dunque a Domenica.

Buon 12 Aprile ;)

  
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