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Autore: Freya Crystal    25/04/2010    11 recensioni
"- Edward Cullen non ti piace? Come mai? – gli chiesi. - Quel ragazzo è strano. Non mi ispira fiducia. Voglio che tu gli stia lontana. - "
Lei è una studentessa del liceo di Forks. Lui un avvocato.
Lei ha 17 anni. Lui 47.
Ma soprattutto... lei ama lui.
Bella Swan non è attratta dai suoi coetanei, anzi, li teme. E’ forse per questo motivo che a far breccia nel suo cuore è un uomo molto più maturo di lei. Acerba, insicura, fragile, e facilmente manipolabile, la nostra Bella Swan è costretta a fronteggiare la nascita di un amore impossibile.
A scuola evita qualsiasi forma di contatto con i suoi compagni di classe: con le ragazze non parla mai; con i ragazzi mantiene la distanza assoluta. Nessuno riesce a spiegarsi il motivo di questo suo comportamento, nemmeno suo padre.
E come se non bastasse, c'è Edward Cullen, splendido e irraggiungibile, che prova un odio profondo e immotivato verso Bella sin dal primo istante in cui i suoi occhi hanno incrociato quelli di lei.
Con il passare del tempo il silenzio fa sempre più male. Il dolore diventa sempre più forte. Le ferite scavano sempre più in profondità dentro Bella, incapaci di richiudersi da sole. Suo inseparabile compagno è il segreto che porta con sé e che la uccide a poco a poco.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Twilight
Capitoli:
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What’s going on?


Non avevo parlato a mio padre di Sam e Tray. Non sarei stata al loro gioco. Ero pronta a mettere a rischio la mia vita pur di impedire loro la salvezza. Non avevo nulla da perdere. 
Ciò di cui non riuscivo a capacitarmi, però, era la sicurezza con cui mi avevano minacciata. Forse avevano semplicemente finto, convinti che sarebbe stato facile intimorire una ragazza e assoggettarla al loro volere. Non dovevo preoccuparmene. Mi ero intestardita ad ignorare l’ordine ricevuto, e così avrei fatto. 
Mi sentivo in colpa per il poco tempo che passavo con Charlie, ero convinta che se fossi rimasta a Phoenix, mio padre avrebbe avuto meno problemi. Meglio soli che mal accompagnati, si dice. Ma non potevo tornare in quella città: da lì ero fuggita. Ero stata io a volerlo, ero stata io a decidere di venire a Forks.
Per quanto m’imbarazzasse l’idea di ringraziare Edward, dovevo farlo. Guarda caso, il sabato era il giorno in cui entrambi avevamo lezione di storia. Mentre mi avviavo da sola per il corridoio, evitando accuratamente di incrociare gli sguardi incuriositi degli studenti increduli di vedermi a scuola, mi sorse un altro punto interrogativo riguardante Edward Cullen. Avrei potuto risolvere la faccenda in una volta sola, pensai. 
Come al solito, quando entrai in classe, l’aula era vuota. Mi accomodai al mio posto e tirai verso il basso la manica della maglia per la quindicesima volta da quando era iniziata la giornata. La mia fobia era che qualcuno avrebbe potuto vedere il polso ricucito con i punti e capire che la mattina precedente, in bagno, avevo fatto qualcosa di completamente diverso da ciò che tutti pensavano mi fosse accaduto. 
Quando furono arrivati tutti, Mike ebbe il coraggio di avvicinarsi a me e chiedermi come stavo. Gli risposi con un secco “Bene, grazie. “ e continuai a ripassare gli stramaledetti appunti che rileggevo da una settimana, per fargli capire che io e lui non avevamo altro da dirci. 
Solo quando il professore entrò in classe, Mike si allontanò da me e tornò al suo posto. 
Allora mi accorsi di una cosa, di un piccolo, grande dettaglio che avevo ignorato: Edward era assente. 
Senza sapere per quale motivo, mi ritrovai a chiedermi il perché fosse rimasto a casa per tutta la durata della lezione. Ero profondamente irritata con me stessa per il mio interessamento da perfetta ficcanaso. 
Giocherellavo con le dita della mano sinistra sotto al banco, mentre con la destra prendevo appunti. Finché non sentii qualcosa a contatto con i polpastrelli della mano sinistra. Era un pezzo di carta. Un brivido caldo e repentino risalì lungo la mia schiena e mi fece venire la pelle d’oca quando si fermò sul collo. 
Pensai istantaneamente  alla mattina in cui avevo trovato dei messaggi d’avvertimento, prima sotto al banco e poi sul parabrezza del pick-up.
Lessi le parole scritte nel bigliettino blu elettrico e andai su tutte le furie. 


Non uscire mai da sola

La mia razionalità andò a farsi friggere. La tensione accumulata era troppa, e, a quanto parve, decise di esplodere proprio in quel momento. Calciai all’indietro la sedia, facendola scricchiolare rumorosamente, balzai in piedi accartocciando il bigliettino e squadrai i presenti con occhiate cariche d’odio.
-    Adesso basta. Ne ho abbastanza. Smettetela con questi stupidi scherzi! – urlai sventolando ciò che era rimasto della pallina di carta straccia che tenevo in mano. 
Calò il silenzio. 
Il professore mi fissava allibito, incredulo del fatto che fossi stata proprio io ad interrompere la lezione, soprattutto in quella maniera.
Angela mi guardava dispiaciuta e… spaventata. 
Spaventata. Anche lei. 
Alle persone facevo perfino paura. Ero diventata una pazza. 
Immobile, mentre tutti mi fissavano, travolta dalla vergogna e dalla rabbia, non sapevo cosa fare per togliermi da quella situazione umiliante: mi ci ero infilata da sola, e  da sola avrei dovuto trovare il modo di uscirne.
Il guaio era che una via d’uscita non esisteva.
- Signorina Swan, le sembra il modo di interrompere la lezione? Cos’è questa storia ? -
… Così non mi restò altro da fare che continuare da dove avevo iniziato. Avevo perso il controllo, e lasciai che la mia bocca si aprisse automaticamente. 
- Sto parlando di questo. - 
Riaprii velocemente il foglietto di carta che tenevo in mano, lo lisciai e lo mostrai a tutta la classe. 
- C’è scritto: “Non uscire mai -con il mai sottolineato- da sola.” Non è divertente. Vi assicuro che c’è di meglio da fare nella vita che scrivere certe frasi per intimorire la gente. -
Mi imponevo di non tremare, di non mostrarmi incerta e sottomessa alla loro presa in giro. 
-    Non m’importa di sapere chi sia il colpevole. Solo, per favore, basta. – sentenziai livida, con un tono tanto cupo che rabbrividii io stessa. 
Tutti i miei compagni mi fissavano senza fiatare, impietriti sulla sedia. Ero convinta che l’artefice di quello scherzo infantile fosse all’interno di quell’aula. Chi altro poteva avermi messo dei biglietti sotto al banco? 
Ero disgustata. 
-    Mi scusi professore, ma non riesco a stare qui dentro. Mi sa tanto che salterò la lezione. – dichiarai.
Nemmeno il tempo di permettere al professore di assorbire il significato di quell’affermazione, che fui sulla soglia della porta. Aprii la maniglia e me la richiusi velocemente alle spalle, incurante di averla sbattuta con forza. 
Fu come uscire da una bolla senz’aria. Ma la consapevolezza di ciò che avevo appena fatto mi invase spietatamente, senza concedermi un attimo di tregua. 
Svoltai il corridoio mentre sentivo la voce del professore che mi richiamava. 
-    Isabella Swan! Torni in classe! –
Solo quando fui abbastanza lontana mi appoggiai contro al muro accanto a un termosifone. 
Erano stati il dubbio e la paura a farmi scemare, il dubbio e la paura che con quei biglietti centrasse qualcun’altro. 


*******


Quando la campanella suonò, tornai rapidamente in classe per raccogliere le mie cose. Lungo il tragitto incrociai Lauren che mi sferrò un’occhiata di compatimento prima di sparire dalla mia visuale. Il professore era seduto alla cattedra, e fingeva di riordinare i libri nella sua borsa, ma sapevo che stava aspettando di rimanere solo con me per intavolare una conversazione.  Non appena tutti furono usciti, mi affrettai a porgergli le mie scuse. 
-    Per questa volta chiuderò un occhio. E’ un’ottima studentessa, nessuno ha mai avuto nulla da dire su di lei. Ma se c’è qualcosa che non va, per me sarebbe un piacere aiutarla in qualche modo. Ho saputo che ieri l’hanno trovata svenuta in bagno. Che cosa le sta succedendo? Non la riconosco più. –
Strinsi il quaderno al petto, come per proteggermi. – Niente. La scenata di prima non centra con ieri, sono svenuta perché non avevo dormito. Semplicemente sono stanca di questi scherzi idioti, siamo al quarto anno di liceo, e non li tollero. La ringrazio per la disponibilità, professore. Ora devo andare a lezione di trigonometria. – tentai di concludere la conversazione rapidamente. 
Mi fissò con intensità e compassione -cosa che odiavo- , poi annuì. 
– Non dovrebbe dare importanza a simili banalità. Mi auguro solo che il suo rendimento continui ad essere uno dei migliori. Adesso ho una lezione che mi aspetta, arrivederci signorina Swan. – 
Il professore si alzò, prese la borsa e se ne andò. 
Per il resto della giornata fui un automa. Non appena fui sul mio pick-up, le mani saldamente appoggiate al volante e lo sguardo fisso sullo specchietto retrovisore, ricollegai il cervello. Ma subito dopo scoprii che non avevo voglia di fare niente, neppure di guidare. 
Sul parabrezza, ripiegato con cura ed infilato sotto ad uno dei tergicristalli, c’era il quarto biglietto. Era assurdo quanto odiassi dei pezzi di carta. Forse nel profondo mi ero accorta che l’artefice di quello stupido scherzo non era un alunno. Non mi curai di smontare dal pick-up e di leggerlo, misi in moto diretta verso casa a tutta velocità. 
La mia vita faceva così schifo che stavo pericolosamente diventando succube dell’accidia.
Sfrecciavo sulla strada diretta verso casa con un unico pensiero in testa: buttarmi sul letto e dormire fino a che non sarebbe tornato Charlie. 
Quando arrivai a destinazione, tuttavia, trovai qualcosa che non mi sarei mai sognata di vedere ad aspettarmi. Qualcosa che non avrebbe mai più dovuto materializzarsi davanti ai miei occhi. Qualcosa che da tempo continuavo a sperare, pregare, implorare di riavere accanto. Nonostante tutto. 
O meglio, qualcuno. 
Era in piedi di fronte a me, a dividerci solo qualche metro di distanza e il parabrezza del mio pick-up. 
Il desiderio costante grazie al quale continuavo ad avere una ragione per non farla finita.
Il soffio vitale che aveva screziato di colori i battiti del mio cuore e i rintocchi del tempo. 
La luce che mi permetteva di affrontare le giornate e lasciarle scivolare su di me. 
Frenai bruscamente. Armeggiai per togliermi la cintura di sicurezza e mi catapultai fuori dal pick-up senza spegnerlo. Gli corsi incontro con il cuore in gola e il respiro corto. 
Nel profondo, qualcosa mi diceva che le cose avrebbero avuto una svolta positiva, che il mio sogno ad occhi aperti sarebbe divenuto realtà. Che finalmente la felicità stava arrivando per davvero. 
Me lo disse il suo sguardo trafiggente, caldo e rassicurante. Brillante. Serio.
I capelli scompigliati dal vento accesi di riflessi scuri e seducenti, danzavano liberi e leggiadri nell’aria frustandogli il viso. La camicia rossa a righe gli risaltava il colorito dorato della pelle e il verde degli occhi. I jeans neri gli fasciavano perfettamente le lunghe gambe.
Studiai senza remora il suo volto meraviglioso, troppo maturo per una come me, ma dannatamente stregante, attraente come una calamita… sexy.
Sorrisi nel vedere i suoi occhiali da sole infilati in mezzo alla scollatura della camicia semi-sbottonata. 
Non appena i miei occhi si soffermarono  su quel particolare, avvampai di desiderio. 
Era più bello di un attore. 
Irresistibile.
Johnny. Proprio lui. Ce l’avevo fatta a pensare il suo nome, finalmente. 
-    Sei… cosa sei venuto a fare qui? – mormorai con voce rotta. 
La felicità era smisurata, premeva all’interno del mio corpo  troppo fortemente e temevo che avrebbe potuto spezzarlo da un momento all’altro. 
Johnny sorrise dolente, diventando ancora più bello di quanto già fosse. –
L’istinto. –  
Rabbrividii udendo la sua voce. Era diversa dalle altre volte, più bassa, carezzevole, sensuale come non mai. Non capii la sua risposta.
La situazione era  assurda, sbagliata,  irreale… Ma splendida.
Johnny mi si avvicinò in modo da azzerare quasi del tutto la distanza tra me e lui. - Non ce l’ho fatta. – soffiò al mio orecchio. 
Prontamente mi afferrò per le braccia prima che cadessi in ginocchio stordita dall’effetto che era in grado di farmi. Il fuoco esplose nel mio petto e divampò in tutto il corpo, mentre mi crogiolavo nel calore di quella presa salda, sicura ed… eccitante. Incatenata, assoggettata ai suoi occhi.
Stavo facendo pensieri impuri, pensieri privi dell’innocenza che mi era stata strappata via, pensieri che non avevano mai fatto parte di me prima d’allora. 
Era incredibile. Ma proprio non riuscivo ad avere paura di Johnny. 
Allungai timidamente una mano, consapevole nell’inconscio che questa volta non sarei stata respinta, e gli accarezzai una guancia. La sua corta barbetta mi pizzicò i polpastrelli delle dita. 
Stavo sorridendo, senza rendermene conto. Il calore scoppiettava dentro di me dandomi un senso di pienezza assoluta, mentre una morsa al basso ventre mi stringeva, lasciandomi esitante, con il fiato sospeso. Quella morse mollò la presa non appena Johnny posò le sue labbra sulle mie. Sapevano di caffè e menta, e avevano un particolare retrogusto dolce che si mescolava all’amaro. Quelle erano le labbra di un uomo, dal sapore sofisticato e afrodisiaco. Buone, saporite, ma allo stesso tempo delicate.
Ero pietrificata e vulnerabile, assuefatta da quel contatto così lento, ma esplosivo. Non avevo la forza di muovere un solo muscolo, troppo impegnata a sentire le nostre labbra accarezzarsi e le nostre bocche schiudersi. 
Bruciai dentro le porte del Paradiso non appena approfondimmo il nostro bacio. Avevo appena ottenuto tutto ciò che volevo. Ormai era troppo tardi per tornare indietro, se lui voleva quello che volevo io, niente avrebbe potuto fermarmi. 
Affondai le dita tra i suoi capelli per stringerlo a me, per fargli capire che non ero spaventata dall’idea che lui avesse preso l’iniziativa. Il mio petto si scontrò con il suo e il senso di calore s’intensificò oltre il possibile.
Aveva iniziato a piovere forte, ma tutto ciò che sentivo dentro e fuori di me erano le fiamme.
Johnny interruppe il nostro bacio e mi prese il volto tra le mani, fissandomi dritto negli occhi. 
Entrambi avevamo il fiatone. Ancora una volta, guidata da un’energia che agiva da sé, gli afferrai una mano facendo un cenno col capo verso casa mia. 
La pioggia scorreva sul suo corpo, facendogli aderire la camicia e i pantaloni e risaltandone i muscoli tonici. Per un lungo, sofferto paio di secondi, sembrò esitare, quasi come se si stesse pentendo di ciò che voleva fare. Gli accarezzai nuovamente una guancia. Johnny chiuse gli occhi non appena lo sfiorai, sospirò, e quando li riaprì il suo sguardo era mutato: l’incertezza aveva lasciato posto alla decisione. Mi ritrovai sollevata in aria e capii che mi aveva presa in braccio solo quando fummo sotto il portico. 
Non appena mi fece scendere, il mio corpo protestò nostalgicamente per aver dovuto rinunciare al tocco delle sue mani.
Trafficai con la tasca della giacca in cerca delle chiavi. Avevo il fiato corto e il cuore pulsava nel petto come una bomba. 
Mi bloccai non appena percepii le labbra di Johnny ripercorrere delicatamente il mio collo, lasciandosi dietro scie incandescenti. Non dovevo vacillare, dovevo mantenere la lucidità il tempo necessario per aprire quella maledetta porta e rifugiarmi in camera mia. Non ero più in grado di ragionare, ormai. 
Con mani tremanti infilai rapidamente la chiave nel buco della serratura. Mi voltai per catturare le labbra di Johnny, ma lui era intenzionato a farmi impazzire torturandomi il collo, e non potei fare altro che cedere al suo volere. Inarcai la testa, lasciando ricadere le braccia sui fianchi. A sorpresa, Johnny ritornò alla carica. Mi fece indietreggiare dentro casa finché non aderii alla parete. Lo sentii richiudere la porta con un calcio. Mi tuffai sulle sue labbra, incatenando le mie braccia alla sua schiena. 
Tutto ciò a cui riuscivo a pensare era “ Ti voglio, ora. ”
Arrivederci al domani, al pudore, all’incertezza. Alla mia razionalità. Alla mia lucidità. 
Sentivo solo i suoi sospiri di sollievo, il suo profumo, il fuoco dei nostri corpi che cercavano di unirsi per diventare uno solo. 
Dannata razionalità, non abbandonarmi proprio adesso, questo è il tuo ultimo compito!
Mi staccai dalle labbra di Johnny. Non ebbi nemmeno il tempo di proferire parola che lui prese a mordicchiarmi sotto alla mascella e nell’incavo tra il collo e la spalla, uno dei miei punti più sensibili. 
Non fui in grado di controllare un gemito di piacere, puramente animale, che fuoriuscì dalle mia labbra. 
Appoggiai un braccio contro la parete e accidentalmente urtai un vaso, facendolo cadere a terra in mille pezzi. 
- L-le scale. – farfugliai con voce ansimante. 
Johnny smise di baciarmi, mi osservò a lungo, sfoderando un sorriso destabilizzante. Quegli occhi comunicavano un sentimento incontestabile: il desiderio. I capelli semi- bagnati e scuriti dall’acqua lo rendevano selvaggio. 
Non osai immaginare a come fossi ridotta io, bagnata e con ancora indosso il cappotto. Nel tempo in cui realizzai quel pensiero, arrivai di corsa in cima alle scale, senza voltarmi. Spalancai la porta della mia camera, la mia ancora di salvezza, il rifugio che ero pronta a condividere con Johnny. Lui mi sorprese da dietro e mi cinse la vita, sfregando il suo naso nei miei capelli e accarezzandomi con le labbra un orecchio. Il suo profumo sofisticato e inebriante mi circondò di desiderio. 
Era tutto diverso dall’altra volta. Bello, privo di paure e incertezze. Sentivo che qualsiasi cosa avrei fatto sarebbe andata bene. 
Mi sfilai il cappotto e lo lasciai ricadere a terra. Sentivo i jeans umidi sulla mia pelle e avevo l’impellente bisogno di togliermeli. 
-    Johnny, ti voglio. – implorai, senza esitare. Non mi riconoscevo più. Ma in quel momento non m’importava. 
Lui mi prese per i fianchi e mi fece voltare, si chinò lentamente portando il viso sotto il mio, posò le labbra sulla mia pelle nuda non coperta dal maglioncino e sussurrò: - Anche io ti voglio. -
Il mio corpo iniziò a formicolare, scosso da brividi esplosivi. 
Sovrastandomi in altezza, Johnny mi spinse sul letto e mi ci fece distendere sopra. Gli accarezzai il petto e cercai di sbottonargli la camicia, ma le dita mi tremavano così fortemente che non riuscii nell’impresa. 
Lui mi afferrò i polsi con sicurezza per fermarmi. Avvampai, imbarazzata e curiosa di sapere cosa avrebbe fatto dopo. Senza fretta, aprì ogni bottone della camicia. Sussultai di meraviglia  mano a mano che il suo petto virile veniva saggiato dalla mia vista, gli sfilai l’indumento dalle spalle e lo gettai a terra, mentre lui, risalendo la mia schiena bagnata raggiungeva con le dita i ganci del mio reggiseno. 
Non vedevo l’ora di togliermi di dosso quei vestiti scomodi, bagnati, stretti e dannatamente soffocanti. Volevo sentire le labbra di Johnny a contatto con ogni lembo della mia pelle, senza che vi fosse alcuno ostacolo tra di esse.
Accarezzai fremente i muscoli della sua pelle umida e calda. Il mio sorriso di gioia e  imbarazzo nel constatare che Johnny era eccitato da me fu catturato dalle sue labbra esperte, da quelle dell’uomo che mi aveva fatto perdere la testa, sconvolgendo la mia essenza. 
Artigliai la sua schiena per stringerlo a me. 
- Sei splendida, troppo invitante quando arrossisci. – soffiò al mio orecchio con voce profonda e il fiato corto. 
Mormorai il suo nome mentre riscendeva con passionalità e sicurezza sul mio petto e mi alzava il maglioncino, baciandomi il petto mano a mano che mi scopriva la pelle. Chiusi gli occhi abbandonandomi completamente al piacere che mi stava regalando, distendendo le braccia sulle coperte del letto. Era come nuotare in un mare caldo fatto di soffici cuscini mentre il piacere fisico causato dal tocco delle mani di una divinità si diffondeva a sorpresa sul mio corpo, aumentando e diminuendo, poi aumentando ancora, mandandomi in estasi.
Quando Johnny mi sfilò il maglioncino e una spallina del reggiseno trattenei il respiro. Mugolai parole senza senso mentre mi accarezzava un seno. Ero completamente nelle sue mani: sia in senso fisico che metaforico. Ogni seconda era una goccia di piacere in più. 
Sfiorai automaticamente la sua eccitazione, guidata ad occhi chiusi dall’istinto. Sentire Johnny gemere e bloccarsi scatenò in me lo spirito famelico che non avevo mai scoperto di possedere prima d’allora.
Tra baci, esplorazioni e carezze, stesi sopra il letto di camera mia e inzuppati di pioggia, facemmo l’amore. Entrambi con un inconscio dolore sopito dentro di noi. 


*******


Quando mi risvegliai, il temporale era ancora l’unico suono che si sentiva al di fuori. Era particolarmente cullante stare sotto le coperte con la consapevolezza che al di fuori di quella calda e accogliente camera imperversasse la pioggia, mentre alcune gocce di tanto in tanto picchiettavano sul vetro della finestra. 
La mano di Johnny che mi cingeva a se si mosse all’altezza del mio ombelico. Voltai appena la testa per guardarlo negli occhi. 
-    Ti sei svegliato. – mormorai, arrossendo. 
Lui mi scrutò profondamente, denudandomi spiritualmente con la luce dei suoi occhi. Quegli occhi viaggiavano lontani, oltrepassavano più barriere di quante potessero fare gli occhi delle altre persone.
-    Che fai? – domandai, sentendo che stavo per commuovermi nel vederlo guardarmi in quel modo. Nel vedere quanto fosse bello. 
Mi persi nel contemplare ogni particolare del suo volto, amavo perfino le piccole increspature sotto gli occhi, che, come avevo pensato il primo momento che lo avevo visto, gli conferivano un fascino insolito. 
Sorrise baciandomi le punte delle ciglia. La sua risposta, inspiegabilmente, mi fece provare una fitta di acuto dolore alla schiena. – Sogno. -


*******


Spazio dell'autrice: io non dico niente...
Anche perché vado di fretta. Perdonate qualche errore, non ho ricontrollato prima di postare!!
Rispondo alle vostre recensioni  e ringrazio di cuore tutte le persone che mi seguono *_*


 dublino [Contatta] Segnala violazione
 12/04/10, ore 21:59 - Capitolo 6: Intensified soffering
Mi spiace di averti un po' impressionata, ma volevo far emozionare i lettori con ciò che è successo a Bella. E' qualcosa di significativo e da non trascurare.
Hai capito chi sono i "loro"? Mmmh, ora sono io a non capire XD Dai, soon curiosa, dimmi un po' chi sono i sospettati XD
Grazie di tutto ;)
 bells84 [Contatta] Segnala violazione
 12/04/10, ore 15:56 - Capitolo 6: Intensified soffering
Leggendo il tuo ultimo commento non ho potuto fare a meno di annuire tanto forte da rischiare di svitarmi il collo!
Anche tu sei stata in Germania? Mi fa piacere ^^ Anche io adoro Edward, niente da fare *_* Noto che la mia storia ti ispira parecchio, spero non ti sia preso un infarto a leggere questo capitolo!
Uhuhu, lo sapevo che Sam e Tray avrebbero lasciato qualcuno a bocca aperta XD
Grazie di tutto;)
 shasha5 [Contatta] Segnala violazione
 11/04/10, ore 23:21 - Capitolo 6: Intensified soffering
Ahahahah, non c'è niente da fare, ti ho presa di mira XD Sarà che mi stai particolarmente simpatica, adoro le persone creative che si fanno i loro originalissimi viaggi mentali XD XD
Da come si è potuto leggere nel prologo, sì: Johnny è un avvocato.
E... adesso è successo qualcosina di... uhm O_o
Grazie di tutto, come sempre!!
 Lalayasha [Contatta] Segnala violazione
 11/04/10, ore 22:28 - Capitolo 6: Intensified soffering
Non è detto che Alice si sia precipitata a dire ad Edward di aiutare Bella... mmmh, è tutto da vedere ancora!
Carlisle... absolutely wonderful *_* Chi ha letto altre mie storie o la mia presentazione ne sa qualcosa XD
Bella non avrà un futuro facile per ora, quindi... incrociamo le dita per lei. Purtroppo c'è sempre la sua calamita-attrai-sfiga che la sta appiccicata.
Edward è tutto da scoprire adesso.
Comunque ti do ragione per quanto riguarda i cibi in Germania, la pasta è durissima e non si fa altro che mangiare cotolette e patate XD
Grazie di tutto cara ;)
 soletta [Contatta] Segnala violazione
 11/04/10, ore 19:14 - Capitolo 6: Intensified soffering
Vedrai che Bella inizierà a domandarsi come ha fatto Edward a trovarsi lì vicino al bagno delle ragazze. Lo shock le ha impedito di pensare ad altro se non a ciò che è stata capace di fare. Edward vs Johnny... chi vincerà? XD
 vanderbit [Contatta] Segnala violazione
 11/04/10, ore 19:01 - Capitolo 6: Intensified soffering
Beh, spero che tu non dimentichi quali sono le cose da scoprire, perché piano piano le scopriremo tutte! ;) Grazie di tutto!
 _Miss_ [Contatta] Segnala violazione
 11/04/10, ore 16:46 - Capitolo 6: Intensified soffering
Grazie cara ;) Bella troverà il modo di tirare fuori le unghie contro se stessa, vedrai! 

  
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