Il
desiderio più importante
Due
ragazzi alti e defilati correvano a perdifiato nei corridoi di Hogwarts,
facendo svolazzare alacremente le loro divise e tirandosi dietro le borse
preparate in fretta e furia.
-Lo
sapevo... Moony l’aveva detto che se non ci fossimo
svegliati presto avremmo fatto tardi alle lezioni! Quello striminzito toast mi
è rimasto sullo stomaco!-, esalò un ragazzo alto e moro, da stupefacenti
iridi color del ghiaccio, mentre portava una mano alla pancia e coronava
il suo bel volto dai tratti spigolosi con una teatrale smorfia di dolore
buffissima.
-Paddy, è
da sette anni che Lunastorta ci ripete lo stesso
mantra tutte le mattine... proprio oggi devi lamentarti? E poi sei tu che hai
fatto tardi, io mi sono svegliato prima di te, ma ho dovuto svegliarti
addirittura con due secchiate di acqua e l’Incantesimo di Librazione... ci
mancava poco che ti mandavo in infermeria, mi hai fatto preoccupare, idiota!
Scommetto che ieri sei tornato a notte fonda dopo una delle tue solite
scappatelle notturne!-, arrancò a raffica il suo compare, anche lui moro, ma
dalla chioma dannatamente ribelle e profondi occhi di un dolce e profondo color
nocciola incorniciati da un paio di occhiali rettangolari.
L’altro
sbuffò: -Sbrigati invece di farmi la ramanzina, James!-.
-Da te non mi aspettavo proprio questo
comportamento, Sirius Black!-, continuò, falsamente stupito,
-Sembri
-A
proposito di Evans! Vorresti vedere la tua cara Lily, giusto? Bene... muoviti
che c’è anche lei a lezione! Altrimenti... me la prendo io!-, terminò sadico,
pungendo l’amico nel vivo. Ovviamente non diceva sul serio, ma la sua idea si
rivelò essere geniale: James sgranò gli occhi e cominciò a correre ancora più
velocemente mentre urlava qualcosa relativo a capelli rossi e
occhi verdi...
Lily
Evans, Grifondoro, settimo anno, aveva già preso posto nell’aula di Incantesimi
insieme ad altri studenti della sua Casa e quella di Tassorosso.
Il professore, però, ancora non si era presentato. Lily tirò
un sospiro di sollievo guardandosi intorno: i posti in fondo all’aula,
proprietà dei cosiddetti “Malandrini”, quattro scalmanati del suo stesso anno
che non facevano altro che creare scompiglio nella scuola, erano occupati per
metà: Remus Lupin e Peter Minus,
i due membri meno turbolenti del gruppo, erano comodamente seduti a parlottare
fra loro su chissà quale argomento.
Lily
si voltò e sospirò ancora una volta; afferrò la piuma e la fece grattare
distrattamente sulla pergamena poggiata sul tavolo. Sperava solo che quei due
idioti arrivassero in tempo, così i professori non avrebbero sottratto punti
alla sua Casa. Non riuscì nemmeno a formulare il pensiero per intero, che la
porta si aprì con impeto furioso, lasciando intravedere un
James Potter molto rosso in viso – probabilmente per la sua corsa asfissiante –
con la camicia sbottonata per metà, la cravatta appoggiata al suo collo e i
capelli ancora più disordinati del solito. Black, la
sua ombra, fu dietro di lui qualche secondo dopo, anch’egli dall’aspetto
stravolto.
Eccoli qui, in ritardo come sempre...
fortuna che il professore ancora non è arrivato...
Lily
scosse la testa, nascondendo un debole sorriso: quei due non si smentivano mai,
erano sempre i soliti buffoni ritardatari, eppure c’era qualcosa di diverso in
loro. Sarà stata la crescita, la maturità – anche se le riusciva difficile
pensare che Potter e Black potessero in qualche modo
essere maturi... non erano più così arroganti come prima. Erano stati sorpresi
solo pochissime volte a compiere una malefatta, che, inoltre, non raggiungeva
la stessa gravità di quelle compiute negli anni precedenti: non si
pavoneggiavano più così tanto come prima, ma qualche
attimo di gloria dopo l’ennesima partita vinta potevano permettersela; non
erano più seguiti da un Gazza furioso che arrancava dietro le loro corse
scatenate, ma una Caccabomba era stata lanciata nel
corridoio del quarto piano da un “mittente misterioso”, mentre Mrs Purr, la gatta del custode,
era stata colorata di rosso e oro, due colori assolutamente casuali; non prendevano più in giro i Serpeverde, ma
rispondevano agli attacchi di insulti e – ormai non più un caso isolato in quel
clima di guerra – incantesimi, a volte anche proibiti, come le Maledizioni
Senza Perdono; eppure, ogni tanto, Severus Piton arrivava in Sala Grande con numerosi foruncoli
dall’aspetto orribile sparpagliati intorno al corpo, o con il naso cresciuto a
dismisura – come se quello normale non fosse abbastanza lungo – o con la
scritta “Lavami” fatta con uno speciale tipo d’inchiostro non rimovibile, il
cui effetto era aumentato da una fattura di protezione... tutti a scuola
sapevano chi fossero gli autori di tali malandrinate,
ma non c’erano prove sufficienti per incolparli... e poi, Lily non aveva alcuna
intenzione di punirli: perché mai avrebbe dovuto farlo? Per cui le sue
ramanzine, oltre ad essere diminuite, avevano acquisito un tono leggermente
divertito e – sfortunatamente per lei – un
po’ più dolce... dettaglio che aveva tentato in tutti i modi di camuffare
ma che non era passato inosservato ai sensi sempre vigili di James – so tutto
di Evans – Potter, facendolo nutrire di false speranze. Decisamente false. Lily riprese la piuma, ma vi giocherellò,
distratta, mentre si perdeva nei suoi pensieri, senza accorgersi di una figura che avanzava
lentamente verso di lei.
-‘Giorno,
Evans-.
Conosceva
bene quella voce. Fin troppo, forse.
Si
voltò lentamente.
-‘Giorno,
Potter-, rispose, cordiale
ma leggermente distaccata.
-Dormito
bene?-, chiese lui, prendendo posto accanto a lei.
Ormai
era abituata a quelle strane domande e ai suoi “abusi di potere” nel momento in
cui si avvicinava troppo a lei, oltrepassando il limite di
-Sì,
abbastanza, grazie...-, rispose, tentando di
sorridere; era da sette anni che gli ripeteva di girare alla larga da lei e lui
se ne fregava altamente: non le restava che cercare di costruire un rapporto
quantomeno civile. -... tu?-, continuò, permettendosi una domanda cortese.
-Bene,
grazie-, sorrise gentile.
Che strana conversazione, si ritrovò a pensare. Oh, be’, ma mai tanto strana quanto quella di
ieri sera...
La
sua mente viaggiò per un attimo ai ricordi della serata precedente, fin quando
la voce di James Potter la riportò alla realtà.
-Allora...-.
Ma
non fece mai in tempo a terminare la frase che il professor Vitious
entrò in aula, zittendo tutti.
Il
ragazzo imprecò fra sé: possibile che non riuscisse ad intrattenere un rapporto
civile con
-In
piedi, ragazzi!-, ordinò l’insegnante. -Non serviranno i libri, né tantomeno i
banchi. Disponetevi tutti lungo questa
parete, mentre faccio spazio-. Gli alunni si affrettarono ad obbedire portando
con loro le proprie cose, visibilmente perplessi.
James
sbuffò, lamentandosi del cinismo del destino e dell’ingiustizia della vita,
facendo sorridere Lily – anche se, ovvio, nessuno se ne accorse. Quel ragazzo,
suo malgrado, quando non si atteggiava e non si comportava da sbruffone, era
abbastanza simpatico. Abbastanza. Niente
avrebbe fatto cambiare idea alla rigida Caposcuola Evans, soprattutto su
Potter.
I
banchi e le sedie vennero fatti Evanescere e gli
studenti occuparono lo spazio vuoto, incitati dal professore.
-Oggi,
ragazzi, ci eserciteremo nell’ “Incanto Patronus”-. Un
mormorio eccitato attraversò la stanza a quelle parole. –Bacchetta alla mano!-,
esclamò. –Bene. Ora, agitatela leggermente... così-, mostrò il movimento
preciso, che venne imitato subito dopo da almeno una trentina di ragazzi
contemporaneamente. –Bravi, bravi, molto bene! A questo punto, pronunciate la
formula: “Expecto Patronum”,
agitando la bacchetta come avete fatto precedentemente. Forza!-, li incitò e
numerosi “Expecto Patronum”
vennero recitati, ognuno in modo diverso: concentrati, distratti,
sghignazzanti, scocciati...
-Ma
tutto questo non basta-, continuò Vitious richiamando
nuovamente il silenzio. –Per poter attivare in modo giusto l’incantesimo,
dovete pensare a qualsiasi di bello. Qualsiasi cosa, purché vi renda davvero felici.
Concentrazione...-.
James
chiuse gli occhi.
Richiamò
alla mente vari ricordi, tutti incentrati su un’unica persona: Lily Evans. Il
suo sorriso timido ma gentile, i capelli di quel singolare rosso scuro che
amava toccare quando lei studiava, gli occhi di un chiarissimo verde
stupefacente che scrutavano attenti il mondo circostante, conservando ancora
quell’ingenuità e quella curiosità propria dei bambini... ai suoi gesti, alle
sue parole, alla grazia delicata dei movimenti, alla delicatezza dei modi, al
cipiglio concentrato mentre studiava, alla spigliatezza delle sue risposte
quando veniva interpellata durante le lezioni e, sì, anche alle ramanzine...
d’altronde era un modo per parlarle... un sorriso si dipinse sulle sue labbra
mentre ripeteva la formula: -Expecto Patronum... Expecto Patronum... Expecto Patronum...-.
Lily
Evans era completamente persa nelle sue meditazioni, alla ricerca di un ricordo
abbastanza felice da poterle permettere di evocare un buon Patronus; la mente
cercò tra i ricordi più disparati: la sua famiglia, i suoi vecchi amici
Babbani, la lettera da Hogwarts, l’aver scoperto di essere diventata una
strega, il primo giorno in quella scuola di maghi, i vari amici che – più o
meno – erano entrati a far parte della sua vita e che l’avevano aiutata nel
corso della sua permanenza ad Hogwarts... ma nulla sembrava essere abbastanza per attivare l’incantesimo in modo giusto: dalla sua
bacchetta fuoriusciva solamente un debole fiotto di luce fioca, come la scia di
un Lumos fatto male. Lily sospirò, sforzandosi di
rimanere concentrata. Possibile che non ci fosse nulla che la rendesse davvero
felice? Non possedeva alcun ricordo che potesse allietarla? Nessuna giornata
trascorsa a ridere allegra e spensierata con i suoi amici? Era sicura che ci
fosse... o forse i suoi ricordi non erano abbastanza forti?
Forse...
c’era qualcosa di sbagliato in lei?
Un
lampo, un flash.
Il
volto di un James Potter ridente le occupò la mente,
facendola meravigliare non poco e riportare al giorno precedente, a quella
conversazione che mai avrebbe dimenticato.
~] Flashback [~
Il fuoco scoppiettava nel camino, protendendo le
sue tremende e stupefacenti fiamme verso l’alto, quasi come se volesse in tal modo
arrivare al cielo, a qualcosa di migliore, aumentando la sua forza pur di
raggiungere il suo obiettivo... lei si sentiva proprio come lui: sempre distesa
verso qualcosa più grande di lei, bramosa non della perfezione ma conscia del
fatto che si può sempre migliorare... trascorreva la sua esistenza in cerca di
una qualsiasi pecca nel suo comportamento che doveva essere eliminata, uno
strappo da rattoppare, una ferita da cicatrizzare, un buco da riempire...
spesso compiva quell’analisi di coscienza, cercando una sua azione o un suo gesto sbagliati e cambiarli. Voleva essere
impeccabile. Ma non per piacere agli altri, no: per se stessa. Lo faceva solo
ed unicamente per lei.
Evitare comportamenti eccessivi o scabrosi era il
primo passo da compiere in questo lungo tragitto di ottimizzazione.
E, forse, poco prima non aveva rispettato quella
semplice regola.
La sua reazione era stata probabilmente troppo
esagerata, anche per quel buffone di Potter. Ma che cosa poteva fare? Era il
suo dovere di Caposcuola, diamine! Se quegli scapestrati la smettessero per una
buona volta di compiere scherzi idioti al Mastro Gazza forse lei non si
arrabbierebbe così tanto! Ci aveva provato, davvero, a non litigare più con
lui, a vedere il ragazzo “gentile, altruista e disponibile” che Remus le descriveva e per un attimo aveva creduto di
esserci riuscita. Ma si sbagliava. Sì, era cambiato, ma non poi così tanto: a
quanto pareva la sua idiozia non aveva limiti e non si estingueva con l’età,
ormai ne era certa.
Più che altro, le dava fastidio che lui continuasse
a vivere spensierato quando fuori la guerra imperversava, tremenda e crudele.
Lui aveva la possibilità di sorridere, di divertirsi, di non preoccuparsi per
il destino dei suoi genitori Purosangue, fuori da ogni possibile attacco dai
seguaci di Lord Voldemort...
La mamma e il papà di Lily erano Babbani e molti ne
erano scomparsi. D’altronde, non c’era cosa più facile che uccidere i
non-maghi. Sarebbe bastato un nonnulla, una semplice formula che i Babbani
pronunciavano sempre in modo sbagliato, credendo che fosse una sorta di incantesimo
in grado di far realizzare i propri desideri...
Già vedeva sua madre recarsi verso l’ingresso,
chiedendosi chi mai avesse potuto bussare a quell’ora così improbabile... la
osservò aprire la porta e assumere un’espressione stupita e vagamente
spaventata alla vista di ciò che le si presentò dinanzi agli occhi...
-Ma chi...?-.
Poi, due parole.
Due semplici, apparentemente insignificanti parole.
Parole capaci di togliere la vita.
Una formula che poteva spezzare l’anima.
Non un urlo, non un gemito.
Solo un lampo di luce verde.
Un tonfo sordo di un corpo senza vita che si
accasciava per terra.
E poi... suo padre... e Petunia... entrambi
preoccupati, entrambi dinanzi a quella porta... le urla di dolore di suo padre
una volta visto il cadavere di sua moglie... quelle spaventate di sua sorella
quando vide la misteriosa figura incappucciata alzare la bacchetta...
-Avada Kedavra-.
Caddero come... come una
marionetta a cui erano stati tolti i fili...
Di nuovo, la luce... di nuovo, il buio...
Non si era accorta che aveva iniziato a piangere.
Le lacrime erano fuoriuscite così, senza
anticipazioni, senza permesso, senza spiegazioni.
Piangeva... e c’era anche chi aveva ancora la forza
di ridere, strafottente.
-Evans... Evans, cosa succede?-.
Lily sgranò gli occhi e trattenne il respiro mentre
la rabbia s’impossessava di lei e si voltava verso di lui. Lui, che aveva osato
rivolgerle la parola.
Quando finì di urlargli contro non ricordò neppure
cosa gli disse.
Aveva solamente una vaga reminiscenza delle frasi
“Idiota menefreghista”, “Non t’importa nulla degli altri”, “Sei un emerito
stronzo”, “Smettila di sghignazzare e comincia a comportarti da uomo”, “Se hai
paura di combattere perché non vai a rifugiarti sotto la gonnella di tua
madre?” e altre varie offese più o meno pesanti.
James, intanto, non aveva abbandonato il suo
braccio, nonostante lei si fosse divincolata durante tutta la tremenda sfuriata
e gli avesse profilato non pochi pugni e schiaffi al petto e in tutte le parti
del corpo raggiungibili, tranne il volto, protetto a dovere dalle braccia del
ragazzo che schivavano i suoi colpi come se non avessero fatto altro per tutta
la vita.
Difendersi dalle sue ramanzine, dal veleno che gli
scorreva nelle vene tutte le volte che lo guardava con disprezzo.
Quello che aveva fatto per sette anni.
-Ti odio-, mormorò infine lei, con gli occhi rossi
e gonfi, le guance rigate di lacrime amare, di dolore e la bocca storta in una
smorfia di ribrezzo e sofferenza.
Lui parve precipitare nel vuoto.
-Ti odio, Potter. Ti odio,
ti odio, TI ODIO!-, continuò aumentando sempre più il tono della voce e
riprendendo ad assestargli forti manate sulle braccia muscolose e sul torace
scolpito.
Probabilmente si fece male, ma non le importò.
E lui non ribatteva, non tentava di fermarla, né di
rispondere ai suoi attacchi. Semplicemente stava lì, immobile, inerme,
riparandosi ogni tanto da qualche cazzotto, ma sempre accanto a lei.
Non l’avrebbe mai lasciata, mai. Se l’era promesso.
Lily era tutto per lui e non poteva abbandonarla a se stessa. Lei non se ne
rendeva conto, ma lui la capiva più di quanto potesse immaginare.
-Lo so, Evans. Lo so. E
non ti biasimo-, rispose.
Lei si bloccò, guardando i suoi occhi vivi,
profondi, malinconici, sinceri.
Comprensivi.
Come caduta in trance, raggiunse uno dei divanetti
appostati accanto il camino. Ci si riversò sopra,
letteralmente, portandosi il volto tra le mani per ricominciare a piangere,
disperata.
James la fissò per qualche secondo prima di sedersi
accanto a lei. Quando le carezzò leggermente un braccio lei non fece una piega.
Gradualmente, si avvicinò sempre di più a lei, fino a coprirla totalmente con
le sue braccia. Lei emerse un solo misero gemito di protesta, poi lasciò che
quel ragazzo tanto detestato potesse abbracciarla. Non le disse nulla, lasciò
solamente che terminasse di sfogarsi: era ciò di cui aveva più bisogno.
Era davvero ciò di cui aveva bisogno.
Lily si sentiva così protetta tra le braccia di
James... sembrava che le loro forme fossero state plasmate apposta per ospitarla...
ed era strano che lo stesso ragazzo che poco prima l’aveva fatta andare su
tutte le furie ora la consolasse... eppure era vero. La rabbia provata prima
era come evaporata. E lei non poteva crederci. Anche se, a dirla tutta, non si
curò minimamente del fatto che stesse abbracciando James Potter, le bastava
sentirsi bene al suo contatto... niente di meno, niente di più. E lei stava
bene.
Merlino, se stava bene! Era... meraviglioso
trovarsi lì, accanto a lui. Sentiva che il suo calore le scioglieva tutte le
paure, il dolore, la tristezza, la rabbia... fino a poco tempo prima non poteva
ritenere possibile una cosa del genere, ma ora che la
viveva sulla propria pelle era sicura che non si trattasse di un effimero
sogno. Quella era la realtà, in cui non c’erano screzi, rancore o battute
pesanti... soltanto quel ragazzo unicamente speciale che le accarezzava i
capelli e lei che, con un sorriso, aveva dimenticato perfino come si
respirasse.
***
Lily
avvampò.
Si
addormentò tra le sue braccia, anche se per poco
tempo, e quando si svegliò con sorpresa e spavento si ritrovò abbracciata a
James. Poi rammentò tutto ciò che era accaduto solo un’ora prima e si ritrovò a
balbettare scuse poco convincenti, correndo – letteralmente – verso il
Dormitorio femminile, rossa come un peperone. E non l’aveva ancora ringraziato.
Ringraziato per averla consolata, per aver asciugato le sue lacrime, per averla
fatta stare bene, incredibilmente bene con se stessa, serena, appagata...
felice.
Sì,
felice.
Immensamente
felice.
E
non si era mai sentita così, mai... nemmeno con Severus.
In quelle calde braccia aveva trovato tutto l’appoggio e il sostegno di cui
aveva bisogno; un aiuto che lui non le avrebbe mai rinnegato.
Inconsapevolmente,
sorrise, chiudendo gli occhi.
Le
labbra si mossero da sole.
-Expecto Patronum-, recitò.
Sentì
una forza immane partire dal suo cuore e arrivare fin nella bacchetta e seppe
che l’incantesimo aveva funzionato.
Aprì
gli occhi ritrovandosi una meravigliosa cerva argentea davanti agli occhi.
Sorrise, meravigliata e tese un braccio verso il suo Patronus, che si fece
accarezzare docilmente.
Una
lacrima di gioia le solcò il viso. Possibile che vi fossero magie così potenti
al mondo?
Si
asciugò la guancia e fece passeggiare con grazia la cerva per l’aula di
Incantesimi sotto gli sguardi stupiti e invidiosi dei compagni.
Poi
accadde.
Un
cervo luminoso dall’aria maestosa si avvicinò alla sua compagna; i due animali
si scrutarono a lungo, sfiorando di tanto in tanto i loro dorsi.
Come
mossa da una forza superiore, Lily alzò gli occhi. E ciò che vide le mozzò il
respiro.
James
Potter era lì, a pochi metri da lei, e guardava il
spettacolo che si presentava in tutta la sua magnificenza davanti ai loro
occhi. Anche lui, poi, alzò lo sguardo, incontrando quello della rossa.
E
capirono. Capirono a chi appartenessero quei Patroni.
Non
poté mai pensare di fare una cosa del genere, ma gli occhi di Lily divennero
più dolci mentre si avvicinava elegantemente al giovane Grifondoro, il quale esibiva un timido sorriso.
Non
si sarebbe mai aspettata una cosa del genere.
Quel
ragazzo non la finiva mai di sorprendere.
E,
forse, il prossimo sabato si sarebbero divertiti, a Hogsmeade...
ANGOLO
DELL’AUTRICE
Sì, lo so, ho appena aggiornato l’altra fic...
ma mi è venuta così, di getto, e oggi ho avuto finalmente l’occasione di
terminarla. Finalmente.
So che non è un granché, ma quando mi sono immaginata questa
scena non ho potuto fare a meno di scriverla** Li amo troppo quei due, non
posso farci niente... Lily, così pura... e James, così simile a me...
Fatemi sapere cosa ne pensate, ve ne sarei molto grata^^
A presto
MissProngs