Ad personam:
Cara Silen, cara Atlantis Lux, vi ringrazio moltissimo per il vostro incoraggiamento, sul quale conto sempre. Attraverso la lucidità del personaggio di Lord Thetras sono stati raccontati molti aspetti importanti sia per descrivere la normale situazione del metamondo, sia la sua degenerazione nel corso dei mesi passati dall'inizio di questa storia. Come abbiamo visto in W.I.T.C.H. e anche in Profezie, Lord Luksas sopravviverà a Phobos sia fisicamente che politicamente, ma è un'eccezione; la norma, a Meridian, è che ciascuna regina sepellisca diverse generazioni di uomini politici grazie alla sua longevità. Adariel è una persona emotiva, lo vedremo anche questa volta; purtroppo, spesso le sue buone intenzioni hanno un rovescio della medaglia per altri personaggi. Rispondo anche ad un'obiezione di Solitaire fattami per lettera privata: sia Adariel che Phobos attribuiscono la maggior potenza magica delle donne Escanor rispetto ai maschi della stessa stirpe alla presenza di due cromosomi X; evidentemente ignorano che, nello sviluppo dei feti femminili, uno a caso dei due cromosomi X viene inattivato per non avere un'espressione raddoppiata di certi geni. Abbiate pazienza con loro: non sono biologi professionisti, e le loro interpretazioni sono date a posteriori per tentare di spiegare, attraverso la scienza terrestre, una situazione che a Meridian è nota empiricamente da millenni. Il personaggio che viene introdotto alla grande in questa puntata è Lord Cedric, che finora avevamo incontrato solo di sfuggita nella libreria di Heatherfield. E' il primo antagonista delle W.I.T.C.H. nel fumetto, dove lo vediamo alternarsi tra la accattivante forma umana e quella di un gigantesco uomo-serpente, che assume nei combattimenti. Attraverso i ricordi di maestra Galgheita, cercherò di spiegare il mio punto di vista sull'inizio della sua storia. Nel frattempo il quinto giorno dell'ottavo mese, previsto dalla sciagurata visione di Frordal, si sta inesorabilmente avvicinando. Buona lettura
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Capitolo 9
Doppio inganno
L’esserino innocente fu affidato alla pietà di un orfanotrofio in un paese vicino e, anni dopo, avrebbe fatto parlare nuovamente di sé.
Meridian, appartamento della regina, il giorno dopo
Un timido sprazzo di sole da sud-est si fa strada tra
i nembi e rischiara il cielo della capitale.
‘Buon segno’, pensa Lidrienel mentre aiuta la Luce di
Meridian ad indossare un bel vestito di broccato per ricevere l’ospite.
Dopo la serata passata a rimuginare pensieri amari, la sua Regina sembra
essersi alzata di umore un po’ migliore. “Lord Cedric è un gran
bell’uomo, non è vero, Altezza?”.
Adariel sorride indulgente, osservando come cade il vestito
sul suo grembo ingrossato. “Quello che conosci non è il suo vero
aspetto, Lidri. Le ragioni per cui mi è caro sono altre, e spero
tanto di potergli lasciare ancora la mia fiducia”.
L’ancella alza un sopracciglio, perplessa, mentre si
china ad abbottonare il vestito: di solito, alterare il proprio aspetto
fino a rendersi irriconoscibile è severamente vietato. “Sono ragioni
che si possono raccontare?”, chiede curiosa.
Adariel si guarda allo specchio. “Per me non sarebbe
un segreto, ma forse per lui sì. Anzi, credo che lui stesso non
sappia tutto del suo passato”.
Il viso di Lidrienel si tinge sempre più di curiosità.
“Oh, Altezza, raccontatemi, vi prego! Sarò discreta come lo siete
stata voi”.
‘Come promessa, non promette bene’, considera Adariel
prima di aggiungere: “Cedric, per me, è un simbolo di come una vittima
di pregiudizi ingiusti possa riscattarsi e dimostrare quello che vale realmente”.
Si volta verso la porta della sua camera. “Vero, Maestra Galgheita?”.
Da dentro la camera, Galgheita le risponde: “E’ vero, maestà”, mentre rigenera le sue forze immergendo mani e polsi in una bacinella di acqua magica. Lei ricorda bene l’inizio di quella storia tragica, anche se preferisce non darlo in pasto alla curiosità di Lidrienel. E’ un discorso difficile e penoso: non un segreto, ma un qualcosa di sepolto di cui non parla volentieri.
Lei ricorda bene Sofros, un potente mago dalle molteplici
abilità che abitava nel quartiere di Trasclovkir, non lontano da
casa sua, fino a ventotto anni fa.
Nella grande eterogeneità di aspetti che gli
abitanti di Meridian possono sfoggiare, lui era un caso estremo: con le
zampe corte e la coda lunga, il suo aspetto richiamava più che mai
un rettile.
Lei lo sa bene, nascere così riserva delle
frustrazioni in un mondo dove la maggior parte degli abitanti non ha la
coda, o ne ha solo un abbozzo che non impedisce di nasconderla sotto i
vestiti né di camminare eretti.
Da questo punto di vista, deve ammettere, la gente
di Meridian è molto tollerante con i diversi tra i diversi, ma resta
il fatto che, anche se nessuno ti rimprovera, è considerato comunque
come un qualcosa di negativo. Si nota leggendo negli sguardi, nei toni
della voce più ancora che nei pensieri, o in quelle porte della
vita che non ti vengono mai aperte.
Un giorno, Sofros si mise in viaggio. Sapeva di un
villaggio lontano in cui si raccoglievano persone come lui. Forse voleva
trasferirsi lì alla ricerca di una moglie o di amicizie, anche rinunciando
alle razioni di acqua magica della capitale.
Strada facendo, però, passò per un altro
villaggio, che invece era abitato solo da dei senza coda, e chiese di alloggiare
in una locanda per quella notte. Ciò che accadde fa vergogna anche
solo a pensarci: i locandieri lo scacciarono come un essere immondo, e
nessuno nel paese gli offrì il minimo dell’aiuto che qualunque viandante
si può aspettare, ma piuttosto lo derisero e lo insultarono.
La vendetta di Sofros fu di una perfidia incredibile:
il giorno dopo si ripresentò alla locanda trasformato in un bellissimo
uomo senza coda grazie ai suoi poteri, e cominciò a corteggiare
la figlia dei locandieri, una ragazza che, la sera prima, si era distinta
per la sua crudeltà nello scacciarlo e ingiuriarlo. La sedusse,
e poi la lasciò dopo averla ingravidata.
La crudeltà di questa vendetta fu pienamente
evidente solo undici mesi dopo, quando ne nacque un esserino ancora più
deforme del padre: era quasi umano fino al tronco, ma al disotto era privo
di gambe, ed il suo corpo finiva allungato in una coda come da serpente.
Il povero piccolo fu subito rifiutato dalla famiglia, e tenuto solo per
essere esibito come prova dal locandiere quando costui andò a chiedere
giustizia nella capitale.
Poiché non era mai stato denunciato un fatto
così grave, la Luce di Meridian incaricò Lord Luksas, allora
già direttore dei Servizi Segreti, di fare chiarezza sul caso.
In breve Sofros fu individuato e catturato, nonostante
i suoi tenaci tentativi di sfuggire usando anche magie sofisticate. A Lord
Luksas non servì un interrogatorio, gli bastò un’occhiata
per essere certo di ogni dettaglio della vicenda: l'accusato era colpevole
di uso perfido di pratiche magiche, un delitto più grave anche dell’omicidio.
Infatti nel Metamondo, per quanto violento possa essere un crimine, un
semplice bruto può essere rieducato o almeno controllato forzando
la sua mente con la suggestione post-ipnotica, Per i criminali con forti
poteri mentali, invece, questa possibilità non esiste, o comunque
non dà affidamento. Perciò, un mago può essere solo
buono o cattivo e, per la sicurezza di tutti, i maghi cattivi non devono
esistere.
La regina stessa avvallò la immediata condanna
a morte, e volle venire sul luogo ad officiare di persona il rito che avrebbe
cancellato lo spirito di Sofros e ogni maledizione che lui avesse potuto
lanciare prima dell’esecuzione.
Ma le colpe non erano solo del mago. Le responsabilità
degli abitanti dell’intero villaggio nel deridere e rifiutare un viandante
a causa del suo aspetto sgradito erano pesanti: razzismo e incitamento
all’odio. Un comportamento vietatissimo, un delitto che minava alla base
la disomogenea società del Metamondo.
Con una durezza che sorprese molti, la Regina condannò
i locandieri e la puerpera che aveva rifiutato il figlio alla deportazione
in qualche lontana cava di pietra, a servire il rancio ai forzati. All’inizio,
in preda allo sdegno, voleva infliggere una punizione esemplare all’intero
villaggio, a pubblico monito per chiunque osasse deridere qualcuno per
il suo aspetto, ma poi Lord Luksas la convinse che sarebbe stato meglio
lasciar dimenticare quell’orribile avvenimento per non turbare ulteriormente
gli animi.
La Luce di Meridian, allora, dispose che tutti gli
altri abitanti fossero rieducati con l’ipnosi, e poi suggestionati a lasciar
il luogo natio disperdendosi in paesi lontani in una parvenza di libera
scelta, perseguitati dal rimorso.
Il nome stesso del villaggio maledetto fu cambiato
e, al giorno d’oggi, forse nessuno dei suoi abitanti attuali sa di che
eventi vergognosi fu teatro.
L’esserino innocente fu affidato alla pietà
di un orfanotrofio in un paese vicino e, anni dopo, avrebbe fatto parlare
nuovamente di sé.
Mezz’ora dopo
“Maestà, sono onorato della vostra convocazione”.
Quando l’uomo si china rispettosamente, due lunghissime ciocche di capelli
biondi gli pendono sui lati del viso.
“Cedric, ci tenevo a vederti” gli sorride la regina,
alzandosi a fatica dal divano. “Ma fammi un piacere: fatti sparire dal
viso questa mascherina rossa, così formale… Siamo tra amici, vero?”.
Lui le sorride, mentre la sua pelle attorno agli occhi
perde la netta tonalità vermiglia che rende palese la sua estraneità
alla famiglia reale. “Grazie per la vostra considerazione. La vostra
confidenza mi onora”.
Lei gli sorride. “Se noi reali non dovessimo avere amici,
staremmo peggio del più umile dei nostri servi”. Tornando a sedersi,
aggiunge: “A proposito… ho saputo della tua promozione. Complimenti… Capo
dei servizi segreti! E il titolo di Lord!”.
“Vi sarei grato che continuaste a chiamarmi semplicemente
Cedric, Altezza”.
“Ma certo!”.
“E la vostra gravidanza?”, chiede doverosamente.
“Ecco qui” risponde orgogliosa indicando il pancione.
“Aspetto di sentire calcetti sullo stomaco da una settimana all’altra”.
Poi, quasi scherzosa: “Mi stavo chiedendo come passaste il tempo ad Heatherfield
senza di me”.
“E’ Miriadel che tiene aperta la vecchia libreria. Continua
a raccogliere pubblicazioni scientifiche sugli argomenti di vostro interesse.
Volete che ve le faccia portare?”.
“Magari, anche se ormai serviranno a poco… Sarò
felice di salutarla, anche se mi sono così abituata al suo aspetto
terrestre che non sono sicura di riconoscerla al naturale”. Poi, più
seria: “Ma cos’è successo a Lord Luksas?”.
Cedric fa un’espressione sinceramente dubbiosa. “E’ scomparso
da un giorno all’altro, fuggito. Non ho idea dei motivi, ma il principe
Phobos mi ha ordinato di rintracciarlo e riportarlo indietro, ovunque sia”.
Adariel scuote il viso, incredula. “Non ne sapevo niente”.
“Vostro figlio, il Principe Phobos, ha certamente le
risposte alle vostre domande”.
“Purtroppo c’è stata qualche incomprensione”,
spiega lei adombrandosi. “Ma torniamo a Lord Luksas. Considerate così
importante riportarlo qui?”
“Sì. Temiamo che possa mettersi a capo di qualche
insurrezione”.
La regna sembra aver ricevuto uno schiaffo. “Insurrezioni?
Qui a Meridian?”.
“Non possiamo escluderlo. Comunque noi lo impediremo,
potete fidarvi di me!”. Lo dice guardandola negli occhi, come per infonderle
fiducia. “Però, se questa situazione dovesse protrarsi…”.
“Quale situazione?”, chiede impressionata Adariel.
Cedric sceglie accuratamente le parole. “Voi sapete che
il principe Phobos gode di stime e simpatie sia tra la popolazione, sia
a corte”.
Lei annuisce, accigliandosi. Il movimento ritmico di
un piede sottolinea il suo nervosismo.
Lui continua: “Però si sta diffondendo la voce
che Voi gli siate ostile”.
“IO gli sarei ostile?”, si indigna Adariel. “Ha
dato alle mie cure la colpa di aver prosciugato un terzo dell’acqua magica
di Meridian! Mi ha letto il pensiero contro la mia volontà! Mi ha
accusata ingiustamente di avergli sabotato una dimostrazione, e non si
è ancora scusato! Sostituisce i funzionari più importanti
senza dirmi nulla! E sarei io, quella ostile?”.
Cedric mette le mani avanti. “Altezza, non sto criticando
le vostre ragioni. Però le vostre parole sono una conferma di quanto
ho detto”. Poi, di nuovo confidenziale: “Capisco benissimo che questo stato
di cose vi faccia soffrire molto”.
Adariel si rabbuia ancora di più, deglutisce a
fatica, poi annuisce piano.
Anche lui annuisce, comprensivo, e guarda intensamente
negli occhi la regina, sporgendosi in avanti dalla sua poltrona. “Non vorreste
cercare un modo di uscire da questa situazione di stallo?”.
“Uscire…” ripete Adariel, senza riuscire a staccare gli
occhi dai suoi.
Cedric si fa avanti sempre più. “Non vorreste
passare questi ultimi mesi circondata dall’affetto del vostro popolo e
di vostro figlio?”.
Anche lei si sporge lentamente in avanti, come incantata.
Le sue palpebre non battono più. “…L’affetto di mio figlio…”.
“Vostro figlio vi ama sempre. Ma voi dovete affidarvi
ai consigli di un amico per non rovinare tutto questo”.
“…Un amico…”.
“Vi basta poco. La serenità è vicina a
voi. La serenità è a portata di mano”. Porge lentamente la
mano verso di lei.
“…A portata di mano…”, ripete con voce vuota, allungando
la mano lentamente verso quella di Cedric.
Il momento magico viene interrotto da Lidrienel, che entra
allegramente con un vassoio di bibite: “Altezza, Lord Cedric, ecco qualcosa
di buono per voi!”.
Lui si tira indietro, scoccandole un’occhiata minacciosa.
Adariel resta un attimo con la mano per aria, poi risponde
lentamente: “Non serve, grazie…”.
Lidrienel insiste, con un largo sorriso nervoso: “Come
no! Un ospite di riguardo come… oops”.
Il vassoio che tiene in mano si sbilancia, rovesciando
una caraffa di succo di frutta direttamente sulle nobili ginocchia di Lord
Cedric. Lo schianto dei vetri a terra è come una sferzata,
sottolineata da una zaffata di profumo di melopee.
“Stai attenta, im…” impreca l’uomo, poi riprende fulmineamente
il controllo ed il sorriso impeccabile. “Fa niente, può succedere”.
“Lidrienel, che disastro” sbotta la regina, già
più in sé, osservando gli schizzi verdi sulla vestaglia ed
i cocci di vetro sul pavimento lucido. “Cedric, sono desolata!”.
“Fa niente” risponde lui, mettendosi in piedi sgocciolante.
Scocca un’occhiata di fuoco verso Lidrienel. “Signorina, non ha niente
da fare, di là?”. Poi ad un suo gesto, la sua lunga divisa azzurra
viene avvolta da lievi baluginii, ed in un istante torna asciutta e pulita.
“Vorrei fare lo stesso per la vostra vestaglia…”, sussurra chinandosi verso
Adariel ancora seduta, avvicinando le dita al lembo della sua veste. “Permettetemi…”.
“Non si preoccupi, Lord Cedric” squittisce l’ancella
mettendosi di mezzo con uno straccio umido. “Io ho fatto il disastro, e
io rimedierò”. Guarda le macchie. “Altezza, qui è meglio
cambiare la veste… attenta ai cocci!”.
Ormai la magia si è spezzata. “Cedric, ti chiedo
scusa… vogliamo riprendere il discorso un’altra volta?”.
Lui annuisce con rammarico. “Come desiderate, Altezza”.
Appena la porta si è richiusa dietro l’ospite,
Adariel si rivolge alla sua ancella: “Cosa ti succede? Non ti ho mai vista
così strana… sei sempre stata molto più discreta!”.
“Era necessario, Altezza”, si giustifica stringendosi
nelle spalle.
Dalla porta della camera da letto entra la guaritrice
Galgheita. “Non sgridate Lidrienel, Altezza. Le ho detto io di interrompervi
in qualunque modo”.
“Proprio così”, conferma l’ancella con un inchino,
“Stava cercando di sedurvi”.
“Sedurmi?”, chiede Adariel incredula, “Ma no…”.
“Molto peggio”, aggiunge Galgheita, “Stava cercando di
ipnotizzarvi… anzi, ci stava riuscendo perfettamente”.
“Come…”. Adariel resta incredula. “Ipno...tizzarmi? Cedric?”.
“E ci era riuscito!”, rincalza Lidrienel, spalancando
due occhioni fissi e persi. “Cose da pena di morte!”. Passandosi un dito
sul collo, mima un pittoresco sgozzamento con tanto di lingua fuori.
Adariel si copre il viso. “Cedric cercava di ipnotizzarmi…
Che delusione! Che delusione!”.
“E’ così, altezza”. La grossa coda di Galgheita
si torce per l’imbarazzo. “Avete fatto assolutamente bene a chiedermi di
restare in disparte per valutare se potevate ancora fidarvi di lui. Purtroppo
la risposta è decisamente no”.
“Ipnotizzare la regina!”, ripete incredula lei. “Inconcepibile!”.
Si butta a sedere su una poltrona. “Sono finita! Una regina dovrebbe essere
tale proprio perché i suoi poteri mentali sono superiori a chiunque
altro, ma… prima Phobos mi legge il pensiero, e ora questo…”. Scuote
il viso, triste. Se non fosse per le continue cure di Galgheita, il suo
fisico esaurito troverebbe la pace in pochi giorni. Si guarda il ventre
prominente. Dovrà resistere ancora tre mesi, per sua figlia e per
il futuro della sua città.
“Cosa pensate che volesse?”, chiede Lidrienel. “Non credo
che vi abbia ipnotizzata solo per sedurvi”.
“No di certo”, risponde la regina, sprofondando nello
schienale. “Sarà stato incaricato da Phobos di convincermi. Vuole
il mio appoggio pubblico per la successione al trono”. Scuote il viso.
“Eppure le sue parole mi sembravano così ragionevoli… ma sono io
che mi sono intestardita su Phobos? Forse…”.
“Non è il momento di prendere decisioni, Altezza”
la ammonisce Galgheita, “Io non conosco tutti i vostri progetti, ma in
questo momento voi li conoscete meno di me”. Allunga la mano verso un quaderno
con la copertina a fiori sigillato da una serratura, appoggiato su un cassettone.
Il quadernetto si libra lentamente, poi trasla verso la sua mano. Lo porge
alla regina, dicendole: “Altezza, dovete superare questo momento. Vi farà
bene rileggere le istruzioni vergate di vostro stesso pugno”. Poi
aggiunge: “Però vi suggerirei di inventare qualche procedura più
sicura. Allo stato attuale, credo che siate riuscita a nascondere qual’è
il vostro segreto, ma non di averne uno”.
Annuendo svogliatamente, Adariel appone il polpastrello
dell’indice sopra la gemma della chiusura, poi apre il quaderno. Tra le
pagine, un sottile blocchetto di fogli graffati è in attesa.
Lo rilegge, depressa.
Pagina uno: non mostrare questo a persone non di strettissima
fiducia. Non prendere nessuna decisione importante prima di avere letto
pag.6. Non andare a pag.6 prima di avere fatto quanto indicato nelle pagine
precedenti.
Pagina due: andare alla prova di Phobos … fatto.
Pagina tre: parlare con Thetras… fatto.
Pagina quattro: parlare con Luksas… ormai è
impossibile.
Pagina cinque: parlare con Cedric… fatto.
Con curiosità impaziente, volta pagina.
Pagina sei: assicurati di essere da sola quando passi
a pagina sette.
Meridian, laboratorio di Phobos
Seduto alla sua scrivania, il Principe Phobos sta valutando
il rapporto che gli viene reso dal capo dei suoi servizi segreti.
Cedric, ritto in piedi con il giusto grado di deferenza
e viso impeccabilmente pigmentato da una maschera rossa, racconta: “Altezza,
ho constatato quanto si siano indeboliti i poteri della Regina. Ero
quasi riuscito ad ipnotizzarla, poi è entrata l’ancella…”.
“Quasi fatta non significa fatta, Cedric”. Scuote il
viso, ironico: “Una regina salvata da un’ancella…”.
“Sono quasi certo che lo abbia fatto apposta”.
“Questo significa che già sospettava di te. Se
hai perso il momento buono, la prossima volta potrebbe essere molto più
prevenuta”, riflette di malumore. “Possibile che tu non sia riuscito a
mandare via quella sgualdrinella verde con un solo pensiero?”. Verde… forse
era azzurrina, ma fa lo stesso.
Cedric si morde il labbro. “Ero davanti alla Regina…
avrebbe potuto accorgersene. Purtroppo, in presenza di più persone
è molto difficile fare un lavoro pulito anche con l’ipnosi a distanza”.
Phobos deve convenirne. Resterebbe sempre la possibilità
di usare lo sguardo del comando, la forma più potente di ipnosi,
ma sarebbe ancora più rischioso, perché il luccichio delle
pupille sarebbe una prova su cui nessun testimone può avere
dubbi. E se anche solo si sospettasse ciò, lo scandalo sarebbe enorme;
di fatto, sarebbe un colpo di stato. Phobos non ne uscirebbe senza macchia
neanche se sconfessasse Cedric e lo facesse impiccare.
“Hai avuto l’impressione che mia madre nascondesse qualcosa?”.
L’altro annuisce. “Altezza, all’inizio, appena arrivato,
ho captato un pensiero relativo ad un quaderno. Credo che vi abbia scritto
qualche suo segreto”.
“Interessante. Vedi di scoprirlo. Con la dovuta discrezione,
beninteso”. Mentre sta per congedarlo, gli viene un’altra domanda: “Secondo
te, mia madre potrebbe avere incontrato qualcuno sulla Terra a vostra insaputa,
uno o due mesi prima della morte di mio padre?”.
Cedric cerca di scacciare lo stupore dal suo sguardo.
“Un terrestre… un uomo, intendete?”.
“Chiunque”, risponde gelido Phobos. “Allora, è
possibile?”.
Cedric fa i conti. Un mese o due… corrisponde al dicembre
del 1983 o il gennaio 1984, secondo il calendario terrestre. “Quando c’ero
io con lei, non è mai uscita da sola dal negozio. Però una
volta ha attaccato bottone con un cliente, un giovane, come se lo avesse
riconosciuto. Posso chiedere a Miriadel… Ma comunque, la Regina avrebbe
potuto teletrasferirsi sulla Terra in un luogo diverso dalla libreria,
o mentre noi non eravamo presenti”.
Phobos annuisce con un grugnito di disappunto. “Va bene,
puoi andare”.
Mentre l’altro svanisce, il principe, di malumore, deve
ammettere di essere stato sciocco: poteva darsi la stessa risposta da solo.
Ora, non può sperare che Cedric non abbia capito i sottintesi imbarazzanti
della domanda.
Si alza e va alla finestra, guardando fuori verso il
giardino senza vederlo veramente.
Una gravidanza iniziata quando suo padre era gravemente
malato. Viaggi frequenti sulla Terra, dove l’aspetto degli abitanti ricalca
quello della sua dinastia. Un segreto che spinge sua madre a ritirarsi
nell’appartamento per mesi, con la scusa della malattia, eppure una settimana
prima non ha avuto difficoltà ad arrivare alla Torre dei Veglianti.
La sicurezza che questa figlia vivrà, nonostante la morte in culla
di tutte le precedenti.
Il quadro è coerente: forse l’erede che sua
madre sta aspettando è stata concepita con un terrestre.
Ma perché vergognarsene tanto? Nessuno avrebbe
potuto darle torto. Forse lo stesso Adleric, suo padre, le aveva proposto
questa soluzione: per lui, il bene della dinastia e del metamondo veniva
molto, molto prima delle meschine questioni di gelosia. Probabilmente lei
potrebbe avergli dato ragione a parole, ma poi, alla prova dei fatti, si
sarebbe fatta centomila scrupoli, e infine si sarebbe decisa solo quando
si rese conto che i suoi giorni erano ormai contati, tenendo la cosa nascosta
anche a lui per la vergogna.
Sciocca e sentimentale, pensa con rabbia: lo
ha lasciato crescere per decenni con l’illusione di essere destinato a
diventare Re, e poi, all’ultimo, lo ha disilluso in modo crudele.
Scuote il viso. E’ inutile rimuginare, meglio pensare
lucidamente: se questa ipotesi fosse giusta, che conseguenze ci sarebbero?
In primo luogo, probabilmente la bimba vivrebbe, non
essendo minata dalla consanguineità dei genitori.
Poi non sarebbe sua sorella, ma solo sua sorellastra.
Anche sposandola, forse potrebbe evitare le morti a catena che hanno funestato
i talami della sua stirpe.
Ragionando con la mentalità da genetista di
sua madre, questa bambina avrebbe i mitocondri speciali degli Escanor,
e potrebbe trasmetterli alla discendenza. Inoltre uno dei due cromosomi
X sarebbe della famiglia reale. Insomma, i poteri innati sarebbero
paragonabili a quelli dello stesso Phobos, ma lui sarebbe avvantaggiato
dalla sua conoscenza di magia e dall’esperienza di governo, e potrebbe
tenerle in qualche modo in soggezione la ragazza, risultando di fatto il
Re di Meridian.
A questo punto, se riuscisse a far cambiare la legge
di successione, potrebbe anche diventare il primo Re di diritto della città.
Potrebbe anche dare il suo nome all’intera dinastia, come pretese il leggendario
eroe Escanor prima di lui…
E lei, la regina-sorellastra, come la prenderebbe?
Davvero resterebbe sottomessa per tutta la sua lunga vita, anche portando
la Corona di Luce che amplifica i poteri magici?
Non sarebbe meglio per lui tentare di forzare la mano
al consiglio finché lei è piccola, e farsi incoronare? No,
è troppo rischioso: la Corona di Luce ha una volontà propria,
e amplifica solo i poteri delle Regine legittime. Se con lui non dovesse
funzionare, sarebbe una palese dimostrazione di una sua indegnità.
Esiste una soluzione: nascondere la vera Corona di
Luce, sostituendola con una copia inerte: anche indossandola, questa… come
l’aveva chiamata… ah, sì, questa Elyon non sarebbe mai in
grado di dominarlo, ma potrebbe comunque trasmettere i poteri innati ai
loro discendenti.
Supponendo che uno su due sia femmina, che una femmina
su due abbia entrambi i cromosomi X della famiglia reale, ne segue che
un quarto della loro prole avrebbe gli stessi poteri delle Regine del passato,
e potrebbe ripristinare a pieno la loro divina Dinastia.
Il sorriso soddisfatto che aveva cominciato a dipingersi
sul suo viso viene cancellato da un’ombra di preoccupazione: una figlia
così potrebbe sviluppare poteri superiori ai suoi a soli quindici
o venti anni di età; potrebbe scoprire che la vera Corona di Luce
è stata nascosta, trovarla e rivendicare subito di essere incoronata
regina, ripristinando la vecchia legge di successione.
Deposto dalla sua stessa figlia! No, non deve finire
in un modo così umiliante!
Meridian, camera della regina
Rimasta sola in camera, Adariel volta pagina con apprensione,
e legge l’ultimo foglietto spillato:
Pag.sette: assumi SLA dopo aver distrutto questo appunto.
Mentre il biglietto le svanisce tra le mani in un filo
di fumo, lei riflette: SLA sta per Soluzione di Leryn visualizzando il
colore Azzurro. E’ la procedura per ricordare qualcosa di dimenticato per
mezzo dello stesso filtro, ma usato visualizzando il colore giallo.
Si passa una mano sul ventre, preoccupata: non è
che tutti questi intrugli noceranno alla sua piccola Elyon, che ancora
fluttua serena nel primo paradiso che ciascun essere umano conosce?
Apre l’armadietto dei farmaci accanto al cassettone,
poi solleva un’ampolla ancora mezza piena di un liquido paglierino, osservandola
controluce con apprensione.
Questo è il lucchetto e, al tempo stesso, la chiave
del suo segreto.
Tra l‘altro, provocherà una immediata sonnolenza:
dovrà prima prendere un eccitante, se non vuole essere trovata da
Lidrienel addormentata e col bicchiere ancora in mano.
Non konnestras, piuttosto caffeina; non può rischiare
di perdere la lucidità con un allucinogeno proprio in questi frangenti.
Apre una bustina di una polvere quasi nera con delle
esotiche scritte in inglese, e ne annusa l’aroma amaro e penetrante. Forse
stanotte avrà difficoltà a prendere sonno.
Nel bicchiere d’acqua tiepida del rubinetto la pozione
terrestre si scioglie male, dando un pantano grumoso e poco invitante.
Va beh, non deve offrirlo ad un ospite, pensa prima di sorseggiarlo storcendo
il viso.
Dopo qualche minuto percepisce l’accelerazione dei battiti
del suo cuore, ed una nuova impazienza la spinge. Riempie a metà
il bicchiere con la soluzione di Leryn, trattenendosi un attimo ad osservare
i grumetti neri galleggiare nel liquido giallo, poi beve. Subito dopo,
si sforza di visualizzare intensamente tutte le tonalità del celeste:
il ciano, il turchese, l’oltremare, il cobalto…
La rivelazione la colpisce come una bastonata: lei
non è davvero incinta. Il suo ventre non contiene alcuna nuova vita.
Gli occhi le si riempiono di lacrime: è stato
bello cullarsi nella dolce idea di una gravidanza. La piccola Elyon non
verrà dal suo grembo.
La sua strada è ancora in salita: al momento decisivo,
dovrà raccogliere tutte le sue forze per la nuova Luce.