“Sono venuto a portare delle commissioni che suo marito si era dimenticato nel suo studio” porse i fogli sul tavolo.
“E’ stato un pensiero veramente gentile” sorrise la signora Hale, poi si voltò verso sua figlia seduta accanto a lei e sussurrò qualcosa sperando di non farsi sentire: “Rosalie cosa hai! Stai dritta con la schiena!”
La ragazza però non gli rispose. Era imbronciata e lo fissavano con occhi sbarrati.
“Scusa mamma, ma non mi sento molto bene” disse lei alzandosi dal divano con grazia.
Accennò un inchino con il capo, e poi si diresse nella camera da pranzo. Aveva il volto in fiamme e sentiva il cuore avvolto da una spirale di dolore e gioia.
L’uomo si alzò lasciando la signora Hale sul divano, che sorrise tra sé, continuando a sorseggiare il suo the, indisturbata.
“Rosalie, sono stato molto impegnato in questo periodo” disse lui afferrando il polso sottile, ma senza farle male.
“Davvero? Sembrava si fosse dimenticato di me”
“Nessun impegno potrebbe farmi dimenticare lei”
“Ha smesso d’inviarmi le rose”
La ragazza era imbarazzata, ma cercava di mostrarsi dignitosa.
“Solo perché sono stato impegnato, l’ho detto. Ho tante di quelle pressioni, perché crede che sia venuto? Per vedere suo padre?”
“Sono notti che non riesco a dormire. Penso a lei, alla sua bellezza e alla sua voce che mi parla in sogno ogni notte”. Lo disse portandosi le mani sul petto e continuando a sorriderle, ma dentro di sé soffocava le risa.
La povera Rosalie, invece, sorrideva emozionata. Non riusciva a trattenere la gioia, e i suoi occhi erano velati da un filo di commozione.
“Oh Royce, perdoni me se ho dubitato di lei!”
“Direi che possiamo fare a meno della formalità. Voglio parlarti come mia fidanzata, Rosalie Hale”
La ragazza coprì la bocca con una mano. Una lacrima solcò la guancia rosea.
Lui dal canto suo la asciugò con il suo dito.
“E’ un sì, vero?”
“Sì, sì, sì!” disse lei incrociando le mani, quasi stesse pregando.
Ringraziò il buon Dio.
Ringraziò la vita per averle dato tutto.
Ringraziò il destino.
Le mancava solo di baciare il cielo per ringraziarlo.
I giorni a seguire furono per Rosalie i più belli che aveva mai vissuto fino ad ora.
Passava molto tempo con Royce, tanto da farsi vedere raramente in casa, con gran gioia dei suoi fratelli che ora avevano le attenzioni tutte per loro.
Il suo fidanzato la portava nei posti più esclusivi, la colmava d’attenzioni, e l’affascinava con quello che aveva imparato durante i suoi viaggi.
Rochjester dal canto suo, non faceva altro che parlare di loro: la coppia più bella e invidiata della città. Il figlio del proprietario della banca aveva sposato la ragazza dagli occhi viola.
Una volta lui la portò al parco.
“Rosalie non mi piace, non è un nome che si adatta a te”
“Perché Royce” disse lei accarezzandogli il volto.
“Le rosalie erano cerimonie che celebravano i morti. In quei giorni le donne deponevano rose sulle tombe, ecco l’origine del tuo nome…”
Rosalie rabbrividì: come poteva lei, che sembrava un raggio di sole materializzatosi sulla terra per portare gioia e bellezza, aver avuto un nome tanto lugubre?
Royce la vide turbata.
“Non preoccuparti” disse cingendole la vita. “I tuoi occhi hanno il colore delle viole”
Staccò una viola dal prato, e la poggiò sulla sua guancia. Era proprio vero: avevano lo stesso colore.
“Sei fatta per essere baciata dal sole, nessuno potrà mai trascinarti nella notte”
Queste romanticherie che ipnotizzavano Rosalie, cominciavano a stufarlo.
Doveva ammettere che pur essendo una ragazza molto ingenua e sciocca, aveva una forza tutta sua, era terribilmente ostinata.
Una volta provò a portarla in un alberghetto, con il pretesto di aver dimenticato un regalo per lei.
A dir la verità non era una bugia, dato che Royce amante delle donne e del vizio vi aveva portato una delle sue tante amanti. Pensò però che quel fidanzamento lo stesse annoiando, e non poteva andare avanti con quella farsa: lei doveva concedersi a lui per soddisfare i suoi deliri d’onnipotenza e mostrare agli amici il suo ultimo trofeo. Le voci stavano correndo in fretta, e non voleva sposarla davvero.
Aveva spogliato i biondi capelli dalla papalina che indossava, aveva cercato di denudarle le spalle. Con un movimento rapido, lei lo aveva respinto tremando con forza.
“Royce è così che tu mi vedi? Come una donna di strada?”
Lacrime bagnavano il suo volto. Le mani erano chiuse a pugno.
Lui l'aveva guardata con ostinata indifferenza.
“Non volevo offenderti, è che non posso resisterti”
In quel momento l'aveva desiderata ancora di più.
Rosalie aveva indietreggiato, e si coprì il volto con le mani.
“Lo voglio anche io, voglio appartenerti con tutta me stessa, amore mio” disse con foga. “Non posso però recare quest’offesa a Dio, perdonami ti prego!”.
Royce avrebbe voluto non solo “offenderla”, ma anche schiaffeggiarla per tutte le sue resistenze.
“Sposami Royce! Non voglio altro da te! Voglio un figlio e una bella casa in cui vivere…”. Continuava sempre più appassionatamente, credendo di scuotere l’anima di quel ragazzo.
“Voglio un giardino pieno di viole, ricordi? E’ il mio fiore”.
Lui si era irrigidito e l'aveva guardata come se la disprezzasse. Era arrivata a questo punto? Era stupida ogni singola parola che usciva da quella bocca, ed era arrivato al punto di volerle mozzare la lingua.
Senza dire nulla, Royce si vera voltato in silenzio, uscendo dalla camera e lasciando il suo rancore a Rosalie, in lacrime e con il cuore a pezzi.