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Autore: Love_in_idleness    07/05/2010    3 recensioni
Un colore
Così solo,
Il tuo.
La storia della vita di Saga. Una parabola tinta di blu, dal suo arrivo al Santuario alla sua scomparsa. Una parabola che attraversa amore e solitudine, luci e ombre, fino a sfiorare il divino. Lui, che in fondo rimane del tutto umano.
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gemini Saga, Sagittarius Aiolos
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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blu 20

20.

[Preparazione]

 

 

Si porta una mano alla fronte per coprirsi gli occhi. Il sole è molto alto e molto caldo in questo momento della giornata, ma non gli dà veramente fastidio. Anche se la sua pelle è più chiara del normale, ha imparato a sopportare il pesante sole della Grecia. Ci è nato sotto, in fondo è da sempre stato baciato dal suo tepore.

La stessa mano percorre la fronte e scosta una ciocca di capelli dagli occhi. Si guarda intorno. I lavori procedono bene. La terra dell’arena, per giorni rimasta impregnata di fango, è stata battuta ed ora è perfettamente livellata e consistente. Brunita anch’essa sotto i colpi del sole di agosto, e compatta. Dalle tribune, osserva Saga, sembra una massa uniforme di rosso. Sembra una sorta di mare piatto e calmo dal quale si alzano di tanto in tanto turbini di polvere come spirali. Ricorda tutti pomeriggi trascorsi sotto il sole cocente o sotto la pioggia, in qualsiasi stagione, in qualsiasi ora del giorno, ad allenarsi su quelle stesse zolle. Ricorda le volte che è caduto e vi si è rialzato. Pensa a come questa terra, questa terra sacra di nuovo livellata e compatta e brunita dal sole, non abbia niente di poetico, niente di magico. È impregnata di sangue e fatiche e delle molte vite che vi si sono spente, riverse al suolo, alcune sotto un pallido cielo, altre sotto la fiera calura del mezzogiorno. Anche lui ha sputato sangue sopra questo terreno. Anche lui, come una schiera di allievi e guerrieri da tempi immemorabili ha percorso la sua superficie combattendo, e una volta, una volta soltanto, sfilando come in una processione.

È tutto quasi pronto. Il palco è stato completato e le gradinate sono state rispolverate. La terra brunita è di nuovo livellata e compatta.

È tutto quasi pronto.

Saga ricorda la prima e l’ultima volta in cui ha assistito allo spettacolo. L’allestimento, la lunga preparazione ogni giorno per mesi, e poi, di notte, il Kyooko che domanda alle stelle quale sia il giorno propizio per il Rito.

Conoscerà già il giorno propizio per il rito?

Il sole gli ride in faccia.

L’ultima volta, è stato il suo rito. Il loro rito. Ricorda la sensazione di ansia, e paura prima di entrare nell’arena e varcare con essa la soglia del suo stesso destino. Ricorda la folla rumorosa sugli spalti e poi il silenzio, muto, rispettoso, sospeso sulla meraviglia, quando gli antichi scrigni si sono aperti riversando nell’Arena i loro dorati bagliori. Ricorda la sensazione di indossare l’Armatura per la prima volta, leggera, malleabile, una parte imprescindibile del suo corpo. Ricorda com’è stato bello alzare le ginocchia dalla terra arida e brunita, quel giorno, e tornare indietro camminando a testa alta, una scia d’oro, di potenza, di santità visibile agli occhi di tutti.

E di se stesso…

Ricorda quel giorno come uno dei più emozionanti della sua vita.

Ricorda di essersi aggrappato fiduciosamente ad Aiolos, il luminoso Aiolos, e di aver sgranato gli occhi quando per la prima volta l’ha visto, l’ha ammirato, cinto del suo colore così prezioso, incoronato da ali di piume metalliche come petali sulla corolla di un fiore.

Ricorda. Che era bello.

Ricorda con un sorriso sincero. In fondo non molto tempo è trascorso. Cinque anni appena lo separano da quella data, cinque anni in cui l’Armatura l’ha indossata ogni giorno scendendo dalle scale della sua Casa.

Cinque anni difficili.

 

“Ricordi?”

“Mm?”

Aiolos dice, sedendosi sulle gradinate, l’armatura un po’ più dorata dal sole estivo. “Ricordi quando sono arrivati? Sono stati i primi. Ed erano così piccoli…”

“In loro deve dimorare un Cosmo davvero impressionante.” Risponde.

“Immagino di sì. Hanno la stessa età di mio fratello.”

“Aiolia… non è pronto?”

“E’ quasi pronto. Ma non ancora.”

Saga gli siede accanto, ha il sole davanti agli occhi. “Non accelerare i tempi. Noi stessi abbiamo ricevuto l’investitura molto più grandi.”

“Sì.” Aiolos annuisce. “Questo è vero. Solo… mi chiedo: sono così piccoli. Possono sopportare a sette anni il peso delle Sacre Vestigia?”

Saga ripensa per un secondo al giorno in cui ha visto Milo arrivare al Pireo, scivolando dalla nave con entusiasmo. Un creatura marina, sembrava. Era davvero piccolo, più piccolo di molti suoi compagni, eppure il primo a giungere al Tempio. Il primo ad avere la possibilità di piegare le ginocchia sulla terra brunita dell’Arena, e la testa di fronte alla maschera inaccessibile del Pontefice. Il primo a provare quelle sue stesse emozioni.

Ripensa anche all’altro ragazzino suo coetaneo, appena un po’ più grande. Nato in Febbraio. Un Acquario. Camus dell’Acquario. Ripensa ai suoi capelli rosso fuoco, un colore impressionante, davvero, per lui che conosce perfettamente la potenza dei colori primari sulla testa. Ripensa ai suoi occhi profondi come il mare, come il mare compresso sotto uno spesso strato di ghiaccio perenne. Un altro bambino del mare, ha pensato l’inizio, ma un mare naturalmente diverso dall’Egeo di Milo. Una creatura degli abissi freddi e imperscrutabili. Poi ha rivisto il fuoco che scendeva a onde dalla sua testa, e si è detto di no. Si è detto: questo bambino è già un enigma a soli quattro anni.

Se li ricorda con affetto, entrambi. Erano giunti a poca distanza l’uno dall’altro e per alcune settimane avevano aspettato insieme il momento della partenza verso i luoghi dell’allenamento.

Milo e Camus.

Milo. Camus.

Sorride, Saga. Due bambini così, che non sono bambini, in realtà, ma la reincarnazione di stelle, e che già condividono qualcosa di tanto grande. Pensa a come, forse, in un futuro condivideranno lo stesso destino che ha legato lui e Aiolos sotto la luce delle stelle.

Non sa che un giorno di tanti anni prima il piccolo Scorpio, guardandolo camminare così maestoso e così bello e così felice, ha espresso la stessa preghiera.

Non sa Saga, come non sapeva Milo allora, che il destino scelto per loro dalle stelle sarebbe stato coperto di polvere, e sangue.

“Sì,” Risponde Saga dopo molto tempo. “Sopporteranno. Come noi abbiamo sopportato. C’è forza in loro.”

Così per lui.

C’è la speranza nel destino scelto per noi dalle stelle.

Ed è il pensiero che tornando a casa, dopo aver alzato il mio braccio, e fatto di esso uno strumento di morte giusta, io troverò ad aspettarmi tutto quello che ho lasciato.

 

“Le stelle sono troppo lontane,” Diceva sempre Shion, le notti in cui lo portava con sé alla Star Hill.

“Le stelle da troppo tempo guardano il mondo da distante.”

“Come possono provare pena per l’uomo?” Diceva sempre Shion.

“Come possono essere gentili, quale criterio guida la loro benevolenza?”

“Le stelle sono impietose.” Diceva sempre Shion, con una punta di amarezza nella voce. “Non attaccarti agli oracoli. Non sperare nella loro clemenza. Le stelle non sono buone con noi.”

E Saga per molto tempo si è interrogato su queste parole.

Ogni tanto tornano come un’eco, nella sua mente avvolta dalla luminosità fosforescente del cielo notturno. Anche ora ci pensa. Pensa a Shion, e alla sua taciuta sofferenza. Pensa a sé e ad Aiolos, al piccolo Milo e al piccolo Camus, e tutto gli sembra così infinitamente piccolo. Come una ruota che gira.

Le stelle sono impietose, diceva sempre Shion, che una lunga vita aveva già vissuto.

Le stelle non vogliono bene…

In questo momento è felice. Pensa al piccolo Milo e al piccolo Camus che hanno appena sette anni e già un peso così insopportabile sulle spalle.

E per sé, per loro, non può che avere speranza nel destino scelto dalle stelle.

 

Poi qualcosa accade.

Dopo che lascia Aiolos, dopo che lascia i suoi pensieri, qualcosa accade.

L’Arena è pronta e splende concreta sotto il sole. Entro qualche giorno sarà gremita di gente, e al centro, chini sulla terra, baciando la terra, due giovani stelle. Due giovani.

Ma ora Saga si allontana, dimenticando per un istante tutto ciò che l’ha impegnato da ore. Percorre velocemente i campi di addestramento e la gola rocciosa, comincia la scalata verso la sua Casa, così vicina su quei gradini bianchi come un giglio.

Qualcosa accade. Forse nessun’altro può avvertirlo. Il messaggio era solo per lui.

Ad ogni passo è un po’ più veloce, un po’ più sorridente.

Un po’ più fiducioso nelle stelle.

Un po’ meno solo.

“Kanon!” Lo chiama entrando di corsa nelle sue stanze.

E lui è lì, così diverso da come lo ricordava e così uguale all’uomo che Saga è diventato.

È lì, e lo aspetta.

 

 

***

Mmm. Aggiornamento veloce (?). Sono sopravvissuta al Vappu (in qualche modo). Per cui posso dichiarare raggiunto l'obbiettivo di Aprile. Yeeeeeee. Ho scritto una Kuro/Fay! Non è ancora pubblicata, ma penso di postare oggi pomeriggio. Se vi interessa XD

Ringraziamo la dolcissima Kiky May che pazientemente scrive lunghe recensioni e riempie il mio cuore di gioia *offre crepes alla nutella*.

Baci <3

   
 
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