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Autore: cartacciabianca    09/05/2010    4 recensioni
[ SOSPESA ]
Nel 1459 Bianca de’ Medici sposava Guglielmo de’ Pazzi. Dalla loro unione sarebbero nati 15 figli, ma solo uno questi, consacrando la discendenza diretta di Cassandra della mitologia greca, avrebbe ereditato il dono della veggenza. Grazie alla sua naturale capacità nella pittura, Arianna, accolta nella bottega del Verrocchio di comune accordo con suo padre Guglielmo, intraprese ingenuamente la via dell’arte non a conoscenza del proprio oscuro potere. L’ostinazione della madre Bianca e un matrimonio combinato imminente allontanarono la fanciulla dai pennelli, ma Guglielmo, disperatamente alla ricerca di qualcuno che le insegnasse l’arte perché i suoi quadri (fonte di speculazioni sul futuro) potessero essere il più chiari possibile, permise alla figlia, in segreto e solo 15enne, di seguire le orme di Leonardo da Vinci. A sconvolgere la serena esistenza in bottega fu la condanna a morte della famiglia Auditore, avvenuta nel maggio del 1476 a seguito del processo che vide coinvolti molti, ma non tutti, i membri della famiglia Pazzi.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Leonardo da Vinci , Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Esercizio
Parte 2


Arianna cercò una posizione più comoda sulla panca di pietra.
La schiena le doleva, non sentiva più le gambe e, come se non bastasse, la donna che stava disegnando di nascosto aveva lasciato la piazza prima che la Pazzi fosse riuscita a finirle il ritratto. Arianna l’aveva maledetta mentalmente ed era andata subito a caccia di altri volti, guardandosi attorno in modo circospetto. Accanto a sé, sulla panca, riposava un anziano signore che se ne stava con il bastone posato sulle ginocchia, probabilmente in procinto a rincamminarsi tra breve, da come spostava svelto gli occhi da una via all’altra, forse calcolando il percorso più breve. Arianna, contando per di più le rughe sul suo volto, decise di astenersi da esercizi di copia dal vero troppo complessi.
Se da una parte se ne stava con le mani in mano, dall’altra non c’era niente di meglio che riempirsi i polmoni di aria fresca e genuina, soprattutto nei pressi di un ospedale.
Arianna storse il naso. Effettivamente aveva dimenticato quel piccolo dettaglio: nell’edificio a pochi metri di distanza potevano essere ricoverati i peggio malati di tutta Firenze. Come aveva fatto a tralasciare un simile dettaglio, pensando di poter respirare in tutta tranquillità?
La ragazza si sollevò in piedi lentamente, un po’ per dissimulare lo stupore, un po’ per i crampi allo stomaco che cominciava ad avere per la fame (oltre al fatto che il coniglio del giorno prima non le era andato giù molto facilmente), e un po’ per il dolore che le martellava la schiena. Non era abituata a trascorrere ore in una posa tanto scomoda, si disse storcendo le labbra in una smorfia, neanche quand’era in bottega del Verrocchio veniva costretta a stare seduta su una panca di solida pietra. Nella Camera della Tempera non mancavano mai comode poltroncine, antiche sedie romane imbottite e sgabelli di varie grandezze per chi aveva le gambe più lunghe e chi meno.
Arianna si rattristò un poco a quei dolci ricordi. Sorrise ricordando il volto scorbutico di Andrea mentre sgridava lei o gli altri pittori, e si sentì avvampare di dolcezza tornando con la mente ai boccoli da bambola del Lorenzino, tra i quali Gallo e Davide mettevano spesso le mani.
Arianna si sistemò il berretto da garzone sulla testa e, mettendo da parte le immagini del passato, si concentrò su un posto interessante dove riprendere i suoi studi.
C’erano Ponte Vecchio, o anche il Mercato, perché no? Le loro bancarelle ospitavano ogni giorno fiumi di gente che veniva da tutta Firenze. Lì, si disse, non le sarebbero mancati i dettagli da disegnare. Eppure dovette in fretta ricredersi, poiché un luogo così chiassoso non faceva al caso suo, dato il viziato bisogno di quiete della ragazza.
Doveva trovare un posto affollato ma il meno caotico possibile. Un giardino, una Chiesa, magari, o ancora meglio, un’Accademia. Chissà quanti giovani avrebbe potuto incontrare chini a studiare sui libri, così che lei potesse disegnare in pace senza il timore che se ne andassero da un momento all’altro, come invece aveva fatto quella donna di poco prima.
Ma in tale preciso istante, mentre Arianna stava per avviarsi, fu assalita da un’altra triste costrizione che lei stessa si era imposta: nel biglietto in cucina, aveva lasciato scritto a Tommaso che avrebbe potuto trovarla attorno all’Ospedale degli Innocenti e in nessun altro posto. Se il Masini fosse venuta a cercarla ma non l’avesse trovata, Arianna aveva ben idea che faccia avrebbe fatto: un misto tra un orsetto lavatore arrabbiato e una volpe con la coda tra le gambe, terribilmente in pena per l’allieva del suo maestro e per come questi lo avrebbe sgridato.
Arianna poté già immaginare la scena senza difficoltà di come Leonardo, appena di ritorno da Careggi e stanco per il viaggio, fosse costretto a subire una medesima ansia nei suoi confronti.
No, si disse, questa volta mi terrò lontana dai guai, pensò.
Il tutto sfociò dunque in un pesante sospiro della ragazza che, col quadernino sottobraccio, era pronta ad incamminarsi sulla via del ritorno verso la bottega.
D’un tratto la sua attenzione cadde su quattro chiassosi piccioni che, appollaiati sul limitare di un tetto, borbottavano come comari. Alla ragazza sfuggì un sorriso: quegli uccelli erano tanto buffi quanto stupidi, si disse, e col tempo aveva imparato ad apprezzare queste loro particolarità. Anzi, si corresse, col tempo aveva imparato ad apprezzare le particolarità di tutti gli animali.
Tra la cucina vegetariana di Tommaso e il profondo sentimento ambientalista di Leonardo, Arianna stava imparando in fretta ad ammirare la natura e a studiarla in tutte le sue sottigliezze. Senza dubbio il mondo nel quale era caduta, circondata dall’arte del suo maestro e dalla magia di Zoroastro, influenzava la sua visione dell’essere, amplificava la sua percezione e apriva lei delle porte estranee e affascinanti. Succedeva sempre più spesso che Arianna s’incantasse ad osservare per ore le cose apparentemente più insignificanti, come la tela di un ragno, i granelli della polvere, i riflessi della luce. Forse quello era un semplice modo di ingannare ciò che l’aveva tormentata a lungo per mesi, prima di trovare rifugio nella Bottega di Leonardo.
Aveva tanto a cui pensare, tanto su cui riflettere della propria vita, si disse aggiustandosi una ciocca dei corti capelli corvini dietro l’orecchio, ma ogni pretesto era buono per rimandare, rimandare, rimandare il momento in cui avrebbe dovuto affrontare la realtà, condannando se stessa ad un’esistenza faccia a faccia con le sofferenze che la sua antenata sembrava averle trasmesso.
Era unitile continuare ad ignorare quel che era ovvio: ora più che mai Cassandra era parte del suo spirito, la sua leggenda si tramandava di generazione in generazione come un prezioso ma doloroso segreto. Delle volte le immagini di una grande città in fiamme l’avevano tormentata nel sonno, quand’era piccolissima, e Arianna ne rimembrava il ricordo solo ora, quando meno ne aveva il desiderio. Arianna sapeva che era inutile sfuggire alla convinzione di essere legata ad un destino con tutt’altro che un lieto fine, almeno non senza combattere.
Ma combattere come? Con quali armi?
L’indulgenza? La compassione? O magari il menefreghismo?
Durante l’impiccagione degli Auditore Arianna si era lasciata vincere dalla brama di salvaguardare il destino altrui, interferendo nella condanna quando non avrebbe dovuto e quando, se non l’avesse fatto, avrebbe potuto vivere più serena. Forse continuare ad ignorare le sue visioni le avrebbe alleggerito il cuore dai mali del mondo, proprio perché niente o nessun altro sembrava disposto ad aiutarla, al fine di alleviare il suo grande peccato.
Eppure Arianna percepiva, nel profondo della propria anima, che un modo per venir fuori da quel pozzo c’era ed era proprio davanti a suoi occhi. Bastava semplicemente…
Fu in quell’istante che, sollevando il mento dal petto, le iridi azzurre della ragazza caddero su una figura comparsa dal nulla a pochi passi da lei, attratte come da una calamità. Arianna strinse convulsamente il quadernetto che aveva in grembo e quasi rischiò di spezzare il carboncino in due pezzi.
Era un uomo le cui vesti inconfondibili le aveva stampate nella mente fin dal loro primo incontro ufficiale. Sedeva sulla panca di fronte alla sua, oltre la fontana che stava nel mezzo, e sembrava fosse rimasto lì a fissarla già da tempo prima che la ragazza vi facesse caso. Gli occhi neri sparivano nell’ombra del cappuccio bianco, i gomiti poggiati sulle ginocchia, le mani giunte a mezz’aria, una sorta di smorfia sulle labbra, ove spiccava la il ricordo della sassata di suo cugino, la schiena leggermente curva: la fatale compostezza di Ezio Auditore la mise terribilmente a disagio, facendole risalire dal profondo dello stomaco un gemito imbarazzante.
Per tutti i Santi! Cosa ci LUI fa qui?!
Arianna stava per alzarsi e fuggire via di corsa.
Effettivamente non aveva idea del perché messer Auditore si trovasse in Piazza, nei pressi dell’Ospedale degli Innocenti, seduto sulla panca di fronte alla sua con precisione geometrica. La fissava con troppa insistenza aspettandosi chissà quale reazione che non le si fosse già dipinta in volto: Arianna era arrossita come un pomodoro, tremava come una foglia e in breve si sarebbe trasformata in un albero come la povera Dafne. Al costo di riempire tutte le pagine di stupidaggini inutili, Arianna s’impose di non alzare il naso dal quadernetto.
L’ultimo dei suoi problemi ma anche il primo dei suoi timori era, fino a pochi attimi fa, trovarsi di nuovo il ragazzo tra i piedi. Il ricordo dell’esecuzione, del suo fallimento, viaggiava costantemente assieme ad Ezio sotto forma di un’aurea che attirava le disgrazie degli Dèi. Arianna tentò (invano) di fingersi ancora distratta nel disegno, ma tutto ciò che riuscì a scarabocchiare sulla carta fu una linea neanche troppo dritta. Scoprì con una smorfia che la mano le tremava. Faticava a mantenersi quieta mentre gli occhi indagatori di Ezio la pungevano sulla cute persino attraverso il tessuto del berretto che portava in testa.
Firenze dava i primi chiari segni di affollamento quando Arianna osò lanciare un’occhiata di sbieco alla panca dove sospettava di trovare ancora seduto il suo muto osservatore, ma si sorprese oltremodo nel constatare che era vuota (a parte le due donne che vi si erano appena accomodate spettegolando e lamentandosi dei rispettivi mariti).
La ragazza alzò lentamente la testa e tirò un sospiro di sollievo scrollando le spalle. Era in procinto di rilassare i tesi muscoli del corpo quando, come un fulmine a ciel sereno, udì un’improvvisa voce gentile irrompere nel proprio padiglione auricolare.
-Posso sedermi?- domandò Ezio alludendo al posto vuoto che si era creato al suo fianco, per via del vecchio che se n’era appena andato.
Il cuore di Arianna perse uno, due… accidenti, tre colpi! Non seppe se per paura o per vergogna, ma annuì e anche più di una volta. Ebbe l’impressione che sarebbe svenuta da un momento all’altro mentre Ezio prendeva comodamente posto accanto a lei senza attendere una vera e propria risposta, oltre a quel muto cenno della testa.
Appena fu certa del calore che emanava il suo corpo accanto al proprio, Arianna si scansò leggermente fingendo di dover sistemarsi più comoda. Ezio probabilmente si accorse del suo disagio, ma non solo per via del suo atteggiamento sfuggente: c’erano le guance rosse, gli occhi lucidi e sgranati, le mani inferme e le labbra serrate. Arianna era una statua di marmo che ritraeva chi ha appena visto un fantasma. D’altro canto, Ezio Auditore, col suo cappuccio bianco accompagnato dal frastuono delle varie cinghie ed armi legate al fianco (quali una daga e uno stiletto) non pareva altro.
Inutile dire quanto Arianna fosse tesa in quel momento, in bilico tra il fuggire via di corsa oppure trattenere il fiato fino allo svenimento (cosa che, involontariamente, stava già facendo).
-Vi prego, non spaventatevi- la rasserenò inutilmente il ragazzo guardando tutt’altra parte, forse per dissimulare il fatto che stava parlando con lei.
Sbaglio, o tutte le guardie della città gli stanno alle calcagna?!
-Avrei preferito che ci vedessero assieme il meno persone possibili, ma dovete dirmi urgentemente se Leonardo è rientrato da Careggi- disse, mal celando la nota d’ansia che gli incrinava la giovane voce. Sembrava oltremodo turbato dal dolore della sua perdita, soprattutto ora che doveva fare i conti con chi pareva avesse intenzione di coinvolgere nelle sue faccende.
Arianna avrebbe preferito mentire, dicendo che Leonardo non sarebbe tornato prima di un mese, un anno, magari, pur di tenere il suo maestro lontano da quelle pericolose faccende politiche. Leonardo ne sapeva di politica quanto di matematica, in quei tempi, e Arianna stentava ad immaginarlo impegnato in altro che non fossero i suoi scarabocchi anatomici, i dipinti e la natura.
-Vi prego, parlate!- sibilò il ragazzo a denti stretti. –Sarei venuto di persona, ma le guardie circondano la zona attorno alla bottega ed è assai rischioso per me, nelle mie condizioni che voi conoscete, traversare quelle strade. È solo per questo motivo che vengo ad importunarvi, ser- spiegò.
Arianna provò una briciola di compassione. Forse una pagnotta intera, ma non di più. Poteva dare per certo che Leonardo sarebbe rientrato se non quella sera stesa, l’indomani mattina, ma non aveva il minimo interesse nel vedere il suo maestro subito impegnato appena tornato da un lungo viaggio estenuante. Ad Ezio, decise, avrebbe detto di venire la prossima settimana, così la ragazza avrebbe avuto modo e tempo di preparare Leonardo su come stavano realmente le cose. Forse, si disse, non avrebbe dovuto interferire e invece di posticipare la visita di messer Auditore nella bottega del da Vinci se ne sarebbe dovuta stare zitta, buona e in disparte come la coscienza le suggeriva. Eppure, era più greve in lei il senso di protezione verso il suo maestro per via di un altro motivo, del quale non poteva certo discutere con il totale estraneo che le sedeva accanto.
Qualche sera fa ho fatto un sogno che pagherei per non rifare ancora!
Era stato durante la notte della partenza di Leonardo per Careggi che Arianna aveva sognato, tacendo, che il suo amato maestro veniva picchiato da una guardia della città, con l’unica accusa di aver ospitato in casa il famigerato e ricercatissimo Ezio Auditore. Arianna si era svegliata, balzando sul letto e soffocando un grido prima che Tommaso, dal piano di sotto, potesse sentirla urlare per poi venire a consolarla come avrebbe fatto una madre affettuosa. Arianna, preferendo evitare certe smancerie, si era costretta a restare sveglia tutta la notte con le ginocchia strette al petto e gli occhi sgranati. Il vero fantasma la tormentava costantemente negli incubi. Quelli che lei non chiamava più “sogni” già tempo, erano l’onnipresente peso di una maledizione che le dilaniava le carni. La consapevolezza di non poter alterare il futuro, anche quando le persone che amava erano in pericolo, le strappava le viscere dal corpo come una lenta agonia.
-Il vostro nome-.
Arianna si riscosse d’un tratto dai suoi pensieri, scoprendosi intenta ad osservare la fontana di fronte col vuoto negli occhi.
-Il vostro nome, di grazia- Ezio rinnovò la domanda.
La ragazza inclinò la testa dall’altra parte, sfuggendo allo sguardo di lui che indagava anche troppo sulla pelle liscia del suo volto e le forme morbide del suo corpo. –Vincenzo- disse prima di alzarsi, ma il tentativo di lasciare la piazza fu vano quando Ezio le afferrò il polso, costringendola a tornare seduta.
-Sono lieto che vi siate almeno degnati di rispondere, ma non avete ancora risposto alla prima domanda- disse gelandole il sangue nelle vene con un’occhiata che non tradiva rifiuti.
-Tra una settimana- gemé Arianna, cercando di pronunciare meno parole possibili perché il tono di voce maschile era ancora in via di sperimentazione. –Passate tra una settimana. Allora Leonardo sarà pronto per ricevervi-.
A quel punto Ezio la lasciò andare, e Arianna volle allontanarsi da lui con estrema lentezza, spostandosi un poco sulla panca. Incrociare quegli occhi era come perdersi in un abisso di sconforto, rassegnazione, disperazione, dolore… In quegli occhi, pensò, si rispecchiavano tanto bene i suoi.



Arianna si richiuse la porta alle spalle delicatamente, notando con stupore che Tommaso era riuscito a farla tornare come nuova anche dopo le movimentate vicende delle ultime sere. Un penetrante profumino di verdure bollite fece capolino dritto in gola quando, con l’acquolina in bocca, Arianna comprese che Tommaso stava già preparando il pranzo.
La ragazza posò il quadernetto sul tavolo più vicino e si avviò su per le scale quasi di corsa. Giunse in cucina sistemandosi una ciocca di capelli dietro le orecchie.
-Alla buon ora!- gioì Tommaso lanciandole un’occhiata. –Credevo che il pranzo avrebbe fatto prima a freddarsi- la riprese.
-Non sai che gioia tornare a mangiare qualcosa di verde- dovette ammettere la ragazza aiutandolo ad apparecchiare la tavola, sapendo bene dove trovare piatti e quant’altro tra le dispense e i cassettoni. Ormai la bottega di Leonardo era la sua seconda casa.
La mia casa e basta, pensò subito dopo.
Tommaso inarcò un sopracciglio e finì di tagliare le carote che poi riversò nel pentolino di rame sopra al focolare. –Mi stai prendendo in giro?-.
Arianna scosse la testa. –Quel dannato coniglio è rimasto sullo stomaco anche a me- confessò. –In qualche assurda maniera, credo di essere diventata una mastica erba- ridacchiò giocosamente.
-Madre Santa!- esultò il Masini, come se avesse ottenuto una grande vittoria. –Quando Leonardo lo verrà a sapere, credo che farà i salti di gioia-.
Saltellando o meno dalla gioia, a me basta rivederlo… Arianna sospirò misurando l’entusiasmo di Tommaso nel pronunciare quelle parole. Anche Zoroastro dev’essere contento per il suo imminente ritorno. Spero solo che nessuno degli uomini politici spesso invitati da Lorenzo non gli abbia dato noia per quella maledetta accusa di sodomia…
-Siedi pure, è quasi pronto- la informò Tommaso con un radioso sorriso.
Arianna rinunciò a mettersi seduta, in quanto la schiena reclamasse dell’altro riposo. Si appoggiò al davanzale e, incrociando le braccia sotto il seno, tacque assorta nella contemplazione del paesaggio che prendeva vita fuori dalla finestra. I comignoli dei tetti più vicini sprigionavano fumo bianco e per tutta Firenze si diffondevano i profumi delle particolari spezie che la penisola offriva loro. Dal basilico all’origano, dal prezzemolo all’aglio e così fino alla cipolla.
-Allora- cominciò Tommaso tenendo basso il fuoco che bolliva le verdure. –Cos’hai disegnato di bello?- chiese.
Arianna sgranò gli occhi, interdetta da quella domanda. –Come sapete che ero a disegnare?-.
Zoroastro si strinse nelle spalle. –Chiamalo intuito- disse con naturalezza.
Arianna sospirò tornando a guardare fuori dalla finestra. –Nulla che potrebbe interessare un mago-.
Tommaso scosse la testa ridendo.
Arianna si adombrò. –Cosa ridi?-.
-Rido, Arianna, perché sono le esatte parole che mi sento dire da Leonardo quando lo sorprendo a scarabocchiare sui suoi quadernetti. Su questo non c’è niente che vi contraddistingue: siete così pieni di voi stessi, del vostro essere artisti, che vi ritenete superiori a tutti scultori, maghi, fabbri e artigiani vari! Pensate che gli altri non possano comprendervi, e per tanto riservate solo ai vostri simili le spiegazioni più interessanti!- invece che lamentarsi, Tommaso sembrava profondamente turbato da ciò. –Secondo me, un giorno non molto lontano, io morirò per le pazzie che quell’uomo circonda di tanta gelosia!-.
Arianna soffocò una risata, ripensando alle più strampalate invenzioni che di tanto in tanto Leonardo schizzava sui suoi fogli.
-Avanti, ora siedi davvero, che è pronto-.



Quella sera Arianna non poté fare a meno di tenersi nuovamente impegnata nel disegno.
Sedeva alla scrivania del suo maestro, al pian terreno della bottega. Tommaso era di sopra a mettere ordine nella cucina, come al solito, dopo la cena appena consumata. Si sentiva il frastuono delle stoviglie che il Masini puliva nel secchio dell’acqua che, come da routine, avrebbe poi svuotato per le strade affacciandosi semplicemente dalla finestra.
Il lume di una candela rischiarava la carta e guidava l’abile penna d’oca bianca che la ragazza faceva danzare sul papiro come fosse un’estensione della propria mano. Arianna era circondata di vecchi libri e quasi spariva dietro le copertine di essi, che costituivano un muro tra lei, i suoi disegni e la sua fantasia, e il mondo reale all’esterno.
A farle compagnia nell’oscurità della notte c’era il piccolo Marcus. La gabbietta del pettirosso era sulla cima di una pila di tomi e suo ospite era impegnato nelle attività serali della toeletta. Si punzecchiava col becco l’interno delle ali, tra una piuma e l’altra a caccia di qualche insettino fastidioso. Di tanto in tanto gli sfuggiva un cinguettio che faceva sorridere la ragazza, china sul foglio a scarabocchiare corpi di donne.
Due delle grandi finestre in alto erano aperte e lasciavano passare una corrente d’aria fresca. Il cielo notturno era punteggiato di centinaia di stelle, i rumori della strada si confondevano con le voci dei passanti o dei mercanti del quartiere di San Lorenzo. In lontananza, una campana suonò sei rintocchi annunciando la sera tarda e il tempo di coricarsi.
Arianna alzò la testa dai disegni guardando il pettirosso attraverso le sbarre. Marcus la scrutò a sua volta con i suoi occhietti neri.
-Che dici, lo aspettiamo?- chiese, rivolgendosi al pennuto.
Questi canticchiò.
Arianna sorrise. –Lo considero un sì- disse tornando a disegnare.
Tommaso, che si era fermato sulle scale nascosto nella penombra, e che aveva sentito le parole della ragazza, tornò indietro sui propri passi senza fare rumore. Era sceso per dare ad Arianna l’ordine di farsi trovare a letto in meno di 20 secondi, ma ci aveva ripensato col cuore in mano.










.:Angolo d’Autrice:.
Mi rivolgo a renault ma generalmente a tutti dicendo: sì, all’interno delle vicende di Assassin’s Creed II, avete sentito bene, viene nominato un certo “Vincenzo”. Maggiori delucidazioni al momento della verità, ma se volete indagare fate pure! XD
Chiedo perdono ad Elkade per la mia ulteriore svista nel capitolo precedente! XD Non avrei dovuto inglobare nella narrazione il punto di vista di Tommaso, confondendo oltremodo lo sviluppo della trama. Quella cosa che stai pensando, riguarda solo e unicamente Leonardo, come da me confessato qualche mese fa! :3 La mia decisione di mettere il Masini al centro delle vicende, nel capitolo precedente, era prettamente legata ad un fatto stilistico, nonché di gusto personale! XD Sai, per fare un po’ di scena, come suol dire! O magari, semplicemente, per riempire qualche riga in più <.<

· Un primo puntino speciale lo dedico tutto a Leowynn95 che sta seguendo con tanto interesse questa fan fiction senza sapere esattamente di cosa parli ^^ sì e grazie, ricordavo vagamente chi fosse Zoroastro nell’Antica Persia, mi mancava l’appellativo “Maestro” XD ancora grazie mille per la recensione e i complimenti :3 (p.s. ho aggiornato anche il Nido del Drago, la ff su Hyperversum, nel caso non ci avessi ancora fatto caso ^^ ci becchiamo lì!)

· Un secondo puntino speciale lo dedico tutto a lullacullen.
Grazie per la tua recensione per l’ammissione alle storie scelte di questa storia che, sinceramente, non merita tanto. Ti chiederei di cancellare la recensioni perché non credo che questa fan fiction possa piacere a tutti, soprattutto come contenuti. Ribadisco dicendo che apprezzo davvero tantissimo, sono commossa, ecco, ma credo che tu stia offrendo troppo. Sono comunque troppo felice che tu ti sia avvicinata così al mondo di Assassin’s Creed grazie alle mie storie. Non credevo di avere questo dono! XD

Detto ciò, ringrazio tutti calorosamente e vi do appuntamento alla prossima puntata :3

   
 
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