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Autore: TooSixy    10/05/2010    4 recensioni
Una spietata entità senza nome si aggira per Hueco Mundo, trucidando un Hollow dietro l'altro e lasciando dietro di sé solo una scia di morte e disperazione. Tra i deceduti non mancano nemmeno gli Espada, e persino Aizen sembra cominciare a temere il potenziale del misterioso assassino. L'unico indizio per fronteggiare questa nuova minaccia sembra essere racchiuso nei Focus, enigmatiche visioni che mostrano sprazzi di futuro visibili solo a Rayen Fie Oneiron, una ragazza Arrancar con lo straordinario dono della profezia. Ma decifrare i Focus non è mai facile, e Rayen si ritrova invischiata in problemi più grandi di lei tra vicoli ciechi, boss megalomani e un certo Espada panterino tanto odioso quanto maledettamente sexy. Se vogliamo aggiungere anche un bizzarro, inaspettato legame tra Rayen e Kurosaki Ichigo, il guazzabuglio di caos mentale della ragazza può forse dirsi completo.
Genere: Azione, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Jaggerjack Grimmjow, Kurosaki Ichigo, Kurosaki Isshin
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era come scivolare in un abisso senza fondo, una sensazione che la paralizzava e inebriava al tempo stesso. Attorno a sé non vedeva altro che oscurità, un'oscurità morbida e rivelatrice che andava popolandosi di immagini... Rayen si vide, vide se stessa, non il Diciassettesimo Nùmero di Aizen bensì una giovane umana, la pensierosa ragazza mortale che era stata prima che Hueco Mundo ne assorbisse l'anima.
Fu... strano. Come guardare in uno specchio distorto.
Da una parte c'era Rayen, un'Arrancar drogata dall'oscurità, che precipitava quietamente nell'incoscienza.
Dall'altra c'era Raiha, una semplice umana dall'aria sognatrice, seduta sul pavimento di una soffitta impolverata.



XV // 01. Still Alive

The ticktock of time allows me to see

An authent to an echo
New butterfly to a cocoon
The swan to ugly duckling
The lake to an ocean.

Forever Moments, Nightwish





Piove.
Il ticchettio della pioggia risuona al di sopra del tetto, un suono ritmico, costante. Ascoltando con più attenzione, si possono sentire i distanti sibili dei bombardieri, le strida lamentose delle loro ali metalliche tra le nuvole. E' la seconda volta che gli aerei americani sorvolano Karakura, ma per il momento non sembrano intenzionati ad attaccare... forse perché ritengono che non valga la pena di sprecare preziose munizioni contro un villaggio di contadini. Uno dei vantaggi dell'umiltà.
Un sospiro di sollievo mi accarezza i polmoni. Non lo nego, ho paura. La mia vita è tutt'altro che meravigliosa o principesca, ma la amo in ogni sua imperfezione: malgrado le vecchie tradizioni, dubito che sarei mai capace di uccidermi. Non vedo nessun onore nel suicidio, anzi, trovo che sia molto più onorevole continuare a vivere e cercare di rimediare ai propri errori anziché andarsene all'altro mondo e lasciarli irrisolti. Peccato che non siano in molti a condividere il mio punto di vista.
Socchiudo gli occhi. L'unica finestrella della soffitta è parzialmente sbarrata, lascia filtrare solo un debole chiarore opaco. Una luce sporca. Cucire in questa fastidiosa penombra può apparire impossibile, eppure le mie dita volteggiano agevolmente sulla stoffa ruvida, accompagnando l'argentea danza dell'ago. E' così che trascorro gran parte delle mie giornate, ricucendo paracaduti militari. E' un lavoro lento e faticoso, eppure ne sono contenta: molte mie coetanee trascinano un'esistenza ben peggiore, intossicandosi in qualche miniera o strisciando per le strade alla vana ricerca di elemosine. Ritrovarsi nella spiacevole condizione di mendicante, oggi, significa essere condannati a morire di fame, senza scampo.
Io e mio fratello Shin ce la caviamo come possiamo, io cucendo per l'esercito e lui occupandosi del nostro fazzoletto di terra gelata, che si ostina a chiamare orto. Non è facile, ma ci spalleggiamo a vicenda e in qualche modo riusciamo ad andare avanti: ogni tanto il mio lavoro viene ricompensato con sardine e carne essiccata, mentre gli sforzi di Shin ci beneficiano di riso e patate, in un paio di occasioni anche di zucche. Questo quando il tempo e le stagioni ce lo permettono.
Il vago rombo di un tuono echeggia in lontananza, spezzando il monotono tamburellare della pioggia. Probabilmente anche stanotte ci sarà un temporale coi fiocchi, magari uno di quelli brevi e violenti tipici di marzo. Dovrebbe essere primavera, eppure fa freddo come se fossimo nel cuore dell'inverno.  
“Kurosaki-chan...”
Alzo gli occhi: a chiamarmi è stato un vecchio, con il corpo scheletrico stretto in cenci pietosi e un volto talmente rugoso da far sembrare ad una ragnatela di carne. Un paio di ciuffi striati di bianco risaltano contro il cranio, in aperto contrasto con gli occhi del colore dell'inchiostro. Ci sono tuttavia un paio particolari che lo differenziano da qualunque altro uomo: innanzitutto, l'assurda trasparenza della sua pelle, e in secondo luogo il fatto che stia fluttuando a mezz'aria.
“Buonasera, Inoue-san” lo saluto educatamente. “Ci sono notizie dal fronte?”
Lui solleva cautamente la testa. Tra le rughe e le grinze spiccano varie piccole cicatrici, visibili persino nell'eterea vaporosità della morte.
“La cerchia periferica di Osaka è stata bombardata di nuovo” riferisce con voce stanca, sommessa. “E' il quinto attacco, ormai. Tuttavia per il momento hanno risparmiato Kyoto, e dobbiamo essere grati: è una splendida città, ma così fragile... se decidessero di raderla al suolo, non saremmo più in grado di ricostruirla...”
“Di Tokyo non si sa niente?”
"Nessuna novità."
Mi rendo conto di starmi mordicchiando il labbro, e smetto immediatamente. Dovrei cancellare Tokyo dalla memoria, lo so, ma mi è impossibile: in fondo è pur sempre la mia città natale, le immagini dei miei genitori sono tutte impresse lì. Inoue-san deve intuire il mio lieve turbamento, perché mi domanda con fare discorsivo: “E il giovane Shin-san, è ancora al lavoro?”
“Oh...” bofonchio. “Sì, certo.”
“Kaoru pare piuttosto interessata a lui, benché non sia il migliore dei partiti” sospira lo spirito. “Non voglio che mia nipote si ritrovi sul lastrico così presto, è ancora molto giovane e deve compiere le sue scelte con oculatezza. E un simile matrimonio non le recherebbe il minimo profitto economico, poco ma sicuro.”
La sua osservazione mi offende un poco. È vero che io e Shin ora risiediamo nella soffitta della sua vecchia casa, ma non c'è alcuna ragione di marcarlo, è una realtà già sufficientemente umiliante.
In tono piccato, replico: “Già, la guerra ci ha impoveriti tutti. Purtroppo, non sono molti a nascere fortunati e benestanti come i baroni di Kyoto.”
Un sorriso impalpabile gli sgualcisce il volto. “Naturalmente, mia cara, naturalmente. Ma malgrado tutto, sarei orgoglioso di accogliere nella mia famiglia due persone come te e tuo fratello, Kurosaki-chan... le vostre condizioni non sono le più prosperose, ma i vostri valori morali sono un tesoro di gran lunga più prezioso.”
Che valori morali? Tutto quello che abbiamo è mero istinto di sopravvivenza. Ritengo più saggio non farglielo notare e adotto un tono neutro, forse con un pizzico di ipocrisia.
“La ringrazio, Inoue-san. Non so se Shin sia un candidato accettabile o meno, ma Kaoru è una brava ragazza e sono sicura che se la caverà.”
Detesto la banalità, però lo spirito mi rivolge un cenno d'approvazione, con un lampo di fierezza nello sguardo vitreo. Riprendo a occuparmi del paracadute. La ruvidezza del tessuto mi punzecchia i palmi mentre cucio insieme due brandelli particolarmente grossolani, quasi squamosi al tatto. E' un bene parlare di argomenti come possibili matrimoni, perché ti permette per qualche breve istante di dimenticare la guerra. Se avessimo pensato sempre e solo all'agonia dei nostri compatrioti, presto o tardi avremmo perso la ragione.
Inoue-san si accoccola in un angolo e rimane a guardarmi a lungo, come soppesandomi. Chissà, forse mi attribuisce una buona reputazione solo per il fatto che posso vederlo, che posso smorzare la sua solitudine. Ammetto che comunicare con gli spettri non rientra nella normalità, ma questo, più che il turbamento, acuisce la mia compassione: dev'essere orribile trascorrere la propria esistenza incatenati al mondo dei vivi, senza poter interagire con nessuno o quasi, senza potersi dirigere verso il luogo a cui si è destinati. Cosa blocca gli spiriti sulla terra? Vorrei chiederlo, però temo di incupire Inoue-san ancora di più: e se non lo sapesse neppure lui?
Quando Shin torna a casa, alcune ore dopo, ci ritrova così, lui rannicchiato in un angolo, io seduta a cucire sul pavimento. I passi di mio fratello sono molli e sciaguattanti, e quando appare nella soffitta somiglia più a un Kappa che a un ragazzo umano: i logori abiti di stoffa grezza sono inzuppati d'acqua, che gocciola a terra formando piccole pozze scure, e sottili perle di pioggia rilucono tra i suoi capelli, appiccicati al viso come insolite alghe rossicce. Se le scosta pacatamente dalla fronte con l'unica mano rimastagli, e rimane a fissare per un lungo momento il punto in cui si trova Inoue-san; lo percepisce, anche se non lo distingue ancora con nitidezza. Il vecchio lo osserva con interesse.
Oniichan.” Mi alzo in piedi, e m'affretto a cercargli un cambio di vestiario. “Ti verrà la febbre, insistendo a spremerti in questo modo. Dovresti stare più attento.”
“Ho dovuto” replica lui, battendo leggermente i denti mentre si spoglia e si infila giacca e pantaloni, vecchi ma ancora in buone condizioni. “Le patate stanno deperendo, il campo è mezzo allagato. Se continua di questo passo, perderemo il raccolto.”
Mi si rizzano le radici dei capelli. Perdere il raccolto è un lusso che proprio non possiamo permetterci.
“L'inverno non può durare per sempre” dico debolmente. “Domani ti aiuterò anch'io, sono certa che ci sosterrà anche Kaoru e in qualche modo ce la faremo. Come sempre.”
Lui s'appunta una spilla sulla manica sinistra, tristemente vuota e ripiegata su se stessa laddove avrebbe dovuto esserci un braccio. Mentre la sistema lo sento borbottare tra sé e sé 'Come sempre'. L'accenno a Kaoru gli ha dipinto in viso un'espressione indecifrabile.
E' tardi, ormai. Alimentiamo la nostra piccola stufa bruciandoci dentro antiquate riviste, quindi mettiamo in caldo la cena: due ciotole di nukapan, un amaro intruglio a base di crusca e farina di frumento. Non è granché, ma almeno è qualcosa. Mastichiamo lentamente, senza parlare, solo vagamente consapevoli della taciturna presenza di Inoue-san. Mentre deglutisco, osservo mio fratello: il suo viso è smagrito e scavato dalle privazioni, la pelle cinerea, gli zigomi infossati. Non ha più nulla del ragazzo vivace ed esuberante che saltella nella mia memoria, è solo la sua tetra caricatura. Ciononostante, gli voglio bene più che a chiunque altro al mondo: ha solo due anni più di me, eppure si è caricato sulle spalle il ruolo di mio guardiano fin dalla morte di nostro padre, travolto da un crollo nella fabbrica in cui lavorava. Allora ero una bambina e non ricordo chiaramente l'episodio, tutto quello che rammento è il volto scuro di Shin e il suo pianto silenzioso. Prima e unica volta che abbia mai visto mio fratello piangere: se c'è qualcosa che di sicuro non manca al mio cocciuto oniichan è l'orgoglio. Non ha pianto neppure due anni fa, quando l'esplosione di una granata gli ha strappato il braccio, ponendo fine alla sua breve carriera militare. Mi angoscio ancora al pensiero della terribile ansia di quei giorni, quando ancora non sapevo se sarebbe morto o o se l'amputazione lo avesse salvato.
Grazie al cielo, la vicenda non si è conclusa col suo funerale. Non so se resisterei a lungo, senza Shin.
Ho bisogno di lui, un disperato bisogno. Anche se questo naturalmente non glielo confesserò mai.
“Raiha?”
Sbatto le palpebre, guardando Shin con aria interrogativa. “Sì?”
Lui apre la bocca, esita e la richiude. “Non importa” taglia corto, posando a terra la ciotola vuota e distendendosi sul suo pagliericcio. “Ne riparleremo. Cerca di riposarti, domani sarà una giornate intensa.”
“Certo, oniichan.”

Un appartamento di dimensioni modeste, grazioso nella sua sobrietà.
Edifici curvi e scuri avvolti in una calma quasi mistica.
Fuochi d’artificio che tagliano il fosco cielo di Tokyo, divampando in una nuvola di fiori di luce.
La voce bassa e monocorde di un uomo, a breve seguita da un’allegra risata infantile.
Un bambino e una bambina che fissano meravigliati i fuochi d’artificio, seduti sulle ginocchia di un uomo.
Hanabi…

Un urlo acuto spezza il silenzio della notte.
Sussulto bruscamente, col cuore a mille, gli occhi spalancati nell'oscurità. Non si vede ancora il più sottile raggio di sole, devono essere le tre o le quattro di mattina. A pochi metri da me scorgo la sagoma di Shin, raggomitolata come un gatto, tranquillamente assopita. Possibile che Shin non abbia udito niente? E se quel grido fosse echeggiato solo nella mia testa?
Rilasso i muscoli. Che sciocchezza... devo aver fatto un brutto sogno, ecco tutto. Un incubo. Straordinariamente realistico, ma pur sempre un incubo.
Sto per riabbassare le palpebre quando l'urlo risuona di nuovo, stavolta più vicino, e se possibile ancora più straziante. E' la voce stridula di un ragazzino, inasprita da una nota di puro terrore.
“Shin! Shin svegliati!” Provo a scuotere mio fratello, ma lui mugugna qualcosa e si gira dall'altra parte. Non posso contare su di lui, il freddo e la fatica lo hanno sfiancato.
Cerco a tentoni una mantella e me la getto sulle spalle, quindi scendo le scale due a due. Inoue-san è scomparso, probabilmente in camera di Kaoru a vegliare sul sonno della nipote. D'altro canto, un essere incorporeo non potrebbe essermi d'aiuto contro un pericolo materiale… ma che accidenti vado a pensare? Che pericolo potrà mai esserci, a Karakura? Sicuramente si tratta di un bambino che è incespicato e s’è sbucciato un ginocchio. Nulla di più.
Esco cautamente di casa, sgattaiolo in giardino. Ha smesso di piovere, eccezion fatta per poche ostinate gocce che ancora stillano dal cielo plumbeo. Adesso l'urlo si è sciolto in un pianto basso e angoscioso, inframmezzato di singhiozzi; si direbbe che il bambino si trovi appena oltre il muretto, da tanto suona vicino. Magari è uno dei tanti orfani di guerra, o un piccolo mendicante stroncato dalla fame. Mi sporgo verso l'esterno con la massima circospezione: accasciato contro il muro c'è un esserino minuscolo, sui sei o sette anni, più morto che vivo e con le carni pallide come quelle di un affogato. E' scosso da pietosi singulti.
Per un momento esito, dubbiosa, poi mi decido a farmi avanti. Attorno a me è calato un silenzio irreale, ma sono troppo preoccupata per il bambino per farci caso. Mi inginocchio accanto a lui.
“Stai bene?” domando, con più gentilezza possibile.
Il ragazzino fa cenno di no con la testa, senza smettere di piangere. Ciuffi di capelli umidi gli nascondono il viso, vedo solo le lacrime che gli scivolano lungo il mento per poi ricadere sul colletto sdrucito. Le sue costole spiccano contro il torace magro. Sta congelando, ci scommetterei. Stanotte potrebbe restare nella soffitta con me e Shin, e se a Kaoru è avanzato un po' di nukapan potrebbe nutrirsi di quello... meglio che niente.
“Forza, vieni” lo incito, prendendolo per un polso e aiutandolo a sollevarsi in piedi. “Almeno per questa notte dormirai con un tetto sulla testa e...”
Non riesco a finire la frase che qualcosa mi serra la gola: non una mano o un laccio, ma qualcosa di spesso e viscido, come un grosso tentacolo. Annaspante, lo artiglio, graffiandolo con tutte le mie forze, ma la sua presa vischiosa non si allenta minimamente.
“Stupidi umani... non c'è gusto nel predarvi, siete troppo facili da ingannare” sibila una voce bassa e gutturale alle mie spalle, con una nota di crudele divertimento. Un brivido mi attraversa la spina dorsale: che razza di bestia può avere una simile voce?
Sgomenta, piego appena il capo per vedere il mio aggressore, ma quello che si presenta alla mia vista è troppo pazzesco per essere reale. Il mio cuore manca un battito, trafitto da un'indicibile ripugnanza. La cosa dietro di me è un nauseante ammasso di pelle smorta e piaghe purulente, da cui cola una disgustosa sostanza grigiastra simile a muco; una dozzina di lunghi tentacoli serpentini si dimena a mezz'aria, rovesciandosi su se stessi, rivelando pezzi di carne marcia e bianchiccia ad ogni contrazione. Uno di quei tentacoli è stretto alla mia gola.
Il mostro emette una risata strozzata. Non capisco se abbia gli occhi o dove si trovi la bocca, ma quasi quasi preferisco non saperlo. Dev'essere alto all'incirca due metri, forse anche di più... com'è possibile che non l'abbia visto prima? E che fine ha fatto il bambino?
La stretta del tentacolo si rafforza, e io non riesco a trattenere un lamento. Mi sembra di avere un anello di fuoco attorno al collo. L'ossigeno comincia a mancarmi, vedo lampi rossi squarciare la notte.
Sto morendo.
Così. Adesso. In questo posto.
Un velo di lacrime mi offusca gli occhi. Non voglio morire.
“Shin...” bisbiglio rocamente, conficcando le unghie nella pelle dell'essere. “...Sh-Shin...”
Un dolore rovente mi trapassa la gola. Adesso non tocco più terra, i piedi penzolano nel vuoto come quelli di un impiccato o come la coda di un pesce preso all'amo. I polmoni mi scoppiano nel petto, il cuore martella all’impazzata mentre spalanco la bocca alla disperata ricerca di aria...
E di colpo la trovo.
Ricado a terra, crollando in ginocchio, incapace di bloccare il violento tremito che mi scuote le gambe. L'aria fredda della notte è come un pugnale per la mia gola scorticata, ma la aspiro avidamente, bramosa, senza curarmi del bruciore inflitto. Mai pugnale fu più gradito.
“Tutto a posto?”
Sollevo la testa. Sopra di me incombe qualcuno, un uomo avvolto in una strana divisa color felce; è giovane, ha un viso affabile e sorride cordialmente. Sotto il cappello da pescatore sporgono ciocche biondo cenere, tra cui s'intravedono occhi di una bonaria tonalità verde scuro. Mi tende una mano: io l'afferro e mi tiro su.
“Sì... grazie” boccheggio a fatica, saggiando con cautela le corde vocali. “Che... che diamine era quella cosa?”
“Un Hollow, un'anima dannata” risponde il nuovo arrivato con calma prontezza. “Di solito non si spingono fino a Karakura. Suppongo sia stato attratto dalla tua reiatsu.”
“La mia reiatsu?”
“Il tuo potere spirituale, chiamalo come vuoi. Se non ne avessi avuto, non saresti stata in grado di vederlo, né di sentirlo... così come ora non saresti in grado di vedere e sentire me.” Notando la mia confusione, aggiunge: “Non ti capita mai di avvertire cose inconsuete, cose che nessun altro riesce a percepire? Di avere premonizioni, o vedere spettri?”
Annuisco lentamente, pensando a Inoue-san. E' la reiatsu a permettermi di vedere i fantasmi? “Aspetta un momento, questo significa che anche tu sei uno spettro? Ma sei tangibile... ti ho toccato.”
“Sono uno Shinigami, non uno spettro” precisa il biondo, ora più serio. “Annientare Hollow e purificarne l'anima è il mio incarico principale. Confido che non parlerai a nessuno di quello che è accaduto stanotte... i tuoi amici e familiari stanno trascorrendo tempi spiacevoli, non è necessario aggravarli con preoccupazioni inutili.”
“E se un altro di questi Hollow tornasse a Karakura?” L'immagine di Shin aggredito da un ripugnante mostro soprannaturale è una ferita di gelo.
“In tal caso, farà la stessa fine del nostro ospite.” Fa un distratto cenno dietro di sé, dove giace il corpo smembrato e fumante dell'Hollow, simile a un polpo putrefatto. “Comunque io sono Urahara Kisuke, onorato di fare la tua conoscenza.”
Urahara... sarà il proprietario dell'emporio Urahara? Kaoru una volta mi ha detto che è gestito da un matto, ma l’unica cosa folle di quest’uomo è la velocità con cui si trasforma da tranquillo bonaccione a fulmineo assassino. Semmai è il mio equilibrio mentale quello a rischio…
Ricapitolando: sono stata quasi strangolata.
Da uno spirito maledetto.
Sono stata salvata.
Da un dio della morte.
La mia risata echeggia così forte da stupire persino me stessa, e i miei muscoli facciali si tendono con sorpresa: è una risata un po’ isterica, ma è pur sempre una risata, e credo sia la prima da diversi mesi. Non sono mai stata più confusa, eppure al contempo mi sento perfettamente in pace con me stessa, come se tutta la paura, il dolore e la frustrazione accumulati negli ultimi mesi scivolassero via insieme a quella risata.
Kisuke inarca un sopracciglio, in paziente attesa.
“Kurosaki Raiha” mi presento alla fine, senza fiato. “Perdonami ma… insomma, è la prima volta che incontro uno Shinigami. E anche un’anima dannata, per la precisione… non sono mai stata più convinta di essere pazza.”
“Un errore comprensibile.”
È assurdo credere all’esistenza degli Shinigami così, senza la minima prova, ma cosa vi aspettate da una visionaria che vede gli spiriti dei defunti e sfugge per miracolo all’assalto di un Hollow?
È notte fonda, il cielo è gonfio di nuvole. L'aria pungente profuma di pioggia. Dovrei tornare di corsa in casa e rinchiudermi nella soffitta, invece mi appoggio al muretto del giardino di Kaoru.
“Allora, Kisuke-san... cosa sono, esattamente, gli Shinigami?”



*********************

Ahh questo capitolo mi ha fatto impazzire >.< l’ho cancellato e riscritto tipo cinque volte, e ogni stramaledettissima volta cambiando il tempo e la persona. Alcuni punti non mi convincono, ma ormai mi dà la nausea e se lo rileggo ancora do di matto, perciò lo pubblico così com’è e al diavolo se non è perfetto. Nel prossimo vedrò di approfondire di più la psicologia dei personaggi, in questo è decisamente mancata.

Rayen: o.O ma…!
Six: e non protestare sempre, tu! (agguanta Trèbol)
Rayen: ehi, ridammi Trèbol, ladra!
Six: guarda che è stato Szayel a fregartelo, io l’ho semplicemente rubato a lui…
Rayen: >.< è uguale! Rendimelo!
Six: sì, col cavolo. Erabe, Trèbol! Las Moiras… (la freccia argentea si punta contro l’Arcano Sin Nombre e un bagliore azzurro avvolge lo scudo…)
Si chiude il sipario.

..:: Elos: grazie, crepi il lupo ^^ spero che anche questo capitolo ti sia gradito, nonostante i casini vari che ci ho buttato in mezzo… Per quanto riguarda il manga pazienta ancora un po’, non puoi assolutamente perderti la saga di Hueco Mundo!

..:: Exodus: ed ecco qua il mio puntiglioso critico :) si il sogno doveva creare quell’effetto, ironia e assurdità e inquietudine fusi insieme… mi fa piacere sapere di avercela fatta! ehe all’inizio le battaglie erano una disgrazia da scrivere, adesso se non ce n’è qualcuna quasi mi annoio… xD Rayen in quel frangente era stordita, ma una volta finiti questi capitoli di flashback il punto sarà chiarito. Grazie della recensione!

..:: Garconne: ahah sono contenta che ti piaccia! Grazie per la recensione :)

  
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