In meno di cinque metri quadrati lui vede solo erba.
Inghilterra
se l'è chiesto il giorno stesso in cui è nato,
com'è che facciano
le fatine ad essere così belle, dopo di che non ha
più smesso di
farlo. Forse di domande ne sono subentrate delle altre –
perché la
Francia deve essere così schifosamente vicina?
Perché l'America
così dannatamente lontana? - però quella
è rimasta lì, fissa
nella sua mente, tra una strofa di “God
save the Queen”
e l'altra.
Inghilterra strappa un altro ciuffo verde. Non si
arrabbia mai con le silfidi, però ogni volta che le vede
infilarsi
nel boschetto e ridacchiare di lui, un moto di rabbia gli arriva al
cervello. Che hanno da ridere? Non hanno mai visto un
gentleman?
Inghilterra sbuffa (in realtà è già la
dodicesima
volta che lo fa, ma non vorrebbe sembrare troppo scortese). Dannato
lui, dannate silfidi, dannato aspetto rude che Francia gli rimprovera
sempre (e a questo punto anche dannato Francia). Che ci può
fare? I
suoi capelli e le sue sopracciglia sono così, ricorda di
averli...
Sì, più o meno da quando è nato. Mica
puoi cambiarli!
Inghilterra
si trascina fino al laghetto, calmo, quieto, adorabilmente
silenzioso. E per fortuna non c'è nemmeno una rana.
I suoi
capelli sembrano ispidi e sa bene che basterà toccarli per
averne la
conferma. Le sue sopracciglia sono troppo folte. Lui a Francia non ci
somiglia per niente, questo è un po' un male, un po' una
consolazione. Non assomiglia neanche alle silfidi e questo lo
potrebbe addirittura rendere triste. Brutte facce, brutte persone,
brutte sopracciglia sulle facce delle persone (questa è
l'opinione
di Francia) a cui Inghilterra non può sottrarsi.
Lui vorrebbe
essere brillante brillante, vorrebbe che le altre Nazioni pensino
“oooh, è arrivato Inghilterra” e che lo
guardino ammirate.
Inghilterra invece non è affatto raffinato. Francia non
manca mai di
ricordarglielo.
Inghilterra tira un sassolino nel lago, alla sua
destra le silfidi ridono ancora, probabilmente di lui. Loro gli
piacciono, le silfidi sono sempre state snelle, belle ed eleganti.
Si
specchia, si specchia, si specchia e si ricorda di quanto sognava di
essere bello e scintillante.
Il mento vagamente appuntito, la
mandibola perfettamente proporzionata, labbra morbide e rosee,
espressione fiera, di freddo calcolatore, occhi capaci di spaventare,
sopracciglia quantomeno presentabili e capelli brillanti brillanti.
Inghilterra avrebbe proprio sognato di essere così.
Ma poi a
un certo punto di rende conto che, nel mondo, in quell'ostile,
ingrato ed orribile mondo, c'è qualcuno che lo apprezza
così com'è.
Che lo vede brillare anche se in realtà non brilla affatto,
che lo
vede attorniato da uno scintillio che lo fa quasi sembrare un eroe
anche se quelle sono solo goccioline di pioggia che disturbano la
quiete della sua Londra, che lo vede come se fosse la persona
più
bella, più risoluta, più determinata e forte di
tutto il mondo,
quando Inghilterra stesso sa benissimo che le sue buone azioni
possono contarsi sulla punta delle dita, mentre le cattive, i fatti
di popoli assoggettati e di altri gettati sul fondo del mare,
riempiono i racconti del suo passato.
Eppure tutto questo lo fa
sorridere, proprio come stanno facendo le silfidi mentre lo fissano
dal loro placido boschetto, e sorride anche perché sa che
America
comincerebbe a tirargli la manica e a chiedergli che cosa sono quelle
strane creature, che cosa vogliono, perché stanno ridendo e
che
lingua parlano, perché lì da lui piove sempre,
perché gli piace
così tanto il tea, perché la sua casa
è piena zeppa di modellini
di navi, di bottiglie di rhum, di impronte di zoccoli e di vecchi
ricordi.
Perché probabilmente America non lo sa ancora...
Perché
non ha ancora capito quanto una Nazione possa diventare dipendente
dal suo passato, più che dal suo presente.
Forse nemmeno
Inghilterra ha ancora capito a fondo il concetto, però sa
benissimo
che la storia di ognuno di loro – di ognuno di quelli come
loro –
si basa sugli errori quanto sulle conquiste. Forse nemmeno
Inghilterra ha ancora capito che arriverà ben presto il
momento di
impararlo.
Il riflesso di una silfide compare all'improvviso
nell'acqua, accanto alla sua capigliatura folta e ispida e alla sua
espressione imbronciata – e con quell'accenno di sorriso che
fa
prepotentemente capolino ogni qual volta nella sua testa lui ripete
il nome “America” e lo accompagna a quei due,
enormi e splendidi
fari azzurri, che lo guardano come se le sue fossero le sopracciglia
più normali del mondo.
E a quel punto Inghilterra rischia quasi
di cadere nell'acqua – maledetto Francia! Alla fine
è sempre colpa
sua!
Eppure tutto questo lo fa sorridere, perché se fosse
lì in
quel momento America indicherebbe la superficie del lago e gli
chiederebbe: “E quella che cos'è,
Igghittewwa?”
Inghilterra
manda giù un altro sorso, facendo una smorfia quando si
rende conto
che, adesso, dopo la seconda bottiglia, non è ancora
abbastanza
ubriaco da sentire quel bruciore scemare.
E soprattutto perché
adesso, dopo la seconda bottiglia, non è ancora abbastanza
ubriaco
da cancellare quella brutta faccia dalla sua testa una volta per
tutte.
America è seduto qualche metro più in
là, i gomiti
poggiati sul bancone e l'espressione di chi vorrebbe ridere, ma
è
troppo disgustato per riuscire davvero a farlo. Inghilterra ne
è
sicuro – mentre manda giù un altro bicchiere di
whisky – che
America è lì soltanto per infastidirlo con la sua
presenza.
Allora
Inghilterra decide di bere così tanto da cancellare la sua
presenza
e guarda se c'è qualche fatina, lì intorno, che
possa approvare la
sua geniale idea.
Ma purtroppo c'è soltanto un poltergeist; e
Inghilterra non è troppo sicuro che i consigli di un essere
malvagio
possano essere validi ed aiutarlo. E quindi preferisce starsene
zitto, piuttosto che rischiare, e continuare a guardare il suo
riflesso sul fondo del bicchiere.
Le sopracciglia folte ci sono
ancora, i capelli arruffati Anche. Eppure, mentre continua a
guardare, si accorge che non c'è più nessun lago
cristallino, né
un prato verde e che le nuvole sulla Cornovaglia non sono niente di
meno che cappe di fumo sulla sua testa, che volteggiano da una parte
all'altra e che riempiono l'intero pub. Si rende conto che America
è
davvero lì, ma che non ha affatto intenzione di correre
verso di lui
per abbracciarlo, né di urlare il suo nome, di baciarlo, di
accarezzargli i capelli come se fossero la cosa più bella e
più
morbida del mondo. Che America non ha affatto intenzione di alzare il
culo da quello stramaledettissimo sgabello e di andargli a chiedere
che cosa sia quell'esserino dispettoso che volteggia nell'angolo
della sala, più o meno all'altezza dell'appendiabiti.
A quel
punto Inghilterra estrae una foto dalla tasca, quella foto che lo
ritrae assieme a Clarice, l'unica persona – ehm, l'unico
essere
fatato che riesca veramente a capirlo.
E lo fissa, la criniera
luccicante come i capelli dei suoi sogni e il corno luminoso in mezzo
alla fronte, mentre lui stesso, stampato a colori lì sopra,
sorride
con uno sguardo stanco. E si arrabbia perché adesso, dopo la
seconda
bottiglia, non è ancora abbastanza ubriaco per sentirsi
felice come
in quel momento – quando la foto fu scattata o quando sognava
il
dito paffuto di America che indicava la silfide sull'acqua.
Perché
poi sa benissimo che tutti lo prendono in giro, fingendo di vedere su
quella foto soltanto lui e nessun unicorno, chiedendo
“perché stai
abbracciando l'aria?” e non domando invece “che
cos'è quello
strano cavallo?”; come se lui si comportasse come un folle.
È
tutta una trovata di Francia per fargli un dispetto, lui ne
è
sicuro, è tutta una trovata di Francia per farlo
innervosire.
Quando manda giù un altro bicchiere, Inghilterra
sente la testa girare. Subito dopo nelle sue orecchie altro non
c'è
che un tonfo sordo, e nel suo cervello altro non c'è che un
dolore
forte e acuto alla fronte.
Probabilmente deve essersene accorto
mezzo locale (la metà meno ubriaca e solo un po' brilla)
perché
molte risate prima si sono spente, dopo di che si sono intensificate.
Inghilterra vorrebbe saper non dare nell'occhio – maledetto
Francia, anche questa è colpa sua.
Poggia la foto sul
bancone, perché le mani gli servono a recuperare
l'equilibrio.
Eppure, quando sta per sollevarsi (o almeno a provare) sente che due
mani lo afferrano per le ascelle e cercano di trascinarlo
via.
America dietro di lui ha l'espressione seria e guarda tutti i
presenti, come se bastassero i suoi eroici occhi a rimproverarli per
aver deriso un povero (idiota) ubriaco. Inghilterra vorrebbe
guardarlo, ma sa che un movimento troppo brusco disturberebbe il suo
stomaco così tanto da fargli rigettare tutti i litri di
alcol
ingeriti direttamente sul bancone. E – diamine –
soltanto il
pensiero fa aumentare la sua nausea.
Le mani di America lo
stringono e lo alzano dalla sedia, Inghilterra vorrebbe dirgli di
stare attento al poltergeist, perché è dietro di
lui e ride, perché
probabilmente vuole fargli lo sgambetto o qualcosa del genere. Eppure
America non cade, né inciampa, come se non ci fosse nessun
poltergeist dietro di lui (infatti non si era nemmeno accorto della
sua presenza) o come se lo spirito avesse desistito dal fargli un
dispetto.
Ma comunque, guarda la foto per un attimo, mentre
sistema la schiena di Inghilterra contro il petto e con un braccio
cerca di afferrargli il dietro delle ginocchia, per alzarlo da terra.
Anche l'occhio di Inghilterra – la coda dell'occhio
– fissa la
foto. E lui sta sorridendo e l'unicorno anche. E probabilmente
America non capisce quale delle due cosa sia la più strana.
“E
quello cos'è, Inghilterra?”
Mmm...
La fine. Sì, la fine.
Non so se la fine si capisca molto, ma non
volevo descrivere altro, altrimenti... Boh? Credo che avrei potuto
rovinarla.
La domanda di America è la stessa che rivolge ad
Inghilterra (o che Inghilterra immagina che gli rivolga) all'inizio,
quando vede il riflesso della silfide.
E Inghilterra non capisce
se adesso si riferisca al fatto che lui stia sorridendo (cosa
piuttosto rara, almeno dopo la Guerra d'Indipendenza) o
all'unicorno.
Beh e probabilmente non lo capite voi, nemmeno io,
ma in fondo Inghilterra ubriaco e tutto nasce dal fatto che Francia
è
sempre lì per fargli un dispetto. :D