Fiore Vermiglio
“La mia giovinezza
non fu che una oscura tempesta,
traversata qua e là da soli
risplendenti;
tuono e pioggia l'hanno talmente devastata
che
non rimane nel mio giardino altro che qualche fiore vermiglio.”
Nel gazebo di casa Malfoy Draco stava
leggendo delle poesie babbane. Ci era voluto del tempo perché si
convincesse a leggere quegli stupidi libri ma Blaise aveva così
insistito che si era lasciato convincere e aveva accettato il volume
di un ignoto Charles Baudelaire.
Gli piaceva quella persona.
Aprendo il libro aveva pensato amareggiato
che potesse essere il solito libro noioso che avrebbe lasciato
perdere dopo due pagine.
Eppure, andando
avanti nella lettura, si era reso conto che quelle poesie non
parlavano di amore spirituale o di religiosità ma anche e
soprattutto di sesso, amore carnale, droghe….
Gli ricordava tanto se
stesso durante la sua adolescenza, quando l’unico problema era
scegliere a che party andare, quale ragazza accontentare o che
vestito mettere.
Arrivò poi alla poesia “Il
Nemico” e si bloccò sconvolto.
Quella frase, quelle parole, quella
malinconia…. Era come nei film babbani, all’improvviso
arrivava quella tempesta che sconvolgeva tutto, che faceva cadere nel
baratro più profondo, e quella tempesta era lui: Voldemort.
Appena era
ritornato la sua giovinezza si era bruscamente interrotta e Draco era
stato catapultato in un mondo più grande di lui.
Da quel momento tutto era finito: l’amore della sua famiglia,
il suo nome, le ricchezze che possedeva, ciò che prima era il tutto
si era tramutato subito in polvere sparsa nell’aria.
Eppure… eppure
esistevano ancora dei soli risplendenti.
Era strano pensare a lui come ad un sole risplendente ma era
la verità, pur odiandolo doveva ammettere che lo aveva salvato.
Durante gli ultimi anni a scuola aveva pensato di non
avere speranza, che il suo destino fosse ormai deciso. Ma quando
sentiva la notizia che Colui-Che-Era-Sopravvissuto era vivo ed era
intenzionato a distruggere una volta per tutte il Male il suo cuore
si riempiva di gioia e timore: timore che non ci sarebbe riuscito,
timore di vedere quel sole spegnersi nel buio delle tenebre, timore
di vederlo travolto dalla tempesta.
Draco
si era alzato dalle comode poltrone del gazebo e stava camminando tra
le centinaia di fiori dai colori vivaci e dai nomi sconosciuti,
collezionati in lunghi viaggi da ogni parte del mondo.
Era arrivato nel roseto
continuando a leggere, ormai sapeva la strada a memoria, e si fermò
davanti ad un cespuglio curato e chiazzato di macchie, come se un
distratto pittore avesse schizzato del rosso sul verde della pianta.
I fiori vermigli.
Nelle frasi di Baudelaire sembrava
che questi fossero una nota positiva, come quando dopo un uragano si
contano le case in piedi e le persone sopravvissute con una gioia
contenuta ma sempre più presente, eppure per Draco non era così.
Quei fiori erano il continuo monito al senso di colpa che doveva
colpirlo.
Draco non voleva che il tempo cancellasse l’immagine di quelle
vite spezzate, delle famiglie lacerate, del silenzio spaventato per
le vie, della sua adolescenza perduta; di tutto il danno che aveva
creato pur essendo anche lui un fiore vermiglio, dell’aiuto che
aveva dato alla tempesta e che, se non fosse comparso il sole,
avrebbe distrutto ogni cosa lasciando solo centinaia di fiori rossi
in un universo di nulla.