Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: beat    25/05/2010    4 recensioni
Perché non c'era limite quando in gioco c'era il Sommo bene.
Nessun limite.

{Prima classificata al contest "Distopie - Futuro Alternativo" indetto da Rota}
Genere: Dark, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kabuto Yakushi
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Disclaimer: i personaggi non mi appartengono e questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.

******************************************************************************************

-Autore: beat
-Titolo: Supreme's sake
-Genere: Generale
-Rating: Giallo
-Distopia scelta a modello: Scientifica
-Personaggi: Kabuto (apparizione di Orochimaru e alcuni OCs)
-Avvertimenti: One-shot, What if…?/Missing Moment
-Commento: parecchie note a fine fic! Buona lettura!


******************************************************************************************


Supreme's sake

La stanza era immersa nel silenzio.
Anche i cadenzati “bip” dei macchinari erano come ovattati, come se fossero lontani, come se non appartenessero a quel mondo.
Si respirava un'aria pesante, un'atmosfera di tetra cupezza coperta dall'acre odore del disinfettante.
La giovane donna si guardò attorno, per quanto le fosse concesso dalle cinghie che la trattenevano, muovendo lentamente la testa a destra e a sinistra. Le braccia, legate alla lettiga, erano immobilizzate, come pure il tronco e le gambe. Si guardò attorno, gli occhi che guizzavano spasmodicamente da una parte all'altra della stanza, ma non riusciva a scorgere nulla nella penombra. La sola luce proveniva da una pigra lampadina che le illuminava il pancione. Gli elettrodi e i sottili tubicini che gli erano stati applicati sopra mandarono deboli bagliori quando lei cercò di spostarsi un poco.
L'ansia improvvisamente l'assalì.
Odiava quella stanza, non poteva farne a meno. Non riusciva a frenare i tremiti che le scuotevano anche i polsi ogni volta che ci pensava.
Quella penombra.
Quel silenzio.
Quell'innaturale calma.
Era tutto smorzato, come se non fosse reale. Come un sogno, un incubo ad occhi aperti. L'unica cosa che le ricordava che no, non era un sogno, era il pungente odore di ammoniaca che le faceva fremere le narici ad ogni respiro.
Odiava quel posto. Eppure eccola lì, ancora, ancora e ancora.
Per il bene di suo figlio, quel piccolo essere che amava più di se stessa, che in quel momento stava facendo le capriole nel suo ventre.
Si ritrovò a sobbalzare, la ragazza, quando sentì il lieve cigolio della porta che si apriva. Sollevò quanto poté il capo, per vedere chi era entrato.
Dalla penombra emerse Kabuto, il giovane medico che l'aveva in cura. Sospirò, lei, come se scioccamente avesse potuto davvero temere qualche cosa di male in quel posto.
Era vagamente inquietante, su questo non si poteva dire nulla, ma era il miglior ospedale della zona. Il Villaggio di Oto, sorto dal nulla non più di cinque anni prima, doveva solo ringraziare che quel medico, così giovane eppure così brillante e capace, avesse deciso di stabilirsi proprio lì da loro.
Le sorrise, Kabuto, e con voce calma e pacata la aggiornò sulla salute del suo bambino.
Sospirò di nuovo, la giovane donna, quando sentì che il piccolo stava più che bene, che gli esami prenatali erano tutti nella norma.

“È perfetto” le disse, facendola sorridere di viva gioia.
“Grazie dottore, grazie mille!”

Profusione di ringraziamenti, ogni volta. Kabuto sorrise, slegandola dal letto e aiutandola a scendere dal lettino. Le diede le ultime indicazioni su cosa fare, su come comportarsi quando il momento del parto sarebbe finalmente giunto.
Mancava poco ormai, e la ragazza – di nuovo radiosa ora che l'ansia era scemata via – annuì decisa, memorizzando tutte le istruzioni.
Ringraziò di nuovo, accorata come non mai, quel giovane medico così gentile e capace.

“E, mi raccomando, non si dimentichi di prendere le pillole. Per la circolazione.” Kabuto posò un involto di carta azzurra sul ripiano accanto il letto, dirigendosi poi verso la porta per permettere alla donna di rivestirsi.

“Grazie mille, dottore. Non so davvero come ringraziarla per tutto quello che ha fatto per me.”

Si voltò verso di lei, il giovane medico.
Sorrise caldamente, anche se le lenti degli occhiali riflettendo la luce del corridoio nascosero il suo sguardo.

“Non deve ringraziarmi, signora. Faccio solo il mio lavoro!”


*****

I passi di Kabuto riecheggiavano lievi lungo i corridoi di pietra. L'aria dei sotterranei era impregnata di umidità, e dal soffitto gli continuava a cadere in testa pesante acqua calcarea.
Qualche goccia bagnò i fogli che stava leggendo e una osò addirittura macchiare una lente dei suoi occhiali. Con un gesto impaziente, Kabuto l'asciugò, senza fermarsi.
Arrestò i suoi passi solo alla fine di quel lungo corridoio, dove una pesante porta di ferro sbarrava il cammino.
La aprì, entrando nel laboratorio. In fondo ad esso, chino su qualche cosa di non meglio identificato, c'era il suo maestro Orochimaru, bisturi in mano e macchie di sangue sulle maniche, uno schizzo anche sul viso.

“Allora?” chiese al suo sottoposto, senza alzare lo sguardo dal suo lavoro. Pungolava con la punta della lama una sezione asportata.
Kabuto si avvicinò, mantenendo tuttavia una rispettosa distanza.

“Il bambino è nato, e per ora sta bene. Ho cominciato i primi esami, e per ora non sembra esserci segno di rigetto.”
“Bene. La donna?”
“Morta.” di nuovo le lenti brillarono per la luce riflessa, un sogghigno per metà nascosto dalla mano che andò rapida a sistemare gli occhiali sul naso “L'anticoagulante che le ho dato nelle ultime due settimane ha funzionato a dovere. Nessuno sospetterà nulla.”
“Ottimo lavoro.”

Kabuto annuì.
Attese che il suo padrone parlasse di nuovo, ma Orochimaru aveva concentrato tutta la sua attenzione di nuovo sulla massa di carne morta che aveva davanti a lui.
Kabuto si allontanò, silenzioso e invisibile.
Ripercorse a ritroso il corridoio sotterraneo, l'umidità che filtrava da ogni roccia e gli si appiccicava sulla pelle.
Salì ripide scale, per sbucare infine da un passaggio nascosto in uno sgabuzzino dell'ospedale.
Si rimise addosso il camice e uscì, sorriso sentito sulle labbra e malefici piani in mente.
La nursery era proprio dietro l'angolo. Dal vetro poté ammirare i neonati. Li squadrò, con occhio clinico, attraverso il vetro che li divideva.
Inspiegabilmente tutte le loro madri erano morte, durante il parto o poco dopo. Una vera tragedia, un mistero, quasi come quello del loro concepimento. Erano tutte ragazze madri. Una specie di epidemia aveva toccato nove mesi prima Oto. Una dozzina di giovani donne si era trovata ad aspettare un figlio, senza sapere come. Una cosa davvero misteriosa.
Kabuto mascherò il ghigno che gli era affiorato spontaneo con l'altro sorriso, quello che usava quando indossava il candido camice di medico.
Entrò nella stanza, mandando fuori l'infermiera con una scusa.

“Servono delle garze pulite al paziente della 203. E nuove analisi per la 405.”

Solo con i bambini, Kabuto tirò fuori dal camice un astuccio. Dodici siringhe pronte, piene di liquido, rosso rubino.
Era solo l'inizio quello.
Ma sorrise Kabuto, il solo fatto che i bambini fossero riusciti a nascere senza problemi era di per sé una vittoria.
Pianse il primo bimbo, quando l'ago penetrò nel braccino. E continuò ad agitarsi, come in preda a spasmi. Come se il rosso liquido fosse fuoco nelle sue vene.
Kabuto rimase a fissarlo, occhio cinico di uno scienziato che guarda lo svolgersi del suo esperimento. Ci vollero alcuni minuti, ma si calmò, infine, il piccolo bambino. Respirava a singulti, ma respirava ancora.

“E uno” pensò Kabuto, passando alla culla successiva.

Era sveglio, quell'altro bimbo. Era stato il primo a nascere, alcune settimane prima degli altri.
Kabuto fissò con un brivido lungo la schiena quel paio di occhi dorati che avevano cercato i suoi. Il neonato allungò verso di lui le manine paffute – bianche, al limite del pallore considerabile sano.
Represse un nuovo brivido, Kabuto, afferrando una delle braccia e iniettando il liquido della siringa.
Ci mise molto di più a riprendersi, il secondo bambino. Ansimava pesantemente anche dopo che Kabuto aveva passato in rassegna gli altri neonati. Probabilmente quello non sarebbe sopravvissuto a lungo.
Kabuto se lo appuntò a mente, insieme a tutte le altre osservazioni della mattinata. Ci avrebbe pensato poi a redigere un'accurata relazione. Quando sarebbe stato solo, nell'umido seminterrato, senza occhi indiscreti in giro a fare domande le cui risposte sarebbero state come minimo inopportune.
Uscì velocemente dalla nursery, dirigendosi verso un'altra ala dell'ospedale.
E mentre curava ossa rotte e malanni vari, non faceva che pensare a quei bambini stipati in quelle culle affiancate. Calcolava le possibilità di sopravvivenza di ognuno, e le possibile alternative ai trattamenti cui doveva sottoporli.
C'era una buona speranza che almeno uno sarebbe sopravvissuto fino all'età adulta, ma Kabuto voleva aumentare al massimo il numero di soggetti su cui lavorare.

Perché ad Orochimaru-sama servivano ospiti, sani e forti. E lui avrebbe reso quei fragili esserini che ora dormivano nei loro lettini dei recipienti perfetti.
Li avrebbe allevati, con amorevole cura, apportando loro tutte le modifiche che sarebbero servite. Sviluppando in loro tutte le migliori abilità su cui era riuscito a mettere le mani.
Perché non c'era limite quando in gioco c'era il Sommo bene.

Nessun limite.





******************************************************************************************


NOTE:
Nota linguistica: Il titolo è proprio così come sembra “Supreme's sake”, per il bene del Supremo. Naturalmente inteso come “Ninja Supremo”, ovvero Orochimaru. Per cui anche nella penultima frase, quel Sommo va inteso nello stesso modo.
Nota investigativa: le dodici ragazze morte non sono morte tutte per la stessa causa. Kabuto è viscido, e anche molto furbo, e per ognuna ha creato una causa della morte differente. In modo da allontanare i sospetti. Che tanto nessuno sospetterebbe di lui, con quel suo bel faccino da bravo dottore! *-* (Beat odia Kabuto)
Nota medica: Il fatto che la ragazza all'inizio sia immobilizzata pur trattandosi di una visita di routine, è da imputarsi al fatto che Kabuto sta facendo degli esperimenti, mascherandoli da visita di controllo. E poi mi serviva un'ambientazione cupa! *-*
Nota temporale: Non ho la più pallida idea di quando sia collocabile temporalmente questo episodio. Per cui ho messo come avvisi sia What if…? che Missing Moment.
Nota distopica: Ovviamente Kabuto considera il bene del suo padrone come il bene superiore a cui lui e tutti gli altri dovrebbero aspirare. Sono partita dunque da questa visione molto distorta del comportamento di Kabuto. Essa diviene una distopia, seppur molto limitata, in quanto per il bene di Orochimaru tutto il resto diviene sacrificabile.
Spiegherò ora tutto il background della mia storia, nel caso non fosse chiara (sempre meglio mettere una spiegazione in più! XD): chi ha messo praticamente incinte le ragazze è stato ovviamente Kabuto, utilizzando materiale genetico di Orochimaru, modificato.
L'idea è stata ispirata da “Il mondo nuovo”, specie la parte in cui spiegano che ai bambini ancora non nati (se non ricordo male…) vengono somministrate vaccinazioni e altri fattori stimolanti per il ruolo che dovranno poi avere da adulti.
Kabuto fa lo stesso, anzi va oltre, cercando con l'ingegneria genetica di creare fin da prima della nascita dei bambini che in futuro possano diventare ospiti per Orochimaru. E visto che il serpentone ha la fissa per le abilità innate e le colleziona, Kabuto prova ad integrare anche queste.
Ho scelto di mettere solo l'input di questa storia, in quanto lo svolgimento, sapere come andrà a finire, è alla fin fine irrilevante. Bastano le premesse, il pensiero che vi sta dietro e che spinge gli uomini a comportarsi in maniere così terribili. L'essenza della distopia.



******************************************************************************************

Angolo dell'Autrice:



Sono orgogliosamente orgogliosa di presentarvi questa fiction che si è classificata prima al contest sulle Distopie - Futuro Alternativo
 indetto da Rota.
Era un tema davvero molto intrigante, e mi spiace di non essere riuscita a cavare fuori nulla di meglio di questa storia (non che abbia nulla contro questa fic, sia chiaro) perché le possibilità erano davvero infinite, ma il tempo, ahimé, quello è sempre contro.
Sono particolarmente soddisfatta di questa storia anche perché io odio Kabuto. Non lo sopporto, come personaggio non mi piace. Però devo ammettere che per ruoli come questo è più che perfetto! E riuscire a scrivere qualcosa di decente su di un personaggio che non mi piace è sempre una grande soddisfazione! XD

Quindi di nuovo un grazie infinito a Rota per averci dato la possibilità di scrivere su di un tema così bello! *-*


Fatemi sapere i vostri commenti, pareri o critiche.

Grazie a chi vorrà recensire e a quanti leggeranno e basta!

Beat


   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: beat