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Autore: Aledileo    27/05/2010    1 recensioni
Il terzo capitolo della Trilogia di Flegias è arrivato. Lo scontro finale tra le forze della luce e quelle della notte, guidate dal figlio di Ares, adesso Gran Maestro di Ombre.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Trilogia di Flegias'
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CAPITOLO TRENTOTTESIMO: LA FINE DEI GIOCHI

CAPITOLO TRENTOTTESIMO: LA FINE DEI GIOCHI.

 

“Non è stato poi così difficile!” –Commentò Virgo, uscendo dalla distorsione dimensionale, seguito da Ioria del Leone e da Pavit il devoto. –“Se anche il teletrasporto è reso impossibile dalle correnti di tenebra che pervadono l’isola, altrettanto non può dirsi per i portali dimensionali, che possono essere aperti ovunque!”

 

“In questo modo siamo arrivati anche noi sull’isola!” –Esclamò Ioria, fendendo con i suoi sensi felini l’oscurità in cui erano immersi. –“E, a giudicare dall’impetuoso ardere dei cosmi dei nostri compagni, pare che gli scontri siano già iniziati!”

 

“Lascia a Pegasus e a Libra il compito di tenere impegnate le legioni dell’ombra! Una missione ben più gravosa, e di salvazione, ci attende!” –Disse Virgo con voce pacata.

 

Stavano avanzando alla cieca nei sotterranei dell’Isola delle Ombre, in un dedalo di corridoi scavati nella roccia, inabissandosi sempre di più. Siderius aveva informato Ioria che Flegias aveva catturato decine di abitanti del Grande Tempio, obbligandoli a servirlo come schiavi, e il Cavaliere d’Oro si era promesso di liberarli, anche per onorare la memoria dell’allievo. Virgo aveva annuito, concordando con Libra un piano di attacco incrociato, e Pavit si era unito loro, sperando di ritrovare Tirtha.

 

“Se la ragazza ha saputo rendersi utile, è molto probabile che Flegias l’abbia lasciata in vita!” –Aveva commentato Ioria. E Pavit aveva dovuto dargli ragione, per quanto ciò non lo rendesse meno ansioso.

 

“Per di qua!” –Disse Virgo, scendendo verso gli oscuri antri, attirato da qualcosa che neppure lui riusciva a comprendere cosa fosse. Un fioco chiarore di cosmo.

 

“Questa tranquillità mi inquieta…” –Mormorò Ioria. –“Sopra di noi c’è un’intera guerra in corso, e qua sotto… qua sotto il vuoto primordiale…”

 

“Nemmeno una guardia… nessuno!” –Continuò Pavit, giungendo insieme ai due Cavalieri d’Oro in un ampio stanzone sotterraneo, non molto distante da una fornace, dove l’aria era colma di calore e di un odore pungente che rendeva faticosa la respirazione. Un odore di sangue e di morte.

 

“Dei dell’Olimpo!!!” –Esclamò Ioria, fermandosi e osservando il macabro panorama che si apriva di fronte a loro.

 

Decine, forse un centinaio, di corpi di uomini e donne giacevano sparsi sul terreno, massacrati senza pietà. Qualcuno aveva perso un braccio, ad altri era stato spaccato il cranio, e tutti erano immersi nel sangue, che imbrattava il suolo e saturava l’aria.

 

“Nooo!!!” –Gridò Pavit, correndo verso i cadaveri e girando loro attorno, affannosamente, alla ricerca del volto che tanto temeva di incontrare.

 

“Adesso si spiega l’assenza di guardie!” –Commentò Virgo, con un sospiro. –“Cosa avrebbero dovuto difendere?! Un cimitero di martiri?!”

 

“Maledetto bastardo d’un Flegias!” –Ringhiò Ioria, tirando un pugno contro una parete di roccia e spaccandola a metà. –“Abbiamo fallito!” –Aggiunse, con gli occhi lucidi. –“Siderius, abbiamo fallito!”

 

Virgo fece per voltarsi verso Pavit, ancora intento ad esaminare i corpi, quando notò un’ombra guizzare fuori dal mucchio di cadaveri e balzare proprio sul suo discepolo, sbattendolo a terra, mentre la lama di un pugnale luccicava nell’oscurità.

 

“Pavit!!!” –Lo chiamò Virgo, scaraventando la figura in penombra contro la parete retrostante con la forza del pensiero.

 

“Sto… bene!” –Mormorò il ragazzo, rialzandosi e tastandosi un braccio, dove la lama dell’aggressore l’aveva sfiorato. Quindi si voltò verso la parete, per incrociare lo sguardo di colui che si era finto morto per assalirlo di sorpresa. Per incrociare lo sguardo pieno di ira e di ombra di Tirtha.

 

“Tirtha!!!” –Gridò Pavit, sconvolto, avanzando verso di lei, subito affiancato da Ioria e da Virgo. –“Cosa… che ti è successo?!”

 

La ragazza non rispose, ancora bloccata alla parete dall’immenso potere mentale del Cavaliere della Vergine, limitandosi a ringhiare con rabbia, esternando un cosmo tetro che pareva trarre forza dall’aria di morte che aleggiava su di loro.

 

“Un’altra vittima dell’oscuro potere del Maestro di Ombre!” –Disse Virgo, con una stretta al cuore che non avrebbe mai immaginato di provare. –“Corrosa dall’ombra, la Pellegrina è divenuta schiava innocente di un imperatore che mai avrebbe servito!”

 

“No!!!” –Urlò Pavit. –“Non può essere! Tirtha!!!” –E si avvicinò fin quasi a sfiorarle il corpo, ricoperto da una nera cotta di bronzo e rame, simile a quelle che gli aspiranti Cavalieri indossavano durante l’addestramento. Tirtha approfittò di quel momento per far esplodere il proprio cosmo, potenziato da Flegias tramite il potere della Pietra Nera, spingendo i tre compagni indietro di alcuni metri. Quindi balzò nuovamente contro di loro, ma Virgo fu svelto a creare la sua cupola difensiva, che né la lama di Tirtha, né le continue unghiate che sferrava contro il Kaan, potevano scheggiare.

 

“L’abbiamo persa!” –Commentò il Cavaliere della Vergine, con voce triste. –“Anche lei!” –E in quei brevi istanti rivide gli anni dell’addestramento, trascorsi in India assieme ai dieci discepoli. A tutti aveva cercato di insegnare qualcosa, anche se forse era stato troppo dogmatico per prendersi cura anche dei loro sentimenti. Qualcuno era stato da lui giudicato degno d’attenzione, qualcuno si era sentito offeso e, infine, qualcuno era stato ucciso. Proprio dal silenzio di Virgo.

 

Ana, Sacerdotessa del Pittore, era stata assassinata da Loto e Pavone, e gli stessi discepoli, da Virgo sempre prediletti, avevano incontrato morte violenta sull’Isola del Riposo, per mano di Phoenix. Colui che, sempre su quell’isola, aveva anche sconfitto Arne, il traditore degli ideali. Birnam, Cavaliere della Bussola, aveva sacrificato la vita per proteggere l’infermeria del Grande Tempio dalla furia dei figli di Eos, e Arnav e Mahendra erano stati sterminati dal fuoco oscuro di Flegias. Dhaval, infine, era morto tra le sue braccia. Che anche con Tirtha debba finire così? Che si debba attendere la prossima vita, per abbracciarci di nuovo?

 

“Io non ci credo! Non voglio crederci! Deve esserci qualcosa che possiamo fare per lei!” –La voce acuta di Pavit strappò il Cavaliere della Vergine ai suoi pensieri.

 

“Pavit…” –Disse Virgo. –“Forse dovresti accettare la realtà…”

 

“Se l’avessi fatto, a quest’ora anche voi sareste perso nella dimenticanza, maestro!” –Sorrise il ragazzo.

 

“Cosa vuoi fare?!” –Domandò allora Virgo, già intuendo la risposta.

 

“Offrirle il mio cuore! Saprò liberare il suo cosmo dall’ombra!”

 

“Ma… è rischioso!” –Intervenne allora Ioria, ammirando la risolutezza del ragazzo, che in fondo gli ricordava lui stesso quand’era più giovane, sempre pronto a credere che fosse possibile salvare gli altri. Persino una statua di pietra. Persino i Titani.

 

“Sì, lo è! Ma Pavit ci ha chiesto di lasciargli questa battaglia! Per salvare colei che ama e per dimostrare qualcosa a se stesso!” –Disse Virgo, togliendo il Kaan. –“Non è mia intenzione negargli questo onore… né non avere fiducia in lui!”

 

Tirtha, vedendo venir meno la protezione dorata, si avventò sui tre compagni, con la lama stretta nella mano destra, ma quella volta fu Pavit a fermarla, con i suoi poteri mentali, ponendosi deciso di fronte a lei, avvolto nel suo cosmo lucente.

 

“Ascoltami, Tirtha!” –Mormorò il ragazzo dai capelli fulvi, cercando dentro sé, e dentro il ricordo della vita condivisa assieme alla Pellegrina, la forza per sconfiggere l’ombra. –“So che puoi sentirmi! Frena la tua rabbia, getta via questa maschera di tenebra che non ti appartiene e lascia che il tuo cosmo torni a splendere! Come in India, come ad Angkor, come nella Grecia del Mito che avremmo voluto visitare insieme! Flegias non può vincerti, perché il tuo cuore trabocca d’amore, ed egli non potrà mai piegare i sentimenti umani che, come stelle, continueranno a irradiare!”

 

La ragazza scosse la testa, come se le parole di Pavit avessero trovato un canale d’accesso ma dovessero combattere contro le ombre che le avevano divorato l’anima nelle ultime ore. Si agitò, ringhiando, e sollevò la lama puntandola contro Pavit, che rimase immobile di fronte a lei, continuando a fissarla con sguardo deciso ma dolce.

 

“Se non riesci più a trovare la strada per la felicità, lascia che sia il mio cosmo a farti da guida!” –Esclamò il ragazzo, socchiudendo gli occhi, proprio mentre Tirtha, dominata dall’ombra, calava la lama contro di lui. –“Abbandono dell’Oriente!!!” –Gridò, chiudendo su Tirtha un ventaglio di luce.

 

La Pellegrina affannò per un istante, tentando di opporsi a quel calore improvviso, ma venne sopraffatta e scaraventata indietro, perdendo la presa sul pugnale e ricadendo a terra, con la cotta in frantumi. Pavit, sospirando, le si avvicinò, davanti agli occhi attenti di Ioria e Virgo, e gli parve quasi di sentire, nel silenzio di quell’abisso oscuro, il battere lontano del cuore di Tirtha. Qualcosa che la rendeva viva, e che non aveva percepito nella donna che l’aveva aggredita poco prima.

 

Si chinò su di lei, sfiorandole il polso, prima di voltarsi verso Virgo e abbandonarsi ad un sorriso. Il Cavaliere non poté però rispondere che l’intera caverna venne invasa da un’ombra immensa, così scura da spegnere persino i riflessi delle Armature d’Oro. Calò su tutti loro, scuotendo l’isola maledetta dalle profondità.

 

In quel momento Flegias, il Rosso Fuoco, stava tenendo testa ai Cavalieri di Atena dall’alto della sporgenza rocciosa, sul versante inferiore del vulcano dell’isola. Aveva deciso di intervenire personalmente dopo la scomparsa del cosmo del Licantropo, l’ultimo Capitano dell’Ombra. Scomparsa che lo lasciava da solo.

 

Non si era aspettato grandi cose dai Cavalieri Neri delle costellazioni dimenticate, ma aveva sperato che potessero tenere a bada i Cavalieri d’Oro e d’Argento, lasciando Pegasus e i suoi quattro amici ai sette Capitani. Invece erano stati capaci di fare ben poco. Arne gli aveva promesso la testa di Phoenix e se ne era andato all’altro mondo, portando con sé Viron e Thalis. Menas e Ampelo erano stati sul punto di raggiungere i loro obiettivi, scatenando una guerra fratricida tra i difensori di Atena e avvelenando gli Olimpi, ma alla fine avevano fallito. Così come Gienah e Bode, sconfitti da Jonathan a Smirne, e Dario, ucciso da Marins a Creta, e gli altri discepoli di Iemisch: Timos del Gatto Nero, e Stratis e Stelios dei Capretti, morti ad Angkor. In Lothar del Sudario di Cristo aveva riposto fiducia maggiore, convinto che il suo integralismo avrebbe potuto mietere vittime, ma il Leone d’Oro aveva avuto la meglio su di lui. E anche le sue insulse discepole, Aglaia e Areti, lo avevano seguito in Ade.

 

“Dovevano essere veramente scarse per farsi vincere dall’Unicorno e dalla Sacerdotessa del Serpentario!” –Aveva commentato Flegias, con un ghigno ironico, osservando nel fuoco del braciere le sorti dei suoi seguaci.

 

Gli ultimi a cadere erano stati Lukas della Cordicella dei Pesci, Borneo della Tartaruga, Cassandra dell’Ape Nera e Avel delle Spade Incrociate, da cui si sarebbe aspettato la testa di almeno un paio di Cavalieri di Atena.

 

“Che strano! Cassandra, morendo, ha invocato il mio nome! Chissà per quale motivo?” –Aveva mormorato il Maestro di Ombre, che aveva abbandonato amore e comprensione secoli addietro. –“Forse era convinta che già fossi divenuto un Dio e potessi salvarla dall’Oltretomba! Ah ah ah!”

 

Era rimasto Sakis del Quadrante Oscuro, indubbiamente il migliore tra i Cavalieri Neri, l’unico, al pari di Arne dello Scettro di Brandeburgo, che valeva quanto un Capitano dell’Ombra. E l’unico che aveva portato a casa un mezzo risultato, uccidendo il santone di Angkor e rapendo la bella amata da Andromeda. Ma in quel momento a Flegias non importava più niente di nessuno. Soltanto di se stesso.

 

“Mirate la fine del mondo, le grida di un presente che non avrà futuro!” –Esclamò con enfasi. –“Mirate la notte estendere il suo manto sulla Terra, coprendo quel poco di luce che ancora resta! Quel bagliore effimero che splende nei cuori degli uomini!”

 

Sotto di lui, ansimanti per lo scontro in atto, circondati e travolti da vampe di fuoco e continui strati di tenebre, Pegasus, Dragone, Cristal e Phoenix, unitosi da poco ai compagni, bruciavano i loro cosmi al massimo, nel disperato tentativo di porre un freno ai deliri imperiali del Maestro di Ombre.

 

Lo avevano studiato per tutti quei mesi in cui si erano scontrati più volte, sia sull’Olimpo che al Grande Tempio, cercando di trovare il suo punto debole, la falla nella sua difesa in cui avrebbero potuto far breccia per vincerlo. Ma, neppure un giorno prima, seduti ai piedi della Statua di Atena alla Tredicesima Casa, avevano dovuto ammettere di non averlo trovato.

 

“Flegias sembra non possedere alcun punto debole!” –Aveva commentato Sirio. E a tutti era venuto in mente Orion, il nobile Cavaliere di Asgard, che, proprio come il figlio di Ares, era inizialmente parso invincibile. Per quanto in realtà stesse solo nascondendo la verità.

 

“E Flegias? Starà fingendo ugualmente?!” –Si chiese adesso Pegasus, espandendo il cosmo lucente. –“Nel caso, ci riesce proprio bene!” –Ironizzò, caricando il pugno destro e scattando verso l’alto.

 

“Vuoi ballare, Pegasus? Lascia che le ombre siano le tue accompagnatrici in questa danza di morte!” –Sibilò Flegias, volgendo il palmo della mano verso di lui, da cui sorsero nere evanescenze, avvolte in turbini di fiamme. –“Rapsodia di Demoni!” –E piovvero su Pegasus, sbattendolo a terra e oscurando la sua luce, di cui volevano cibarsi, fino all’ultima preziosa stilla.

 

“Pegasus!!!” –Gridò Sirio, bruciando il proprio cosmo e incenerendo un mucchio di ombre. –“Fuoco del Dragone!!!” –E corse avanti, in aiuto dell’amico, mentre nuovi spiriti demoniaci si avventavano su di loro.

 

Ali della Fenice!!!” –Tuonò allora Phoenix, generando una tempesta di fuoco ed energia, che dissolse un buon numero di ombre attorno, senza che comunque fosse sufficiente per permettere loro di rifiatare, martoriati da quella nera pioggia continua.

 

“Incredibile! Flegias riesce a tener testa a tutti noi, senza muoversi dal suo pinnacolo, semplicemente dirigendo la rapsodia di ombre, come un direttore d’orchestra! Fresco e nel pieno delle forze, mentre noi già iniziamo a sentire la stanchezza!” –Disse Cristal, ansimando per lo sforzo continuo, che pareva rivelarsi vano, dato che nessuno di loro riusciva a fermare l’avanzata delle ombre.

 

“La sua aria superiore mi ha stancato! Attacchiamolo direttamente!” –Propose Pegasus, bruciando il proprio cosmo. Dragone, Cristal e Phoenix fecero altrettanto, pur senza troppa convinzione, e unirono i loro attacchi a quello dell’amico. Ma Flegias non sembrò affatto turbato.

 

Scudo di Ares!” –Esclamò, creando un muro di energia cosmica a sua difesa, su cui l’attacco congiunto dei quattro amici si schiantò, come già accaduto durante i loro scontri precedenti. –“Non avete imparato la lezione! L’unica che avreste dovuto tenere a mente! Contro la grande ombra, per mezzo di me risorta, non vi può essere vittoria alcuna! Soltanto un inutile procrastinarsi degli eventi! Orochi e gli altri lo testimonierebbero!” –E nel dir questo espanse il proprio cosmo fiammeggiante, caricandone lo Scudo di Ares e lasciando che esplodesse all’esterno, riversando sui quattro Cavalieri i loro stessi attacchi, potenziati da vampe di fuoco e strati di ombre.

 

“Di questo passo, finirò per odiare la mia stessa ombra!” –Ironizzò Pegasus, cercando di rialzarsi, in quel turbinare confuso di tenebre e fiamme.

 

“Non ne avrai il tempo, Pegasus! Perché presto sarete un tutt’uno!” –Ghignò Flegias, sollevando un braccio e lasciando esplodere il suo cosmo al massimo. –“Apocalisse Divina! Spazzali via!”

 

La violenta tempesta energetica, potenziata dalle vampe di fuoco e ombra, si abbatté sui quattro compagni, che cercarono di opporsi, ardendo nei loro cosmi lucenti. Ma nel cuore dell’impero di tenebra Flegias regnava incontrastato, riuscendo a trarre forza da quella notte profonda in cui erano immersi. Per un momento, con le braccia tese avanti, e il cosmo che sferragliava al massimo, Pegasus e gli altri pensarono davvero di venir spazzati via. Ma ad un certo punto un quinto cosmo si unì loro, mentre un vento impetuoso iniziò a spirare alle loro spalle.

 

“Spero di non essermi perso la parte migliore dello spettacolo!” –Ironizzò Andromeda, comparendo alle spalle degli amici e liberando il devastante potere della Nebulosa della sua costellazione.

 

“Tutt’altro, Cavaliere! Sei arrivato in tempo per il tuo funerale!” –Ghignò Flegias, aumentando l’intensità della tempesta energetica, a cui i cinque amici si opposero con strenua resistenza, riuscendo infine, con molta fatica, a rivolgerla contro di lui.

 

Lo Scudo di Ares venne travolto, schiantandosi per l’eccessiva pressione, e Flegias fu scaraventato in aria, permettendo a Pegasus e agli altri di respirare un attimo, finché non videro svanire la sua sagoma, dissoltasi nelle tenebre circostanti.

 

“Ah ah ah! Nelle ombre, mie fide alleate, trovo rifugio e ristoro!” –Risuonò la voce del Flagello di Uomini e Dei. Una voce che pareva provenire da ogni parte dell’isola, obbligando i Cavalieri di Atena a stringersi l’un l’altro, guardandosi intorno con sospetto, temendo che Flegias potesse riapparire proprio accanto a loro.

 

“Mostrati! Codardo!” –Ringhiò Phoenix, dirigendo un mucchio di piume infuocate verso una rientranza della parete rocciosa, credendo di aver notato un movimento. Ma non era niente più di un vortice di nere evanescenze.

 

Catena di Andromeda, trova il nemico!” –Esclamò Andromeda, liberando la sua guizzante arma. Ma non fece in tempo a terminare la frase che la demoniaca sagoma del Maestro di Ombre apparve al suo fianco e gli poggiò una mano sul petto.

 

“Muori!” –Sibilò Flegias, scaraventando indietro il discepolo di Albione con un’onda di energia nera, schiantandolo a terra, con numerose crepe sull’Armatura Divina.

 

“Andromeda!!!” –Gridarono Sirio e Cristal, lanciandosi verso Flegias, che li contrastò con una violenta tempesta energetica, mentre strati di ombre si attorcigliavano attorno a Pegasus e a Phoenix, bloccando i loro movimenti e assorbendo parte del loro cosmo.

 

“Avete sbagliato a venire su quest’isola! Avete sbagliato ad attaccarmi al cuore! Poiché io, come vedete, non ho un cuore!” –Ringhiò Flegias, facendo esplodere il suo cosmo infuocato e scaraventando via i cinque compagni, schiacciandoli contro il versante del vulcano, esposti ad una continua pioggia di fiamme e ombra. –“Ah ah ah!”

 

“Maledizione!!!” –Esclamò Phoenix, dimenandosi per liberarsi. –“Non possiamo permettergli di vincere!” –Affermò Sirio. –“Non dopo tutti i sacrifici che abbiamo fatto, e che altri hanno fatto, per arrivare fin qua!” –Aggiunse Andromeda. –“In nome dei Cavalieri e di tutti gli innocenti caduti a causa della follia di un solo uomo!” –Concordò Cristal. –“Ti vinceremo, Flegias!” –Concluse Pegasus.

 

I cosmi dei cinque amici si unirono, generando un arcobaleno di luce abbagliante, che rischiarò il cielo dell’intera Isola delle Ombre, indicando a Libra, Asher, Castalia e Tisifone la via da seguire. Persino Flegias ne rimase impressionato e dovette aumentare l’intensità dell’Apocalisse Divina per contrastare l’impeto dei Cavalieri di Atena, generando un’esplosione di energia che scaraventò indietro tutti i contendenti e squassò il basso versante del vulcano.

 

Ampie fenditure si aprirono nel terreno, da cui vapori sbuffarono improvvisi, mentre una pioggia di lapilli di lava si mescolava a strati di ombre che vorticavano nel cielo, rendendo il paesaggio ancora più terribile alla vista di Libra e degli altri Cavalieri appena arrivati.

 

“Sirio!” –Gridò l’uomo, correndo verso il discepolo. –“Pegasus!” –Esclamarono Castalia e Tisifone, avvicinandosi e sincerandosi delle condizioni dei compagni.

 

“Stiamo… bene!” –Mormorò Pegasus, faticando nel rimettersi in piedi, aiutato da Asher. E subito si guardò attorno, per trovare tracce del figlio di Ares e, benché lo ritenesse impossibile, per un momento credette davvero di averlo sconfitto. Di aver liberato il mondo dalla sua nefasta presenza.

 

“Ah ah ah!” –Una risata anticipò la nuova apparizione di Flegias, che scese davanti a loro, avvolto da un cumulo di tenebre. La corona nera in testa, il mantello scarlatto scosso dai movimenti delle ombre e un inestinguibile fuoco di rabbia negli occhi. –“Cos’abbiamo qua? Dei nuovi ospiti?!”

 

“Ospiti paganti!” –Ironizzò Libra, espandendo il proprio cosmo. –“Accetta questo come anticipo, dannato! Colpo del Drago Nascente!” –E scattò avanti, liberando il lucente drago di Cina, di cui Flegias nemmeno si curò, lasciando che si schiantasse contro lo Scudo di Ares, nuovamente comparso a sua difesa.

 

“Insisti, vecchio monco? Le dita che ti ho falciato ad Atene non erano abbastanza per spingerti a rinunciare? Orbene, vedrò di darti argomenti più convincenti!” –Sogghignò Flegias, assorbendo il potere del Drago Nascente all’interno dello Scudo di Ares e rilasciandolo infine di colpo, con potenza maggiore.

 

“Maestro! Attento!!!” –Gridò Sirio, balzando su Libra e sbattendolo a terra, mentre l’assalto di Flegias passava sopra di loro, colpendoli di striscio.

 

Pugno infuocato!!! Onde del Tuono!!!” –Esclamarono Phoenix e Andromeda, approfittando di quell’occasione, ma Flegias fu svelto a balzare in alto, avvolgendosi in un turbine di ombra, dentro cui si persero le Catene di Andromeda, e fermando la sfera fiammeggiante di Phoenix con il palmo della mano, prendendone il controllo e rinviandola contro i due fratelli, che vennero scaraventati indietro dall’esplosione.

 

Quindi Flegias atterrò in mezzo a Castalia, Asher e Tisifone, che niente poterono contro di lui, venendo travolti da una tempesta di energia infuocata e schiantandosi a terra sanguinanti. Ma quando fece per voltarsi verso Pegasus, con il pugno già carico di energia cosmica, il Maestro di Ombre notò che il terreno sotto i suoi piedi era stato congelato, e che Cristal il Cigno aveva sollevato le braccia congiunte al cielo.

 

Per il Sacro Acquarius!” –Esclamò l’allievo del Maestro dei Ghiacci, liberando un getto di energia gelida verso le gambe di Flegias, che fu obbligato a balzare in alto per non essere raggiunto. Ma Cristal non gli diede tempo di atterrare, rinnovando l’attacco, più e più volte, spingendolo a saltare indietro continuamente. E approfittando di questo, Pegasus lo raggiunse in pieno petto.

 

“Iaiii!!! Fulmine di Pegasus!!!” –Gridò, travolgendo Flegias e scagliandolo contro una parete di roccia, fino a fargli perdere la corona nera, che rotolò via dal suo capo, sul cui volto comparvero un rivolo di sangue e tracce di terriccio. –“Siamo sporchi, eh?!” –Ironizzò il ragazzo, mentre Flegias si rimetteva in piedi.

 

“Non quanto lo siete voi!” –Sibilò il Flagello di Uomini e Dei, volgendo loro il palmo della mano destra, da cui sorsero migliaia di ombre, che fluttuarono in aria, dirette contro i Cavalieri di Atena.

 

“Attenti!!!” –Gridò Andromeda, liberando la catena, che si rivelò però inutile contro le fatue evanescenze. –“Non curatevi di loro…” –Esclamò Sirio, avendo intuito il piano di Flegias. Ma non fece in tempo ad avvertire i compagni, distratti dallo sciabordare confuso delle ombre, che già un’infuocata tempesta cosmica si era abbattuta su tutti loro.

 

Apocalisse Divina!!!” –Tuonò Flegias, travolgendo i Cavalieri con scariche energetiche e vampe di fuoco. Asher, Castalia e Tisifone vennero sbaragliati in un istante, schiantandosi molti metri addietro, stritolati dalle folgori nere liberate dal Maestro di Ombre. Ma Libra, Pegasus e i suoi quattro compagni tentarono di resistere, unendo i loro cosmi, come avevano fatto mesi addietro contro Ares.

 

D’improvviso un’enorme cupola dorata circondò i Cavalieri di Atena, disperdendo la tempesta energetica di Flegias, che venne spinto indietro dall’accecante esplosione di cosmo che anticipò di un secondo una voce ben conosciuta.

 

Kaan!!!” –Gridò il Cavaliere d’Oro di Virgo, apparendo sopra i compagni, seduto in posizione meditativa e con gli occhi chiusi, mentre nel cielo sopra il basso versante del vulcano comparivano migliaia di stelle lucenti, stupefacendo lo stesso Flegias.

 

Photon Invoke! Cosmos Open!!!” –Esclamò Ioria del Leone, avanzando da un sentiero laterale, avvolto nel suo cosmo d’oro. –“Photon Drive!!!” –Aggiunse, mentre le stelle da lui generate piombavano ad altissima velocità contro Flegias, che fece appena in tempo a sollevare lo Scudo di Ares, disponendolo ovunque attorno a lui, all’interno del quale si conficcarono gli astri. –“Photon Burst!!!” –Gridò infine Ioria, con il braccio destro teso e il sinistro che lo sorreggeva al polso, lasciando esplodere la galassia di stelle.

 

“Incredibile!” –Mormorò Pegasus, che non conosceva affatto tale tecnica del Leone. –“È la forza di un intero universo!”

 

L’enorme energia liberata da Ioria aprì numerosi fori sullo Scudo di Ares, che divennero progressivamente più grandi, come se la capacità difensiva dello stesso venisse erosa, di fronte agli occhi sorpresi, e irati, di Flegias. Fu in quel momento che, come avevano concordato, Virgo aprì gli occhi, generando un’onda di energia cosmica che travolse il Maestro di Ombre, annientando l’usurata difesa e scaraventandolo indietro, incenerendo persino il suo mantello scarlatto.

 

Ioria sorrise, ricordando di aver già combattuto assieme al Cavaliere della Vergine, durante la Titanomachia. Contro Giapeto delle Dimensioni e la sua sposa Temi.

 

“Pazzi!” –Ringhiò Flegias, rimettendosi a fatica in piedi, mentre Virgo planava accanto a Ioria, entrambi ansimanti per lo sforzo sostenuto, in cui avevano riversato gran parte delle loro energie. –“Pazziii!!!” –Gridò istericamente, scatenando la furia devastante di una tempesta di energia, fiamme e ombra contro di loro, travolgendoli all’istante, mentre Pegasus e gli altri correvano avanti per aiutarli. –“Fermi voi!” –Sibilò Flegias, sollevando un muro di ombre con cui frenò la corsa dei cinque amici, precipitandoli in una fitta oscurità.

 

“Il gioco è finito!” –Esclamò infine, mentre i Cavalieri annientavano il muro di tenebra con i loro cosmi lucenti, ritrovandosi davanti a Flegias e osservando, con paura crescente, ciò che il figlio di Ares stringeva in mano. La Pietra Nera. Origine e causa di tutti i mali. –“È venuto il momento in cui anch’io imperi su questa isterilita terra, soppiantando le deboli dinastie, di uomini e di Dei, che si sono accavallate per secoli! Pegasus, e voi sciocchi Cavalieri dell’idealismo, combattete da anni crociate inutili, battaglie che non hanno meritato un decimo del sangue versato! Battaglie che avreste potuto risparmiarvi! Poiché, se il loro fine ultimo era difendere la Terra e gli uomini liberi, nella speranza di un futuro pieno di luce, allora avete fallito! E ve ne sareste resi conto molto prima se vi foste fermati per un momento a guardarvi indietro! Leggendo nel passato avreste capito quel che la storia insegna! Che la pace non esiste, è solo un’illusione creata dall’uomo. Niente di più! E i popoli, che ostinatamente difendete, sono solo biechi assassini che ogni giorno si armano gli uni contro gli altri, in una guerra di tutti contro tutti!”

 

“ Questo è cinismo di bassa lega!” –Disse Libra, con disprezzo.

 

“Solo una spiacevole verità!” –Rispose Flegias con un ghigno. –“Non sarebbe allora meglio, anziché un mondo di popoli liberi di farsi la guerra, regnare su una Terra unita sotto un’unica bandiera? Quella delle tenebre, che ha in me, Flegias, indiscusso Signore, rappresentante scelto dal Dio per garantire l’avvento dell’ombra! Un solo impero, che garantirebbe la fine di ogni conflitto!”

 

“Il tuo è un delirio di onnipotenza, Flegias!” –Esclamò Sirio. Ma il figlio di Ares non ne fu affatto toccato, continuando nella sua declamazione, con la Pietra Nera che irradiava una spettrale luce di morte, attorno alla quale le ombre parevano radunarsi.

 

“Sono lieto, in fondo, che siate qua riuniti quest’oggi, per assistere al mio trionfo! Chissà, forse qualcuno di voi potrebbe unirsi a me! Avrei bisogno di un luogotenente, per amministrare parte del mio regno! Ah ah ah!” –Rise Flegias, prima di sollevare la Pietra Nera e travolgere i Cavalieri con un’onda di luce tetra. –“Ho aspettato troppo a lungo, rintanato nelle anguste tenebre del Mondo Antico! Oggi avrò la mia rivalsa!” –E iniziò a recitare una formula appresa molto tempo addietro.

 

Ombre del mondo, da Flegias evocate,

che nelle piaghe del tempo nascoste strisciate

aspettando il giorno in cui il sole morrà

e il manto di Nyx tutto ricoprirà,

destatevi infine dal vostro sonno profondo

affinché io possa con voi piegare il mondo.

Asservitevi a me, gran maestro di ombre,

araldo della tenebra e gregario del caos,

unendovi in un’unica sola essenza

che possa esprimere la vostra infinita potenza.

Ombre del mondo, che vi siate saziate

di secoli di sangue e di lotte armate

di rancori e destini, di uomini profani,

che vi han tenuto vive nel vostro empio vagare,

mostratevi adesso coprendo la Terra

e portando ovunque una notte di guerra.”

 

La Pietra Nera esplose improvvisamente, frantumandosi in polvere che venne sparsa dal vento su tutte le ombre, sia su quelle che volteggiavano attorno a Flegias, sia sull’immensa cappa che aveva ricoperto il Mediterraneo Orientale. Un boato scosse il suolo dell’isola maledetta, subito seguito da un altro. E da altri ancora. Che raggelò il sangue ai Cavalieri di Atena, soprattutto a Ioria e a Virgo, che avevano riconosciuto l’entità oscura che li aveva travolti nei sotterranei. E che li avrebbe uccisi se Virgo non avesse afferrato Ioria, trasportando entrambi all’esterno grazie ad un portale dimensionale.

 

In quel momento, mentre il Cavaliere della Vergine ripensava ai discepoli che aveva dovuto abbandonare nella caverna, troppo distanti per rientrare nella distorsione dimensionale, augurandosi che riuscissero a mettersi in salvo, il suolo si spaccò in nuove fenditure e un ammasso di tenebra ne uscì fuori, così scuro che sembrò ai Cavalieri di aver fino a quel momento combattuto alla luce del sole. Era una sagoma indecifrabile, lontanamente umana, la cui stazza pareva crescere sempre di più, poiché l’entità oscura sembrava nutrirsi di tutte le ombre.

 

“Beh?! Non mi ringraziate per avervi fatto incontrare di nuovo?!” –Ghignò Flegias, osservando l’ammasso di tenebra divenire sempre più grande.

 

Al centro del petto dell’immensa figura, affondato nella tenebra che aveva fagocitato la sua anima negli ultimi giorni, giacevano i resti di un uomo che i Cavalieri di Atena ben conoscevano.

 

Giasone della Colchide.

 

 

 

   
 
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