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Autore: nebo_95    08/06/2010    2 recensioni
Due ragazze diverse e uguali allo stesso tempo vanno ad abitare a New York. Una sa approfittare di ogni occasione, di ogni persona per ottenere ciò che vuole. Una truffatrice sensuale e potente. L’altra ha la determinazione di potercela fare senza l’aiuto di nessuno e sta molto male quando viene usata a scopo di divertimento dai ragazzi. Attraente e sensibile, piace molto ai ragazzi, così come la prima, ma non sa cogliere l’occasione per ottenere ciò che vuole grazie a questa caratteristica. Passerà del tempo prima che le ragazze si conoscano, poi riusciranno a risolvere i loro problemi grazie alla solidarietà femminile, all’astuzia, alla determinazione, all’uguaglianza tra loro e all’amicizia. La loro vita cambierà dopo il loro incontro.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Salve! questa è una mia nuova storia, che ho deciso di pubblicare perchè è una delle mie creazioni preferite.

Spero che piaccia anche a voi.

sarò molto contenta di ricevere anche qualche piccolo commento.

buona lettura!!!! :)

--NEW LIFE—

Cap. 1 nuova scuola

jo

Era un mattino caldo di settembre, di quelli che ami finché non arriva il giorno nel quale ti devi svegliare alle 5 del mattino dopo una lunga serata a chattare con quel adorabile ragazzo che dopo tanto tempo hai trovato.

Cominciai ad avere un po’ di fifa. Il primo giorno in un liceo così impegnativo… era già un miracolo il fatto che mi avessero presa.

Quando finii di prepararmi, mi accorsi di essere perfetta!

La Chilton  avrebbe trovato Joanne May fantastica!

Certo, una francese in America solo da un paio di anni non sarebbe stata la cosa che si sarebbero aspettati in tanti, ma ero pronta a farmi vedere e a dare il massimo! Sarei diventata una brava giornalista grazie a quella scuola e non vedevo l’ora di cominciare a frequentarla.

Stavo iniziando una nuova vita! Che mi avrebbe costretto a combattere ogni giorno per avere ciò che desideravo.

Già immaginavo come gli insegnanti avrebbero cominciato a conoscerci. Come sarei andata dal preside che col sorriso gli avrei detto “Vorrei diventare una giornalista di cronaca quotidiana, ma avere lo stile di Honesty Bloomfield. È la cronista che stimo più di tutte nella storia, la ammiro  molto”.

Sì. Avevo detto poi quelle parole alla direttrice scolastica e come risposta ricevetti: “Dovrai imparare ad essere meno aperta.” “ Honesty ha l’accento sulla “o” e non sulla sillaba finale.” “ Impara a parlare meglio la nostra lingua e… forse non lo sapevi, dovevi metterti l’uniforme prima di entrare da me.”

Oh! La direttrice Gilmore era la persona più adatta per rimettermi coi piedi per terra. Indossava un tailleur nero che le sottolineava le forme, aveva un ombretto dorato e un rossetto marrone. Era una bella donna che portava davvero alla perfezione i suoi 65 anni, ma si capiva dal tono della voce e dal suo vizio di guardare i giovani con disprezzo, che non era nient’altro che una vecchia invidiosa, alla quale era mancata l’occasione di realizzare i propri sogni.

 Grazie a lei pensai a talmente tante parolacce e maledizioni, che era davvero strano il fatto che fosse rimasta viva quel giorno.

Le risposi gentilmente: “ Mi scusi tanto direttrice, al prossimo colloquio sarò più attenta e userò i consigli che mi ha dato. Grazie tante per avermi accettato nella sua magnifica scuola. Arrivederci Mrs. Gilmore”

Andai in bagno a mettermi l’uniforme. Mi stava bene, come quando la provai  a casa. Dal prossimo giorno avrei dovuto averla addosso subito e poi l’avrei portata tutto l’anno. Certo che la fantasia a loro mancava.  E io poi, perché avevo scelto una scuola nella quale vi era da portare l’uniforme?

No! Non m’importava né della direttrice, né dell’uniforme. Andava tutto alla grande. Grazie a quel liceo avrei avuto un grande futuro.

“Potrò fare la giornalista…potrò fare la giornalista” ripetevo tra me.

Chiesi al bidello dov’era l’aula della classe 3H e quello mi disse il percorso da fare. In più mi diede una cartina con sopra segnate tutte le classi.

Trovai l’aula e dal suono della campanella mi accorsi che ero a malapena in tempo. Appena mi vide l’insegnante di lettere mi presentò alla classe come May Joanne, venuta da Parigi, molto lieta di essere venuta alla Chilton e disse anche che anche la Chilton era lieta di avermi fatto venire e, dopo un miscuglio di parole che non compresi, mi permise di sedere.

Sentii un ragazzo sussurrare “abbiamo la sexy Giovanna d’Arco quest’anno!” sorrisi. Almeno un complimento, anche se troppo semplice e assurdo: Giovanna d’Arco?

Per me i miei capelli castano chiaro lisci che brillavano magicamente al sole e i miei occhi verdi come le foglie fresche appena raccolte del tè erano una cosa per cui vantarmi. Non sapevo se considerare vero il fatto che ero sexy. Ma sapevo approfittarmi bene di questo fatto. (Ero molto esibizionista grazie a ragazzi che ci provavano con me… e non solo esibizionista).

Sentivo dire che ero sensuale da tanti ragazzi, ma non capivo che cosa questi considerassero come tale. Il mio viso era bello, ma anche abbastanza comune, il seno non era né troppo grande né troppo piccolo. Boh! Il giudizio della gente nei miei confronti non coincideva col come mi consideravo io stessa.

A ricreazione un ragazzo si avvicinò a me.

“Hey, Giovanna d’Arco, ti serve aiuto a metterti in pari con il lavoro che facciamo in classe?” – sì, diciamo che era carino. Aveva dei capelli neri sistemati a cresta con il gel e anche i suoi occhi erano neri, ma ero impegnata con Nick, che abitava vicino a casa nostra e che era un ragazzo molto simile a me, e non potevo tradirlo, poiché gli dovevo un favore…

“No, grazie. Ho già chiesto un tutor e spero di cavarmela da sola. Grazie comunque! Ci vediamo dopo!” gli sorrisi.

“Ouh! Aspetta! Io mi chiamo Michael. Se ti  serve qualcosa dimmelo, Giovanna d’Arco, obbedirò a tutti i tuoi ordini!” disse con tono da soldatino balilla.

“S-sì. Caro Mike, sarà troppo difficile in primo caso eseguire l’ordine di abolire l’uso di chiamare me “Giovanna d’Arco”, poiché siamo in tutto e per tutto due ragazze completamente diverse anche per quanto riguarda i periodi  nei quali viviamo?”

“Signor nossignore! Richiesta afferrata! Allora Jo, appelle moi, chérie*!”

promit, mon cœur** !”

Mike se ne andò facendomi l’occhiolino. Era simpatico. Era già una buona cosa aver trovato un amico il primo giorno.

Ero distrutta dopo quella giornata impegnativa. Avevo bisogno di caffè, della mamma e della mia casetta. Avrei fatto i compiti e dormito per l’ultima volta nella vita, poiché mi aspettava un anno nel quale avrei riposato davvero poco. Già me lo immaginavo il tipico pomeriggio a tradurre testi in greco, ma come sempre ripetevo, ne valeva la pena per diventare una brava giornalista.

 

 

Sandy

Ero arrivata dall’Argentina a New York per studiare canto ed ero felicissima e sapevo che con la mia voce melodica potevo fare strada.

E ora aspettavo il mio turno dalla direttrice della P.A. high school of  New York City per sapere che cosa avrei dovuto fare all’esame d’ammissione. Ascoltavo la musica sull’I-Pode ad un basso volume.

Sentii la segretaria che continuava a ripetere “Sandra Bossu”. Che ne potevo sapere che avevano capito talmente male il fatto che mi chiamavo Alexandrah Bossaix! La ragazza che mi stava di fianco mi diede una gomitata. “Scema! Sta chiamando te!”.  In effetti vidi la direttrice puntarmi gli occhi addosso minacciosamente. Mi alzai ed entrai prima di lei.

“mi scusi tanto, non mi ero resa conto che stavate chiamando me, poiché il mio cognome è Bossaix e non Bossu, probabilmente la vostra segretaria si è sbagliata a scrivere.” Cominciai con un po’ d’imbarazzo.

“lascia stare! Piuttosto cerchiamo subito un pezzo da farti cantare all’esame di ammissione.”

Mentre cercava il brano mi sentii molto tesa, ma anche eccitata! Wow! La cosa che mi riusciva meglio! All’esame d’ammissione avrei dovuto cantare! Un grande sollievo.

“Ecco qua! Conosci “La Carmen”? comincerai a prepararti oggi pomeriggio con un insegnante privato. Sénior  José Bertignac. D’accordo?”

“S-sì… ehm. Scusi, ma forse dovrei cantare qualcosa in inglese, o magari in spagnolo, perché il francese non lo parlo. Non l’ho mai studiato! Mi dispiace tanto, ma…”

“Scusa se te lo dico troppo bruscamente, ma non me ne fotte se non sai il francese, devi imparare a cantare il pezzo con un accento perfetto entro 13 giorni, se no… dovrai alzare il culo e andare via da questa scuola. È già strano che ti abbiano fatto fare l’esame di ammissione, Bossi, non sei più in Mexico!”

Non avevo mai incontrato prima d’ora una persona di talmente tanto disprezzo verso la propria lingua, verso le espressioni da usare. La mia famiglia non era politeista, ma ricordavo perfettamente le leggende che raccontavano i nonni sugli dei, che quando una persona raggiungeva una certa età la obbligavano a togliersi certi lussi per permetterli ai più giovani e anche a dare l’esempio a questi ultimi, quindi per volere delle divinità  dovevano impegnarsi ad avere un linguaggio adatto all’istruzione dei loro figli e nipoti. La mia cara direttrice si dimostrava verso me davvero con poco spirito di pedagogia, permettendomi quindi una vasta libertà per quanto riguarda l’educazione. In più, faceva davvero tanto inca**are il fatto che non riuscisse a ricordarsi il nome e cognome di un’allieva, e nemmeno il suo paese d’origine. Mi chiedevo chi fosse la persona che un tempo le permise di insegnare con una comprensione linguistica così scarsa.

“mi scusi tanto. Cercherò con tutto il mio impegno e le mie forze di imparare il brano. Probabilmente c’è davvero stato un piccolo errore in segreteria. Perché io vengo dall’Argentina, non dal Messico e mi chiamo Alexandrah Bossaix, non Sandra Bossu o Bossi.”

“ Va bene! Se proprio ti importa talmente tanto che io sappia quest’anno il tuo nome, fai vedere in giro la tua faccia e fa sentire la tua voce! Canta tutti i santi giorni, finché non ti si strapperanno le corde vocali. Esercita tutti i timbri di voce. Dovrai essere soprano, tenore e contralto, tutti quanti insieme. Dovrai suicidarti di impegno e lavoro. Probabilmente quando vedrò il tuo nome in un giornalino interessante, comincerò a ricordarmene. Adesso per me sei soltanto un piccolo insignificante scaccolino che cerca di diventare oro invano. Quindi ora vai via, mi fai schifo, vermiciattolo inutile! Canta e forse potrai farti rispettare da me!”

Rimasi ben un minuto a bocca aperta dall’offesa che avevo ricevuto. Peggio di una scarica elettrica! Ma comunque mi diede forza di dire qualcosa.

“Brutta strega! Lei non può permettersi di dire certe cose ai ragazzi della sua scuola e soprattutto a quelli che devono fare l’esame d’inizio! Mi chiedo da che parte dell’universo lei provenga! Si comporta come una donna di strada: appena apre bocca le escono fuori feci, non parole! Come si permette! Guardi che il rispetto riesco a guadagnarmelo subito, e comunque, è maleducata! Signora Julien, da ora in poi dovrà sapere che il mio nome è A-LE-XAN-DRA BU-SSAIX, pronunciato “Bussè”! con l’accento sull’ultima sillaba e il mio Stato d’origine è l’Argentina! Non sono messicana! ARGENTINA! E ora, poiché me l’ha permesso con quel suo modo si parlare, le dirò di andare a… ehm… quel paese e le sbatterò la porta in faccia, ma prima le ricorderò che so come si chiama! Il suo nome è Clarissa Angelina Julien! E viene dal Canada! Lo so perché prima di venire qua mi sono interessata, per non fare brutta figura e non offenderla!”

Poi uscii con il mento in su  sbattendo la porta. La mia nobiltà l’ho fatta vedere. Io sono Alexandrah Bussaix e non mi meritavo di essere trattata in quel modo.

Mia nonna si era guadagnata da vivere in un modo sporco e poco piacevole per farci arrivare a questo livello. Era molto matura psicologicamente ad una età ancora d’infanzia. Dovette prostituirsi a 13 anni e partorì mio padre a 14. Era pronta a tutto per lui, gli cuciva vestitini molto belli e con una precisione straordinaria. Non faceva mai vedere in giro che era povera, poiché si cucì vestiti meravigliosi dalle vecchie coperte del letto. Da quando era nata aveva l’animo nobile nonostante i suoi genitori fossero dei delinquenti e la abbandonarono in un orfanotrofio.

Lei non comprò nulla da mettersi per ben 4 anni. Dormiva sotto coperte senza copri piumini, poiché quelli diventavano magliette, pantaloni e abiti da sera.

Per la brutta fama dei suoi genitori, Clara Bussaix non riuscì a trovare lavoro come sarta, poiché, anche se aveva un talento naturale, nessuno si fidava di una figlia di ladri. Così, continuò a subire violenze di pedofili vari a pagamento. Pablo, mio padre, è figlio di uno di questi abusi sessuali, ed era sempre stato il tesoro più grande di mia nonna, che risparmiò tutti i soldi che poteva per poi mandarlo in una buona scuola.

Quando Pablo ebbe compiuto 12 anni, riuscì anche a trovare una piccola casetta a basso prezzo, abbandonando così la “casa delle donzelle”.

Cominciò a fare l’aspirante sarta, ma poiché non riusciva a mantenersi solo decorando sciarpe e lavando i panni nuovi, alla sera riprendeva il suo lavoro di prostituta che lasciò completamente a 40 anni. Mio padre allora aveva 26 anni e aveva già finito con successo l’università, diventando un grande ingegnere chimico.

Conobbe mia madre ad una serata di samba e a 28 anni la sposò.

Io nacqui dopo 9 mesi dal matrimonio…dite un po’ presto? Siamo in Argentina, amori miei! E questo significa prima nasce, meglio è.

Volevano chiamarmi Clara, ma mia nonna si mise ad urlare dicendo che così le portavano troppa sfortuna. Aveva 42 anni e voleva un marito e dei figli, non poteva avere una nipote con il suo nome, questo avrebbe avvicinato la sua morte, così lo scelse lei. Mi chiamò Alexandrah in onore della sua compagna di stanza nella “casa delle donzelle”, che durante una violenza morì. Quella ragazza aveva poco più di 18 anni quando la prese nella sua camera. Era pronta ad aiutare Clara ad accudire Pablo, e lo fece con tanto amore. Per mia nonna era come una sorella maggiore capitata nella sua stessa sorte. Mi raccontò più tardi che non rivelò a nessuno il suo cognome e che il fatto che si chiamasse Alexandrah lo disse solo a lei. Tutti gli altri la chiamavano Lally, che aveva un significato nascosto poco carino…

È per questo che mi offendo quando qualcuno non ricorda come mi chiamo, perché penso al significato di Lally…Vabbé… non voglio cominciare a piangere proprio ora.

Mia madre invece era la figlia di un sacerdote pagano, che aveva il diritto di avere una moglie. Erano le donne che dovevano sceglierlo e lui era obbligato a trattarle come dee. Così era stata la mia nonna materna a sposarlo, la quale decise di avere una figlia e il sacerdote prese quella decisione come un ordine. Pregò finché non nacque Corale. La mia madre adorata, figlia di una donna divenuta dea. La sua nascita era una festa per gli abitanti pagani che ringraziarono i cieli e quella famiglia divina per il dono ricevuto. Era la prima volta dopo 50 anni che l’ordine della moglie di un sacerdote venne davvero eseguito.

Ma mia madre appena incontrò Pablo, si convertì al cristianesimo e poiché questa decisione venne presa dalla figlia divina, era giusta. I miei nonni materni rimasero comunque pagani, per continuare ad essere venerati.

I miei si sposarono in una chiesa, ma la festa venne fatta in spiaggia, dai pagani. Lasciamo perdere come si svolse…comunque quella notte si concepì la “nipote divina”: io.

Quando il mio nonno sacerdote lo scoprì, disse: “Oh dee mie! Mia moglie adorata Jasmine, tu generasti nostra figlia Corale, che ha continuato la generazione divina con un’altra dea che genererà a sua volta una dea…” eccetera, eccetera, eccetera. Tutte le generazioni per lui sarebbero state femminili. Certo. Poverino! In verità, da quello che disse mio padre si disperò, poiché avrebbe voluto un nipotino divino, un ragazzino beato, ma era troppo chiuso per ammettere che pregò le divinità di nascosto di donargli come nipoti due gemelli diversi, un maschio e una femmina.

Ricordo che a 10 anni gli dissi che avrei ordinato a mio marito di farmi concepire un maschietto, per farlo contento.

Mammamia! Una famiglia così, uno non se la sogna neanche.

Comunque, eravamo diventati molto nobili grazie a Clara e delle mie origini celesti nessuno parlò più, anche se mia mamma dice che mio nonno ha continuato a pregare me fino alla sua morte. Viva lui!

Tornando a quel giorno di scuola …

Guardai il foglio con il testo di Carmen e vidi l’orario della mia prima esercitazione. Alle 15:30 avrei dovuto recarmi nell’aula 36 della scuola nella quale avrei trovato questo José Bertignac. Per fortuna potevo tornare a casa!

 

*“appelle moi chérie” – chiamami, tesoro

** “promit mon cœur” – promesso, mio cuore (amore)

Angoluccio.........

Ecco qua!!!

spero che questo capitolo vi sia piaciuto.

nel prossimo ci sarà anche la descrizione fisica di Sandy.

spero che non abbia esagerato in qualche cosa....

se volete lasciate qualche commentuccio...

  
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