Anime & Manga > Digimon > Digimon Adventure
Segui la storia  |       
Autore: Padme Undomiel    10/06/2010    3 recensioni
Strinse più forte al petto il fagotto immobile, coperto perché non dovesse essere scoperto. Pregava con tutta se stessa che le sue aspettative riuscissero ad essere appagate: almeno lui doveva sorridere.
Anche senza di lei. Probabilmente per sempre.
Perché il suo cuore era ancora intatto, mentre si aspettava che scoppiasse da un momento all’altro?
Sempre più vicina, sempre più vicina.
Non riusciva a fermarsi. La sua parte razionale stava vincendo su quella dei sentimenti. Non riusciva a smettere di correre a perdifiato, con il respiro corto, l’ansia visibile in ogni tratto del suo viso bianco come un cadavere, il dolore straziante nei suoi occhi scuri.
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hikari Yagami/Kari Kamiya, Ken Ichijoji, Miyako Inoue/Yolei, Takeru Takaishi/TK
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Purity 15
15.


I più vicini estranei






Il ticchettio di un orologio nella sala, la luce di una piccola lampada da scrivania che rendeva visibile qualche piccolo dettaglio del suo studio.

Vorrei solo un po’ di comprensione, nulla di più.

Qualche rumore che risuonava giù in strada e che si rendeva più udibile grazie alla finestra aperta, una fresca brezza tipica della notte che gli soffiava sul viso.

Sono distanti in ogni momento della giornata, ma proprio quando ho bisogno della loro approvazione, amano mettere in discussione tutto quello che decido o penso.

Una penna che picchiettava ritmicamente e distrattamente sulle pagine irrigiditesi di quel diario viola, aperto sulle stesse pagine. Un paio di occhi azzurri stanchi ma concentrati sulle stesse frasi, sulle stesse parole. Sulla stessa grafia frettolosa e quasi illeggibile di una ragazza.

Sto piangendo ed ho chiuso la porta a chiave: meglio che mi sentano, magari provano un po’ di senso di colpa per il pessimo comportamento che hanno nei miei confronti.

Un giovane dai lisci capelli scuri dalle sopracciglia aggrottate, e una mente che lavorava frenetica persino a quella tarda ora della notte.

Li odio, come loro odiano me.

Ichijouji Ken sospirò per l’ennesima volta, determinato a non farsi sopraffare dalla stanchezza evidente che sentiva pesare sui suoi occhi come un macigno. Erano due giorni che esaminava quel diario alla ricerca di una pista nuova da seguire, ma solo quella sera aveva ricordato un particolare importante.

Era arrivato ad una conclusione, l’ultima volta con Osamu.

Non ci aveva dato il giusto peso. O forse, non aveva semplicemente voluto.

Quella pagina del 31 dicembre diceva molto più di quello che sembrava.

A chi altri poteva riferirsi, se non alla sua famiglia? Parlava di chiudersi in camera, di farsi sentire da loro … Non poteva essere altrimenti.

E un improvviso pensiero lo colpì, mentre lasciava cadere la penna sulla scrivania.

La signora Inoue e il suo dolore sfociato in quanto di più simile alla pazzia esistesse. Il signor Inoue, che tanto poco si era dimostrato incline a parlare con lui, quando era andato a trovarlo in negozio l’ultima volta.

Tutte quelle reazioni potevano essere dovute ad una relazione poco felice con la figlia minore?

Ken si abbandonò stancamente sulla sedia, sospirando. Non doveva affrettare le sue conclusioni: era un punto sul quale Osamu era stato ben chiaro. Era anche vero che poteva trattarsi di un episodio sporadico, senza conseguenze particolari nella vicenda. Poteva darsi che la sua voglia di risolvere il caso lo stesse portando a fidarsi troppo di un diario che non era certamente nato per essere una prova, quanto uno sfogo.

Eppure …

Eppure tutto sembrava quadrare, in qualche maniera.

Rabbia, rabbia, rabbia, rabbia.

No. Una qualche situazione difficile doveva essere accaduta. E l’unica pista che gli restava da percorrere era quella della sua famiglia.

Aveva molte probabilità di trovare un indizio. Un altro.

Ma i signori Inoue non potevano dargli risposte: lei si era alienata dalla crudele realtà, lui era semplicemente così stanco di tutto da reagire con la rabbia al suo tentativo di capirne di più.

Non restava che un modo.

Afferrò il cellulare, sollevando lo sguardo solo per un istante sull’ora. Le 2:30 del mattino. Era molto tardi, in effetti. Troppo, per una telefonata: rischiava soltanto di svegliarlo, e non aveva davvero voglia di infastidirlo ulteriormente.

Lo aveva già fatto abbastanza, anche se non ne comprendeva bene il motivo.

Scosse la testa, scrivendo, incerto, un messaggio. Lui avrebbe risposto quando avesse voluto, e al contempo era sicuro che lo avrebbe aiutato ad avere quell’informazione fondamentale che cercava.

Premette il tasto di invio, e rimase a fissare la schermata del suo cellulare, sentendosi inspiegabilmente nel torto a farsi sentire per quelle indagini. C’era qualcosa che cambiava rapidamente nel suo rapporto con lui, e non riusciva ancora a capire il motivo di quell’improvviso raffreddarsi del suo comportamento.

O forse, quella freddezza, lui, l’aveva sempre nascosta.

Come nascondeva il resto, come nascondeva i suoi sentimenti e le sue impressioni.

Forse, era stato solo lui l’illuso e lo sciocco. Non aveva capito sul serio.

Con mal di testa crescente e un senso di sconforto a tormentarlo, Ken abbandonò il cellulare sulla scrivania, questa volta determinato a rimandare i suoi ragionamenti ad un momento più consono.

Supponeva che quella notte non avrebbe ricevuto altre informazioni: le sue intuizioni avrebbero avuto un seguito solamente l’indomani.

E ci fu solo il ticchettio di un orologio, la luce di una piccola lampada da scrivania, una sedia appena abbandonata e un cellulare posato, in maniera rassegnata, sul piano rigido, in quello studio.

Finché la vibrazione di un messaggio non lo fece sobbalzare, e fermare mentre andava via.

E il giovane tornò indietro, gli occhi sgranati, confuso.

Afferrò il cellulare, vide un messaggio, lo lesse, sorpreso.

Un indirizzo. Esattamente quello che aveva chiesto.

E un paio di frasi in aggiunta, così fredde nel loro carattere di cellulare ma così inconfondibili riguardo al mittente.

“Vivono tutti e tre in questa grande villa. Li troverai tutti qui. Fai quello che sai e puoi fare.”

Aveva scoperto che lui e suo fratello non erano poi tanto dissimili, in fondo.

Anzi, forse erano troppo simili.

Entrambi appassionati di indagini e misteri, entrambi determinati a risolvere ogni caso che si presentava loro, a tal punto da non riuscire a dormire senza prima aver impiegato ogni forza nel cercare di dare una svolta alle indagini.

Entrambi così distanti.

Eppure, Ken si ritrovò a sperare scioccamente di non essere l’unico a volersi riavvicinare a Osamu, mentre cercava di scacciare dalla mente quel dannato senso di colpa.

Sospirò, spense il cellulare, e poi la luce.

Il buio sembrò accompagnarlo, comprensivo, quando Ken chiuse la porta e lasciò che il silenzio regnasse, ancora una volta, sovrano.

***

Non era passato da Osamu, quella mattina: il giovane detective era molto impegnato in un caso al quale stava lavorando da qualche tempo, e gli aveva chiaramente detto che non poteva staccarsi dal lavoro.

Ma Ken non era nemmeno sicuro che si sarebbe presentato di sua spontanea volontà, ad essere sinceri.

Non riusciva a compiere quei piccoli gesti quotidiani ai quali era abituato. Non era nemmeno passato in libreria, nel primo pomeriggio.

L’eccitazione per una possibile svolta nelle indagini, il desiderio di saperne di più, la voglia di trovare la verità e di conoscere ciò che era successo a Inoue Miyako avevano preso il sopravvento su tutto il resto. Aveva perso tempo troppo a lungo: aveva delle responsabilità molto grandi, dopotutto.

Troppe cose dipendevano dalle sue azioni. Davvero troppe.

E Ken non intendeva darsi per vinto per nulla al mondo.

Camminava per le strade, per una volta preferendo andare a piedi piuttosto che prendere la macchina, e pensava, sorpreso, a quanto questo caso avesse avviato qualcosa di nuovo che ancora non sapeva spiegarsi. Ora provava in prima persona quello che suo fratello viveva ogni giorno sul lavoro: l’emozione dell’indagine, il mettere alla prova le proprie abilità, lo scoprire verità nascoste.

E sapeva che aveva intrapreso una strada dalla quale molto difficilmente si sarebbe allontanato, semmai avesse terminato quell’indagine insieme a suo fratello.

E man mano che rifletteva sulla sparizione di Miyako, era sempre più intraprendente: prima di andare a trovare la signora Inoue era incerto, dubbioso, e aveva quasi avuto bisogno di chiedere un parere a Osamu.

Questa volta, si era limitato a comunicarlo a lui, senza chiedergli nulla.

Osamu sarebbe stato felice della cosa, considerò, con un sorriso ironico. Era stato lui, d’altronde, a dirgli che essere indipendente gli sarebbe stato utile in futuro.

Lui non sapeva se esserne felice o meno: la paura di sbagliare era sempre lì, sotto il suo amore per quello che faceva, eppure ora più che mai doveva farcela. Non poteva fermarsi.

Scorse in lontananza la struttura che stava cercando, e affrettò il passo, avvicinandosi.

Sperava di aver scelto l’orario giusto per far loro visita: aveva pensato che alle sei del pomeriggio avrebbe avuto più probabilità di trovarli tutti e tre a casa. Se avesse avuto fortuna, non avrebbe dovuto rimandare ancora a lungo la conversazione con loro.

Era curiosa come scelta di abitazione: doveva essere press’a poco una villa bifamiliare. Forse i fratelli di Miyako avevano semplicemente deciso di non separarsi vivendo in luoghi differenti, per qualche motivo che poteva essere paura di distruggere ulteriormente la propria famiglia o volontà di nascondere delle prove importanti nel peggiore dei casi.

Peggiore dei casi al quale Ken non voleva pensare, per il momento. Il pensiero di tanta sofferenza arrecata ai loro genitori e a Miyako stessa da parte di membri della sua famiglia era anche troppo terribile da concepire.

No, doveva aspettare. Aspettare e calmarsi.

Davanti all’edificio si bloccò, osservando, attento, la zona nella quale era ubicato.

C’erano pochi passanti nei dintorni, e nel complesso il quartiere era molto silenzioso. Un tipo di silenzio nettamente diverso da quello avvertibile nelle fredde camere di casa Inoue: questa volta era quasi un silenzio raccolto, come se la vita al di fuori della villa non riuscisse a penetrare la porta d’ingresso, o le finestre.

Era un silenzio che sembrava racchiudere l’abitazione in una bolla protettiva.

Il giovane rimase per un attimo ad ascoltarlo attentamente, attonito.

Era un’abitazione perfetta, se si cercava un’utopica via di fuga dalle sofferenze. Il senso di ribellione al dolore, questa volta, non si era creato all’interno della mente, come nel caso della signora Inoue, ma all’esterno.

Scosse la testa, come per scacciare quelle sensazioni dalla mente. A grandi passi, con il diario e tutti i documenti che aveva raccolto fino a quel momento ben chiusi nella cartellina che portava tra le mani, la determinazione nei suoi occhi.

E in breve tempo, era già davanti alla porta d’ingresso, un silenzio innaturale rotto solo dal suo respiro, e dal battito accelerato del suo cuore.

Chiuse gli occhi, e inspirò profondamente. Quando espirò piano, la calma era già tornata a dominarlo completamente. E quando li aprì nuovamente, non aveva più incertezze.

Alzò una mano, e suonò il campanello dell’abitazione.

Lo sentì risuonare dall’interno, e rimase in attesa di un qualche tipo di suono, lo sguardo concentrato e fermo, la mano stretta sulla cartellina.

Finché, un rumore di passi leggeri e di voci tranquille in avvicinamento.

E la porta si aprì, mentre Ken si preparava a spiegare la sua presenza lì come non aveva potuto fare con la signora Inoue.

Ma si fermò, interdetto.

Sulla soglia c’era una donna, come si aspettava parzialmente di trovare. Ma il suo viso non assomigliava a nessuna delle sorelle di Miyako che aveva potuto osservare nella foto.

Aveva lunghi capelli neri, raccolti per poter essere più libera, probabilmente, e aveva profondi occhi neri che non avevano nulla del delicato color castano degli occhi della famiglia Inoue. Il suo viso era lievemente più tondo, e le labbra più carnose, ed era più minuta di quello che si aspettava.

Ken rimase spaesato a fissarla, e a ricambiare l’espressione di pura sorpresa sul viso di lei. Possibile che si trattasse di una delle sorelle di Miyako? Possibile che fosse tanto diversa?

“Posso fare qualcosa per lei?” chiese, con tono squillante.

Non poteva essere nessun membro della famiglia Inoue, decise il giovane, sempre più confuso. Esitò, prima di cominciare a parlare.

“Buon pomeriggio, sono Ichijouji Ken. Io … cercavo Inoue Momoe, Mantarou e Chizuru. Volevo sapere se sono in casa, dovrei parlare loro di questioni importanti. Può dirmi cortesemente se …?”

“Mamma, chi è alla porta?”

Improvvisamente, una piccola testa ricciuta aveva fatto capolino da dietro la porta, interrompendo il debole tentativo di Ken di chiedere informazioni e sbirciando con aria vispa. La donna si voltò di scatto, e il suo cipiglio si fece severo.

“Tomoyo-chan, ti avevo detto di restare con papà! Vuoi ammalarti di nuovo? Fa freddo!” la rimproverò, spingendola verso l’interno della casa.

“Ma io voglio sapere … zia ha detto che potevo sapere!”

“Non ci credo. Da quant’è che dici bugie alla tua mamma?”

Ken aveva sgranato gli occhi, mentre un pensiero improvviso gli aveva attraversato la mente. Era sicuro di aver già visto quei lineamenti, quei tratti caratteristici sul viso della bambina. E il padre di chi si stava parlando, allora, poteva essere …

E poi, una risata femminile in avvicinamento. “La riporto dentro io, Reiko-chan. Lo avrei fatto prima, ma mi è sfuggita …”

Finché un’altra donna, con occhiali e capelli castani tenuti fermi da dei fermagli colorati non comparve, sorridendo serena, per poi osservarlo con curiosità.

Ken sussultò, scorgendo la sua figura.

“Buon pomeriggio” salutò cortesemente, seppur confusa, Inoue Momoe.

E il giovane riuscì solo a guardarla in silenzio, cercando un qualunque segnale del cambiamento sul suo viso.

Non era cambiata poi tanto, dopotutto. La sua espressione era solo più matura, i suoi occhi più saggi, il suo sorriso più dolce. Era più alta, e la maniera con la quale aveva posato la mano sulla spalla della piccola Tomoyo era decisamente materna. Doveva essere sulla trentina, o poco più. Avvertì un senso di sollievo alleviare il peso che aveva nel petto: solo in quel momento si rendeva conto di quanto avesse avuto paura di trovare un viso spento e un’aria abbandonata nel suo aspetto, proprio come era avvenuto con la signora Inoue. Fortunatamente Momoe non aveva dovuto sopportare anche questo.

La donna chiamata Reiko si voltò verso Momoe, parlando a bassa voce. “Ha detto di chiamarsi Ichijouji Ken. Stava cercando te e i tuoi fratelli.”

Solo allora il sorriso scomparve dalle labbra della sorella maggiore della famiglia, e i suoi occhi, pieni di dolore confuso, di sorpresa, di intensità, si fissarono nei suoi come a chiedere conferma.

Poi abbassò la testa per un secondo, e Ken riuscì a scorgere sul suo viso un’espressione stanca e rassegnata, prima che rialzasse lo sguardo su Reiko e le chiedesse a mezza voce: “Chiama tuo marito e Chizuru-chan. Dì loro di aspettarci nel salotto, e riferisci loro il nome del nostro visitatore, per favore.”

L’altra annuì in fretta, e andò via, portando con sé quella che doveva essere sua figlia.

Rimasero in silenzio per alcuni istanti. Il giovane non si era mai sentito così fuori luogo: ancora una volta, sentiva di star violando il dolore altrui, ma non sapeva cos’altro avrebbe potuto fare.

Forse era proprio quella la differenza tra lui e Osamu: lui non era mai sicuro di nulla.

Sospirò piano. “Mi dispiace di aver disturbato” si scusò, non sapendo come altro comportarsi. “Ma è sempre stato mio fratello Osamu a occuparsi delle indagini, e avevo bisogno di accertarmi io stesso di determinati avvenimenti. Lavoro con lui al caso, in questo momento.”

Momoe annuì, e Ken fu stupito di vederla sorridergli gentilmente.

“Hai avuto la fortuna di trovarci tutti qui, Ichijouji-san” rispose, e si scostò dalla porta per lasciarlo entrare. “Se si parla delle indagini relative a Miyako-chan, non è mai un disturbo. Io e i miei fratelli saremo ben felici di aiutarti.”

***

Era una casa molto grande, scoprì Ken quando ebbe varcato la soglia. Grande abbastanza per ospitare più famiglie.

Ed era una casa molto accogliente, che prediligeva i colori caldi e abbastanza intensi alle  tonalità tenui e fredde.

Persino in quel gran salotto, con finestre ariose, tende sull’arancione, poltroncine all’apparenza così comode, quel clima di apparente serenità e allegria sembrava permeare ogni cosa.

Tutto, tutto quanto sembrava contrastare con l’espressione dei suoi abitanti.

Mamoru era un uomo alto e dalle spalle possenti, con una corta barba scura e capelli ricci dello stesso colore. Sembrava turbato, mentre Momoe gli spiegava in breve che avevano bisogno di parlare con lui.

“Si tratta ancora delle indagini, Momoe-chan?” lo sentì dire, con aria apprensiva.

Vide Momoe annuire gravemente. “Resta nella camera per un po’ insieme a Reiko e Tomoyo-chan: quando avremo finito vi chiameremo.” Poi gli prese le mani, con un piccolo sorriso rassicurante. “Starò bene, amore. Non preoccuparti per me.”

La fede dorata brillò sul suo anulare, e Ken ebbe conferma di ciò che aveva intuito.

“Ma perché non posso restare, papà? Io voglio sentire quello che dite voi grandi!”

Ken si voltò verso la destra, spostando l’attenzione sull’uomo seduto su una delle poltrone, che teneva in braccio la bambina in pigiama che doveva essere sua figlia.

Si permise di osservare la scena, osservando in volto Inoue Mantarou, ora padre di una figlia e sposato.

Lo vide sospirare, scuro in volto. “Tomoyo, smettila immediatamente di fare i capricci, va bene? Non è proprio il momento!”

“Ma papà …”

“Reiko-chan, portala via. Non è il caso che stia qui mentre parliamo di Miyako.”

Neanche lui era cambiato poi tanto rispetto a come Ken ricordava di averlo visto in fotografia: aveva lo stesso taglio di capelli e più o meno la stessa altezza, anche se si era irrobustito. Ma gli occhiali davanti agli occhi non mettevano più in risalto uno sguardo spensierato, bensì uno profondamente stanco, profondamente segnato. E le sue labbra non erano più piegate in un sorriso malizioso, ma erano contratte in una smorfia di supplica velata mentre guardava Reiko.

E vide lei ricambiare l’occhiata intensa, mentre prendeva in braccio la bambina intenta a protestare. “Mantarou-kun, sta’ tranquillo, per favore. Lo sai che non ti serve a nulla farti ancora più male prendendotela con la polizia …”

E lo sentì sbuffare, sarcastico. “Ho scelta?” Ma poi parve notare lo sguardo della moglie. “D’accordo, ti giuro che farò il possibile.”

Ken non riusciva a sopportare quel senso di inadeguatezza. Era come se fosse arrivato fin lì solamente per distruggere la loro tanto sudata serenità: dai piccoli gesti, dagli intensi sguardi che si erano scambiati, era come se Ken avesse riaperto un cassetto che preferivano tenere chiuso.

Si trovò costretto ad abbassare lo sguardo, cercando la forza per portare avanti il suo compito, mentre Mamoru, Reiko e Tomoyo lasciavano la stanza e Inoue Chizuru entrava nel salotto con un vassoio in mano, per poi posarlo sul tavolino.

“Il tè è servito, Ichijouji-san” disse con serietà, come se si trattasse di un dettaglio di grande importanza.

Il giovane la guardò, sorpreso e interdetto, per poi rendersi conto che gli stavano dedicando un’accoglienza degna di quel nome. Sorrise lievemente, chinando la testa in un piccolo inchino.

“Non era necessario, ma grazie davvero.”

Chizuru, la corporatura minuta, i capelli più lunghi di come li ricordava, gli occhiali sempre uguali, l’espressione di curiosità permeata da una grande tristezza che a Ken parve così intensa da farlo fermare, sconvolto, scosse la testa, come a dirgli che non era nulla, e poi andò a sedersi sul divano, accanto a Momoe.

“Puoi sederti su quella poltrona, Ichijouji-san” gli disse cordiale la maggiore dei fratelli Inoue, con un sorriso gentile. Ken assentì, e si accomodò davanti a Mantarou, la cartellina ancora stretta in mano.

Per un istante sorseggiò il suo tè, cercando di pensare a come iniziare il suo discorso; poi li guardò, non riuscendo a nascondere un senso di tristezza per quello che stava per fare. “Mi dispiace davvero di essere venuto qui senza alcun tipo di preavviso” si scusò. “Non volevo disturbare. Immagino che non debba essere bello parlare di certi avvenimenti.”

“Avete trovato Miyako-chan?” domandò a bruciapelo Chizuru, sporgendosi improvvisamente verso di lui con aria supplichevole. Quasi impercettibilmente, anche gli altri due fratelli fissarono lo sguardo nel suo, pregando per una risposta positiva.

Che non poteva arrivare.

Sospirò, distogliendo lo sguardo. “Ancora no.”

E Chizuru, con gli occhi lucidi, voltò la testa, tentando di trattenere le lacrime. Momoe chinò il capo, e tutto di lei sembrava trasmettere sconfitta. Mantarou emise un sospiro frustrato, portandosi una mano sugli occhi e bisbigliando, a mezza voce: “Dannazione …”

Ken chiuse gli occhi per un istante, appellandosi a tutta la forza d’animo che possedeva. Infine, il suo sguardo si fece fermo e deciso, mentre tornava a guardarli. “Ancora no” ripeté, e l’attenzione fu ancora su di lui. “Ma io sono qui per cercare di trovarla, e nemmeno mio fratello ha rinunciato a trovare vostra sorella. Sono qui per chiedere il vostro aiuto, perché non possiamo permetterci di dare qualcosa per scontato, neanche il minimo dettaglio. So che è difficile, ma possiamo farcela, con il vostro contributo.”

Mantarou lo guardò, scettico e disilluso. “Aspetta, fammi capire, Ichijouji” gli disse. “Cosa potrebbe cambiare se ad interrogarci fossi tu e non tuo fratello? Noi non abbiamo davvero idea di dove sia Miyako, e non abbiamo avuto nessun’altra informazione utile per le vostre tanto lunghe indagini.”

L’accusa non fu poi tanto velata, e si guadagnò un’occhiata di rimprovero da parte di Momoe. Ma Ken non si scompose. Come poteva pretendere che non fosse furibondo, considerato quanto dovevano soffrire, e quanto fosse frustrante trascorrere otto anni senza sapere nulla di Miyako? Si era aspettato una reazione del genere, e non lo biasimò per questo.

“Può cambiare semplicemente perché abbiamo un elemento in più rispetto a tempo fa” gli rispose, e vide lo stupore sul suo viso. Aprì la cartellina ed estrasse quel rovinato quadernetto viola che aveva funto da diario segreto di Miyako, per poi mostrarlo ai tre fratelli, con aria seria.

“Sapete nulla del diario di vostra sorella Miyako?”

Il silenzio attonito durò per appena un istante. Poi, successe tutto fulmineamente.

Mantarou scattò in piedi, turbato; Chizuru si avvicinò in fretta, prendendo il diario dalle sue mani e sfogliandone le pagine, come se volesse cercare una traccia di sua sorella tra quelle righe; Momoe si sporse in avanti, come chi cerca di leggere ma non trova la forza nelle gambe per alzarsi.

Ken li guardò, mentre, infine, la minore dei tre tornava a sedersi e leggeva insieme agli altri due, affollati accanto a lei. Vide nel loro viso alternarsi stupore, dolore, confusione, rimpianto, senso di colpa, e poi ancora dolore incommensurabile.

Infine Momoe alzò lo sguardo su di lui, mortalmente pallida. “Dove l’avete trovato?” sussurrò.

“A casa dei vostri genitori. E’ stata vostra madre a mostrarmelo, ed era già in quelle condizioni.” Rispose lui con le sopracciglia aggrottate, alludendo alle pagine strappate e ai pezzi mancanti. “Ne conoscevate l’esistenza?”

“No, diamine, no” mormorò Mantarou, profondamente turbato. Le sue mani strette a pugni tremavano.

Chizuru, il capo ancora chino sulle pagine di quel diario, singhiozzò piano.

Ken sospirò ancora, chiedendosi quale strazio stessero provando i tre fratelli. “Qualunque cosa sappiate, per favore, ditemela. Ho bisogno di ogni tipo di informazione possibile.”

Ancora una volta, silenzio.

“Vi prego” insistette lui.

“Forse possiamo sapere qualcosa sulla pagina del 31 dicembre” disse con voce tremante Chizuru, e Ken sussultò, sentendo nominare proprio la pagina che lo aveva portato ad indagare sul loro conto. “Ma io non … non pensavo che Miyako-chan potesse averne sofferto tanto …”

Si interruppe, osservando con gli occhi lucidi i suoi fratelli. “Può davvero trattarsi di quei litigi tra lei e i nostri genitori?”

Aveva fatto centro, allora. Era tutto come aveva supposto, si disse, assottigliando lo sguardo. Questo poteva spiegare molte cose: sapeva bene che gli adolescenti erano spesso in contrasto con i genitori, e che spesso tendevano ad esagerare le loro reazioni a causa della loro altissima emotività e insicurezza. L’unica cosa che restava da verificare era il motivo per il quale i fratelli di Miyako avessero deciso di tacere questi avvenimenti.

“Miyako e i vostri genitori avevano un rapporto conflittuale?” volle sapere subito, osservando il viso di Mantarou scurirsi e quello di Momoe riempirsi di struggente senso di colpa. “Per quale motivo?”

“Non lo sappiamo” ammise a bassa voce la maggiore.

E Ken la guardò, sconvolto. “Come?” domandò, spiazzato. “Non sapete come mai i vostri genitori e Miyako potessero avere …”

“Proprio così! Non sappiamo quasi nulla di cosa possa essere successo, va bene?” urlò esasperato Mantarou, e il giovane si interruppe di colpo. “Solo informazioni pressoché inutili, perché non ci siamo mai interessati completamente alla faccenda! Ora capisci perché, diario o no, non possiamo fare granché per aiutarti a trovare mia sorella?”

“Mantarou-kun”. Lo riprese Momoe, con tono fermo, e lui si zittì, guardando Ken con un’espressione così piena di confusi tormenti e rabbia sopita che lui non poté fare a meno di guardarlo, ammutolito.

“Scusaci tanto, Ichijouji-san” continuò poi la donna, con tono di voce appena udibile. “La verità è che alle volte non ci accorgiamo di quanto abbiamo … lo facciamo solo quando è tardi. Quando abbiamo perso tutto, e non si può più tornare indietro.”

Ken la guardò, e vide uno spirito saldo nei suoi occhi. C’era un grande, incommensurabile dolore in lei, ma nonostante ciò era ancora in piedi, dritta davanti a lui, con lo sguardo fermo e nessuna lacrima a premere per uscire. Era davvero diversa dai suoi fratelli, l’uno che mascherava il suo dolore con una rabbia incontrollabile, l’altra che cercava in ogni modo di non piangere; ma l’irruenza dei due fratelli minori era sostituita dalla sua forza interiore, che pareva imporsi sulla sofferenza che evidentemente provava.

“Miyako e i nostri genitori iniziarono a litigare verso i suoi diciassette anni, credo” cominciò a raccontare, mentre Ken la ascoltava, attento. “A quel tempo, non eravamo affatto uniti tra noi come ci vedi adesso: ognuno di noi viveva, sostanzialmente, la sua vita, e i troppi impegni spesso ci allontanavano l’uno dall’altro. Io studiavo per l’università, e il poco tempo libero che avevo lo trascorrevo fuori da casa. Mantarou-kun cercava un lavoro stabile per avere una sua indipendenza. Chizuru-chan …”

“… me ne disinteressavo, punto e basta.” Terminò con autocondanna Chizuru, a testa bassa. “Non serve che tu mi difenda.”

“Semmai fosse stato così, saremmo da biasimare tutti, non solo tu” la consolò dolcemente Momoe, per poi sospirare e riprendere. “Non le siamo mai stati così vicini come ci si sarebbe aspettato da persone come noi. E’ per questo che non sappiamo con esattezza come sia andata.”

Uno strano senso di oppressione colse Ken, alla menzione del loro rapporto fraterno mai approfondito. E si ritrovò a pensare ad Osamu, a tutte le cose non dette, alla sua ostilità e freddezza, a quella scarsa comprensione che c’era tra loro.

Si accorse, amaramente sconvolto, che immaginava come ci si potesse sentire.

“All’inizio non demmo peso a questi litigi, avendoli ascoltati solo sporadiche volte quando eravamo a casa” prese la parola Mantarou, forse tentando di non apparire sofferente. “Pensavamo si trattasse del solito caratterino di Miyako, che tendeva sempre a far sentire la sua. Ma poi, i litigi divennero sempre più violenti: molte volte mia sorella si chiudeva in camera in lacrime, molte altre usciva e tornava solo a mezzanotte, o qualcosa del genere. Papà era semplicemente furibondo, e le poche volte in cui ci rivolgeva la parola era solo per dirci di tenerla d’occhio, perché diceva che avrebbe preso una brutta strada. Mamma, invece, era disperata, perché la nostra famiglia era diventata un luogo invivibile. Noi” ,qui rise, sarcastico e amaro: il suono aspro colpì violentemente il giovane dai capelli scuri, “Noi fummo solo capaci di sostenere che stavano tutti esagerando, che ogni genitore teme che i propri figli prendano una brutta strada. Grandi fratelli, eh?”

“Non avete mai provato a chiederlo direttamente a lei?” chiese Ken, stupendosi quando si rese conto di quanto fosse bassa la sua voce. Sapeva solo che nella mente aveva riflesso lo sguardo spento della signora Inoue, la rabbia esplosa del volto del signor Inoue. E quelle sensazioni, quelle drammatiche sensazioni che lo colpivano duramente. Gli sembrava di sentire le anime dei tre fratelli urlare, straziate, ferite a morte, e di non poter scoprire quale coltello le stesse tormentando.

“Ricordati che ci siamo interessati alla faccenda quando ormai era tardi, Ichijouji-san” ribatté Chizuru, decidendo infine di prendere la parola. “Miyako-chan non si fidava più nemmeno di noi, così ci rispose che non potevamo saperlo, perché non l’avremmo capita. Diceva … diceva che mamma e papà cercavano di toglierle ogni sua certezza e felicità. Quella è stata l’ultima volta in cui si è confidata con noi, sai. Poi … è diventata quasi apatica: non ci diceva più nulla, e noi non capivamo, e mamma piangeva, e papà non voleva più parlarle ... E poi è scomparsa.”

Chizuru si interruppe, perché aveva cominciato a piangere.

Un’ondata di compassione colse Ken impreparato, mentre osservava quelle lacrime, quel dolore. E non riusciva a non pensare a loro, che avrebbero portato con sé l’immenso carico dei loro sensi di colpa forse per tutta la vita, se Osamu non fosse riuscito a trovare la loro sorella scomparsa chissà dove. E non riusciva a non pensare a Miyako, a ciò che poteva averla spinta a perdere totalmente la stima e la fiducia nei suoi cari.

Chizuru parlava di sottrarle ogni certezza e felicità … Certezza e felicità …

L’illuminazione arrivò inaspettata, mentre sgranava gli occhi e sussultava.

Lo aveva letto. Conosceva quelle parole quasi a memoria: come aveva fatto a non pensarci?

Ci tenevo che si divertisse con noi e che conoscesse i miei amici, dato che lo stordisco ogni giorno con tutte le mie chiacchiere su di loro!

Ma certo.

“Sapete qualcosa del gruppo di amici che frequentava Miyako?” domandò a voce alta, e i tre fratelli si fermarono e lo guardarono, sorpresi. Il cuore di Ken aveva preso a battere rapidamente, preso dall’entusiasmo di essere arrivato a qualche supposizione.

“Il gruppo di Miyako?” ripeté Mantarou, confuso.

“Sì” confermò Ken. “Il probabile motivo di litigio di Miyako con i vostri genitori. Non potrebbe rappresentare le sue certezze? Cosa sapete a riguardo?”

Momoe esitò. “Non molto” ammise a malincuore. “So che alcuni suoi amici di infanzia ne facevano parte, ma credo che il gruppo fosse molto più vasto. In ogni caso, negli ultimi tempi non ci ha più detto nulla sulle nuove conoscenze. E credo proprio ce ne siano state: Miyako-chan era davvero molto aperta e solare, non amava isolarsi con pochi amici.”

Ken annuì, serio, ma con una strana impazienza a scorrergli nelle vene. Aprì nuovamente la cartellina, per estrarre delicatamente la lista dei conoscenti della giovane scomparsa.

Poi li guardò ancora, pieno di aspettativa. “Ricordate qualche nome?”

Momoe annuì, e lui concentrò la sua attenzione su di lei. “Hida Iori era il suo migliore amico fin da quando lei aveva sei anni” ricordò con un nostalgico sorriso. “Era il nostro vicino di casa. Nostra sorella andava molto d’accordo con lui, nonostante il loro carattere fosse opposto e diversissimo. Anche dopo il trasferimento della sua famiglia a seguito della morte di suo padre i due hanno continuato a frequentarsi.”

Ken annuì, trovando conferma di quello che Osamu gli aveva riferito la prima volta che gli aveva parlato del caso Inoue. Sicuramente era su di lui che doveva concentrare l’attenzione, la prossima volta che si sarebbe dedicato a quelle indagini di persona. “Oltre a Hida Iori potreste segnalarmi qualche amicizia particolare?”

Notando l’incertezza e la confusione sui loro volti, il giovane si alzò in piedi, porgendo loro la lista dei conoscenti di Miyako. “Qui ci sono alcuni nomi: vorrei sapere se sapete qualcosa in più su alcuni di loro.”

Chizuru si sporse a leggere, e Ken la vide sussultare, come se si fosse ricordata di un particolare fino a quel momento sopito. “Io mi ricordo di lui! Ci fu un periodo in cui Miyako-chan lo nominava spesso perché bisticciavano continuamente!”

Aveva indicato un nome: Motomiya Daisuke.

Lui appuntò quel nome sul suo block-notes, sotto Hida. “Bisticciavano?” chiese, confuso. “Se non andavano d’accordo, perché si frequentavano?” Non sembrava aver senso.

“Credo lo sapesse solo lei. Però io ricordo anche Deguchi Naganori, era amico di Daisuke” intervenne Mantarou, con le sopracciglia aggrottate nel tentativo di ricordare. “Lo aveva citato anche nel diario, per questo mi è tornato alla memoria.”

Ken alzò lo sguardo di colpo. Sembrava che l’incontro di quel pomeriggio stesse fornendo informazioni in più proprio sui punti sui quali lui e Osamu si erano soffermati l’ultima volta. “Miyako non aveva stima di Deguchi Naganori, mi sembra di capire da quelle pagine” commentò, domandando implicitamente se tale affermazione fosse vera.

“Questo non lo so. Pare di sì, ma non ricordo di aver sentito nulla di preciso da lei.”

Ken si disse che non doveva esserne deluso. Avrebbe controllato accuratamente anche tutto quello che riguardava Deguchi, ma ora doveva tentare di svelare i misteri di quel diario, per quanto possibile. “E il Caro Simpaticone nominato nella pagina del 18 ottobre non potrebbe essere …?”

Mantarou annuì, improvvisamente animato.“Per quanto ne so, potrebbe trattarsi di Motomiya Daisuke. Questi aggettivi sono ironici, no?”

Lo guardò, e nei suoi occhi scuri Ken scorse la speranza di avergli fornito un dato utile.

E lo era, sicuramente. Si affrettò ad appuntarlo, e mentre scriveva il suo pensiero corse a Osamu, a quanto, in altri momenti, si sarebbe sentito orgoglioso di mostrare i suoi successi a lui. Ora, però, aveva la sensazione che vedere quei dati non gli avrebbe dato alcuna gioia.

“Io non ho lasciato nulla in sospeso, nulla! Eppure, pare che io abbia fallito in qualche maniera!”

Con un senso di sconforto, Ken si costrinse a tornare alla realtà.

“Se è per questo, a me non è nuovo il nome di questa ragazza, Yamanaka Harumi” stava dicendo Momoe, discutendo con i suoi fratelli. “Era una compagna di classe delle medie, se non ricordo male …”

“Io invece ricordo questa qui, Nakajima Eriko. Era una sua compagna del corso di informatica che frequentava, no?” rispose Chizuru, pensierosa.

Ken prendeva appunti, in totale silenzio e il più accuratamente possibile.

“Cosa ci fa Royama Hideki nell’elenco dei conoscenti di Miyako? Parliamo dello stesso Royama Hideki?” fece ad un tratto Mantarou, incredulo. “L’inventore di software?”

Lui alzò lo sguardo, all’improvviso dubbioso. Possibile che non ne sapessero nulla?, si chiese, perplesso. “Non … sapete se Miyako abbia mai conosciuto Royama Hideki?”

“Io non ricordo di averlo mai sentito” ribatté Chizuru sconvolta. “Come mai è scritto qui?”

Ken rimase basito, senza sapere cosa dire. Osamu aveva detto che i genitori e gli amici di Miyako non avevano riconosciuto quel nome, ma gli era parso molto sicuro di considerarlo un suo conoscente. Com’era possibile? E come mai non gli era venuto in mente di chiederlo a lui?

“Mio fratello ha fatto la lista. Temo di non saper nulla.” Si scusò, in imbarazzo. Poi ricordò un particolare che poteva essere rilevante, e si affrettò a chiedere: “Che mi dite di Sato Satsu, la ragazza citata da Miyako che aveva fatto la conoscenza di Hida?”

L’entusiasmo scemò, quando vide le occhiate confuse che i tre si scambiavano.

“Non sapete chi sia” concluse Ken, sospirando lievemente, e la sua era più un’affermazione che una domanda.

E il silenzio eloquente dei fratelli fu una risposta sufficiente.

“Gli altri nomi non mi dicono nulla.” Mantarou, alzandosi in piedi, gli si avvicinò portandogli la lista. Lo sguardo era duro, ma nei suoi occhi ardeva di nuovo quella fiamma di frustrazione e tormento. “Se questo è tutto, credo proprio che nessuno di noi potrà mai dare altre informazioni né a te ne a tuo fratello, Ichijouji. Ti sei rivolto alle persone sbagliate per ricevere aiuti e indizi.”

Ken, turbato, prese la lista. “Non è vero, Mantarou-san” obiettò, tentando di dare loro almeno un po’ di conforto. “Mi avete fornito dei dati comunque importanti, anche se non accurati. E qualunque cosa può darci una mano. Vi ringrazio davvero per …”

“Piantala!” ringhiò Mantarou, e Ken ammutolì, preso alla sprovvista. “Non ringraziarci, perché non siamo mai stati in grado di capire nulla! Ed è una cosa che ci tormenterà sempre, e non ci lascerà mai andare! Ti rendi conto che avremmo potuto cambiare le cose, aiutare nostra sorella, starle vicini … Impedirle di sparire? Ti rendi conto che noi, dai quali ci si aspetta sempre tanto, siamo stati per lei quasi estranei? Come diavolo puoi ringraziarci? Ma certo, tu non puoi capire … Non credo che tu abbia mai vissuto qualcosa del genere!”

“Mantarou-kun!” esclamò Momoe sconvolta. Ma Ken la sentì appena, preso dalle parole dell’altro, nelle orecchie l’eco di una bugia che faceva male.

Perché lui viveva qualcosa del genere.

Solo che se n’era reso conto troppo tardi, non appena le sue illusioni erano cadute.

Ma, per quanto facesse male, la differenza c’era, tra la famiglia Inoue e quella Ichijouji.

I fratelli di Miyako non la consideravano un ostacolo.

Si alzò in piedi anche lui, e Momoe e Chizuru trasalirono. Forse avevano creduto che lui volesse rispondere a tono a Mantarou, o usare la violenza contro di lui.

Ma Ken non ne aveva alcuna intenzione.

Guardò Mantarou, e poi le sue sorelle. “Immagino cosa voi stiate vivendo. Credetemi, è così. E non era mia intenzione ferirvi. Ma io vi giuro, fosse l’ultima cosa che faccio …”

Per un attimo la voce gli venne a mancare. La recuperò in fretta, imponendosi il controllo.

“… vi giuro che Miyako tornerà a casa, così che possa capire quanto intensamente le volete bene. Quanto conta per voi. Quanto avreste voluto esserle più vicini. Perché, per quanto voi vi siate sentiti estranei per vostra sorella, siete suoi fratelli.”

Abbassò lo sguardo, perché i suoi sentimenti non fossero visibili.

“Ed è tanto.” Terminò a voce bassa.

Poi seguì il silenzio. Ken sollevò nuovamente lo sguardo, e fu sorpreso di vederli trattenere le lacrime. Persino Mantarou doveva essere turbato, perché si era affrettato a voltarsi e a nascondere il viso.

“Sei diverso da tuo fratello” disse Chizuru all’improvviso, e lui sussultò, sgranando gli occhi sorpreso.

“Come?”

La minore dei fratelli sorrise, mentre le lacrime le rigavano le guance. “Lui sembra più professionale, razionale e calcolatore, e decisamente meno impacciato. Tu, invece, non hai tanto l’aria penetrante dei soliti detective. Sembri … più vicino alle persone. Come se volessi condividerne il dolore.”

Ken la fissò, non sapendo cosa dire.

Lui non aveva mai pensato ad una cosa del genere.

“Chizuru-chan ha ragione” intervenne Momoe con un sorriso, malgrado gli occhi lucidi. “Ora capisco perché Ichijouji Osamu-san ha deciso di coinvolgerti nelle indagini: insieme, compensate le vostre mancanze. E collaborare è una trovata molto saggia.”

Un senso di colpa bruciante lo investì, ma Ken non ebbe cuore di smentirla, malgrado quel collaborare diventasse sempre più utopico ogni giorno che passava.

Annuì, decidendo che era arrivato il momento di andarsene. Li aveva disturbati abbastanza. “Grazie di tutto. Vi auguro davvero di poter vivere serenamente con i vostri cari.” Poi guardò Mantarou, incerto. “Sarai fiero della tua famiglia, Mantarou-san: tua moglie e tua figlia sono splendide. Dico davvero.”

Mantarou si voltò, e Ken gli sorrise, impacciato. E qualcosa negli occhi dell’altro sembrò illuminarsi: sembrava orgoglio, e gratitudine.

“Certo che sono fiero. Sono la cosa più bella che ho” disse, e poi, un po’ a disagio, rispose al sorriso.

Poi Ken guardò Momoe, e stava per aprire la bocca per parlare, quando si fermò.

Non si era reso conto prima di quel rigonfiamento sul ventre della donna.

Momoe si accorse dell’occhiata, e si portò una mano sulla pancia, sorridendo mite. Negli occhi brillava una luce nuova. “Quattro mesi, e io e Mamoru-kun non saremo più soli. Non so come sia crescere una bambina, ma sono fiduciosa che imparerò sul campo.”

Ken annuì lievemente, a disagio. Gli sembrava di star entrando in un ambito troppo privato. “Sono … felice per te.”

“Ho pensato di chiamarla Miyako” aggiunse all’improvviso la donna, e lui sgranò gli occhi, preso alla sprovvista. Notando la sua espressione, Momoe sorrise ancora, un sorriso triste ma fermo. “Glielo devo, visto quello che non ho fatto per lei. Mi piace pensare che con mia figlia potrò rimediare agli errori passati, anche se è impensabile.”

Quelle parole furono così cariche di sentimento da farlo fermare.

Ken si disse che nessuno, nessuno avrebbe mai compreso fino in fondo il dolore di quella famiglia distrutta. Immaginarlo non era abbastanza.

Perché era vero che Osamu non provava affetto per lui. Ma almeno nessuno di loro era scomparso.

Nessuno di loro doveva sopportare una lontananza fisica, oltre a quella psicologica.

Momoe doveva essere davvero forte, per continuare a mantenere saldi gli animi di tutti.

Le sorrise piano, tentando di farle capire con lo sguardo quanto la rispettasse. “Io credo che non sarà poi così difficile. Sarai una brava madre.”

Il sorriso grato di Momoe fu una risposta più che sufficiente.

***

Lo accompagnarono all’uscita, chiedendogli ancora una volta di fare il possibile per ritrovare Miyako. Ken si scusò nuovamente con loro, e giurò che lui e Osamu avrebbero fatto il possibile per ritrovarla.

Ma quando la porta si fu chiusa, e Ken rimase da solo davanti alla villa, uno strano senso di vuoto oppresse il suo animo.

Gli sembrava che, una volta liberatosi di lui, l’intruso, l’edificio fosse tornato a racchiudere la famiglia Inoue in un involucro.

Ma ora sapeva cosa c’era, al di là di quella bolla.

Dolore, tormento, frustrazione, insoddisfazione.

Colpe. Freddezze. Errori e indifferenze passate.

Ed era qualcosa che Ichijouji Ken aveva scoperto di conoscere fin troppo bene.

Quanto poteva essere simile o dissimile la situazione dei fratelli Inoue da quella sua e di Osamu?

La domanda rimase sospesa in quel quartiere silenzioso, incapace di trovare una risposta, anche quando il giovane si voltò, allontanandosi con un peso sul cuore.




Ben trovati ^^ ecco pronto per voi -in tremendo ritardo xD- un nuovo capitolo di indagini, questa volta stringendo il cerchio e analizzando i fratelli di Miyako. A dir la verità, avevo pochissime informazioni su di loro: compaiono al massimo due volte nell'anime, e i loro caratteri non si delineano molto bene... Come con Osamu, ho provato a immaginarli in maniera più completa, ed ecco il risultato :) E il mistero si infittisce ancora... Cosa può essere successo in casa Inoue otto anni prima? Se avete qualche idea in proposito, sarei ben felice di sentirla ;) anche solo per curiosità!
A marghepepe ancora un enorme grazie per la recensione dettagliata -immagino il tempo che ci avrai impiegato xD-, e per avermi, ancora una volta, reso partecipe delle sensazioni che il cap suscitava! Sono felice che Satsu e l'idea che Iori ne sia innamorato ti piaccia: anche io ho pensato che ci volesse una ragazza per lui... anche se la situazione non è affatto felice per loro! Ma una cosa non mi è chiara: dici che la apprezzi perché rimane marginale nella storia? Se non fosse così non andrebbe più bene? o.o Per quanto riguarda Yamato, ho intenzione di farlo comparire di persona, ma più avanti... Ho un progetto ben preciso per lui ^^ Davvero ti hanno colpito quelle frasi? Non me lo aspettavo, grazie per i complimenti -e che complimenti ^//^- e per l'apprezzamento! Sono davvero cose che mi spronano a fare sempre meglio! Allora aspetto un tuo parere... E mi dispiace tantissimo per il ritardo! La prossima volta sarò puntuale ^^
Shine, lascia solo che ti dica quanto è stato bello leggere la tua recensione kilometrica! Come posso ringraziarti per quello che fai per me? ** E' incredibile quello che sei riuscita a percepire solo da un capitolo di passaggio, e come hai rielaborato il tutto! Dire che sono lusingata è ben poco xD Mi piace l'interpretazione che hai dato di Iori: la penso esattamente come te, in praticamente tutto! E pensare che l'ho rivalutato recentemente... :) Addirittura tiri in ballo la filosofia? Non esageriamo, dai ^//^ piuttosto sono felice che la frase che hai citato ti sia piaciuta tanto! E l'interpretazione che hai dato dell'ultima scena mi ha colpito molto: è per questo che è fantastico sentire i commenti dei lettori! Ti sembra di vedere tutto sotto diverse ottiche :) insomma, suppongo che un enorme grazie per l'impegno sia l'unica cosa che posso dirti, in mancanza di altre parole! Ti aspetto con i prossimi pareri ^^
Roe, che piacere trovare di nuovo una tua recensione ** mi mancavano! Anzi, mi dispiace molto che tu ti sia trovata indietro con i capitoli, e che tu sia costretta adesso a recuperarli! In ogni caso... grazie per aver recensito anche uno dei capitoli scorsi, ho apprezzato molto :) ed è inutile dirti quanto io sia contenta che ti piaccia ancora la mia storia, vero? Spero che troverai il tempo per seguirmi, malgrado gli impegni!
Mystery Anakin, che bello che ce l'hai  fatta a recensire! So che il periodo che stai vivendo adesso è molto pieno di impegni, e figurati se me la prendo con te! Piuttosto, sono sollevata di essere riuscita a farti apprezzare di più Iori! All'inizio i pareri non erano molto positivi, vero? ;) per Iori e Satsu ho già in mente più o meno cosa fare, quindi resta solo da aspettare e vedere che succede! Per Ken e Miyako... Ehm... Ti dirò, tra un paio di capitoli avrai uno sviluppo in più! xD Grazie ancora per avermi seguita in questo cap, aspetto tuoi pareri come sempre :)
E con questo, vi do appuntamento al prossimo capitolo :) grazie anche a chi legge o segue soltanto!
Padme Undomiel

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Digimon > Digimon Adventure / Vai alla pagina dell'autore: Padme Undomiel