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Autore: Freya Crystal    10/06/2010    3 recensioni
Stringevo i denti, la mascella contratta, le mani incrociate a pugno sotto al mento, i gomiti appoggiati alle ginocchia. Non riuscivo a non pensare ad altro.
Fissai intensamente mio fratello. - Dovremo allontanarla con la forza, lo sai? -
L'ombra del sorriso scomparve dal suo volto, lo sguardo si fece serio. - Non dovremmo litigare fra di noi. E non parlare così, devi cercare di capirla... Si sta aggrappando alla sua ultima speranza effimera. -
- Lo so. Non intendo farle del male. Ma non possiamo lasciare che... quel coso prenda vita nella pancia di Bella: non sappiamo cosa dobbiamo affrontare, è un rischio enorme. Bella... potrebbe morire. - mormorai con voce dolente.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Rosalie Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: New Moon
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'Eternità alle porte'
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Infernale, eterna, dannazione.







Bella

I miei giorni passavano con la lunghezza di anni, affiancati dalla sofferenza continua.

I Cullen avevano escogitato un piano difensivo intorno a tutta la città. I licantropi si erano messi sulle tracce di mio padre e del padre di Jacob: a Forks non si parlava d'altro che della scomparsa dello sceriffo Swan e del vecchio Billy Black.
Jasper aveva fatto un ottimo lavoro: aveva sfruttato le sua abilità da stratega per eludere al potere della stessa Alice -colei che amava-, cambiando continuamente la sua meta e le sue decisioni nella sua missione di richiesta d'aiuto in giro per il mondo; mettendo  a rischio se stesso, aveva radunato a casa Cullen amici di vecchia data, poi era ritornato anche lui, sano e salvo.
Mentre io stavo morendo.
Me lo sentivo che era così.
Quanti giorni erano passati da quando Rosalie mi aveva raccontato la sua storia? Non avrei saputo dirlo.
Da quanto tempo non toccavo cibo per paura di rimettere tutto? Da troppo.
Edward ed Eleazar non facevano altro che condurre ricerche sulla gravidanza e l'organismo dei vampiri, prelevando macchinari e medicine dall'ospedale.
Avevo sbagliato un'altra volta, come sempre. Non avrei dovuto intestardirmi egoisticamente a far nascere il mio bambino. Per colpa mia, era nata una guerra tra due mondi. Per colpa mia, i licantropi erano stati invischiati in una faccenda che non li riguardava in prima persona. Charlie e il padre di Jacob erano introvabili: innegabile pensare che non centrassero creature sovrannaturali nella loro scomparsa.
Ma oramai ero arrivata al capolinea, non avevo neppure la forza di pensare a tutto ciò. L'unico motivo per cui non me ne ero ancora andata, era la mia ostinazione a rimanere aggrappata alla vita, almeno quel tanto necessario per fare uscire la creatura che dimorava nel mio corpo. Sapevo che Rosalie se ne sarebbe presa cura al posto mio, anzi, ero sicura che lei avrebbe preferito  farlo senza di me.
Mi stavo spegnendo poco a poco. Prima mi aveva abbandonata la vista, poi il mio amore, e adesso, stava per abbandonarmi il cuore. Ciò che avevo pensato la sera del mio primo bacio con Carlisle, si stava avverando. Stavo morendo poco alla volta.
- Bella! Bevi questo, ti prego! -
Riconobbi la voce di Jacob.
Già, Jacob... Come fosse arrivato nella... insomma, nel posto in cui mi trovavo, non mi era dato saperlo.
Sentii il fuoco sulla mia pelle, la forma di cinque dita sulla mia guancia, che cercavano di sollevarmi il mento.
- T-togli la mano... Mi scotti! - rantolai. Da quando ero rimasta incinta, la mia temperatura corporea era scesa a dismisura e le giornate le passavo coi sudori freddi, incapace di sopportare qualsiasi cosa superasse i 25 gradi.
- Da qua, faccio io. -  sentii dire da Rosalie.
Un istante dopo, stavo aprendo la bocca per permetterle di darmi da bere. Mi fidavo ciecamente di lei, perciò non ebbi bisogno di chiederle spiegazioni.
Il liquido entrò caldo nella mia gola, procurandomi a sorpresa una sensazione piacevole, e ridiscese saporito nel mio stomaco. Berlo risvegliò le mie papille gustative e il ricordo di come si facesse a mangiare. Uno strano calore esplose dolcemente nella mia pancia come un soffio vitale di vento, regalandomi il conforto di un abbraccio e di mille carezze.
- Ne voglio ancora. -
Rosalie esaudì la mia richiesta. Non sapevo cosa fosse, ma una cosa era certa: quella bevanda sarebbe diventata la mia ambrosia, o in alternativa, la mia droga. Più ne bevevo, più ne volevo e mi sentivo rigenerata. In quel momento ero io la bambina affamata che si stava facendo allattare pazientemente dalla madre.
- Che schifo... Anche lei... - sentii mormorare da Jacob, con voce disgustata.
- Ma se la farà stare bene!... - proruppe Tanya, in un'esclamazione che lasciò in sospeso.
Con somma gioia scoprii che il mio udito stava riprendendo a funzionare bene.
- Il sangue nutre la creatura... - sussurrò Edward, la voce velata da una sconcertata meraviglia.
Inghiottii troppo velocemente, rischiando di risputare fuori il tutto.
- E' sangue? -
- Sì. Scandalizzata? E' stata un'idea del tuo cangnolone. Se devo essere sincero, siamo stati proprio degli idioti a non pensarci prima: la creatura è per metà vampira, no? Quindi è ovvio che le piaccia il sangue!… Sarà che con tutto quello di cui ci stiamo occupando, non abbiamo avuto tempo per fermarci un attimo a riflettere. -
La voce di Emmett fu una toccasana, sentirla fece svanire in me lo sgomento per la scoperta appena fatta.
- Dovremo prelevare altro sangue dall'ospedale. - dichiarò Jasper.
- Sangue dei donatori. Tranquilla Bella, non abbiamo ucciso nessuno. - si affrettò a spiegare Edward.
Mi sistemai meglio sul divano, riuscendo finalmente a trovare una posizione confortevole.
- Grazie. -
Mi vergognavo di me stessa, perché quella era l'unica parola che potessi dire loro. Mi addormentai con lo stomaco pieno, risvegliandomi poco dopo a causa dei colpi violenti che provenivano dall'interno della mia pancia.
Nutrendo il mio bambino, gli avevo donato una nuova forza, una forza che lo induceva a darmi dei calci. Non riuscivo ad odiarlo, seppure mi facesse soffrire, perché in quel gesto era racchiusa l'innocenza di una creatura inconsapevole che, come tutti i neonati, voleva farsi sentire dalla sua mamma e dimostrarle il suo amore.

Carlisle

Poteva trattarsi di una trappola, ma non avevo intenzione di sprecare quell’occasione.
Finalmente Aro mi aveva concesso di vederla.
Durante la mia breve permanenza nella reggia dei Volturi secoli prima, nessuno mi aveva mai informato dell’esistenza di una segreta. Probabilmente i tre fratelli la tenevano in serbo per i trasgressori della loro legge macchiati delle più gravi colpe, per poi  lasciarli marcire nelle celle umide e buie, ed infine ucciderli per compiacersi della loro sofferenza.
Eppure, mentre percorrevo il corridoio, non avvertivo alcuna presenza oltre a quella di colei per cui mi ero addentrato fin laggiù.
Mi fermai davanti alle sbarre dell’unica cella illuminata dalla fioca luce di una lampada. Esme era accucciata in angolo del pavimento, le ginocchia raccolte al petto, lo sguardo fisso nel vuoto; la luce della lampada giocava a riflettersi nella sua chioma color caramello, donandole sfumature dorate. Sembrava non mi avesse sentito o visto. Alec doveva averle inibito i sensi, come faceva continuamente con Heron.
-    Esme. – la chiamai.
Sussultò, alzando lentamente la testa. Rimasi scioccato dallo sguardo e dall’espressione irriconoscibile dipinti sul suo viso. La dolcezza aveva lasciato posto alla stanchezza e al vuoto. Due spesse e scure occhiaie accentuavano il colore nero delle sue pupille. Esme era debole e assetata.
-    Esme… - mormorai, dolcemente. – Sono io, sono Carlisle. –
-    C-Carlisle? – domandò, stupefatta.
Mi inginocchiai davanti alle sbarre, per guardarla faccia a faccia.
-    Cosa… cosa sta…? E’ un’allucinazione di Alec. – concluse poi, delusa.
-    No, Esme. Faccio parte della guardia dei Volturi, adesso. – spiegai.
Lei spalancò gli occhi, sconvolta dalla notizia. – Non ci credo. Il Carlisle che ho conosciuto io non farebbe mai una cosa simile. –
Le parole le si trascinavano faticosamente sulla lingua.
-    Ma lo farebbe per la sua famiglia. – fu la mia risposta.  

Bella

-    Non potete andare avanti così, a prelevare sangue dall’ospedale. –
La mia voce era ritornata quella di sempre. Il mio nuovo nutrimento aveva dato ottimi risultati negli ultimi giorni.
-    Faremo in modo di non prelevarlo dallo stesso ospedale. – mi assicurò Edward.
Dall’esterno provenne il rumore di un basso grido di dolore.
-    Cosa è stato!? – domandai, rizzandomi a sedere sul divano.
Il mio bambino mi diede un calcio alla pancia che mi fece venire lo stimolo di vomitare. Ormai mi ero abituata alla perenne sensazione di nausea, perciò feci del mio meglio per non badarvi.
-    Kate sta dando del filo da torcere a Garrett. – spiegò Rose.
Garrett, Siobhan, Vladimir, e tanti altri nomi… Faticavo a ricordarli tutti, era come ritrovarsi in una nuova classe il primo giorno di scuola. A volte mi inquietava il pensiero di una ventina di vampiri che si allenavano al dì fuori delle mura di casa Cullen.
-    Cosa avete detto a tutti per convincerli ad aiutarci? –
-    La verità: che Aro è interessato ad arricchire la sua personale collezione, ed è disposto a prenderti con la forza. Non preoccuparti, Bella, ognuno di loro è qui per un motivo, nessuno si è sentito costretto. –
Riflettei sulle parole di Edward. Cosa potevo avere io di tanto speciale  da essere un membro ambito da Aro per la sua collezione?
Una fitta più violenta mi fece stringere i denti e posare una mano sulla grossa palla di cemento che mi ritrovavo al posto della pancia. Provai ad ignorare anche quella.
-    Notizie dal clan di Sam su Charlie e Billy? –
-    No, al funerale di Harry Clearwater si parlava di una scomparsa, ma è chiaro che ci sia lo zampino di un nostro simile in tutto ciò. – dichiarò Jasper.
Ma io non capii nemmeno cosa avesse detto. Una mano calda e bruciante stava risalendo il mio stomaco, soffocandomi. Boccheggiai, in cerca di aria, il cuore che mi batteva come un tamburo.
-    Bella?… -
-    Bella! –
-    Che cos’hai!? –
Voci concitate, preoccupate. Qualcuno mi fu subito accanto e mi posò una mano fredda sulla fronte. Mi aggrappai alla freschezza di quel tocco nella speranza che la nausea si affievolisse, ma non fui in grado di migliorare la situazione. Rigettai un liquido caldo e denso dalla bocca, disgustata di me stessa.
-    Oh mio Dio! –
Una porta sbatté. Capii che altre presenze erano entrate nel salotto, ma la mia sofferenza fisica era così devastante che non mi resi conto delle voci e dei movimenti intorno a me.
-    Portiamola al piano di sopra, nella stanza con l’attrezzatura! –
Attrezzatura?
La testa stava per esplodermi, fitte di dolore acuto e inarrestabile mi colpivano come la danza delle onde di un mare mosso. La pancia stava per squarciarsi, un macigno di pietra premeva per uscire al dì fuori.
Quando il mio corpo fu appoggiato su una dura superficie di ferro, mi abbandonai a me stessa, alle mie urla disperate, alle quali si unirono anche quelle di Edward, quando due mani mi artigliarono le braccia bagnate e appiccicose.
-    FUORI! FUORI DI QUI! –
-    JASPER, ROSE, NO! –
Era giunto il momento. Troppo presto. Troppo inaspettato per me. Il mio bambino mi avrebbe lacerato la pancia con i denti per nascere. Sarei morta come la madre delle tre sorelle. L’atroce leggenda si sarebbe ripetuta.
Aghi pungenti mi bucarono le braccia, le gambe, il collo, il cuore.
Mi dimenavo e mi contorcevo tra le urla e il delirio dell’Inferno sul mio corpo disfatto.
Sì, io sarei morta, ma il mio bambino sarebbe nato. Forse era così che sarebbe dovuta andare, forse io dovevo morire per risolvere tutti i problemi creatisi.
La mia scomparsa dalla terra avrebbe cancellato la sofferenza dei miei genitori, padre e madre di una figlia ceca; dei Cullen, sconvolti nei legami sentimentali e invischiati in una faccenda più grande di loro; di Jacob e dei miei amici licantropi, i quali erano stati ingiustamente coinvolti nel caos generato dal mio amore impossibile; perfino dei Volturi, troppo avidi di ricchezze; e poi…
… di lui. Carlisle. L’amore della mia esistenza, il padre del mio bambino.
Quelli, prima di chiudere gli occhi e di sprofondare nel silenzio del buio, furono i miei ultimi pensieri.


*******





Spazio dell'autrice: pensavate di liberarvi di questa storia? Eh no! Ho promesso a me stessa che l'avrei continuata e conclusa, quindi, anche se molti di coloro che mi seguivano mi hanno abbandonata, io farò di tutto per finirla ;) Mi ci sono affezionata e non sopporterei di vederla incompleta.
Ci ho messo tanto ad aggiornare, ma non credo importi a qualcuno a questo punto, quindi, se qualcuno si ricorda ancora di questa storia, spero passi a leggere nonostante sia passato tanto.
Ringrazio e rispondo velocemente a:
Rebecca Lupin; non ci contare che Edward muoia XD E' tutto da vedere!
Aia Cullen; prima o poi ho aggiornato ;) E' vero, una Rosalie così materna è insolita, ma fare da balia a Bella ridotta in quelle condizioni non può che fare tenerezza. Non solo Bella ospita un bambino nel suo corpo, ma è come se lo fosse diventata lei stessa, con tutte le cure di cui ha bisogno;)

  
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