CAPITOLO QUARANTESIMO: IL TRIONFO DELLA LUCE.
Pegasus non lo aveva mai visto,
ma credette di averlo incontrato molte volte. In quelle che Avalon avrebbe
definito le sue vite precedenti. Una sensazione di noto lo invase, come se
l’uomo dalle vesti bianche e argentee, che si muoveva con grazia e sicurezza,
quasi fosse un angelo, avesse combattuto al suo fianco altre volte.
Osservò la noncuranza con cui
annientò un mucchio di ombre che era piombato su di lui, posandovi
semplicemente lo sguardo sopra. Notò la regalità dei movimenti, che restarono a
lungo impressi nella sua mente e gli fecero credere di avere un Dio di fronte.
Un eroe cantato dagli aedi, il cui nome le stelle avrebbero dipinto in cielo.
Gli sembrò di vedere Orion lanciarsi contro il drago Fafnir e immergere Gramr
dentro di lui, bagnandosi del suo sangue. O Micene di Sagitter, travolto dalla
collera di Gemini, fuggire nella notte, con il corpo segnato dal sangue delle
ferite e la piccola Isabel tra le braccia. O infine Serian di Orione combattere
i nemici della Dea, ebbro di gloria e di onore.
Nell’uomo che aveva di fronte,
dai folti capelli neri e dagli occhi scuri e penetranti, Pegasus rivide il
mito. E lo stesso probabilmente accadde a Sirio, Cristal, Andromeda e a
Phoenix, rimasti estasiati e ammutoliti da tale celeste apparizione.
“Sei dunque giunto?!” –Squittì
l’irata voce del Maestro di Ombre. –“Dopo anni trascorsi a tramare tra le
nebbie dell’Isola Sacra, invocando chissà quale Divinità per averne l’appoggio,
hai dunque deciso di rivelarti, gran burattinaio!” –Lo derise Flegias, e
questo permise a Pegasus e agli altri di capire chi avessero di fronte.
Qualcuno che, senza che ne fossero al corrente, li aveva già aiutati in
passato.
“Sono qua per fermarti! E per
toglierti il potere di modificare gli eventi! Un potere che non ti
appartiene!”
“Arrivi tardi, allora, oh
Signore dell’Isola Sacra!!!” –Rise Flegias, beffardo, avvolto in un turbine di
fiamme e ombra. –“Ho già cambiato gli eventi e quest’oggi riscriverò la storia,
uscendone vincitore! E né tu, né nessun’altro dei galoppini che hai addestrato
per morire potrà impedirmelo!” –E balzò in alto, gettandosi verso Avalon e
scaricando contro di lui un devastante assalto di fuoco e tenebra.
“Mio Signore!!! Attento!!!”
–Gridò Ascanio.
Ma l’attacco non raggiunse
Avalon, che scomparve poco prima che le nere fiamme lambissero il suolo,
disorientando lo stesso Maestro di Ombre, che non riusciva ad avvertire la sua
presenza, per quanto l’isola fosse satura del suo cosmo oscuro. In un lampo di
luce Avalon riapparve in volo alle spalle di Flegias, poggiando una mano carica
di bianca energia cosmica sullo schienale della sua Veste Divina e
schiantandolo a terra in meno di un attimo.
“Aaargh!!!” –Ringhiò il Maestro
di Ombre, rimettendosi in piedi, con l’armatura logora e in parte distrutta.
–“Ti strapperò quel sorriso da ebete dal volto! Fosse l’ultima cosa che
faccio!”
“Procrastinare nei tuoi intenti
ti condurrà inevitabilmente alla fine!” –Disse Avalon con voce calma,
fluttuando a terra, avvolto nelle striature ancestrali del suo cosmo.
“Ma sarà una goduria estrema se
ti porterò con me! Apocalisse Divina!!!” –Gridò Flegias, scaricando la
tempesta di energia e fiamme oscure contro Avalon, il quale, nient’affatto
turbato, si limitò a lasciarsi trascinare dalla corrente. Venne sollevato da
terra e perse il mantello argenteo, che fluttuò in aria, cadendo proprio su
Flegias e coprendo il suo volto demoniaco, mentre Avalon, con un’abile
capriola, si metteva in piedi su uno spuntone di roccia. Proprio quello da cui
Flegias aveva prostrato Pegasus e gli altri ai suoi piedi.
“Mi sento leggero!” –Mormorò il
Signore dell’Isola Sacra. –“Nell’animo soprattutto! Mentre il tuo è appesantito
dall’odio e dal rancore che covi da anni, da secoli ormai, nei confronti degli
Dei e degli uomini! Carogne annidate nel tuo cuore!”
“Maledetto!!” –Ringhiò Flegias,
facendo avvampare il suo cosmo, che incenerì il mantello e infiammò l’aria.
“Credevi che gli anni trascorsi
sull’Isola Sacra mi avessero infiacchito?!” –Sorrise Avalon. –“Ebbene
sbagliavi, come hai errato in altre valutazioni affrettate! Prima su tutte
quella sul tuo destino! Poiché nessuno ti ha insignito del titolo di
imperatore!”
“Avrei dovuto ucciderti secoli addietro,
prima di lasciare Avalon e prendere il posto che avrei dovuto occupare!”
–Ringhiò Flegias, scaricando un turbine di fuoco oscuro contro la sporgenza
rocciosa, obbligando il Signore dell’Isola Sacra a saltare via e ad atterrare
non molto distante da Pegasus e dai suoi quattro amici.
“Vuoi dire che… anche Flegias
viene da Avalon?!” –Sgranarono gli occhi i Cavalieri di Atena. A cui Avalon
rispose semplicemente annuendo.
“Due erano i candidati per
guidare l’Isola Sacra e scoprire a fondo i suoi arcani segreti!” –Spiegò,
voltandosi poi verso Flegias. –“Ma qualcuno non aveva le caratteristiche adatte
per divenire il faro che avrebbe illuminato il mondo quando le tenebre
sarebbero sorte di nuovo!”
“Blateri parole di menzogna! Tu
corrompesti i druidi, e l’Antico, tuo maestro, che era a capo del consiglio! Ma
avrei meritato io quel ruolo, molto più di te che nient’altro hai saputo fare
che rinchiudere l’Isola Sacra dietro veli di nebbia, lasciando che scomparisse
nel mondo! Io l’avrei trasformata in una potenza!”
“Tutto ciò che ho fatto l’ho
fatto per la salvezza di Avalon!” –Rispose l’uomo. –“Vi sono cose per cui il
mondo non è ancora pronto! E, in cuor mio, mi auguro che mai lo sia! Ma se a
nient’altro aneli se non ad una dimostrazione di forza, per dimostrare infine
chi fosse degno del titolo, certo non mi tirerò indietro!”
Flegias non disse niente,
limitandosi a scatenare un turbinio di fiamme e ombra contro Avalon, che rimase
immobile ad attenderlo, concentrando il cosmo sulla mano destra e rilasciandolo
di colpo, sotto forma di guizzanti scariche energetiche che trafissero il
vortice di oscurità schiantandosi su Flegias e facendolo gridare dal dolore.
Quindi, con un semplice spostamento del braccio, Avalon sollevò il Maestro di
Ombre, scaraventandolo contro una parete di roccia, danneggiando ancora la
Veste Divina e prostrandolo infine a terra. In ginocchio. Come Flegias odiava
stare, considerandola la massima delle umiliazioni.
“Bastardo!” –Sputò il Maestro di
Ombre, cercando di rimettersi in piedi. Ma quando sollevò lo sguardo, si
accorse che dagli occhi di Avalon trapelava un’infinita tristezza. Il
dispiacere per ciò che l’antico compagno era divenuto.
“Non sono qua per ucciderti, te
l’ho già detto! Ma per fermarti! Il che, semanticamente, è cosa ben diversa!”
–Precisò il Signore dell’Isola Sacra, ottenendo in risposta nient’altro che uno
scatto d’ira. –“Ora basta!!!” –Tuonò infine, spingendo ancora Flegias indietro,
stupendo i Cavalieri di Atena e persino Ascanio per l’autorità che sembrò
emanare d’improvviso. –“L’ora è tarda e le recriminazioni di un bambino
insoddisfatto dei propri giochi non mi tangono affatto! Hai avuto la
possibilità, come ogni uomo di questa terra, di scegliere il tuo destino e hai
voltato le spalle alla luce per abbracciare l’ombra! Sii uomo abbastanza per
sopportare il castigo divino!”
“Dovresti saperlo meglio di me,
gran tessitore di inganni, che tutti gli Dei sono un unico Dio!” –Ringhiò
Flegias, con il sangue che gli colava sul volto. –“E che quell’unico, un giorno
non lontano, impererà di nuovo sul mondo da lui generato!”
“Possano le stelle ritardare il
fato…” –Mormorò Avalon, prima di voltarsi verso l’uomo da lui addestrato.
L’uomo le cui imprese aveva visto disegnarsi sulla superficie del pozzo sacro
dell’isola. –“Ascanio!”
“Sono pronto, mio Signore!”
–Rispose subito il Comandante, espandendo il proprio cosmo, che brillò di una
luce accecante, annientando un turbine di ombre che subito volteggiò verso di
lui. –“E anche i miei compagni, ne sono certo, lo sono!”
“Pegasus! Cavalieri di Atena!”
–Esclamò allora Avalon, volgendo lo sguardo verso di loro. A cui apparve
l’immagine serena di un angelo avvolto nella luce. –“Molto avete fatto per
proteggere la Terra e gli uomini dall’ombra, e mai avete ricevuto anche solo un
grazie! Lasciate che sia io a ringraziarvi adesso e ad aiutarvi, come voi avete
aiutato tutti noi in questi anni!”
“Avalon…” –Mormorarono i
Cavalieri di Atena, mentre il Signore dell’Isola Sacra sollevava la mano al
cielo e l’anello che portava all’indice irradiava un’immensa luce, che obbligò
persino Flegias a coprirsi lo sguardo, disgustato da tale luminosità.
“Talismani del Mondo Antico!”
–Recitò il Signore dell’Isola Sacra, mentre le rune impresse sull’anello
brillavano di un oro vivo, proiettando simboli nell’aria attorno ed entrando in
sincronia cosmica con i manufatti del mito. –“In nome di Avalon, e dei sette
saggi che vi forgiarono un tempo, io vi invoco! Liberate infine il vostro
potere, affinché l’ombra generata dall’odio possa scomparire in un valzer di
luce!”
“Maledetto! Te lo impedirò!!!”
–Gridò Flegias, avventandosi su Avalon. Ma Ascanio e Phantom intervennero
prontamente, investendolo con i loro colpi segreti. E quando Flegias si rialzò,
notò che il rito era già iniziato. E che aveva perso.
In quel momento infatti
l’Antico, riunito in un cerchio di drudi sulla sommità dell’Isola Sacra,
meditava di fronte al pozzo delle visioni, da cui un raggio di luce spuntò,
solcando il cielo e abbattendosi sull’isola delle ombre. Quello era il segnale
che i Cavalieri delle Stelle aspettavano.
Sulla vetta del devastato colle
di Sitia, nella parte orientale di Creta, Febo, Cavaliere del Sole e figlio
di Amon Ra, sollevò l’intarsiato Talismano che custodiva, lo Specchio del
Sole, volgendolo verso nord. Ed esso subito sprigionò una calda luce, che si
aprì a ventaglio sull’isola e sul Mediterraneo. Suo padre, in piedi dietro di
lui, sorrise orgoglioso dell’uomo che Febo era diventato e poggiò una mano sul
suo coprispalla ammaccato, unendo il proprio cosmo a quello del figlio.
Jonathan di Dinasty,
Cavaliere dei Sogni, stringeva con forza
il lungo bastone dorato di cui era il custode, lasciando che il fiore scolpito
sulla punta emettesse una luce così intensa da abbagliare l’intera piazza
principale di Smirne. Andrei, suo maestro e signore del fuoco, osservò
soddisfatto il fascio di luce proveniente da Creta congiungersi con lo Scettro
d’Oro, prima di dirigersi verso nord-ovest.
Là infatti, sui colli della
Tracia, Reis di Lighthouse, allieva di Avalon, aveva lottato fino ad
allora contro la marea oscura, riuscendo a frenare la sua avanzata. Esausta,
sollevò la Spada di Luce verso il cielo, mentre un ventaglio di energia dorata
risplendeva attorno a lei. Il raggio proveniente dall’Anatolia scivolò sul
Talismano, sommandosi al suo potere, prendendo poi la rotta per la Grecia.
Sull’Olimpo, assediati da cumuli
di ombre che vorticavano attorno alla cima, tenute lontane dal rinnovato cosmo
del Padre degli Dei, Zeus e le altre Divinità superstiti aspettavano al confine
estremo del Monte Sacro, a pochi passi dalla crollata Torre del Fulmine. Matthew,
senza nascondere una certa emozione, bruciò il proprio cosmo, mentre la Cintura
dell’Arcobaleno, da lui risvegliata poche ore prima, entrava in sintonia con
gli altri Talismani, allungando il raggio di luce e dirigendolo verso sud.
Nella parte occidentale
dell’isola di Creta, pochi chilometri a sud di Chania, Marins, Cavaliere dei
Mari Azzurri, alzò il Talismano da lui custodito, lasciando che la sua
energia ancestrale si unisse a quella degli altri quattro, prima di generare un
ultimo raggio di luce, che si ricongiunse con lo Specchio del Sole, stretto da
Febo nell’est dell’isola. I due amici si erano separati un paio d’ore prima,
per cercare di trattenere la marea di ombre che, mentre combattevano con
Flegias, era avanzata lungo la costa, nutrendosi di nuove vite. Desiderosa di
nuova energia.
Horus, il Dio del Falco, aveva
affiancato Marins, lasciando che Febo rimanesse così con suo padre, intuendo
che avessero molto di cui parlare. O forse avessero solo bisogno di stare un
po’ assieme. Adesso, alle spalle di Marins, osservò il Tridente dei Mari
Azzurri risplendere sopra di sé, chiudendo infine il pentagono di energia che
aveva delimitato l’intera zona del Mediterraneo invasa dall’Esercito delle
Ombre.
“Il pentacolo è chiuso!”
–Esclamò Avalon, concentrando il cosmo sull’anello dorato, che fluttuò
nell’aria, sollevandosi verso il cielo, superando le nubi nere, e liberando,
dai vari simboli incisi su di esso, cinque raggi di luce, che si unirono ai
vertici del pentagono irregolare, fino a creare un’enorme struttura all’interno
della quale le ombre furono imprigionate. –“L’avanzata della marea nera si
arresta adesso!”
“Nooo!!!” –Ringhiò Flegias,
disperato al pensiero di quel che stava per accadere.
“Pegasus! Cavalieri! Trovatevi
un riparo…” –Commentò Avalon, sorridendo loro. –“Perché tra poco tutto
svanirà!” –E chiuse gli occhi, liberando il potere dell’Isola Sacra, che
tramite l’anello di luce si unì ai Talismani, generando un’immensa onda di
energia che sembrò spazzar via l’intero Mar Egeo.
Il suolo dell’isola maledetta
tremò più volte, mentre aspre fenditure si aprirono nel terreno e sbuffi di
lava piovvero sui Cavalieri. Le stesse creature oscure, da Flegias evocate
tramite la Maestria di Ombre, parvero vibrare, come indecise, quasi avessero
compreso la loro sorte. Un’onda di luce le raggiunse, come raggiunse tutte
quelle sparse per il Mediterraneo e nelle terre vicine, annientandole,
cancellandole dalla storia. Senza lasciare traccia alcuna.
“Muro di Cristallo!”
–Gridò allora Mur, ricreando la cupola cubica con cui tentò di proteggere Libra
e Asher. –“Kaan!!!” –Urlò Virgo, chiudendo la barriera difensiva su se
stesso, Ioria, Castalia e Tisifone. –“Catena di Andromeda!!! Anelli
del Cigno!!!” –Esclamarono Andromeda e Cristal. Ma tutti i loro tentativi
si rivelarono vani, poiché nessuna difesa poté fermare l’onda purificatrice
evocata da Avalon.
Anche Zeus tremò, dall’alto del
Monte Olimpo, osservando le nubi nere spazzate via dalla marea di luce,
disgregandosi come polvere nel vento. La Regina degli Dei, in piedi al suo
fianco, si abbandonò ad un sospiro di sollievo e altrettanto fece Euro, il
Vento dell’Est, per quanto ben sapesse che non tutto il male del mondo era
stato disperso quel giorno.
“Giasone…” –Commentò Ganimede,
in lacrime, disteso sul letto nella Reggia di Zeus, ripensando al patto che si
erano scambiati all’inizio di quella guerra. Il giuramento di ritrovarsi
assieme.
“Non tutte le promesse vengono
strette per essere mantenute!” –Risuonò la voce dell’Argonauta Celeste
nell’animo del Coppiere degli Dei. –“Spesso si fanno per dare una fede in cui
credere a chi ci vuole bene, per dargli una speranza, pur sapendo quanto debole
sia! Addio, amico fraterno! Ci ritroveremo nel Paradiso dei Cavalieri! Possa
quel giorno essere molto lontano!” –E sorrise, prima di svanire.
Quando l’onda di luce esaurì la
sua carica distruttiva, dello spigoloso paesaggio dell’Isola delle Ombre era
rimasto ben poco. Parte delle sue cime aguzze erano state smussate, se non
abbattute interamente, e il terreno era pieno di faglie, dove scorreva la lava
del vulcano prima di gettarsi in mare. L’Inferno aveva incontrato il Paradiso.
Furono Ioria e Virgo i primi a
liberarsi dai detriti franati su di loro, aiutando Castalia e Tisifone, deboli
e ferite, a uscire fuori. A godere di nuovo della luce del sole.
Accecanti, i primi raggi
dell’alba stavano arrivando da oriente, nascosti dietro i monti dell’Anatolia.
Un fenomeno naturale a cui gli occhi dei Cavalieri di Atena si erano
disabituati negli ultimi giorni.
“L’alba!” –Commentò una voce
giovanile, richiamando l’attenzione del Cavaliere di Virgo, che si voltò verso
un mucchio di rocce, dove vide la fulva zazzera di Pavit comparire poco dopo,
con Tirtha svenuta tra le sue braccia.
“Sì! Una nuova alba!” –Sorrise
il Custode della Porta Eterna, felice di vedere che i due discepoli si erano
salvati. Nascosti sotto cumuli di detriti negli abissi dell’isola, ove avevano
cercato di sfuggire alle ombre, erano riusciti a liberarsi soltanto adesso.
Anche Pegasus e gli altri
uscirono dalle macerie poco dopo, seguiti da Mur, Libra, Asher, e da Phantom e
Ascanio. E tutti si accorsero che Avalon, nonostante la foga devastante della
tempesta, era sempre lì, dove l’avevano lasciato. Fermo nelle sue meditazioni,
con il palmo della mano destra rivolto al cielo, ove l’anello dorato si posò
pochi istanti dopo, prima di dissolversi in granelli di stelle.
“Ogni cosa ha un compito
nell’universo, svolto il quale termina di esistere!” –Mormorò Avalon. –“E noi
egregiamente lo abbiamo adempiuto!”
“Ora capisco perché hai cercato
di portare via Giasone dal mucchio di ombre!” –Disse Phantom al Comandante
della Legione Nascosta.
“Avrei voluto per lui un destino
diverso e donargli degna sepoltura sull’Olimpo! Ma sorrido, in fondo,
immaginando che sarà sempre con noi! Polvere del cosmo!” –Sospirò Ascanio,
prima che un rumore violento attirasse l’attenzione dei Cavalieri.
Un rogo di fiamme nere si
sollevò dal suolo, anticipando la demoniaca sagoma del figlio di Ares, con la
Veste Divina danneggiata e ferite sanguinanti sul volto. In mano i frammenti
della corona nera, che lasciò cadere a terra, calpestandola con rabbia, prima
di sollevare lo sguardo, rosso di collera, verso il Signore dell’Isola Sacra.
“Cadremo entrambi…” –Mormorò a
denti stretti, prima di scattare avanti, in un turbine di fuoco oscuro. –“E tu
per primo!!!” –Ma non riuscì ad avvicinarsi ad Avalon che un nugolo di catene
lucenti sfrecciò verso di lui, tagliandogli la strada e obbligandolo a
deviazioni improvvise, per evitare quella pioggia argentea che Andromeda aveva
scatenato contro di lui.
“E solo non sei, fratello!”
–Esclamò Phoenix, lanciandosi contro Flegias con il pugno carico di energia
cosmica. –“Pugno Infuocato!!!” –Ringhiò, mentre il figlio di Ares
tentava di contenerlo con il palmo della mano, come aveva fatto in precedenza,
non riuscendo però quella volta a trattenere l’impeto della Fenice Divina, che
lo spinse indietro di vari metri, con il braccio destro in fiamme.
“Caldo? Vediamo se posso
raffreddarti!” –Commentò allora Cristal, lasciando che cristalli di ghiaccio
cadessero su Flegias, mentre il suo dito indice si illuminava, circondando il
Flagello di Uomini e Dei con anelli concentrici di gelo.
“Vuoi fermare con questi miseri
cerchi il fuoco dell’inferno?” –Ringhiò Flegias spalancando le braccia, avvolte
in oscure fiamme, e liquefacendo i cristalli di ghiaccio. Solo per accorgersi
che Cristal era già di fronte a lui, con il gelo attorno al pugno destro.
“Polvere di Diamanti!!!”
–Gridò il Cigno, travolgendo Flegias e spingendolo indietro, mentre la sua
Veste Divina veniva ricoperta da un consistente strato di ghiaccio, di
temperatura uguale allo Zero Assoluto, che la spaccò in più punti.
“Colpo dei Cento Draghi!”
–Tuonò allora Sirio, liberando le fauci delle sacre bestie di Cina, che
sfrecciarono verso Flegias, che tentò di contrastarle con un’impetuosa Apocalisse
Divina, annientandone in parte il potere. Ma non fece in tempo a rendersi
conto che alcune zanne di luce lo avevano raggiunto che dovette coprirsi gli
occhi, abbagliato dallo splendore di Pegasus, che si era appena lanciato in
alto, avvolgendosi su se stesso e divenendo un’accecante cometa di energia. –“Cometa
di Pegasus!!!” –Esclamò il ragazzo, piombando su Flegias e centrandolo in
pieno petto, fino a schiantarlo contro rocce franate alle sue spalle,
spaccandogli la Veste Divina e facendogli schizzar via altro sangue.
“Come si sta in terra, Flegias?
C’è duro?!” –Ironizzò il ragazzo, atterrando di fronte al nemico.
Ma il figlio di Ares, per quanto
già lo credessero sconfitto, aveva ancora energia per permettersi di rialzarsi
e fissare Pegasus con i suoi occhi di brace, scaraventandolo indietro e
dirigendo sui cinque compagni un violento turbine di fiamme nere.
“Tu che ne dici, Pegasus?!”
–Ringhiò Flegias, sballottando i Cavalieri a terra, mentre una pioggia di fuoco
e ombra, simile a dardi appuntiti, martoriava i loro corpi.
“Pegasus!!!” –Gridò subito
Ioria, muovendosi per intervenire, affiancato da Libra, Virgo e Phantom.
“No!” –Li fermò il Cavaliere,
cercando di rimettersi in piedi, nonostante la violenta e continua pioggia di
fiamme. –“State indietro, è pericoloso! Finiremo noi quanto iniziato! Del
resto, è abbastanza chiaro che fin dall’inizio Flegias ci ha preso di mira,
preoccupato che proprio noi, essendo riusciti a sconfiggere degli Dei,
potessimo ostacolarlo! Non è così, Flegias?” –Gridò Pegasus, accendendo il
proprio cosmo, che disintegrò le fiamme oscure, unendosi presto a quello dei
quattro compagni che stavano facendo altrettanto. –“Non è per questo che
ordinasti a Issione di ucciderci, prima che ricordassimo? E che tentasti di
rapire Patricia, Nemes, Jacob e Fiore di Luna? Perché in fondo, di noi
Cavalieri di Atena, hai sempre avuto timore!”
Non giunsero parole di risposta,
solo un nuovo turbinar di fiamme e ombra, che spinse Pegasus e gli altri
indietro, obbligandoli a sollevare le braccia per difendersi. Ma non riuscendo
a piegarli. Non più.
“Privo della Pietra Nera, ben più
deboli sono i tuoi attacchi! Potresti uccidere il Pegasus della Guerra
Galattica, o quello che scalò la cima del Jandara per un amico, o forse quello
che combatté contro i nobili Cavalieri di Asgard! Ma il Pegasus di oggi, a
queste fiamme di odio sa opporsi!” –Esclamò il Cavaliere di Atena, scattando
avanti, con il pugno carico di energia cosmica. –“Fulmine di Pegasus!!!”
–Gridò, colpendo più e più volte Flegias, che venne spinto indietro, mentre i
frammenti della sua Veste Divina schizzavano in aria, assieme a fiotti di
sangue.
“E altrettanto sappiamo fare
noi!” –Intervenne Andromeda, liberando l’ultima configurazione della catena. –“Melodia
scintillante di Andromeda!!!” –E l’arma si moltiplicò in infinite copie,
abbattendosi su Flegias, intrappolandolo nella sua stretta maglia,
arrotolandosi attorno al suo corpo, in modo da fermare i suoi movimenti.
“In nomine tuo Acquarius!”
–Esclamò Cristal, liberando il colpo massimo delle energie fredde e dedicando
quell’assalto a sua madre, al Maestro dei Ghiacci, a Acquarius e all’amico
Abadir. A tutti coloro grazie ai quali era cresciuto.
L’attacco del Cigno congelò le
gambe di Flegias al suolo, in una rozza massa di ghiaccio, per quanto il figlio
di Ares continuasse a dimenarsi, prigioniero anche della gabbia creata dalla Catena
di Andromeda. Sirio approfittò di quel momento per concentrare il cosmo sul
braccio destro, sollevandolo e poi calandolo di colpo, in modo da generare un
fendente di energia, che mozzò un braccio di Flegias, poco sotto il polso,
strappandogli un grido di dolore.
“E questo è niente rispetto a
quello che hai inflitto alle tue vittime! Subisci su te stesso l’agonia della
morte!” –Esclamò Phoenix, che aveva ancora ben vivo il ricordo dell’uccisione
di Esmeralda, voluta dal fratello bastardo di Flegias. E quella di Ippolita,
causata da un altro fratello di una stirpe che aveva infangato il mondo.
Il cosmo incandescente di
Phoenix sfrecciò verso Flegias, sotto forma di un maestoso uccello di fuoco,
che lo trapassò all’altezza del ventre, distruggendo quel che restava della
Veste Divina e facendolo crollare in avanti, sputando bava. Ma le Catene di
Andromeda, e i resti del gelo del Cigno, in parte evaporato con l’attacco
di Phoenix, gli impedirono di cadere a terra. E lo lasciarono lì, come un
carcerato, a sollevare lo sguardo e a vedere Pegasus sfrecciare verso di lui.
Una cometa azzurra che gli sfondò il cuore, passandolo da parte a parte.
“Iaiii!!!” –Gridò il Cavaliere
di Atena, fermando la propria corsa qualche metro alle spalle di Flegias, il
cui corpo esplose all’istante, ardendo in un rogo di fiamme nere, da cui
pestilenziali vapori fuoriuscirono, spingendo tutti ad allontanarsi.
“L’incubo è giunto alla fine!”
–Commentò Phantom. –“Lode ai Cavalieri di Atena che ci hanno liberato dal suo
mortifero giogo!”
Improvvisamente dalle vampe
ardenti si sollevò un’oscura evanescenza, simile a quelle che avevano
affrontato in quei giorni, ma molto più grande e potente, che a Pegasus e
Phoenix ricordò l’anima di Ade fuori dal mausoleo nell’Elisio. Un’ombra in
grado di parlare.
“Maledetti!!! Maledetti
Cavalieri di Atena!!!” –Ringhiò Flegias, adesso rimasto solo in forma di
spirito. –“Avete rovinato il piano perfetto che avevo elaborato per anni!
Sapevo che avrei dovuto uccidervi quando potevo! Sapevo che avrei rischiato,
che il mito celato tra di voi avrebbe potuto ostacolarmi! E l’ho temuto! Temuto
fin troppo!”
“Hai cercato di cambiare la
storia, affogando il mito, e tu stesso ne sei rimasto travolto!” –Commentò
allora Avalon, avanzando tra gli stanchi Cavalieri di Atena, e tenendo fisso lo
sguardo verso l’ombra. –“Le profezie non sono favole per dormire, ma ansie e
timori di un’epoca che si proiettano su quelle che verranno! E il mito, che i
saggi avevano predetto, in questi giovani uomini ha trovato compimento!”
“Non avrò il mio impero, né sarò
araldo dell’ombra! Ma tu, burattinaio di
mondi, pagherai con la vita l’avermi umiliato una seconda volta!”
–Esclamò Flegias, infiammando l’aria con vampe di fuoco, che circondarono Avalon,
infiammando parti delle sue lunghe vesti argentee. –“Ti ucciderò! E brucerò la
tua carcassa sulla cima dell’Isola Sacra, assieme ai vetusti corpi dei druidi
che mi rifiutarono!” –E nel dir questo piombò su di lui, in un turbine di
fiamme nere.
“Mio Signoreee!!!” –Gridò Ascanio,
vedendo l’ombra schiantarsi su Avalon, che nient’altro fece se non sollevare il
braccio destro, volgendogli contro il palmo carico di vivida luce. –“Dei delle
Stelle!!!” –Esclamarono Mur e Libra, preoccupati.
“Pegasus! Siamo stati compagni
quest’oggi, e abbiamo affrontato un nemico comune! È stato bello, è stato
intenso! Ma non sarà eterno! Forse un giorno mi odierai, e non approverai il
mio operato, poiché in fondo, per quanto il fine sia diverso, è simile a quello
di Flegias! A quello della mia nemesi!” –Mormorò Avalon, parlando all’animo di
Pegasus, prima che il cosmo di Flegias lo sormontasse.
Lo scontro tra le due potenti
energie cosmiche produsse una deflagrazione che spinse tutti indietro di
qualche metro, aprendo nuove faglie sul martoriato suolo dell’isola. In quella
il vulcano ricominciò a eruttare, in maniera più consistente, mentre lapilli
incandescenti piovevano sui Cavalieri di Atena.
“Dobbiamo andarcene!” –Esclamò
Ascanio, mentre il terreno tremava sotto di loro, come se l’intera isola fosse
sul punto di scoppiare. Una situazione che, a Pegasus e compagni, ricordò
l’inabissamento della Regina Nera lo scorso anno.
“Ma…” –Mormorò Pegasus, notando
che di Avalon non erano rimaste tracce.
Ascanio gli sorrise e lo invitò
a non preoccuparsi. Per quel giorno aveva fatto abbastanza e adesso, sia lui
che i suoi compagni, avevano bisogno soltanto di riposo. E di un po’ di tempo
per loro stessi.
“Ci rivedremo, Cavalieri della
Speranza! E combatteremo di nuovo fianco a fianco!” –Esclamò il Comandante dei
Cavalieri delle Stelle, avvolgendosi nel suo bianco cosmo e svanendo, portando
Phantom dell’Eridano Celeste con sé.
Phoenix sentì che i cosmi delle
Amazzoni erano scomparsi e ritenne che si fossero già allontanate. Virgo e Mur
radunarono i Cavalieri di Atena, aprendo un varco dimensionale con il quale
lasciarono l’Isola delle Ombre, mentre la lava scorreva ormai ovunque attorno a
loro, annientando quel che restava dell’impero di tenebra e odio che Flegias
avrebbe voluto instaurare. Un impero sconfitto sul nascere dallo splendore
delle stelle.
“Avrei voluto ringraziare Avalon
e i Cavalieri delle Stelle per l’aiuto che ci hanno concesso!” –Mormorò
Pegasus, scomparendo.
“Sono certo che avrai modo di
farlo di persona!” –Commentò Sirio. –“Qualcosa mi dice che li incontreremo di
nuovo! Molto presto!” –E gli sorrise, dandogli una pacca sulla spalla, prima di
ritornare al Grande Tempio di Atena. Prima di tornare a casa.