Fanfic su artisti musicali > The GazettE
Ricorda la storia  |      
Autore: baka_the_genius_mind    16/06/2010    8 recensioni
«Yuu?»
«Taci. Mi hai fatto venire voglia di crema e fragole, disgraziato.»
Il suo ragazzo ridacchiò.
«Il tutto spalmato sul tuo corpo nudo, pasticcino.»
Dedicata alla mia Jo. Grazie di esistere, piccola.
Genere: Romantico, Sentimentale, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aoi, Uruha
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




Say goodbye to your chastity, goody-goody 1.

(Private property of Aredhel Noldoriel, alias my Jo-Hime)

«Perchè è da quando hai postato “Midori no Shinju” che sono alla disperata ricerca di un'idea da regalarti.

E spero di aver concluso degnamente la ricerca in questa shot.»




Kouyou starnutì; emise poi un verso che era a metà fra un miagolio (uno di quei miagolii caratteristici dei micetti appena nati che piagnucolano appena la mamma si allontana) e un mugolio sofferente.

«Itosh-» frignò con voce alta e gemebonda. La “i”, che comunque aveva tutte le intenzioni di proseguire e di dare inizio ad una sorta di pianto capriccioso, finì inghiottita in una sottospecie di singhiozzo.

Il castano stette per qualche istante con le orecchie tese, ma nessun rumore sospetto provenne dalla camera dei suoi, in fondo al corridoio, e per grazia divina neanche da quella delle sorelle, adiacente alla sua.

Yuu, dall'altra parte non seppe se sorridere intenerito o se partire all'attacco con una lunghissima ed estenuante sessione di consolazioni, sdolcinerie e conforti vari. Si premurò di controllare che la coscienza Takanori non fosse di casa (se quella pulce d'ometto avesse potuto ascoltare anche una sola delle loro conversazioni, il moro sarebbe stato seguito da quel ghigno sfottente per il resto dei suoi giorni. Non aveva mai ringraziato abbastanza gli Dei del cielo, anche se Yutaka diceva sempre che gli Dei non andavano scomodati per frivolezze da ragazzini, che non avesse ancora scoperto, anche se era certo che presto la catastrofe avrebbe visto la luce, il nomignolo con cui il suo ragazzo lo chiamava in intimità) e optò per una via di mezzo; sorridendo, bisbigliò in risposta:

«Manca poco, Kouchan, pochi giorni e sono lì da te.»

Kouyou abbandonò per qualche istante le vesti di donzella abbandonata a sé stessa, raffreddata, negletta e derelitta, per assumere quella del mocciosetto che chiede al padre se può aprire i regali di Natale prima della mezzanotte.

«Non puoi venire qua domani?» mormorò, facendo gli occhioni dolci allo specchio per calarsi meglio nella parte. Era una cosa che, lungi dall'esserne contento, ammise che gli veniva piuttosto bene.

Il moro sospirò, forse un po' troppo rumorosamente: Takanori si voltò nelle lenzuola, borbottando. Yuu attese col cuore in gola che quello scricciolo si svegliasse, magari con un sadico sogghigno in volto, ma il rosso continuo a russare come un carro armato sovietico, a combattere contro le lenzuola e a "ciucciare" l'angolo del cuscino.

Avrebbe fatto notizia il vizietto a dir poco indecente che aveva il suo compagno di stanza di succhiare, durante il sonno, qualsiasi cosa gli capitasse fra le mani (una sera che, ubriaco marcio, si era ritrovato nello stesso letto di quel matto, la mattina si era risvegliato con quasi l'intera mano in bocca all'amico, il cuore da qualche parte in mezzo al fegato e l'emicrania più bastarda dell'universo), ma era abbastanza intelligente da capire che se mai gli fosse venuta la folle idea di raccontare a chicchessia le sue... non sapeva definirle in altro modo se non focose e bizzarre notti (si chiedeva chi fosse il folle che avesse iniziato Takanori al miracolo delle api e dei fiori), presto non solo l'intero campus universitario, ma anche tutta la città di Tokyo avrebbe saputo di quell'imbarazzante sera in cui, udite udite!, ubriachi marci, avevano giocato a “Obbligo o Verità”.

Perchè, perchè quel dannato sorcetto ricordava ogni singola parola che gli aveva estorto? Perchè non si comportava come ogni ubriaco che si rispetti e non si dimenticava tutto?

«Ho un esame venerdì...» provo a protestare debolmente.

«Vieni qui la mattina presto. Torni via il pomeriggio e studi in treno.» si lagnò in risposta il castano, sapendo perfettamente che ciò che stava proponendo era assolutamente inattuabile.

Kouyou corrugò la fronte all'improvviso, non smettendo di fare gli occhi dolci allo specchio.

Quando aveva deciso di vestire i panni della fanciulletta dimenticata dall'amato?

Voltò caparbiamente le spalle allo specchio.

«Kouyou, Dei santissimi, se fosse per me sarei lì in questo stesso momento.»

Il castano smise di singh- pardon, di fingere di singhiozzare e, per l'ennesima volta in quella sera, analizzò criticamente la sua immagine riflessa. Ma se prima si era concentrato sugli occhi, chiedendosi se sarebbero stati capaci di far capitolare Yuu ai suoi piedi con quelle labbra strepitose colme di promesse di schiavitù eterna (giungendo felicemente alla conclusione che anche un blocco di granito si sarebbe sciolto come burro di fronte a quello sguardo), diede un'occhiata incerta a tutto l'insieme.

Indossava una vecchissima tuta smessa di suo padre, di un patetico color grigio stinto, che lo faceva assomigliare ad uno spaghetto infilato dentro ad un sacco. Portava dei calzettoni di spugna bianchi ai piedi, agganciati letteralmente sopra all'orlo dei pantaloni (che in condizioni normali avrebbe superato di parecchi centimetri la caviglia). Aveva i capelli arruffati come un gomitolo fra le zampe di un gatto, legati disordinatamente, gli occhiali rettangolari da vista gli erano scivolati sul naso e stava poco elegantemente sgranocchiando una penna.

E, dulcis in fundo, aveva il naso gonfio come una materassino, gocciolante e rosso come un semaforo.

Forse non era esattamente un male che Yuu in quel momento fosse a centinaia di chilometri da lì.

«Davvero?» bisbigliò, cercando nuovamente di affascinare lo specchio con lo sguardo e lisciandosi la felpa consunta sul torace.

«E me lo chiedi anche, itoshii? Mi manchi tantissimo.»

Kouyou sospirò.

Non aveva preventivato, all'inizio, che innamorarsi di un universitario sarebbe stato così complicato.

Agli albori era stato tutto sorrisi, coccole, baci e fugaci incontri in macchina, ma col passare del tempo erano sorti alcuni problemi. Primo fra tutti, quello legato al fatto che Yuu abitava lontanissimo da lui, addirittura su di un'altra isola.

Finita la pausa estiva era tornato alla sua università, lasciandolo a Sapporo con nessun'altra compagnia che non fosse il ricordo del suo sorriso e delle promesse di farsi sentire ogni sacrosanto giorno. Ah, beh, c'era anche Ryo con lui, ma non si poteva certo dire che all'epoca quel bifolco fosse propriamente entusiasta riguardo l'infatuazione dell'amico.


«Non ti fidi di me.» borbotta il più piccolo, con una vocina che è sull'orlo di tramutarsi in un broncio sonoro.

In realtà in quella stanza c'è qualcos'altro che è pericolosamente in bilico; ma se Kouyou è sul punto di piagnucolare, Ryo sembra star lottando ferocemente per non rimanere vittima di una distruttiva crisi di nervi.

«Sei noioso, Kouyou.»

In realtà il castano è molto più che solamente noioso, ma il moro si sforza di non minacciare con troppa leggerezza il pozzo senza fondo di permalosità che troneggia nel bel mezzo del Kou-mondo.

«Cos'è esattamente che ti da fastidio di lui? L'accento? 2»

Ryo non si degna di rispondere e lascia che l'alzata eloquente del suo sopracciglio sinistro, che sfiora quasi l'attaccatura dei capelli (Kouyou si è sempre chiesto come faccia l'amico ad imprimere a quel gesto significati e messaggi così chiari; è certo che se solo lui ci provasse, finirebbe coll'assomigliare ad un pinguino con la paralisi facciale), parli per lui.

«Allora, perchè non ti piace?»

«Facciamo così, invece, cos'è che piace a te?»

Kouyou arrossisce.

Ci sono un sacco di cose che gli piacciono di Yuu.

Gli piace il suo volto, così bello da sembrare opera di un pittore, quel sorriso un po' sghembo e mascalzone, gli occhi grandi ed espressivi, quella folta cascata di capelli color inchiostro nei quali ama affondare le dita quando si baciano e quelle labbra, Dei, quelle labbra!, che sono quanto di più incorrotto e nello stesso tempo peccaminoso abbia mai visto in vita sua, con quel piercing che abbraccia il suo labbro inferiore con pigra malizia.

Gli piace la sua voce, un po' roca, gli piace come questa si piega ad una risata comunicativa e aperta o ai gemiti soffusi che rotolano fuori dalle sue labbra, gli piacciono le sue mani, così snelle ed affusolate, l'insieme aggraziato e nervoso dei suoi muscoli e gli piace da matti quel collo nel quale ha da tempo il desiderio nascosto di tuffarci il viso per annusare il suo profumo (gli piace da matti anche quello, di lui), ma che non ha mai avuto il coraggio di sfiorare nemmeno con le dita.

Gli piace il modo con cui gli prende il volto fra le mani, accarezzandogli le guance col pollice, gli piace il modo con cui lo bacia, dapprima con lentezza, gli piace il modo con cui abbandona ogni premura superflua e lo stringe con intensità, senza, però, dargli mai l'idea che non lo consideri un diamante pregiato fra le sue mani, gli piace come si accende una sigaretta dopo che hanno passato ore intere a rotolarsi fra le lenzuola, gli piace il modo con cui dorme, gli piace come parla, come mangia e come fuma, gli piace sfiorarlo timorosamente e gli piace il sorriso splendente che lui gli regala assieme al tacito permesso di utilizzare il suo corpo come meglio gli aggrada, gli piace sentire il peso del suo corpo, gli piace la sensazione di prigionia mista ad ebbrezza che gli da averlo sopra di sé, gli piace sentirsi suo schiavo e nello stesso tempo suo padrone, gli piace quando lo sovrasta con quel sorriso portentoso sulle labbra, gli piace il modo sensuale con cui i suoi capelli lunghi gli scivolano sul collo facendogli il solletico.

Gli piace come lo tocca, gli piace come lo eccita, come gli prende le dita per portarsele alle labbra e lo fa letteralmente delirare il modo malizioso con cui fa scivolare la lingua sul suo collo, sul suo torace, sul suo ventre e sul suo ombelico, gli piace la lentezza che adopera per togliergli i vestiti e gli piace la dolcezza con cui lo aiuta a rivestirsi.

Gli piace pensare a come sarebbe se invece di fermarsi sempre troppo presto decidesse di andare fino in fondo, gli piace immagine la sua voce sciolta in gemiti corposi, invece che strozzata in ansimi quieti, gli piace immaginare il suo respiro leggermente affannoso, i suoi occhi liquidi dal piacere, la sua fronte imperlata di sudore, le sue guance arrossate, gli piace immaginare la sensazione di completezza, gli piace immaginare di affondare le unghie nella sua schiena, di rigarla e graffiarla, di mordere la sua pelle e poi baciare la parte offesa, gli piace immagine di annegare assieme a lui dentro ad una spirale di passione.

Gli piace come i vestiti gli cadono addosso (gli unici che abbiano il permesso di stare così attillati al suo corpo), gli piace tenerlo per mano, gli piace sorprenderlo stampandogli un bacio sulla bocca, gli piace il suo sorriso, gli piacciono le sue spalle, gli piace il suo ventre, i suoi fianchi, la sua schiena, gli piace lui, lui, gli piace da impazzire.

«Tutto.» bofonchia il castano, imbarazzato.

Ryo schiocca la lingua, sentendosi un po' una piccola carogna. In fondo sarebbe palese anche agli occhi di un bradipo addormentato che Kouyou è davvero preso da questo... Yuu.

«Io mi fido di te. Sei l'unica persona di cui mi fido, a parte la mia famiglia.»

Kouyou lo guarda con un sorriso spropositato ed è così felice ed onorato che non sa cosa fare; poggia una mano sul braccio del suo migliore amico.

«Arigato, Ryo.»

L'altro gli sorride in risposta.

«Di te mi fido, è degli altri che non mi fido.»

Il moro sospira.

«Non voglio che ti faccia del male. Non lo sopporterei.»

«Non mi farà soffrire. Lui...» il più piccolo fa una pausa «...credo sia molto innamorato di me.»

L'amico sorrise un po' amaramente.

«Kouyou, lo sai che non sono bravo coi giri di parole. Tu sei bello, tutti ti guardano. Yuu potrebbe farti male, non... psicologicamente.»

Kouyou lo guarda e man mano che i suoi occhi chiari si sgranano lentamente, l'altro percepisce la pacata e ansiosa indignazione che agita quelle iridi.

Apre la bocca un paio di volte, senza fiato, prima di inghiottire a vuoto ed abbassare lo sguardo.

«No...» mormora precipitoso «No, lui si è sempre fermato prima... Lui lo sa che sono...» Kouyou è sconvolto, scuote la testa, cercando di articolare un arringa di difesa per il suo ragazzo «Non mi ha mai costretto e dice che...» arrossisce «...che gli va bene quando sono pronto io, che non devo mettermi fretta.»

Ryo sgrana gli occhi, gli afferra una mano e lo guarda, sentendosi un verme. Lo guarda con la colpevolezza negli occhi, si maledice per la sua stupidità; si sente un fetente per aver indirettamente costretto l'amico a fargli certe rivelazioni.

«Cazzo, Kouyou, non volevo! Scusa...»

Ma il castano sorride, solo un po' imbarazzato. Scuote un'ultima volta la testa.

«Lui... Lui non è quel tipo di uomo. Lo so che non farebbe mai una cosa simile.»

Ryo sospira.

«Non mi importa che genere d'uomo è. Potrebbe essere il più onesto ed illibato fra gli uomini, ma se ti ferisce in qualsiasi maniera, anche involontariamente, per me è un danno che va eliminato dalla faccia della Terra e dalla tua memoria.»

Si avvicinò al suo orecchio, posandogli una mano sulla spalla. La scusa è che non vuole che nessuno senta, ma al parchetto a quell'ora non c'è neanche un cane vagabondo, e la verità è che non gli piace farsi vedere così debole, neanche dal suo migliore amico.

E lui è debole quando ama, e questo gli fa paura.

«Ma io mi fido di te, Kouyou. Ti lascio fra le sue braccia, anche se non senza preoccupazioni.»

«Arigato, Ryo. Farò in modo di meritarmi la tua fiducia.»

Il moro sbuffò una risatina.

«E qualsia cosa accada... Non avere né paura né vergogna, torna da me. Non ti dirò mai che te l'avevo detto. Mai.»


«Yuu?»

«Hai, chibikko? 3»

Dei, quanto, quanto gli piaceva la sua voce arrotolata in quei nomignoli? Era sicuro che in bocca a chiunque altro sarebbero risultati melensi; ma mormorati, sussurrati da lui, nel bel mezzo di una torrida notte di giugno, avevano il potere di sciogliergli ossa che non credeva nemmeno di avere.

«Mi manchi anche tu, da morire.»

Yuu, non prima di essersi assicurato che Takanori dormisse alla grossa, gongolò, abbracciandosi da solo.

Erano passati quasi sette mesi da quando si erano messi assieme e quasi cinque da quando si amavano a distanza.

Era complicato, non lo negava: era complicato e doloroso arginare la voglia dolorosa e inutile di affondare il volto nei suoi capelli e annusare il suo profumo fino ad esserne ubriaco, era difficile mettere a tacere la malinconia che gli dava il pensiero fisso di non averlo vicino a sé, era estremamente complicato dover aspettare il suo messaggio per poterlo chiamare, quando non c'era un solo istante che passasse senza che lui provasse nostalgia per la sua voce.

Era anche difficile mettere il silenziatore al cuore, quando apriva la sua casella di posta e si trovava, in una mail da Sapporo, così!, senza nessun preavviso, la foto del volto luminoso di Kouyou, aperto in un sorriso che splendeva più del Sole, era difficile non svegliare Takanori con i mugolii di felicità che gli scivolavano dalle labbra solo al sentire la voce di Kouyou mormorargli nelle orecchie ed era terribilmente difficile non sentirsi in colpa per tutti quei sotterfugi.

Sentì la sua voce un po' assonnata tossicchiare e gnaulare dentro alla cornetta.

«Itoshii?»

Ebbe in risposta una sorta di gemito querulo.

«Io odio avere la febbre...» biascicò il castano «...mi sento tutto appiccicoso e malaticcio.»

Yuu, per tutti gli Dei del cielo, non farti abbindolare da quella vocina capricciosa.

Lui non ti fa tenerezza.

«Almeno fino a qualche anno fa quando mi ammalavo mia madre mi sommergeva di crema e fragole, ma sembra che sia diventato troppo grande.» sbuffò il povero reietto.

Lui non ti...prego?

Yuu stette in silenzio.

L'immagine di Kouyou vestito solo di uno spruzzo di crema pasticcera, magari con una scorta infinita di fragole da intingere in quel corpo, apparve fra i suoi pensieri quasi magicamente su di un piedistallo, come una cubista in una discoteca.

«Yuu?»

«Taci. Mi hai fatto venire voglia di crema e fragole, disgraziato.»

Il suo ragazzo ridacchiò.

«Il tutto spalmato sul tuo corpo nudo, pasticcino 4

Kouyou avvampò in un battito di ciglia.

Aveva passato settimane ad immaginarsi il sesso con lui. Da totale ed assoluto vergine quale era, aveva speso pomeriggi interi perso fra miriadi di tare mentali di ogni forma e dimensioni e fra fantasie che spaziavano dal miele alla pornografia.

Quando si era trovato a dover agire, l'ultimo giorno di quell'estate fantasmagorica, si era reso conto di due cose.

Che aveva perso tempo a preoccuparsi, in quanto il suo corpo si era attivato da solo e l'istinto aveva fatto il resto.

E che la realtà era mille, mille volte meglio della sua immaginazione.

«Ti ho imbarazzato?»

«Stavo pensando...»

«A cosa?»

«Ad organizzarmi perchè quando tu arrivi qui il frigo pulluli di crema e fragole.»

Fin dal primo momento in cui l'aveva visto aspettarlo alla stazione, gli occhioni immensi e i capelli scompigliati dal vento, quel ragazzino, e soprattutto il suo corpo, aveva avuto, su di lui, un potere enorme.

Potere che era andato consolidandosi ed ingentilendosi di giorno in giorno; se nei primi giorni aveva provato solo un illogico e prorompente desiderio di fare suo quell'inno di innocenza e pudicizia, tempo poche settimane e si era ritrovato a passare le notti in bianco perso nel suono della sua risata.

«Ti intingerei in quella crema come un biscotto.»

Ridacchiò smaliziato.

«Mmh, sì, e poi...» fece una pausa per raccogliere tutta l'enfasi necessaria «...mangiami

Di addio alla tua castità, verginella.

«E poi...»

«E poi leccami, leccami tutto.»

Di addio a tutto, amore mio. La prossima volta che ti vedo ti incateno a me.

«E poi...?»

«E poi... Prend- etciuuuuuu

Calò il silenzio.

«Itoshiii!» piagnucolò esasperato, come se fosse colpa sua.

Kouyou sbuffò insofferentemente, fissando lo specchio davanti a sé. Era la stessa storia ogni qualvolta cercasse di fare il sensuale: se non era il cellulare, era il campanello, se non era la vicina di stanza che ascoltava film polizieschi a volumi folli, era lui che si metteva a starnutire.

Emise un gnaulio avvilito.

«Scricciolino, non fare così. Che se miagoli a quella maniera dirotto il primo aereo che trovo e mi faccio portare sotto la tua finestra...»

Ah, sì?

Kouyou sogghignò internamente, aumentando la platealità e l'istrionismo dei suoi lamenti.

«Oh! Sto tanto, tanto male, bo-hoo, me tapino.»

«Subdolo mocciosetto.»

Nonostante a volte (tipo quando voleva affascinarlo, o convincerlo a fargli le coccole - sforzi del tutto superflui, comunque, dal momento che dichiarava apertamente che avrebbe passato la sua esistenza incollato a lui) Kouyou fosse capace di mettere su teatrini e sceneggiate degne di un marmocchio col moccio al naso, era un ragazzo dotato di una sottile maturità.

Yuu si morse un labbro.

Ammise con una sorta di sconforto misto a disagio che talvolta sembrava essere anche più maturo di lui.

Beh, in fondo la l'assennatezza non va di pari passi con l'età, no?

In quello Takanori si mise a piagnucolare (non bastava il malaticcio dall'altro capo del telefono, per tutti gli Dei?), si tolse di bocca il cuscino (povero caro, avrebbe avuto bisogno di una seduta psico-terapeutica per superare lo choc) e prese a succhiarsi, non senza un concerto di mugolii e gemiti degni del peggior bordello di Tokyo, le dita di una mano.

...e ne ho una prova materiale davanti agli occhi.

In fondo neanche lui brillava certo per responsabilità e maturità, mentre Yutaka... Beh, Yutaka era un caso particolare, in quanto, alla veneranda età di 22 anni, poteva benissimo passare per un nonno. Puntualmente era lui che faceva ragionare, o che tentava di far ragionare lui e il tappo, purtroppo con scarsi risultati.

Evidentemente quando gli Dei stavano distribuendo il buonsenso Takanori si era fatto prendere dall'irresistibile voglia di trascinarlo in una delle situazioni assurde di cui era catalizzatore e Yutaka doveva aver ereditato anche le loro parti.

Lui e Kouyou avevano sette anni di differenza.

Sette anni che erano un fragile equilibrio fra il troppo e il giusto.

Sette anni che sembravano sette minuti quando erano da soli, magari distesi all'ombra del vecchio salice del campetto, l'uno disteso sopra l'altro, a scambiarsi coccole e confidenze.

Ma che agli occhi di tutti andavano ingigantendosi, fino a raggiungere dimensioni intollerabili. O, quantomeno, alquanto complicate da tenere sotto controllo.


Takanori sgrana lentamente gli occhi, inarcando contemporaneamente un sopracciglio. Come ci riesca, rimane un mistero al quale Yuu non sente il bisogno impellente di trovare una soluzione.

«...Sapporo.» ripete il piccoletto, come a volersi accertare di aver capito correttamente.

Kai solleva lo sguardo dai suoi appunti e gli occhiali gli scivolano sul naso. Lui quasi non se ne accorge.

Brutto segno, sapendo quanto al castano piaccia sistemarsi vanitosamente la montatura con arie da gran secchione.

«Sapporo.» ripete il moro, cercando di ostentare indifferenza.

Takanori allora cambia strategia.

Si stampa in faccia quel ghigno che - oh, lo sa benissimo! - Yuu non è fisicamente in grado di sostenere con lucidità.

«Città splendida.» mormora, inclinando il volto e calandosi nella parte dell'intellettuale forbito che gli viene così bene da riuscire ad affascinare perfino la barista del campus (e da mettere i brividi di terrore al resto del terzetto) «Scelta nondimeno curiosa la tua.»

Yutaka, quella buon'anima di Yutaka, lo scruta sbigottito. Gli fa sempre un certo effetto la metamorfosi dello scricciolo. Ma almeno gli toglie di dosso quell'espressione assolutamente allibita con cui lo stava fissando.

«Come si chiama?»

Yuu deglutisce a vuoto, schiarendosi silenziosamente la voce. «Chi?»

Prega gli Dei che la sua voce abbia avuto il suono di un pigolio intimidito solo alle sue orecchie.

«Takanori, smettila.» mormora stancamente l'angelo custode del trio, sistemandosi finalmente gli occhiali e tornando ai suoi appunti (il moro si chiede se sia una cattiva idea balzare in piedi e schioccare un bacio in fronte a quel santo) «Non sono mica tutti ninfomani come te.»

Il rosso lo ignora garbatamente.

«La stagista di Onoda, la bionda. Quella che con un solo sguardo ti invitava a scopartela sulla cattedra del prof nel bel mezzo della lezione. Tremila yen che stai correndo dalla tua bionda.»

Il contegno da aristocratico è durante non più di mezzo minuto. Tipico di quella pulce.

Yuu sospira. «È così improbabile che voglia andare a Sapporo solo per godermi le vacanze estive?»

Yutaka e lo scricciolo si guardano, per qualche istante; poi spostano simultaneamente (con la precisione degna di un corpo di ballo) lo sguardo sul terzo.

«Sì.» e le voci si fondono in un sol suono.

Cade il silenzio.

Yutaka torna per la terza volta ai suoi appunti, sperando illusoriamente di riuscire a studiare per il prossimo esame.

Takanori distoglie lo sguardo, certo come del fatto che vive che Yuu sia irrimediabilmente caduto nella sua trappola.

Yuu sospira ancora, sventolando virtualmente bandiera bianca.

«Si chiama Kouyou. Ed è solo un amico.»

I due amici lo guardano intensamente.

«Non lo dico perchè ho paura che mi prendiate in giro, lo dico perchè è così.»

«Per adesso...» mormora allusivamente il rosso.

«Per adesso.» concede il moro, con un sorriso.

Entrambi vedono con la coda dell'occhio Yutaka scuotere la testa con un sorriso.

«La nostra maturità sessuale ti imbarazza, verginello?»

Poche persone riescono ad essere dirette e imbarazzanti come Takanori.

«Semplicemente ammetto l'importanza di altre cose oltre al sesso, nella vita.»

«È proprio per questo che mi stupisco del tuo successo con le fanciulle, amico mio. Perchè, ammettilo, al mondo tutto si riconduce al sesso.»

Yuu sogghigna fra sé e sé; forse non dovrebbe gioire troppo presto, ma sembra che sia riuscito a sviare ad un interrogatorio in prima regola.

Takanori sembra carpire la vittoria dei suoi pensieri e si volta con un ghigno mefistofelico in volto, ignorando amabilmente ciò che l'amico sta ribattendo – il castano nel frattempo bofonchia qualcosa sulla buona educazione.

Ecco, le ultime parole famose.

«Non credere che mi sia dimenticato di te, begli occhioni. Da dove spunta fuori questo Kouyou?»

Arrivano le note dolenti.

«L'ho conosciuto... su Internet.»

A Yutaka scivolano gli occhiali sul naso una seconda volta, ma lui non ci fa caso; chiude i suoi appunti dentro al libro senza preoccuparsi di stropicciarli, voltandosi verso di lui.

Brutto, bruttissimo segno, sapendo la sacralità intrinseca degli appunti del castano.

Si aspetta una battuta oscena da parte di Takanori (magari qualcosa a riguardo l'insoddisfazione e l'impotenza sessuale che lo costringono a ricercare piacere nella trasgressione del sesso via web-cam), ma dal fronte-pulce nessun segnale.

Dopo qualche istante di silenzio, Yutaka si schiarisce la voce.

«Sono assolutamente certo di parlare a nome di entrambi...» occhiataccia verso Takanori, il quale si è bloccato in stand-by in versione scioccata/esterrefatta «...quando dico che mi fido di te e della tua capacità di giudizio.»

Yuu lo fissa attonito. Forse ha appena capito chi si è mangiato il suo dizionario.

«Ma...»

«Hai mai pensato che potesse ingannarti?»

Ingannarlo?

Il suo Kouyou?

Dopo tutte le conversazioni, le notti insonne a chiacchierare, dopo tutte le risate che la sua ingenuità gli ha scatenato, dopo tutti i sorrisi che quell'angelo è riuscito a strappargli?

No, sinceramente non lo hai mai pensato, dalla prima mail mai, neanche una volta.

Ripensa alle foto che gli ha mandato, a quegli occhi fenomenali, grandi, enormi, caldi, a quei capelli scompigliati che riflettono la sua spigliatezza, a quel sorriso che sembra il candidato ideale per diventare unica ragione della sua vita; ripensa alla prima telefonata, i cui due terzi sono stati di silenzio imbarazzato, ricorda con un tuffo al cuore la prima volta che ha sentito quella voce salutarlo intimorita dall'altro capo del Giappone, ricorda la prima volta in cui - è sicuro di averci perso almeno dieci anni - su quello schermata di chat ha visto formarsi le parole 'ti voglio bene' e ricorda con un tenerezza che minaccia di sciogliergli il cuore l'entusiasmo con cui lui ha accolto la notizia delle sue vacanze a Sapporo, i programmi che ha messo su in cinque secondi e i posti che avrebbero visitato, snocciolati con una velocità e una precisione impressionanti.

Ripensa alla sua risata.

E capisce che Kouyou non è più “solo un amico” da un bel po' di tempo. Forse non lo è mai stato.

Possibile che l'abbia ingannato?

Il suo Kouyou,lui e la sua capacità di capire sempre quando c'è qualcosa che non va, lui che non chiede “cos'è successo?” ma “hai bisogno?”, lui per il quale darebbe fuoco al mondo solo per sentirlo ridere, per il quale ucciderebbe solo per vedere il suo sorriso portentoso, lui al quale ha aperto il cuore, lui al quale non si è vergognato di dire nulla, lui che in poco meno di un anno è riuscito lentamente a scavargli l'anima fino in fondo per costruirci un cantuccio dove ha messo le radici, lui e tutto ciò che lo riguarda e circonda.

No.

Non l'ha ingannato. No.

«No.»

«Yuu...» mormora il castano con fare accondiscendente.

Una vampata d'ira bollente gli brucia le tempie.

«Non guardarmi come se fossi un moccioso che non capisce. Non lo conosci, non puoi capire.»

«Ti sta solo chiedendo di fare attenzione, non c'è bisogno di trattarlo male.» si intromette Takanori con flemma, accendendosi una sigaretta «Lo sai meglio di me che è peggio di una mamma, quando si mette.»

Yuu abbassa lo sguardo a terra, imbarazzato dallo scatto di poco prima.

«Quanti anni ha?» continua salottiero il piccoletto, pensando di distogliere l'attenzione dalla tensione fra i due.

Ma decisamente è la domanda sbagliata.

«A giugno ne finisce diciassette.»

Apriti cielo.

«Sedici anni?»

«Quasi diciassette.»

Yutaka si trattiene dal ribattere poco amichevolmente. Ma tanto c'è Takanori a fare le sue veci.

«Ti rendi conto vero che te la fai con un minorenne?»

«Non me la sto facendo con nessuno, Taka. Siamo solo amici.»

«Raccontala a qualcun altro. Tu sei pazzo di quel ragazzino. È il biondo della foto del pc, vero?»

Yuu impreca mentalmente; solo pochi giorni prima ha liquidato con una bugia riconoscibile come un led ad intermittenza in mezzo al buio il fatto che il rosso l'ha colto in fragrante a sospirare come una donnicciola su una delle foto di Kouyou. Figurati se il suo migliore amico gli ha creduto, quando ha balbettato che è un lontano cugino.

Sta in silenzio, sostenendo lo sguardo d'acciaio del piccoletto.

«Non ti sto ostacolando. Voglio che tu mi assicuri che ti rendi conto della situazione.»

Il moro sospira. «Purtroppo sì.»

«Bene. Il fatto che ha l'età di tua sorella Man e potresti finire dentro per pedofilia sono affari tuoi.» si può dire molto, riguardo quella sottospecie di mostriciattolo luciferino, tranne che non sappia fare il quadro di una situazione.

Si volta verso Yutaka in cerca di aiuto e ci trova un sorriso composto.

«Per riprendere ciò che ha detto Yutaka, sono certo di parlare anche per lui quando dico che hai la nostra benedizione.» dichiara pomposamente, scimmiottando il castano, il quale perde ogni contegno e gli sferra il libro completo di appunti sulla zucca.

Alé, Yutaka oggi ha definitivamente dato i numeri e l'exploit finale è stata quell'ingiustificabile mancanza di cura per i propri schemi.

Dopo una breve lotta (a Takanori, infatti, è sembrata cosa buona e giusta difendersi lanciandogli contro il suo intero materiale universitario, che comunque ammonta a ben poca cosa, per poi sedersi trionfante sulla schiena di un povero Yutaka, decisamente poco avvezzo a tal genere di scazzottata), il rosso lo guarda con uno sguardo quasi - quasi - affettuoso.

«Qualunque cosa succeda, Yuu, stai pur certo che non ti diremo mai che te l'avevamo detto. Mai.»


«Domani prendo l'aereo delle 4:00.»

«Eh?»

«Così dovrei essere da te più o meno verso le otto.»

«Yuu, non puoi! Hai un esame venerdì!»

Il moro sorrise. Era tipico del suo micio rimangiarsi le suppliche che gli propinava in mezzo ai capricci.

Forse pensava di non venir preso sul serio.

Magari dopo cinque mesi che stavano assieme avrebbe dovuto fargli presente che avrebbe acconsentito a qualsiasi sua proposta, che fosse andare a prendere un gelato o scalare l'Everest in mutande.

«Ma se giusto cinque minuti fa mi stavi supplicando di venire da te!»

Kouyou mise su una sottospecie di broncio.

«Mi stavo solo lagnando perchè sono ammalato.» e per rimarcare il fatto mandò un gemito lamentoso.

«Motivo in più per correre da te, itoshii.»

Il castano infossò il collo nelle spalle, sentendosi un po' in colpa.

«Non sto poi così male, Yuu. Posso aspettare fino a lunedì.»

«Io no.»

Kouyou sorrise fra sé e sé, dando un'ultima occhiata allo specchio.

Non era decisamente nulla di che. Non era bello, non era brillante, non era spiritoso e non era - assolutamente - seducente. Non aveva il capelli morbidi e folti di Yuu, né gli occhi sottili e magnetici di Ryo; non aveva quella particolare eleganza nel muoversi, simile alla camminata sinuosa di una pantera, che le donne potevano vantare (anzi, era goffo come un pinguino sui pattini a rotelle), né una sensualità innata tale da sopperire alla sua incapacità di camminare senza inciampare da qualche parte o urtare qualcosa.

Sarebbe mai riuscito a capire per quale indecifrabile motivo quell'angelo si era innamorato di lui?

Forse no, ma per ora gli bastava sapere che lui era suo. Suo e di nessun altro o altra.

«Vorrei essere lì, disteso con te dentro al tuo letto.» sussurrò improvvisamente Yuu, facendolo sobbalzare e arrossire allo stesso tempo.

«Sì? E che mi faresti?» mormorò in risposta, raggiungendo una sfumatura più intensa della precedente man mano che le parole gli scivolavano sulle labbra, senza il suo permesso.

«Di tutto, piccolo. Ti bacerei fino a soffocarti, per iniziare.»

Nessuna morte sarebbe più dolce di soffocare sotto ai tuoi baci, itoshii.

«Dappertutto.» aggiunse poi il moro, a voce molto più bassa.

A Kouyou gorgogliò la gola dal piacere.

«E poi...?» bisbigliò come un bambino che attende il prosieguo di una storia che lo prende molto.

«Ti leccherei tutto, da capo a piedi.»

Dei, vi prego! Fate scomparire questi chilometri inutili fra me e lui, vi imploro!

Yuu fece mentalmente le fusa; scivolò piano sul letto, divaricando flemmaticamente le ginocchia.

«Magari mi fermerei sull'ombelico... Farei dentro e fuori, con la lingua, lentamente... Dentro e fuori. Dentro... e poi fuor-»

Lo sguardo lucido di Takanori lo fissava un po' smarrito dall'altra parte della stanza.

Per.

La.

Sacra.

Potenza.

Degli.

Dei.

«Yuu?»

Non seppe rispondere.

Takanori era seduto al bordo del suo letto, i capelli assurdamente schiacciati sul lato sinistro della testa e altrettanto incongruamente sparati per aria dall'altro; lo guardava incuriosito, uno sguardo da bambino che, per un folle attimo, gli ricordò quello di Kouyou.

Takanori sbadigliò con indolenza, prima di aprire bocca.

«Haha 5

Aiuto.

«Kou, dammi due minuti.» riuscì in qualche modo a biascicare dentro al cellulare, prima di poggiarlo sul cuscino.

«Taka?»

«Haha?» ripeté il rosso con due occhi immensi.

Stai a vedere che alla fine della giostra questo... coso viene a farmi tenerezza.

«Takanori, no... Sono Yuu.»

Oltre che sessualmente disturbato, mentalmente instabile o “ormonalmente” degente, all'età di vent'anni veniva anche fuori che soffriva di sonnambulismo?

Il piccoletto si guardò attorno, leggermente spaesato.

«Dov'è Yutaka?»

Proprio il chiamato in causa una sera gli aveva raccontato degli incubi di Takanori, in cui il suddetto mischiava presente e passato con facilità spaventosa; non era raro, gli aveva detto, che chiamasse la madre morta da anni e, contemporaneamente, si mettesse a dialogare di fatti e persona contemporanei.

Cadeva in una sorte di trance, che durava in genere non più di qualche minuto.

La mattina dopo si svegliava non ricordandosi - o fingendo di non ricordare - nulla.

Evidentemente durante il liceo Yutaka era stato una sorta di ammortizzatore per quanto riguarda quegli incubi notturni.

«Yutaka è dai suoi, a Tokushima. È partito stamattina, ricordi?»

Yuu si avvicinò all'amico, sedendosi accanto a lui.

«Ti vado bene io lo stesso?»

Il rosso gli sorrise con dolcezza, cingendogli la vita con un braccio; poggiò le guancia contro la sua clavicola e riprese placidamente a dormire, come se non fosse successo nulla. L'altro lo fece distendere, gli rimboccò amorevolmente le coperte (colpa sua se Madre Natura l'aveva creato con un animo incredibilmente sensibile ai cuccioli sperduti ed abbandonati?) e tornò al suo letto.

«Eccomi...»

«Successo qualcosa?»

«Takanori ha avuto... una sottospecie di incubo.»

«Mmh.»

Conosceva Takanori e Yutaka per ciò che Yuu raccontava di loro e per le foto che gli aveva mostrato.

Yutaka gli era sembrata la tipica persona su cui fare affidamento, ma il moro gli aveva detto spesso di non fidarsi troppo di quelle fossette. Takanori era... Beh, una bellezza selvaggia e fiera, corredata di un paio di occhi fenomenali e un carattere al peperoncino.

Non era propriamente contento all'idea che dormisse nella stessa stanza del suo ragazzo.

«Dove eravamo rimasti?»

«Mmh, mi sembra che la tua lingua fosse nel mio ombelico.»

Kouyou trattenne uno sbadiglio, lanciando una fugace occhiata alla sveglia.

Quasi le due. E la mattina dopo avrebbe dovuto essere in piedi alle sei.

«Forse è meglio se rimandiamo a quando potrai veramente infilarmi la lingua nell'ombelico.»

«E non solo lì, cucciolo!» esclamò allegramente Yuu.

Il castano arrossì - per la... terza? Quarta volta nell'arco di un paio d'ore?

Ci stava che avesse una voglia incontenibile di vederlo.

Quattro giorni, Kou, quattro e potrai baciarlo fino a morire, spalmargli addosso tutta la crema di questo universo e stargli incollato per almeno due settimane.

Sarebbero stati al parchetto, come prima tappa. A rotolarsi beatamente sotto al vecchio salice.

E magari l'avrebbe portato al castello, con la vista di Sapporo ai loro piedi l'avrebbe baciato, poi in corriera avrebbero raggiunto il mare e avrebbero goduto della spiaggia deserta ed invernale, magari con qualche spaurito fiocco di neve a lambire i cavalloni, e poi avrebbero fatto l'amore, nella sua stanza d'albergo, nell'automobile presa a noleggio, al parco, al mare, ovunque.

E poi... Poi le due settimane sarebbero passate, e lui sarebbe tornato a Tokyo, lasciandolo nuovamente solo con la promessa di tornare appena possibile e con Ryo.

Forse era un po' troppo ingiusto col suo migliore amico.

Forse un po' troppo.


«Verità.»

Kouyou storce il naso.

«Hai pura per la tua dignità?»

Ryo lo smonta con un'alzata del sopracciglio sinistro.

«Semplicemente non voglio che tu mi faccia fare cose imbarazzanti.»

«Beh, ma è questo lo scopo del gioco!» protesta il castano «Se io scegliessi “Obbligo” tu mi costringeresti a... che ne so! Attraversare i binari in mutande o chissà cos'altro.»

...attraversare i binari i mutande...” prende mentalmente nota il moro.

«Ho detto “Verità”, Kouyou.»

L'altro sbuffa.

«Sei mai stato innamorato?»

Altro sopracciglio inarcato. Kouyou lo ignora volutamente, fissando la carrozza davanti a sé.

«No.»

Il castano non resiste e si volta a guardarlo, sbigottito.

«Mai? Neanche una volta?»

Ryo scuote la testa, con un sorriso.

«Mi hai fatto due domande, Kou. La tua prossima “Verità” ne toccano due a me.»

Kouyou non fa neanche in tempo a gonfiarsi dallo sdegno che il suo migliore amico riprende la parola.

«Obbligo o Verità?»

Che gusto, che gusto!

«Verità.» bofonchia l'amico.

«È bravo a letto?»

Dei, quanto ama veder quel balordo arrossire come un papavero; forse quest'amore è secondo solo a quello che prova quando comincia a gesticolare, esagitato.

«Non puoi farmi una domanda simile!»

Ryo sgrana innocentemente gli occhioni.

«Non avevamo fissati divieti...o mi sbaglio?» mormora colpevolmente, una mano al cuore e sempre quest'espressione da innocuo che, Dei!, è così poco abituata a stare in quel volto da mascalzone che si vede subito che è artificiosa e così sottile da rischiare la rottura.

Perchè? Perchè ha proposto quel gioco stupido per ammazzare il tempo?

«Tu mi hai fatto domande molto intime Kou e io ti ho risposto.»

«Sì, è bravo! Sei contento?»

Ryo ghigna come il peggior bastardo sulla faccia della Terra.

Lo guarda con affetto. «Sì, molto.»

Fra i due cala il silenzio, inquinato dal fischio acuto di un treno in partenza.

Yuu arriva in aereo fino alla costa; da lì prende il traghetto per la traversata e poi un treno per raggiungere il centro di Sapporo. Se pensa che fa tutto ciò per lui, gli viene da saltellare dalla gioia.

«Urli?»

Kouyou ci mette un nel po' a capire a che cosa si riferisca l'amico e quando ci arriva è tentato di buttarsi sotto la carrozza dalla vergogna. O forse, perchè dovrebbe rimetterci lui?, di buttarci quel cretino.

Lo fissa esterrefatto, la bocca spalancata e gli occhi sgranati.

Dal suo canto, Ryo si accende con indifferenza una sigaretta, ignorandolo con quanta più nonchalanche gli è possibile.

Il più piccolo si volta, imbestialito, lo sguardo fisso sui binari.

Non apre bocca per qualche istante, per poi sospirare profondamente, con aria rassegnata.

«...sì.» bisbiglia, imbarazzato all'inverosimile.

Lo sa perfettamente che Ryo è amichevolmente malizioso e che non vuole umiliarlo; e forse è il solo motivo per cui non l'ha ancora scaraventato sui binari.

«Obbligo o Verità?»

«Verità.»

Per un attimo è tentato di ripagarlo con la stessa moneta, ma si rende perfettamente conto che il moro non si imbarazza con la sua stessa facilità. E poi c'è qualcos'altro che gli preme sapere, al momento.

«La lite con Rui-chan... è colpa tua?»

Vede la sua mascella contrarsi e teme di essere stato troppo indiscreto.

Ma confida nel fatto che, tanto lui capisce che le sue domande non vogliono ferirlo, tanto il suo migliore amico si renda conto che in quella domanda c'è solo l'implicita richiesta di aprirgli la sua vita, cosa che, nonostante si fidi del castano più che di sé stesso e nonostante siano sette anni che fanno parte di un entità unica ed inscindibile, il moro ancora non ha fatto.

Ma forse Ryo l'ha fatto e non se ne rende conto.

Il fatto che sia l'unico uomo in vita a cui è permesso chiamare sua sorella con tanta confidenza, qualcosa vorrà dire; vorrà dire qualcosa, anche il fatto che sia l'unico in vita in grado di eludere l'intensa gelosia da fratello maggiore che lo lega a Rui e che, per altro, è stato l'unico e sciocco motivo di quella controversia.

«Sì, è colpa mia.»

«A questo proposito, ti dico una cosa.»

Kouyou sorride, poggiandogli una mano sul ginocchio.

«Che tu sia in torto o in ragione, io sarò sempre dalla tua parte. Sempre. Lo capisci? Qualsiasi cosa tu faccia. Potresti uccidere una persona che rimarresti il mio migliore amico. Io sono sempre dalla tua parte.»

Ryo prova un intenso e poco famigliare pizzicore alla base del naso. Distoglie lo sguardo dagli occhi limpidi del castano, il quale capisce perfettamente il suo imbarazzo e gli da un colpetto sulla spalla, col dorso della mano. Appoggia poi la testa nell'incavo del collo del moro, sospirando di felicità.

È col suo migliore amico, a cui ha appena fatto una struggente dichiarazione d'amicizia, e l'uomo della sua esistenza sta correndo da lui.

C'è veramente qualcuno più felice di lui? Ne dubita fortemente.

«Obbligo o Verità?»

Kouyou sorride, sereno come il Sole.

«Obbligo! Non mi freghi più!»

In quello, una voce metallica e fastidiosa avverte i due amici del prossimo arrivo alla stazione di un treno.

Del treno. Il suo treno.

Quegli occhi color miele diventano abbaglianti.

«Potrei obbligarti a non sfiorarlo neanche con un dito. Potrei obbligarti a non salutarlo e a tornartene a casa.»

È inutile, Kouyou ci casca sempre.

Si volta con uno sguardo da cane bastonato, il labbruccio tremulo e gli occhi quasi liquidi.

«Oseresti davvero farlo?»

Ryo sorride, un sorriso raro e prezioso come la neve ad Agosto.

«No.» si volta fino ad appoggiare la sua fronte contro quella dell'amico «Ti obbligo a correre da lui e soffocarlo di baci. Ti obbligo di stargli appiccicato come una cozza - come fai con me, per intenderci - e di non lasciartelo sfuggire. Ti obbligo a portarlo all'albergo e a farci l'amore tutta la notte. Ti obbligo a essere felice con lui.»

Distoglie poi lo sguardo, imbarazzato. Deve limitare le libere uscite dei suoi neuroni a quando non c'è nessuno che ascolta. Altrimenti ne vengono fuori questi discorsi sconclusionati e sdolcinati che gli fanno venire il voltastomaco.

Kouyou gli prende il viso fra le mani, costringendolo a guardarlo negli occhi.

Quegli occhi ora decisamente liquidi e brillanti come il Sole stesso.

«Te lo prometto.»

Non ha tempo di ribattere a questa energica dichiarazione, e comunque non saprebbe trovare le parole.

Il profilo slanciato di Yuu si staglia in mezzo alla ressa che ha accalcato la banchina e Kouyou emette una sorta di gemito strozzato. Lo molla come un sacco di patate, così repentinamente che Ryo quasi scoppia a ridere.

Vede il castano correre, schivare una persona solo per colpirne un'altra, scavalcare una valigia solo per inciampare in quella successiva.

Lo vede aprire la folla come Mosè con le acque del mare.

Lo vede saltare in braccio al suo uomo; con la sua solita grazia da elefante imbizzarrito gli fa cascare il borsone, ribalta l'enorme trolley, quasi fa cadere lo stesso Yuu.

Lo vede ubbidirgli diligentemente e baciarlo con una tale intensità da rischiare veramente di soffocarlo.

Sorride, Ryo, distogliendo lo sguardo.

«Ci conto.»


«Domani ci sei...vero?»

Quando Kouyou si accorgeva di stare per crollare, interrompeva tutto, domandandogli ansiosamente conferma della sua presenza il giorno dopo.

«Certo, itoshii. Hai sonno?»

Il castano cercò di non sbadigliare, senza troppi risultati. «No-hoo, mh, sì un pochino.»

Dei, se ce l'avesse avuto sottomano non sarebbe riuscito a resistere alla voglia di strizzarlo come un peluche; andava in brodo per quella vocina assonnata, diceva 'arrivederci' al suo essere uomo e si scioglieva in una pozzanghera di gongolamenti.

Aveva una voglia matta di mettersi a scalciare e gli scappò da mettersi a fare le fusa.

«Dormi, piccolo, ci sentiamo domani.»

«Mmh, resti con me?»

Non gli era capitato molte volte di svegliarsi accanto a Yuu; spesso e volentieri, il fatto che i suoi non fossero propriamente a conoscenza dell'esistenza del suo fidanzato, costringeva entrambi ad incontrarsi con una solida copertura alle spalle - costituita senza eccezione dalla benevolenza di Ryo.

Ma le poche mattine in cui la prima cosa che aveva visto era stato il suo volto sonnacchioso... Dei, gli venivano i brividi solo a pensarci.

Dormire con la consapevolezza che, se mai si fosse svegliato durante la notte il respiro del suo ragazzo sarebbe stato lì, accanto a lui, poter essere lui la sua sveglia personale ed essere la prima persona a ricevere il suo buongiorno attraverso il telefonino non era assolutamente la stessa cosa.

Tenere aperta la chiamata tutta la notte era sembrato ad entrambi un compromesso, non entusiasmante, ma vagamente accettabile.

«Mmh...»

Si sistemò meglio sotto alle lenzuola fresche, sprimacciò il cuscino, pensando con malinconia a quanto maggiore fosse l'agio del dormire col torace di Yuu sotto alla testa, e poggiò il telefonino vicino all'orecchio.

«Oyasumi, Yuu. Ci sentiamo domani mattina, itoshii hito.»

«Oyasumi, piccolino. Sogni d'oro.»

Pochi minuti dopo, Yuu sentii il respiro di Kouyou farsi all'improvviso molto più calmo e cadenzato. Si distese sul materasso, fissando con amarezza il display azzurrognolo del cellulare: lo schermo segnalava una chiamata aperta e il nome di Kouyou spiccava in mezzo ad uno sfondo blu chiaro.

Tutto quel che aveva di lui, in quel momento, erano i sospiri che emetteva nel sonno e quel nome.

Distolse lo sguardo per posarlo sul letto parallelo al suo.

Mentre era troppo occupato a tubare con Kouyou, Takanori era riuscito, in qualche maniera, a lanciare le lenzuola sulla scrivania e ora stava cercando di sradicare il materasso dallo scheletro in ferro del letto, questo sempre succhiando con gran ardore un angolo del cuscino.

«Takanori?»

Nessuna risposta, se per risposta si intende l'articolazione a parole di un concetto e/o frase di senso compiuto.

Dalla penombra dell'altro lato della stanza gli arrivò sono una sorta di lungo gemito soffocato.

Yuu si chiedeva cosa cavolo doveva pensare una persona normale a passare del tempo nella stessa stanza di quel folletto eccitato, se non che aveva un qualche disturbo ormonale o che fosse cresciuto a latte e film porno.

Una volta aveva sentito alla radio che degli psichiatri tedeschi avevano studiato una decina di persone affette da una lieve patologia, la quale li costringeva a compiere col corpo ciò che effettivamente stavano facendo nel proprio sogno 6; e si riteneva fortunato, quando ci pensava. In fondo, Takanori solo mugolava come se si trovasse in un film porno, poteva andargli molto peggio.

«Mi sa che mi sono innamorato, Taka.»

Altro, imbarazzante miagolio impudico.

«Mi sa che lo amo.»

Nessuno gli rispose; il rosso continuò a dorm- ehm, insomma a... beh, a fare quello che stava facendo prima e il telefonino gli rimandò il suono del respiro quieto di Kouyou.

Chiude gli occhi, pronto a cascare beatamente fra le braccia di Morfeo.

«Anche io ti amo, Yuu.»


















Note:


1 Colloquiale per “verginella”.


2 Yuu è nato a Mie, nel Kansai; da quanto ho capito leggendo il manga “Tarantaranta” (mi sono piaciuti da matti i disegni), l'accento di questa regione è particolarmente marcato, un po' come quello romano qui in Italia: assolutamente inconfondibile con qualsiasi altra parlata e molto “deciso”.


3 Se non sbaglio si può tradurre con «Sì, cucciolo?»


4 Made by Aelite. Occhio, c'è il copyright.


5 Per chi è una fan sfegatata delle fiction di Deneb (BlackSwan) come la sottoscritta, questo termine non è nuovo. Per gli altri, oltre ad un consiglio spassionato di leggere qualcosina della Lady qua sopra, vuol dire “mamma”, in tono colloquiale. Quello informale è, se mi ricordo bene, “okaasan” (che sarebbe come 'madre' in italiano).


6 È vero! L'ho sentito qualche giorno fa alla radio! È una patologia (qualcosa che ha un “rem” - che abbia a che fare col gruppo? °°” - alla fine, mi spiace di non poter essere più dettagliata) assolutamente non pericolosa (non penso lo sia... almeno che uno non sogni di lanciarsi giù da una finestra), ma che viene studiata dai medici per capirne qualcosa di più a proposito dei sogni.





Angolo di Mya (ovvero scleri e ringraziamenti a tutto andare):


Facciamo che per una sola volta in tutta la mia vita faccio le cose con ordine e metodo:

  • Sia la sorella di Yuu, Man, che quella di Ryo, Rui, in realtà sarebbero entrambe maggiori dei fratelli. Le ho rimpicciolite per esigenza di copione.

        • Questa shot, dalla prima parola all'ultima virgola, tutta quanta, compresi gli errori, è una proprietà privata di Jo. Tutta sua.

          Arigato.

          Grazie semplicemente di esistere, perchè se non ci fossi pagherei qualcuno per inventarti: per inventare tutta la dolcezza, tutta la simpatia e tutto l'amore che mi trasmetti ad ogni messaggio e ad ogni risata. O forse t'inventerei io stessa, metterei in moto il cervello e e cercherei di inventare tutto il sostegno, tutta la fiducia, tutto l'affetto che so di trovare in te se solo ti scrivo un “Ciao” senza faccine e tu ti accorgi che c'è qualcosa che non va e...

          ...e per fortuna che esisti, Hime, non so se sarei così brava.

  • Non so se esiste un castello a Sapporo; e non so neanche quali siano le modalità di viaggio fra Tokyo e Sapporo. Ho messo il castello perchè tempo fa ho promesso a Jo di portarla al castello di Udine, quando verrà a casa mia, tutto qui.

  • Annuncio, con mio sommo dispiacere, che non potrò più essere tanto presente sul sito. Il fatto è che ho litigato coi miei e loro hanno pensato bene di togliermi una delle cose più importanti, ovvero il mezzo per mantenermi in contatto coi miei amori.

    È per questo che non ho ancora recensito né l'aggiornamento di haha Deneb (fustigami, ti prego!), né quello di... come si dice figlia? °-° Insomma, né quello di Guren. Né la shot di Alexiella, che mi ha colpito, né un sacco di altra gente.

    Dal momento che è tutta interamente colpa mia, prendetevela con me. Sto cercando di rimediare al casino che ho fatto. Ma temo e prevedo un estate diametralmente opposto alla meravigliosa dell'anno scorso (ricordo folli conversazioni msn con Shin e altrettanto folli mail con Jo, tanto per citarne due).

    Mi spiace, gomen.

    D'altra parte, gioite, la scuola è finita! E sono riuscita -spero- ad uscirci senza neanche una buca.

    Perciò continuerò a scrivere come un'ossessa.

    E a postare di nascosto, ritagliandomi dieci minuti scarsi dopo cena, come per questa shot.

  • Non so se l'avete notato, ma “Yami no Hikari” è finita fra le scelte del fandom.

    Ed è tutto merito di Guren (LadyWay).

    Io, beh, non so cosa dire. Grazie mi sembra poco, ma grazie.

    Non irriterò la tua consorte sbaciucchiandoti, ma la prima volta che ti becco ti disintegro le costole a suon di abbracci.

    Te lo giuro.

  • Beh, tanto vale che lo scriva anche io.

    Shin è sulla via del ritorno. Della serie “Chi non muore si rivede”.

    Se avete dubbi che la suddetta scrittrice sia morta, non temete, ella è viva e vegeta, e l'ultima volta che ci siamo sentite per telefono (l'altro ieri ndt) l'ho disturbata in un momento di produzione creativa *si fustiga*

    Quindi, attendete speranzosi, miei, ehm, suoi prodi!

  • Forse non fregherà a nessuno (altamente probabile), ma io ve lo dico lo stesso.

    Ho un basso elettrico *-*

    Questo non significa che io abbia abbandonato la mia Angela (Eretico chi l'ha pensato!), ma finalmente mi sono decisa a riesumare una meraviglia di basso elettrico, nero, molto vissuto (apparteneva ad un amico di famiglia, bassista eccezionale, che occasionalmente è stato anche mio maestro di musica), che messo accanto alla mia bimba sembra il figlioletto *-*

    [annuite e sorridete]

    Perciò adesso sono madre e nonna! Si accettano consigli per il nome, visto che non ne ho mezzo °-°

    Mi piacevano Dante e Ludwig ma boh! °-°




Siete in assoluto il fandom più sexy che abbia mai visitato, vi amo.

Mya

  
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > The GazettE / Vai alla pagina dell'autore: baka_the_genius_mind