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Autore: Altariah    20/06/2010    2 recensioni
REVISIONE COMPLETA
Sono una ragazza senza nome e senza passato, vivo in una cella da quando ho memoria, amo la mia vita e tutto ciò che vi gira attorno.
Giorno dopo giorno cresco, è ovvio; la mia statura aumenta e io riesco finalmente a sbirciare fuori dalle strette e squallide finestre del carcere che m’incatena a questa vita.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pensa al passato, capisci il presente, indovina il futuro.
Toccai coi polpastrelli le incisioni su quel muro ruvido e freddo, di colore grigiastro. Chissà chi le aveva scritte prima che io venissi portata lì.
Tante volte avevo riflettuto sul significato di quelle parole, e altrettante volte mi ero immaginata storie sempre diverse. La mi fantasia vagava; era l’unica cosa che quella cella non poteva impedirmi.
Immaginavo di essere nata in una famiglia affettuosa, cresciuta insieme a qualche fratello, anche loro immaginati minuziosamente sotto ogni particolare: c’era Carlo, biondo come me, ma piuttosto basso, primogenito, ed io e lui avevamo quattro anni di distanza; Federico, dai capelli bruni e più piccolo rispetto a me di un anno; e Bianca, la più piccola della mia famiglia, dai boccoli castano chiaro e dagli occhi turchesi.

Avevo imparato benissimo a leggere e scrivere, la mia padronanza della lingua parlata era eccezionale. Sapevo così bene la materia grazie ad un mio vicino di stanza, rinchiuso lì per motivi legati alla politica. Avevo solo sette anni, allora, ma imparai volentieri; mi faceva leggere libri, quelli che gli avevano permesso di portare, e mi spiegava di giorno in giorno cose sempre nuove ed interessanti.
Quando avevo dieci anni lo portarono via una notte e non lo vidi mai più. Eravamo diventati come zio e nipote, anzi, quasi come padre e figlia.
In lui riconobbi la figura paterna che mi aiutò a crescere senza diventare pazza. Non avevo mai conosciuto un mio parente, e soprattutto mai nessuno mi rivolgeva la parola… o almeno… più parole al giorno di qualche presa in giro da parte dei secondini.
“Perché tenete rinchiusa una bambina piccola?” era l’ultima causa per cui il mio compagno si era battuto, ed è finita che ancora per colpa mia persi l’unica persona che mi aveva fatto sentire un essere umano e non soltanto un ammasso di carne senza sentimenti. Franco, si faceva chiamare. L’ho amato davvero più di ogni altra cosa.


Mi piaceva troppo fantasticare, dopotutto se non avessi fatto nulla tutto il tempo sarei di certo impazzita. Vivevo la mia monotona vita senza rimpianti: quali avrei dovuto avere? È da quando ho memoria che non posso gustarmi la sensazione della libertà, quella vera, e non quella dei cinque minuti di aria che mi concedono una volta al mese, se si ricordavano le guardie.
Libertà.
Anche su quello avevo riflettuto molto, e non riuscivo comunque a capire bene cosa significasse. Il mio papà e la mia mamma dovevano aver fatto grandi sciocchezze per farmi rinchiudere a vita in una cella.

Gli errori dei genitori non devono essere ripagati dai figli.

Anche quello c’era inciso, sulla parete opposta. “Cosa combini oggi?” Una voce, dopo un paio di settimane, da dietro le sbarre arrugginite della porta.
Ero felice di poter parlare con qualcuno, sebbene sapessi che quel qualcuno mi detestasse con tutta l’anima. Anche se per un motivo a me del tutto ignoto. Non mi parlava nessuno neppure quando mi scortavano a lavarmi o quando mi portavano da mangiare. Perché mi odiavano tanto?
“Penso.” Risposi semplicemente, voltandomi e sorridendo al mio interlocutore.
“A cosa vuoi pensare, tu, che sei completamente pazza e non sai neppure il tuo nome?” Continuai a sorridere, nonostante il tono odioso che quell’uomo aveva assunto. No, non potevo rispondergli male, avevo troppa voglia di scambiare delle parole, anche poche, con qualcuno. “A cosa mi serve sapere il mio nome? So la mia data di nascita, e ciò è più che sufficiente.” In effetti non era del tutto vero, mi faceva star male il fatto di essere una ragazza senza nome.
Avevo pianto pensandoci, quella notte.








Mi pareva l'ora di revisionare un po' questa storiella vecchiotta sulla ragazza che non conosce la propria identità ed è rinchiusa da quando ha memoria. 
Altariah
  
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