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Autore: Alektos    25/06/2010    4 recensioni
Quarto anno: il giorno prima della terza prova la signora Weasley e suo figlio Bill si sono recati ad Hogwarts per assistere alla conclusione del torneo Tremaghi. Durante un giro per la scuola, al settimo piano, davanti all’entrata di Grifondoro che entrambi conoscevano molto bene, Bill fece un incontro inaspettato: Violet, l’amica della Signora Grassa, gli aveva fatto l’occhiolino. A parte lui nessuno se ne era accorto: sorrise al pensiero di Violet, con quel gesto gli aveva portato alla mente molti ricordi.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Bill Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per il GIRO DELL'OCA indetto su Writers Arena
Prompt 3: sotto la doccia.


Nella vita c’è bisogno di punti fermi e, in quel momento, durante la fase più instabile e ormonale della vita di ogni essere umano, l’adolescenza, Bill Weasley aveva una certezza, uno scoglio a cui aggrapparsi: non avrebbe mai più -ok, per una settimana almeno- avuto a che fare con persone del sesso opposto, fossero queste reali, stampe e/o riproduzioni oppure fantasmi… soprattutto fantasmi.
D’accordo, forse lui non era il ragazzo più attraente dell’intera scuola, gli piaceva studiare ed era sempre impegnato con temi/appunti/libri, dal momento che seguire dodici corsi non era una passeggiata, ma non era un santo, nemmeno un sociopatico né un secchione. Dopo due mesi che Le stava dietro, passandole materiale sulle lezioni e aiutandola con i compiti, finalmente Lei aveva accettato il suo invito ad uscire; inutile dire che era stato un completo disastro, se non altro la colpa non era sua, non del tutto almeno. Magra consolazione.
Quando la sfortuna ci mette lo zampino e ci si ritrova, per colpa dell’amore, non quello con la A maiuscola, ma qualcosa di più simile ad una cotta, a chiedere un appuntamento all’unica Corvonero dell’intera scuola pigra, con la puzza sotto al naso e delle amiche sciocche e superficiali, le cose non possono che prendere una piega non gradita. O una piaga non gradita?
Dopo un disastroso pomeriggio ad Hogsmeade, con la pioggia scrosciante e un vento guinness –cose che avrebbero già dovuto mettere in allerta il nostro eroe-, con una visitina a Madamapiediburro e alla cartoleria del paese, il tutto mentre Martha, questo il suo nome, non aveva fatto altro che parlare di sé stessa, erano ritornati a scuola. Poco prima del momento che tutti sognano, il bacio di addio all’innamorata, però, era successo l‘irreparabile. Le graziose amiche di Martha si erano appostate in agguato e l’avevano praticamente rapita, facendo intendere, chiaramente, a Bill che lui non le si addiceva. Il tutto tra le risatine della sua bella (ormai ex) amata. Ciliegina sulla torta, l’uscita dal bagno delle ragazze di Mirtilla Malcontenta, che aveva preso le difese di Bill… mai momento fu più imbarazzante per cose dette, non dette e gesti espliciti.
Dopo la cena, durante la quale non era riuscito a mandare giù nulla, Bill optò per andare a farsi una doccia rilassante nel bagno dei Prefetti. Quello era un luogo nel quale non andava spesso, troppa strada, il bagno della sua camera era molto più comodo, senza contare che doveva portarsi dietro il cambio. Per quella sera, però, poteva fare un’eccezione, aveva bisogno di stare un po’ da solo per sbollire e riflettere. Fortunatamente il bagno non era occupato da altri; aprì un rubinetto a caso, dal quale uscì del bagnoschiuma dall’intenso colore viola. Mentre la grande vasca si riempiva, Bill aprì il getto della doccia e iniziò a lavarsi: a casa non aveva la vasca e non ci era abituato, se poteva preferiva usare la doccia.
Mentre si lavava, udì una voce.
“Però, niente male!”
Spaventato, si guardò intorno, coprendosi istintivamente le parti intime. Non scorgendo nessuno, ma non fidandosi, con la bacchetta creò una paratia intorno alla doccia.
“Rinnovo il mio commento, niente male.” La stessa voce di prima, questa volta accompagnata da una risatina.
“Ma cosa? E, soprattutto, chi sei?” Bill sbirciò fuori dalla paratia, ma nuovamente non vide nessuno.
“Chi sono… bella domanda. Ma non risponderò, ho un nome talmente lungo che ti stordirei e una storia talmente complessa che nemmeno io riesco a raccontare senza sbagliarmi. Chiamami Violet, basta e avanza.” Bill rimase un attimo stordito. “Tranquillo, puoi finire la tua doccia, da qui non vedo nulla. E i complimenti erano per il tuo fisico, adoro le maniglie dell’amore.”
Il ragazzo arrossì vistosamente.
“Ma si può sapere dove diavolo sei?” Sbottò.
“Sono qui da una cara amica, che come al solito sta beatamente dormendo sul suo scoglio. È la sirena più pigra che io conosca.”
“Sirena... sirena…” Mormorò Bill prima di affacciarsi da dietro la paratia e fissare l’unico quadro presente nella stanza ed accorgersi che, oltre la sua abituale occupante, vi era anche una dama(?).
“Esatto carino, sono proprio io.”
Ma non bastavano i fantasmi, pensò Bill, adesso anche i quadri dovevano mettersi contro di lui?
Sospirò senza riuscire a proferire parola pensando fosse meglio ignorarla.
“Sai, so cosa è successo oggi pomeriggio.”
“Qualunque cosa tu abbia da dire a riguardo, dilla e lasciami in pace.”
“Come vuoi. Ma lo sai che sei proprio tonto? Un ragazzo come te che fa il cascamorto con una simile ochetta. Certo, Mirtilla poteva risparmiarsi tutta questa sceneggiata, ma lo ha fatto in buona fede, è pazza di te.”
Quelle parole ebbero su Bill lo stesso effetto di un Petrificus.
“Che c’è, il gatto di Gazza ti ha mangiato la lingua?”
Il ragazzo sospirò. “Potresti smetterla di infierire e andartene?”
“Oh no, mio caro, sono qui per aiutarti.”
Bill si arrese, chiuse il getto della doccia e si immerse nella vasca. “E sentiamo, come esattamente?”
“Io posso indicarti la ragazza che fa per te. Tu non lo sai, ma sono in molte a farti la corte.”
Ecco, dopo questa le aveva sentite tutte. Uscì dall’acqua e si coprì immediatamente. Il tempo di vestirsi e uscì dal bagno. Quella, decisamente, era stata una giornata da dimenticare.
I giorni successivi la situazione non migliorò di molto. Violet, vuoi per noia, per altruismo o scommessa, questo nessuno lo saprà mai, aveva preso come una missione l’aiutare Bill Weasley, che poi il ragazzo fosse d’accordo o no, non era assolutamente rilevante.
“Bill, perché quel quadro ammicca verso di te?”
“Sarà difettoso, ora concentrati!” Già aiutare suo fratello a fare i compiti era un’impresa degna di nota, se poi avesse saputo della conversazione con Violet avrebbe perso completamente credibilità ai suoi occhi. Charlie, questo il nome di suo fratello, era lo sportivo della famiglia: non aveva molto rispetto per i libri e per qualunque cosa si dovesse fare stando fermi e concentrati. La pazienza di Bill stava lentamente scemando, Charlie riusciva a distrarsi con qualunque cosa.
“Basta, ci rinuncio. Vado a fami un giro.”
Bill, prima che scattasse il coprifuoco, uscì dalla Sala Comune di Grifondoro e subito fu seguito dalla sua dama di compagnia; per tenere il suo stesso passo Violet stava buttando all’aria parecchi quadri e i rispettivi occupanti non sembravano gradire molto.
“E fermati! Non farmi correre così!” Strillo la donna.
“E, di grazia, chi ti avrebbe detto di seguirmi?”
“Ti tampinerò fino a quando non mi avrai ascoltata!”
Bill si arrese. In fondo se voleva SOLO essere ascoltata… “Hai una sola occasione, vedi di usarla bene.” Braccia conserte e sguardo severo, Bill si stava atteggiando da vero uomo.
“Deanna Ward,quarto anno, Tassorosso. Mi sembra il tipo adatto a te, prova a parlarci e poi mi dici.” Violet gli fece l’occhiolino e poi se ne andò.
Deanna, pensò Bill, ma che nome è Deanna?
Un mese dopo Bill tornò nel bagno dei prefetti e, memore dell’ultima volta, prima di farsi la doccia fece comparire la paratia. Non si sa mai.
Mentre si stava lavando i capelli udì una voce fin troppo familiare.
“Vedo che mi stavi aspettando.”
“Non proprio, ma imparo in fretta.” Si sciacquò via lo shampoo e si tuffò nella vasca dove, grazie alla schiuma, era protetto da sguardi indiscreti.
“Allora, ammetti finalmente che avevo ragione?” Nel tono di voce di Violet c’era una punta di divertimento. Bill annuì di malavoglia. “Te lo avevo detto!” Canticchiò la donna; quando era ancora in vita, quella era una delle sue frasi preferite, provava uno strano piacere nel pronunciarla.
“Vedo che ti trovi bene con lei…” Continuò Violet, senza però ottenere risposta.
Bill, infatti, aveva seguito il consiglio della dama e aveva allacciato rapporti con la ragazza che le era stata suggerita: questi rapporti erano diventati sempre più intimi.
Certo, forse non era la donna della sua vita, ma sicuramente questa storia lo aveva aiutato a dimenticare la precedente esperienza.
“Cambiando argomento,” riprese Violet. “Non ti sembra ora di cambiare taglio di capelli? Il caschetto va bene fino all’età di cinque anni, in un uomo.”
Bill sospirò. “Vuoi provare a spiegarlo a mia madre?”
“Suvvia, sei abbastanza grandicello da decidere da solo…” Si soffermò un secondo a pensare. “No, forse no. Anche tuo fratello Charlie ha quell’orribile pettinatura.”
“Come dovrei farli, secondo te?” Azzardò il ragazzo.
“Lunghi, secondo me dovresti lasciarteli crescere.” Violet era molto sicura di quello che diceva in fatto di vestiti e capelli, la sua vita, per la maggior parte del tempo, aveva ruotato intorno a questi argomenti, senza contare che aveva sposato un uomo privo del gusto del colore, i suoi abbinamenti facevano a dir poco schifo, per non parlare dei parrucchini che lei gli aveva sempre impedito di comperare.
“Potrei provare, ma tra poco iniziano le vacanze e mia madre tornerà all’attacco con le forbici non appena metteremo piede in casa.”
“Io non credo tu abbia gli ottimi voti che hai in pozioni per nulla. Non è difficile da preparare, e tu lo sai bene. L’avete studiata l’anno scorso.” Violet si riferiva alla pozione per allungare i capelli, non troppo complicata come esecuzione, il più sta nel non eccedere con l’assunzione, che varia da persona a persona e a seconda del tipo di capello.

La storia con Deanna non era sopravvissuta all’estate e di questo Violet non era stata molto contenta.
“Lo sapevo che i capelli più lunghi ti avrebbero donato. Come sei riuscita a convincere tua mamma?”
“Non ci sono riuscito.” Puntualizzò Bill. “Ti dispiacerebbe girarti mentre esco dalla vasca?”
Alzando gli occhi al cielo, Violet eseguì la richiesta. “Hai già adocchiato qualcuna? Uh, a proposito, i tuoi esami G.U.F.O.?”
“Ma sono tornato a scuola da solo DUE giorni!” Si lamentò. “E ho preso dodici G.U.F.O, forse è anche per questo che mia madre ha mandato giù la storia ei capelli.”
“Dai, vado che mi metto a caccia per te!”
“Credo di essere capace di trovarmi una ragazza, non sono così sfigato, sai?” Bill si stava rivestendo, nel mentre.
“Lo sai che mi diverto, e poi tu sei liberissimo di non accettare i mie suggerimenti, anche se sono SEMPRE i migliori.”

Il rapporto tra Bill e Violet rimase invariato fino alla fine del settimo anno del ragazzo.
“Mi spiace di non essere riuscito ad accasarti,” sospirò Violet sedendosi sullo scoglio della sua amica Sirena.
“Accasarmi?” Ripeté Bill chiudendo il getto della doccia.
“Si, sposarti, trovarti una moglie, farti diventare un marito. Insomma, scegli la versione che preferisci!”
Se c’era una cosa alla quale Bill non pensava, quella era proprio il matrimonio.
“Non sono un po’ troppo giovane e senza soldi? Ci penserò tra qualche anno.”
Violet sospirò nuovamente. “Sei stato il mio primo fallimento.”
“Non te la prendere se non mi sposo tra due giorni.” Bill si asciugò e si rivestì. “Sei stata comunque un’amica preziosa.” Uscendo dalla porta del bagno le fece l’occhiolino.
“Ciao fusto.” Sussurrò lei.
Alcuni anni dopo però, Bill ritornò ad Hogwarts.
L’occasione si presentò durante l’ultima prova del torneo Tremaghi, anno 1995: In quell’occasione gareggiava un amico della famiglia Weasley, Harry Potter, al quale mamma Molly voleva bene come ad un figlio; in più il torneo Tremaghi era un evento raro e spettacolare.
Harry aveva portato lui e sua madre a fare un giro turistico per Hogwarts; tra questi era inclusa la famosa entrata di Grifondoro, che entrambi conoscevano molto bene.
Mentre erano intenti ad ammirare la Signora Grassa, alle spalle di quest’ultima passò una dama con un vestito lilla che fece l’occhiolino a Bill, solo lui se ne era accorto.
Subito dopo cena, mentre Bill aspettava che sua madre salutasse i suoi fratelli –li avrebbe rivisti solo il giorno dopo, un tempo troppo lungo- si sentì chiamare. Si girò, ma dietro di lui c’era solo uno spesso muro.
“Sono qui!” Sussurrò una voce di donna che proveniva dalla sua destra. “È bello rivederti. Sai, non mi sono dimenticata di te.”
“Nemmeno io.” E come avrebbe potuto?
“E, a proposito, la biondina là in fondo, la francese. Io ci farei un pensierino, si chiama Fleur.”
Bill si girò per guardare la ragazza e quando rivolse nuovamente l’attenzione a Violet, quella era sparita, in compenso era spuntata Molly.
La sera del giorno dopo, quando finalmente ritornò a casa, era leggermente frastornato e con tutto quello che era successo era il minimo. Si svestì a andò a farsi una doccia tonificante e dopo aver aperto il getto prese la spugna; come incantato la fissò per alcuni minuti, era viola.
Ripensò a Violet e sorrise.
“Feur… ma che razza di nome è Fleur?”

  
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