ATTENZIONE: in questo
capitolo, anche se trattate in maniera molto leggera, sono presenti
riferimenti a rapporti sessuali tra una ragazzina di quattordici anni
ed un uomo di ventiquattro, tuttavia non voglio inserire il rating
rosso per un semplice accenno.
Se fossi scesa
maggiormente nei particolari l’avrei fatto, ma ritengo che
sia inutile.
Spero che non vi rechi
disturbo. Se c’è qualsiasi cosa che vi abbia
turbato, la responsabilità è soltanto mia.
Mi scuso per questo
improponibile messaggio e vi auguro buona lettura.
Your mother should know
Da
quel giorno in poi le cose cambiarono radicalmente per entrambi.
Era
come se avessero riacquistato la vista dopo anni e anni di mortale
oscurità, persi nei propri incubi e ossessionati dalle vane
speranze nella conquista della luce perduta.
Fu Joe
il primo a risvegliarsi dal maledetto torpore che avvolgeva la sua vita
dopo la morte della moglie grazie alla riscoperta dell’amore
verso Katie: dall’insegnante severo e silenzioso che i suoi
alunni più ribelli conoscevano bene, soprattutto per la
confisca del walk-man e per voti in pagella, divenne un uomo
sorridente, luminoso come non lo erano stati neanche i suoi capelli
rapitori della luce, e felice di poter accogliere ed educare nelle sue
classi le più svariate tipologie di adolescenti benestanti o
quasi, per poterli non solo aiutare nei problemi di geometria, ma anche
nei problemi della vita, e non solo le tipiche ansie di un ragazzino
cresciuto nella bambagia.
Ben
presto si rivelò uno psicologo più capace di
quanto non lo fosse stata Katie per lui: forse fu proprio grazie a lei
che riuscì ad aprirsi ai suoi studenti, rendendo la sua
professione non solo un
onere ma anche un grandissimo piacere, sia per lui che per i suoi
alunni.
Katie
aveva notato qualcosa di diverso nel suo mare tempestoso già
dal primo giorno di scuola dopo le vacanze di Natale, e dovette
resistere parecchio per non alzarsi dalla sedia nel bel mezzo della
lezione ed abbracciare con trasporto Joe, dondolandosi sul posto per
l’occasione ed abbandonandosi sul suo petto, sotto gli occhi
sgomenti di trentatré ragazzi in cerca di piccanti
pettegolezzi, purtroppo con un considerevole fondo di verità.
Era
felice per lui come mai lo era
stata dal momento in cui aveva iniziato a parlarsi segretamente, e la
faceva soffrire non potergli andare incontro nei corridoi e baciarlo
dolcemente sulle labbra, quei baci che si regalavano l’un
l’altro a riparo da occhi indiscreti nei luoghi
più impensabili della città.
Lei
amava la clandestinità del loro rapporto, la eccitava in
tutti i sensi, la faceva sentire adulta e padrona della propria vita,
anche se c’era ancora molta strada da compiere prima di
arrivare alla completa maturità della sua mente.
Nonostante
sembrasse più grande di quanto fosse dal punto di vista
fisico, dentro di sé era ancora una bambina giocherellona e
tenera, che si vergognava degli estranei, inciampava facilmente sul
gradino del marciapiede, odiava esser baciata da sua madre (per quanto
le volesse bene) ed amava giocare a baseball con i suoi amici nel tempo
libero.
Il
corpo, però, aveva i suoi bisogni che la mente non
comprendeva e cercava di scacciare.
La
mente ed il corpo di Katie non erano mai stati grandi amici,
perciò non fu difficile convincere il corpo a piegarsi ai
suoi primordiali desideri e partire alla conquista della preda
designata. L’unico problema riguardava il corpo di Joe, che
al contrario di quello di Katie, aveva buonissimi rapporti con la sua
mente, e dal compimento dei quattordici anni della ragazza fino
all’ultimo giorno di scuola si unirono in battaglia per
sconfiggere quella effimera tentazione rappresentata
dall’amore carnale.
Katie,
che difficilmente si tirava indietro ma certe
volte capiva quando era meglio fermarsi, non si
stupì del comportamento di Joe: dopotutto per lui era
complicato fare l’amore con un’altra donna (in
questo caso ragazza) con il ricordo della moglie ancora vivo e sano nei
suoi pensieri, e la loro unione fisica gli avrebbe procurato solo
dolore non piacere.
Perciò
si vide dall’insistere ancora, e si mise ad aspettare con
pazienza: era lui l’uomo,
era lui che doveva fare il primo
passo, ed era sempre lui che doveva
decidere tra sì e no.
Quando
entrambi si sentirono avvincere da un calore opprimente
all’addome (e non avevano mangiato pesante) ed i loro occhi
cominciarono a produrre luccichii a volontà non appena le
loro mani si furono sfiorate si sentirono finalmente pronti.
Era
una giornata caldissima, e nessun uomo sano di mente gironzolava per i
ribollenti fiumi d’asfalto della città
né a piedi né in automobile (poiché la
carrozzeria di quest’ultima si sarebbe sicuramente sciolta al
calore del sole).
Sia
bambini che adulti trovavano un po’ di refrigerio correndo in
spiaggia o bagnandosi nelle immense fontane del Centro, per poi esser
ripescati dalla polizia, contemplando tristemente la vasca piena
d’acqua gelida, mentre gli uomini d’ordine
sogghignavano soddisfatti nella loro pesante divisa blu.
Gli
unici contenti erano i pesci, che sguazzavano nell’oceano e
non versavano neanche una goccia di sudore, prendendo in giro gli
esseri umani completamente bagnati e appiccicosi.
Era
per molti ragazzi l’ultimo giorno di scuola, e ciò
li faceva rinsavire moltissimo, poiché per tre mesi non
sarebbero dovuti ritornare in quei grandi forni che chiamavano
erroneamente aule.
Appena
ritornata da una eroica
battaglia di gavettoni per festeggiare la fine dell’anno
scolastico, Katie se ne stava sdraiata in giardino sventolandosi il
viso con una rivista, imprecando contro il Tropico del Cancro, contro
Los Angeles e contro l’acqua che evaporava troppo presto,
mentre Fernando annaffiava diligentemente le piante e gli alberi in
canottiera e bermuda, e sua madre sguazzava nella vasca da bagno per
colpa del’afa che l’aveva fatta sciogliere come una
caramella di zucchero.
Guardando
il cielo sopra di lei pensava come al solito a Joe, ed il suo malessere
cresceva ancor di più: aveva concluso le medie e non
l’avrebbe più visto entrare dalla porta
dell’aula con la solita aria rassegnata ed i capelli
scomposti dal sonno, poiché lui non insegnava al liceo, e
non avrebbe mai più potuto.
Qualche
giorno prima che la scuola finisse qualcuno fece la spia al preside
riguardo uno dei suoi colleghi più preparati ed amati dagli
studenti, ed egli gentilmente congedò Joe, con
l’augurio di non tornare mai più nella sua scuola,
a meno che non abbia portato con lui un minimo di
responsabilità ed un ricco risarcimento in denaro (anche se
non c’era nulla da risarcire).
La
notizia di un falso insegnante che si era preso gioco di tutta la
scuola per un anno intero fece così scalpore che non ne
discutevano soltanto i ragazzi ed i docenti, ma anche le oneste suore
che gestivano la scuola, ma le loro opinioni erano ben diverse dalle
più maligne dei genitori dei ragazzi che avevano avuto come
insegnante Joe, poiché si sentivano presi in giro come mai
nella loro grassa vita.
Dal
canto suo, Joe cercò di scovare il traditore, ma non aveva
prove plausibili, ed era convinto al cento per cento che
l’unica persona che conoscesse assieme a lui il suo segreto,
non avrebbe di certo cantato così facilmente: a Katie non
interessava la fama, poiché ne aveva già
parecchia, e lo amava fin troppo per consegnarlo in modo
così meschino nelle mani della spietata legge americana e
soprattutto nelle mani del suo temibile preside.
Gli
promise che non appena avesse trovato il colpevole l’avrebbe
strangolato con le sue stesse mani, ma lui la tranquillizzò
dicendole di non preoccuparsi per lui, aveva un piano.
Katie
rispose scetticamente che non avrebbe potuto passare la vita intera a
scappare dalla giustizia, ma
Joe fu così irremovibile che lei dovette soccombere.
Aveva
intenzione di occupare la vecchia casa di suo padre situata nel centro
di Londra, dove abitava insieme alla sua famiglia prima di trasferirsi
definitivamente negli Stati Uniti.
Lì
sarebbe stato al sicuro, nessuno avrebbe fatto del male a lui e a suo
figlio.
Voleva
tagliare la corda la sera del 7 giugno, il giorno che segnava la fine
della scuola per Katie; tutti gli oggetti di valore, qualche vestito ed
i giocattoli di John erano stati impacchettati ed ora si trovavano
davanti all’uscio in attesa della fuga.
John
si era lasciato andare sul letto del padre e dormiva aspettando la
cosiddetta “fine”, mentre suo padre seduto sul
divano rosso faceva l’inventario di tutto ciò che
doveva portarsi nel lungo viaggio, e dopo la sedicesima volta
constatò che non mancava nulla.
A
parte lei.
In
quel momento Katie si sentì prudere l’orecchio, e
comprese che non poteva starsene tutto il giorno a non far nulla quando
sapeva benissimo che non avrebbe mai più rivisto Joe.
Ciò
che fece dopo fu prova della sua incalcolabile pazzia accentuata
dall’amore: si alzò lentamente dal prato
inaridito, chiamò Fernando dicendogli che aveva intenzione
di andare in spiaggia per sopprimere il caldo con un bel bagno gelido e
di avvertire sua madre altrimenti quella sarebbe stata capace di
chiamare la polizia notando la sua assenza, e dopo aver ottenuto il
permesso di andare, invece di scendere lungo l’immenso viale
che portava a Santa Monica, si diresse nella stretta viuzza in cui Joe
stava consumando il tempo nell’attesa della partenza.
Katie
apparve come una visione negli occhi tristi ed annebbiati di Joe, che
si alzò precipitosamente dal divano e la
abbracciò con quanta forza aveva in corpo, temendo che
potesse sparire da un momento all’altro lasciandolo di nuovo
solo.
Ma lei
non se ne andò, e ricambiò l’abbraccio
ancor più intensamente, baciandogli il viso e le mani, e
mormorando lamenti senza senso scaturiti dal suo cuore dolorante per la
separazione alle porte.
Poi
smisero di agitarsi e le loro mani goffamente si incontrarono,
giocherellando tra di loro e scolpendo nella memoria l’esatta
delicatezza del loro tocco, nonostante si fossero sempre ripetuti che
quel giorno non sarebbe mai arrivato.
Eppure
era lì, incombente più della morte: come
avrebbero potuto ignorare tanto terrore?
Solo
una promessa poteva scacciare la sofferenza, e per suggellarla
definitivamente occorreva un ricordo così intenso da non
sfuggire mai dalle dense nebbie del passato, e di ritornare a
riproporsi nel futuro con la stessa antica forza.
Ciò
che li spaventava al sol pensiero ma che li tentava invincibilmente.
Ciò
che li avrebbe uniti per sempre ed oltre.
Guidati
dall’istinto che rendeva sicure anche le membra dell’amante inesperto e madidi
di sudore e piacevoli brividi, si lasciarono avvincere dalla tentazione
e consumarono il loro amore sopra il pavimento rovente e pulito
illuminato dal riflesso delle loro anime tormentate ma felici.
Quella
fu per Katie l’estate più calda e deprimente degli
ultimi dieci anni: tutto ciò che voleva fare era star
rinchiusa dentro casa munita di un ventilatore e di un mangiadischi
eroso dalla temperatura e dall’uso poco ortodosso che ne
faceva lei, per non parlare dei 33 giri che dovette buttare e dei soldi
spesi per ricomprarli uno ad uno.
A
nulla bastavano le suppliche di sua madre e gli strilli di Fernando per
convincerla a smuoversi dal suo letto ed uscire a farsi una
passeggiata: lei non voleva ascoltare nessuno, soltanto i suoi dischi,
soprattutto la voce di Michael, che con la sua innaturale dolcezza
rendeva il suo dolore piacevole, di qualunque argomento parlassero le
canzoni.
In
fondo l’aveva sempre detto lei che ascoltare Michael Jackson
rende la vita migliore!
Non
era così per sua madre.
Con i
suoi giorni di isolamento aumentarono anche le crisi nervose di
Fiordaliso, che voleva aiutare sua figlia ma non poteva,
poiché non sapeva da che male fosse afflitta
ed ogni suo intervento impulsivo avrebbe reso la
situazione peggiore di quel che era.
Fernando
la rassicurava sul comportamento della figlia, con frasi del tipo “I giovani sono così, un
giorno sorridono e l’altro piangono, senza un motivo preciso.
Vedrai che tra non molto si alzerà da quel letto ed
uscirà di casa con i suoi amici dopo averci salutato con la
mano. È un dato di fatto,
lo dicono anche gli psicologi!”.
Ma a
Fiordaliso non interessava minimamente ciò che dicevano gli
psicologi, e l’unico dato di fatto era che sua figlia stava
male e doveva essere curata immediatamente.
Cominciarono
ad indagare su di lei, come due detective ficcanaso che erano disposti
a tutto pur di giungere alla conclusione del caso.
In
effetti
utilizzarono tutti i mezzi a loro disponibili, ma i loro sforzi non
valsero a nulla: l’unica cura per Katie era l’amore
di Joe, e di quell’amore rimaneva soltanto un bellissimo
ricordo.
Bellissimo,
certo, ma pur sempre un ricordo.
Neanche
il minimo sentore di una gravidanza inaspettata ma ben voluta.
Solo
un misero ricordo.
Uno
ricordo che il tempo avrebbe sicuramente cancellato, trasformandolo in
spirali di fumo che si sarebbero dissolte nel cielo
dell’oblio…
…Se
il fattore caso non fosse
intervenuto nella sua vita!
Erano
passati tre mesi e sei giorni esatti da quel meraviglioso giorno in cui
Katie e Joe si erano incontrati con la più profonda parte di
loro stessi, conoscendo finalmente attraverso il corpo
l’amore che ognuno provava per l’altra, e
viceversa, soltanto spiritualmente.
Quello
per Katie era l’ultimo sabato libero dai compiti prima
dell’inizio della scuola, dopodiché avrebbe dovuto
combattere strenuamente per raggiungere i voti alti cui era abituata:
le scuole superiori non erano un gioco, ed i professori non sarebbero
più stati molto benevoli con lei.
È
ora che cresca, si
ripetevano in continuazione tra una lezione e l’altra, non può continuare a divertirsi tutto
il giorno senza pensare minimamente allo studio ed alla disciplina! E
se non ci sono riusciti i nostri colleghi delle medie vuol dire che
sono stati troppo buoni con lei: vedremo come se la caverà
al liceo, senza la sua faccina d’angelo e quella fastidiosa aria da impertinente!
Ma a
Katie tutto ciò che dicevano i docenti non la sfiorava:
aveva un problema più grande con il quale vedersela, e loro
non potevano impicciarsi nella sua vita, togliendone addirittura una
significativa parte.
Era un
crimine abominevole, non lo accettava.
Se
avesse dovuto rinunciare all’amore, l’unica cosa di
cui aveva bisogno, non sarebbe sopravvissuta molto.
Per
fortuna l’amore, avvertendo il suo malessere, venne a fargli
visita quello stesso sabato, ancora caldo del malinconico riflesso
estivo e che si volgeva lentamente verso l’inverno.
All’inizio
non voleva credere ai suoi occhi: l’avevano spesso tradita,
senza scrupoli.
Eppure
era il suo amore: come avrebbe potuto sbagliarsi?
Gli
corse incontro, abbracciandolo come lui fece il giorno della loro
apoteosi, strofinando il viso sui suoi vestiti freschi e sempre
profumati, accarezzando il suo viso reso ruvido dalla tristezza,
baciando le sue labbra morbide e dolci, come se le ricordava.
Non
furono capaci di parlare per molto, poiché le emozioni
avevano preso il sopravvento.
Sapevano
soltanto che dovevano andare in un posto.
Un
posto segreto che nessuno di loro conosceva.
Il
desiderio era troppo forte, e come tutte le coppie destinate ad amarsi
clandestinamente, fuggirono lontano dai loro oppressori e trovarono la
pace lungo la costa, in una baia protetta da occhi indiscreti dove
molti innamorati prima di loro si erano amati.
Si
rotolarono sulla sabbia, entrambi così felici da non credere
ancora alla loro riunione, e rinnovarono la loro promessa nel miglior
modo possibile.
Ora il
ricordo del loro amore non sarebbe stato cancellato dal tempo, neanche
dopo mille anni, neanche dopo la loro morte, neanche dopo
l’oscuro infinito…
Quando
si liberarono dell’ultimo granello di sabbia nei capelli e si
contemplarono un’ultima volta negli occhi, si separarono e
ripresero la via del ritorno: rimanere insieme sarebbe stato rischioso
e non volevano passare ancora guai inutili.
Quelli
sarebbero venuti dopo, quando si sarebbe scoperta la verità,
ma non volevano fasciarsi la testa prima di romperla: ogni cosa a tempo
debito.
Dopo
il suo fugace incontro con Joe, che nel frattempo se ne era ritornato a
Londra dal suo John, Katie poté iniziare la scuola
serenamente: mai si era aspettata una visita dal suo unico amore,
giunto dalla fredda Inghilterra per augurarle buona fortuna per il
nuovo anno scolastico e passare ancora un momento di totale estasi con
lei, affinché la separazione le fosse sembrata meno tragica.
Non
appena ripensava alle poche parole scambiate con lui quel giorno ed al
ritrovato piacere del suo amplesso, si sentiva davvero fortunata ad
avere un uomo così: sembrava uscito da un dramma di
Shakespeare, senza baffi e pizzetto, però.
Per la
prima volta dopo tanto tempo sorrise alla vita: era capace di
affrontare qualunque ostacolo con l’amore.
Qualunque
ostacolo.
Già,
qualunque ostacolo.
Anche
uno non previsto, e sinceramente poco desiderato.
Ma in
fondo tutti gli ostacoli sono indesiderati, no?
Successe
una mattina a scuola: la professoressa di matematica l’aveva
chiamata alla lavagna e lei sbuffando aveva obbedito al suo ordine.
Quanto avrebbe voluto Joe al suo posto!
Almeno
la sua visione l’avrebbe incoraggiata; invece questa megera
era tutt’altro che rassicurante, ed i suoi discorsi erano
così contorti che una buona parte della classe aveva seri
problemi con la matematica (e chi non li ha mai avuti?).
Fu forse per questo che, durante
un’equazione particolarmente complicata, Katie perse le forze
e si accasciò a terra, sotto gli occhi increduli di tutta la
classe, prof compresa.
La
soccorsero immediatamente, e con un paio di schiaffi ed una caramella
al limone riuscì a sedersi sul pavimento, con gli occhi
chiusi ed una sgradevole sensazione in bocca.
Chiese
di chiamare sua madre e ritornare a casa, ma, come era venuto, il
fastidio svanì immediatamente.
Sollevata,
si alzò dal pavimento e sotto ordine della megera, che era
più sconvolta di lei, si accomodò al suo posto,
osservando perplessa un suo compagno che se la stava vedendo con la sua
equazione lasciata a metà.
Ma
neanche il pensiero di averla scampata da una F sicura la rassicurava,
e ripensò al suo malore per tutto il tempo che rimase con i
gomiti sul banco e lungo il tragitto per ritornare a casa: magari era
dovuto alla stanchezza, o alla mancanza di zuccheri nel
sangue…
O
magari…
No,
non voleva pensarci.
Doveva
esserne sicura al cento per cento per tirare delle conclusioni
ammissibili, e facendo delle ipotesi affettate avrebbe soltanto
peggiorato la situazione.
Innanzitutto,
da dove si cominciava?
Ma
certo, le mestruazioni!
Quando
era stato l’ultima volta che le erano venute? Due settimane
fa, forse...? Od anche
più in là, boh…
Cazzo,
che giorno era oggi? Ah sì, giusto, il 23 ottobre!
Bene.
Andiamo proprio bene, Katie. È da due settimane e tre giorni
precisi che il ciclo ti ritarda… E tu non te ne sei neanche
accorta!
Che
stupida che sei stata!
E poi
mi pare che tu abbia avvertito altri sentori, o mi sbaglio?
Alcune
volte non hai cenato per via della nausea, un giorno hai addirittura
vomitato sul divano per poi abbuffarti di cetrioli e carote, manco
fossi stata un coniglio.
Per
non parlare dei tuoi vari sbalzi di umore! Oh, ma quelli ce li hai
sempre, perciò non possono far altro che peggiorarti con
l’avanzare della…
Sì,
insomma… Con l’avanzare della gravidanza.
Perché
eri incinta, Katie!
Incinta!
Incinta…
Sei
rimasta incinta come una cogliona.
Ma in
fondo avresti dovuto aspettartelo: come pretendi di salvarti dopo aver
fatto sesso senza alcuna protezione?
Sei
stata davvero una stupida, ed ora ne pagherai le conseguenze!
Cosa
diranno tutti?
Cosa
dirà tua madre?
Oh
cazzo… Non ci avevo pensato!
Ma una
persona non si stupirà di certo se gli riveli questo
segreto…
Dieci
minuti dopo Katie stava percorrendo il viale nel quale abitava la sua
amica Sandy, con una falcata degna di un velocista, e si
fermò davanti il cancello dell’immensa villa, una
delle più grandi di tutta Encino: a quell’ora
doveva essere già ritornata a casa.
Ora
che frequentavano scuole diverse (la differenza economica cominciava a
farsi sentire) non percorrevano più un tratto di strada
insieme, potevano vedersi soltanto dopo la scuola, il che non era per
niente facile poiché la grande ondata di compiti le divorava
ogni giorno, tanto da togliergli molto tempo da passare assieme.
Suonò
il campanello, ed aspettò che le aprissero: ormai era di
casa, e non si preoccupavano minimamente di guardare dalle telecamere
di sorveglianza.
Nonostante
la famigliarità, il luogo le procurava sempre un
po’ di timore, ma non appena entrava il nodo alla gola
spariva, sostituito da una profonda allegria: gli inquilini di casa
Shepard erano uno più stravagante dell’altro, a
cominciare dal signor Shepard, che nonostante fosse un tipo tosto della
finanza, non perdeva mai tempo a combinare meravigliosi scherzi ai
colleghi, e loro naturalmente non se la prendevano, poiché
sarebbero incappati in guai serissimi.
La
signora Shepard era il completo opposto del marito, ma era lei che
comandava dentro casa, e nulla sfuggiva al suo occhio attento, neanche
una macchia invisibile sul pavimento, ed allora lì ordinava
alle sue cameriere di pulire immediatamente altrimenti non le avrebbe
più pagate.
Le
povere ragazze obbedivano sbuffando.
I
membri meno bizzarri della famiglia erano i due ragazzi Shepard, Daniel
e Sandrah: entrambi eccellevano sia nello studio che nello sport,
frequentavano scuole private ed avevano accesso a tutti i luoghi
più interessanti di
questo mondo, tra cui Disneyland ed il Wembley Stadium di Londra, ma
nessuno dei due c’aveva mai messo piede.
Avevano
le loro passioni ed i loro svaghi, ed erano molto più maturi
dei loro genitori, che talvolta dovevano riprendere manco fossero dei
lattanti.
Fu
Daniel a condurre Katie in soggiorno dove l’aspettavano sua
madre e Sandy, prese da una partita a carte che durava da almeno
un’ora e mezza.
Di
solito nessuno osava disturbare madre e figlia mentre erano impegnate
in qualche attività abituale, ma non appena Sandy vide Katie
ritta di fianco a Daniel, lanciò le carte che teneva in mano
sul tavolino, sotto gli occhi sconcertati di sua madre e di suo
fratello, e portò Katie in camera sua, senza dirle una
parola: era evidente che c’era qualcosa che non andava, e
voleva parlarne con lei a quattr’occhi, senza scocciatori nei
dintorni.
Non
appena furono entrambe dentro la stanza, Sandy chiuse la porta, e vi si
appoggiò dando in un sospiro nervoso.
Poi
guardò la sua amica con uno sguardo che avrebbe benissimo
trapassato il muro della cameretta.
“Come
hai fatto a capire che volevo parlarti semplicemente
vedendomi?” cominciò Katie prima che la sua amica
potesse dire qualcosa.
“Perché
ormai riconosco l’espressione del tuo viso ed il brillio dei
tuoi occhi quando vuoi dirmi qualcosa. E tu sei una persona molto prevedibile,
Katie” si giustificò Sandy alzando gli occhi al
soffitto.
“Anche
tu lo sei, se è per questo!”
“Ma
non come te…”
Katie
non seppe ribattere alle parole dell’amica, e diede in un
lungo sospiro.
“Sono
stata una cretina, Sandy. Pensavo di
cavarmela, e invece…”
“Eh?
Ma di cosa stai parlando?”
Sandy
si avvicinò al letto dove stava seduta Katie e si
sistemò accanto a lei: dal suo tono era evidente che aveva
un grosso problema, anzi un gigantesco problema
da risolvere.
“Di
me e Johnson. Abbiamo
scopato…”
“Questo
già lo sapevo!”
“…E
sono rimasta incinta”
“CHE
COSA?”
Alle
ultime parole di Katie, Sandy si alzò in piedi e
squadrò la sua amica come non aveva mai fatto prima: di
solito si limitava a sgranare gli occhi ed a spalancare la bocca in una
grande O, ma non si era mai permessa di gridarle in faccia.
Per
tutta risposta Katie non disse nulla.
“Ma-ma
ti rendi conto di quello che hai fatto?” riprese Sandy dopo un
po’, le tempie che pulsavano pericolosamente.
“Certamente,
Sandy, ma non penso che sia il caso di urlare! Dopotutto
sono cose che succedono e…”
“Lo so, ma… Capisci, Katie, che
così la tua vita rimarrà segnata per sempre? Non
potrai più goderti la giovinezza perché dovrai
maturare in fretta, dovrai accudire un
bambino da sola, senza un padre, dovrai trascurare la scuola! Cosa ne
sarà di te? Diventerai una donna prima ancora di aver
varcato la soglia della maturità. E non è
piacevole. Per niente. Se avessi avuto più buonsenso a
quest’ora non saresti qui, a casa mia, a sfogarti per
un’azione che potevi benissimo evitare. E sai a cosa mi riferisco”
“Avevamo
fretta…”
“Si
vede, infatti! Ecco il
risultato!”
“Non
sai cosa significa, è meglio che ti stai zitta”
“Certamente!
Mentre tu te ne intendi, vero? A
quanto vedo, non sei rimasta fregata!”
“Se
fosse successo a te, ti saresti comportata allo stesso modo! A
quest’ora staresti a
casa mia a piangere sulla mia spalla, a lamentarti della tua
situazione, della tua stupidità ed anche di quel cretino che
ti ha messa incinta!”
Anche
se Joe non è un cretino, specifichiamo!
“Se
fosse successo a me…”
Le
parole morirono in gola a Sandy, che consapevole della sconfitta, non
sapeva più come rispondere all’amica.
Buttò
stancamente le braccia lungo i fianchi e sospirò guardandosi
la punta delle scarpe.
“Se
fosse successo a me, a quest’ora mi sarei già
suicidata”
Per
molto Katie rimase ad osservare la triste sagoma della sua amica, poi
si alzò e le prese la mano guidata dalla compassione, anche
se era lei quella che doveva essere compatita, non la sua amica.
“Non
dirlo neanche per scherzo. Tutto si risolve, prima o poi, tranne che la
morte. Vedrai che troverò una soluzione, e tu non dovrai
più preoccuparti per me. Me la caverò da sola, Sandy, come ho sempre
fatto. E smettila di piangere per una stupida come me!”
Asciugò
il candido viso dell’amica, i suoi occhi luminosi spenti dal
pianto, le sue labbra contratte per non singhiozzare, e si
sentì subito meglio: le era quasi impossibile che qualcuno
tenesse così tanto a lei da piangere perché non
poteva aiutarla.
Eppure
persone del genere esistevano, ne aveva un esemplare davanti a lei.
“Senti…”
strinse ancora più forte la mano di Sandy nella sua, fino a
far diventare le sue nocche “…Oggi ho anche fatto
troppo tardi, e tra non molto ritornerò a casa. Ma domani,
non appena usciamo da scuola, ci incontriamo al nostro incrocio ed
andiamo nella farmacia più vicina, compriamo un test di
gravidanza istantaneo, veniamo a casa tua…E controlliamo se
sono veramente incinta oppure
è una mia impressione. Okay?”
“Okay”
Sandy
si era ormai calmata del tutto, ma non lasciava la presa di Katie: era
immersa nei suoi pensieri, più grandi e magnifici di lei.
“Cosa
dirà tua madre non appena glielo dirai?”
“Ancora
non ci ho pensato. Magari mi caccerà di casa, ma poco
importa! Verrò ad abitare
da te!”
“Col
cavolo! Ti toccherà sotto un ponte, di questo passo!”
“E
tu lasceresti la tua migliore amica, oltretutto incinta,
sotto un ponte?”
“La
mia crudeltà non ha limiti, Katherine”
“Soprattutto
quando usi il mio nome per intero!”
Scoppiarono
a ridere insieme, consapevoli che da quel momento in poi non ci
sarebbero più stati molti momenti per divertirsi.
Ohilà,
belle ragazze mie!! Non
ho molto tempo perciò non risponderò alle
recensioni, ma devo dirvi alcune cosette (come al solito XD)
riguardanti la mia storiella…
Innanzitutto,
la notizia più importante di tutte: il prossimo capitolo che
scriverò sarà l’ultimo capitolo.
Ehi, ehi, non
pensate male!XD
Semplicemente sarà la fine di un ciclo, e successivamente
continuerò con un altro ciclo, ben diverso da quello che
avete appena letto, ma di certo non meno avvincente!
Solo una cosa
vi chiedo di avere: pazienza.
So che
purtroppo ve ne è servita parecchia in questi mesi in cui io
ho prodotto la mia storia e non voglio assolutamente farvi attendere
ancora molto, ma ho deciso di scrivere almeno tre capitoli e poi di
pubblicarli tranquillamente ogni settimana. Così io mi
rilasso e produco molto di più e voi non rimanete a bocca
asciutta!XD
Come vi pare
l’idea? Fatemi sapere, vi ringrazio!^^
Poi dovete
anche sapere che con la fine di questa maledetta storia sveleremo il
mistero della sorpresa di Michael, di quel maledetto ciondolo ed anche
del suo strano comportamento che tanto ha fatto deprimere la povera
Fiorellino XD
Non posso
svelarvi nulla, poiché altrimenti vi rovinerei in pieno la
sorpresa, perciò aspetto soltanto un vostro parere, e la
speranza che voi continuiate a seguirmi anche dopo un periodo di
assenza abbastanza lungo (siete già allenati, tanto!XD):
sappiate che vi voglio un mondo di bene, non solo perché
siete delle persone meravigliose e le vostre parole mi fanno sciogliere
dall’emozione, ma soprattutto perché siete
riusciti a comprendere il messaggio che Michael, attraverso di me, vi
ha trasmesso.
E questo
messaggio qual è, nostra maestra onnipotente?-.-“
Beh,
chiedetelo a lui, io non centro nulla ù__ù
Ed ora (vi
prometto che me ne vado immediatamente!xD) passiamo ai ringraziamenti:
alla mia cara Romina per avermi trovato un bellissimo titolo per il
capitolo (Eheh, i Fab aiutano sempre chi ha bisogno di ispirazione ^^)
e per la sua incrollabile pazienza (Già, davvero moltissima!
* annuisce *;
Alle mie care
sorelline, Moma e Annina, che mi seguono anche verso
l’infinito e oltre XD;
E per ultima, ma non per importanza, la
mia maritina, Orsetta, per essersi ricordata di recensire un mio
capitolo (XD) ma soprattutto per aver incrociato la mia
strada… Ti voglio bene, Orsola, e non ci sono altre parole
per dirtelo ^__^
E con questo vi saluto! Al prossimo ed ultimo capitolo,
gente!;)
Looney