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Autore: _Dubhe    01/07/2010    1 recensioni
Premetto che non scrivo da un bel pò, quindi scpero mi perdonerete eventuali sbavature o errori ortografici. Come suppongo gran parte di voi, sono rimasta scioccata dalla fine di TVD e, incapace di occupare il tempo in altro modo, ho cominciato a immaginare una storia utopistica di cui i protagonisti del telefilm fossero protagonisti. Premetto che ci sono spoiler fino all'episodio 1x22, la storia volgerà necessariamente in un senso unico che ha come cartello stradale [D/E].. claro?? Detto questo, divertitevi!!!
Genere: Romantico, Avventura, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Scese le scale con calma teatrale, l’ennesimo libro di incantesimi in mano, mentre il dito indice portava il segno della pagina dove si era fermato pochi istanti prima. Il rumore. Ecco una cosa che non riusciva a sopportare ma che, purtroppo, avendo Katherine Pierce come coinquilina, era praticamente all’ordine del giorno. I suoi festini erano meglio organizzati di quelli nei Palazzi del Governo ma, supponeva, il tutto dipendesse principalmente dal fatto che gli invitati facevano solo ciò che lei ordinava loro di fare, doveva essere un fattore che contribuisce. Roteò gli occhi al cielo, arrivando in salotto ed appoggiandosi allo stipite della porta. La sua alleata era stesa sul divanetto di pelle chiara, con indosso null’altro che una maglietta più lunga del normale, svolazzante, bianca e semitrasparente, che lasciava intravedere due gambe lunghe e lisce. Si poteva dire tanto di lei, ma non che non fosse bella: ammirarla sarebbe stato il sogno di qualsiasi artista che si rispetti ma, benché anche lui si considerasse un artista in fin dei conti, non per lui. Trovava fastidiosa qualsiasi distrazione che lo allontanasse dal suo obbiettivo primario, e purtroppo il divertimento /Katherine era proprio quel genere di “distrazione”. Davanti a lui c’erano una dozzina di persone, maschi e femmine senza distinzione, tutti con segni evidenti di morsi qua e là, alcuni in posti talmente strani che preferiva non soffermarsi a pensare al come avessero potuto esserseli procurati. Ballavano e ridevano, alcuni persino con i bicchieri in mano, pieni o vuoti per metà. La musica non era eccessivamente alta ma quanto basta per mandarli tutti in estasi… come se ci fosse bisogno della musica, pensò. La padrona di casa era intenta a giocherellare con i capelli di un tipo che stava ballando “su di lei” – probabilmente era il termine più appropriato. Sembrava un modello, e dall’accento era francese. Si schiarì la voce e vide gli occhi della predatrice fissarsi nei suoi. Non approvava come lui restasse fuori da tutto quel divertimento, si sentiva quasi responsabile del fatto che lui non si divertiva. Mormorò qualcosa al modello, che si allontanò obbediente per unirsi al festino, mentre Katherine si alzava e lo raggiungeva a grandi passi.

“Alexander, ancora una volta qui senza divertirti, tutto solo, con i tuoi libri di magia. Insomma, sciogliti, tra poco ognuno avrà quel che desidera e tutti potremo godercela, tanto vale festeggiare in anticipo..”

La sua mano gli accarezzò la guancia quindi corse lungo il collo, il petto scolpito, fino alla cintura.. La mano del moro fu pronta e scattante nell’intervenire, bloccandola per il polso e spostando la sua mano lontano da lì.

“E io non mi stancherò mai di ripeterti che non potrò mai essere pronto se continui con questi festini, giorno e notte, notte e giorno e così via. Siamo stati fermi un mese in questa cittadina del cavolo senza muovere un dito, e io ho avuto tempo, ovviamente, per completare il rito, ma non mi sarà utile tutto il tempo di questo mondo se continui così. Vuoi sbarazzarti di Elena? – la guardò dritto negli occhi, la voce un sussurro imperioso – Collabora.”

E detto questo risalì le scale, lo stesso passo leggero di quando era sceso. La mora lo guardò con rammarico: chiunque altro si fosse rivolto a lei a quel modo non sarebbe vissuto abbastanza da raccontarlo ma lui… lui era diverso da chiunque altro, sapeva che con lui al suo fianco avrebbe fatto molto più in fretta e molto più semplicemente ad ottenere quel che desiderava. Di norma non collaborava con nessuno ma, con lui, era stato un colpo di reale fortuna. Il nome di quel giovane era Alexander, Alexander Bennett per la precisione. Era nato 21 anni prima da una relazione extra-coniugale della zia di quella streghetta che Elena e i Salvatore avevano eletto come “protettrice”, Bonnie. Per questo lui e sua madre erano stati banditi dalla famiglia, visto e considerato che suo padre era un uomo di poteri magici inimmaginabili, cosa che lo rendeva mal voluto e temuto al tempo stesso. Lui era cresciuto lontano dal rango che gli spettava, fra la sua gente, fra i suoi familiari e, quando dopo la morte della Matriarca Sheila il Grimorio più importante di Emily era passato a Bonnie… beh, non l’aveva presa poi tanto bene. Aveva studiato, si era impegnato, ed era entrato in possesso di uno dei tanti libri che Emily a suo tempo aveva scritto: non era molto, ma sufficiente per permettergli di superare i poteri magici di qualsiasi altro componente della famiglia, Bonnie compresa. Da allora la sua missione è uccidere la strega che gli ha tolto il posto privilegiato in famiglia e, una volta morta lei, prendersi il posto che gli spetta fra i Bennett. Che piano stupido. Con in mano un potere forse anche superiore a quello di Emily  quell’uomo poteva avere tutto, anche il mondo, e invece si accontentava della sua famiglia. Aveva idee moraliste molto precise lui, troppo stupido per capire di poter e dover andare oltre. Ma le era utile, molto. Non vedeva talenti così dal 1864, quando aveva incontrato Emily. Il loro piano era semplice, ben strutturato, che si sarebbe concluso con l’arrivo di entrambi alla meta prestabilita: lui a Bonnie, lei a Elena. I Salvatore erano un “all inclusive”, paghi uno prendi due, quindi tanto meglio. Sorrise malinconica vedendo il ragazzo che ritornava ai suoi studi. La formula che doveva perfezionare non era certo semplice, considerato che avrebbe privato Bonnie dei suoi poteri magici. Efficace quanto basta da lasciarle tutto il tempo di evitare gli incantesimi protettivi intorno alla casa  - che avrebbero sicuramente posto – eliminare gli ostacoli come sua sorella e i Salvatore e, infine, sbarazzarsi di quella mocciosa!

Jenna sedeva accanto a Isobel, che le stava raccontando una storia divertentissima mentre sorseggiava il suo thè; Alaric era fermo, come una statua, attento ad ogni minimo movimento all’esterno o all’interno, tanto che più di una volta Isobel era stata costretta a dargli un calcio per farlo riprendere da quello stato di trans; Jeremy era di sopra, a giocare all’X-box. Tutto sembrava tranquillo, in apparenza. Quando il campanello suonò tutti fissarono gli occhi sulla porta, per poi sospirare delusi vedendo apparire Bonnie e Stefan. Alaric li osservò con cipiglio severo, notando che erano leggermente più vicini del normale, quasi come se il contatto l’uno dell’altra desse loro.. oh no, anche loro no! Cos’era diventata quella città, luogo per incontri! E che cavolo! Questi vampiri non riuscivano a frenare i loro bollenti spiriti neppure per un istante! Isobel si scambiò un cenno d’assenso con i due e chiese permesso, allontanandosi co entrambi in cucina. Jenna invece fissò allegramente Alaric, con quella vena di ottimismo che tanto apprezzava in lei: sua nipote era dispersa e lei continuava ad offrire thè.

“Un po’ di thè, Rick?” Ecco, appunto. Lui annuì sconfitto.

Isobel era appoggiata al bancone di marmo e guardava i due con sguardo intenso.

“Allora, cosa siete riusciti a scoprire? Qualche incantesimo? Qualche cosa che ci permetta di togliere di mezzo Katherine?”

Bonnie sorrise, spavalda.

“La magia può tutto Isobel, e il ciondolo che porti al collo ne è la prova. Non mi fido di te, penso che sia chiaro, ma Elena si fida di te e purtroppo le voglio troppo bene per ferirla uccidendoti, quindi suppongo che potrò fare ammenda uccidendo tua sorella, sempre se non ti dispiace, ovvio.”

Stefan sembrava incerto se ridere o essere preoccupato, quindi nascose la risata con un colpo di tosse e lasciò che le due si sbranassero. Quando Damon se n’era andato, una settimana prima, aveva lasciato loro tutto il tempo necessario per cercare una soluzione e difendere Elena al meglio insieme, ma purtroppo la collaborazione si era rivelata più difficile del previsto: Bonnie era già costretta a sopportare di buon grado i Salvatore, adesso anche un’altra, sorella di Katherine per giunta? Diciamo che i loro rapporti erano tesi. Abbastanza da far innervosire e preoccupare Elena, quanto meno.

“Comunque – riprese Bonnie – ho trovato un incantesimo che sarà in grado di difendere questa casa. In pratica mi serve il sangue del vampiro che è stato invitato ad entrare, insieme al sangue del proprietario della casa – in questo caso Elena, direi, ma potrebbe anche essere più sicuro usare Jenna – che così mi darà modo di annullare il suo invito.”

“Annullare? – chiese incredula Isobel spalancando gli occhi e guardando prima Stefan e poi Bonnie – Non credevo fosse possibile..”

“Come ho detto, la magia può tutto. Ed ora..”

Il chiavistello della porta che si apriva cancellò qualsiasi altro discorso: Elena entrò, soffermandosi con lo sguardo preoccupato prima sulla zia e su Alaric, poi sui tre che stavano confabulando in cucina. Vederla e vedere che stesse bene era un sollievo, non altrettanto fu il sollievo di veder entrare dopo di lei Damon, bellissimo e confuso quando la mora. Si guardarono, mentre a Isobel e probabilmente a Stefan non sfuggì come fino ad un istante prima le loro mani si fossero sfiorate. Era evidente, e non era affatto una cosa positiva. Isobel e Bonnie puntarono i loro occhi su Elena, Rick e Jenna su Elena.

“Dobbiamo parlare!” – tuonarono quattro voci all’unisono, ognuno rivolto a qualcun altro. Damon sorrise con fare divertito, quel ghigno sensuale che gli increspava le labbra non faceva altro che renderlo ancora più affascinante di quanto già non fosse. Fece un gesto eloquente con le spalle e si avviò in cucina. Proprio mentre faceva qualche passo in avanti, Stefan gettò uno sguardo alle sue interlocutrici.

“Scusatemi, devo andare. A dopo.” Scomparve prima che Isobel o Bonnie potessero seguirlo. Damon le raggiunse e alzò un sopracciglio.

“Se davvero volevate propormi una cosa a tre avrei preferito che fossimo soli.”

La strega lo fissò sconcertata e poi sbuffò, per poi dirigersi verso la porta sul retro: preferiva aspettare fuori finchè Isobel non avesse risolto i suoi guai con Damon, visto che dal suo sguardo era evidente che era pronta a scannarlo. Inoltre voleva parlare con Elena, ma era certa che la ramanzina avrebbe provveduto a fargliela Jenna, e stavolta preferiva essere la spalla su cui piangere piuttosto che la furia accusatrice. Salutò la sua migliore amica con un sorriso, scuotendo la testa al suo sguardo interrogativo, e mimando con le labbra “sono qui fuori” uscì nel freddo della notte, senza voltarsi.

“Io e te dobbiamo parlare, signorina! – si scaldò Jenna, alzandosi e rovesciando un po’ di thè sulla tavola nel poggiare con foga la tazza – Rick, ti dispiace concederci un secondo?”

L’uomo non se lo fece ripetere due volte. “Vado di sopra a vedere cosa sta facendo Jeremy… se ha bisogno… si insomma, vado.”

Jenna afferrò la nipote per un braccio e la trascinò senza ritegno nella sala da pranzo: era davvero furiosa, raramente Elena l’aveva vista lanciare scintille dagli occhi come stava facendo adesso. Le ricordava la mamma, quando la sgridava per essere stata fuori troppo a lungo o per essere rientrata tardi la sera. Non ci faceva poi troppo caso ma Jenna ormai stava diventando una madre per lei, si preoccupava come un genitore e l’amava più della sua stessa vita… Ma adesso non era del suo affetto genitoriale che voleva parlarle, ne era sicura.

“Mi vuoi spiegare? – le disse, infuriata – Per una settimana ti ho vista come in trans: non mangiavi, stavi malissimo, e poi… lui torna e te ne vai così, via, senza una parola o senza dirmi quando tornerai! E poi, cosa sei andata a fare ad Damon per tutto questo tempo? Lui non è Stefan, Elena, si Stefan ero pronta a fidarmi ma lui… è più grande! E non solo, non è come il fratello… finchè era un tuo amico potevo accettarlo ma questo proprio no. Non voglio che tu lo riveda, Elena, chiaro?”

La ragazza la guardò a bocca aperta. “Come osi? Non decidi tu chi devo vedere e chi no! Non provarci neppure!”

“Abiti sotto il mio tetto, signorina – Jenna alzò la voce, puntandole un dito contro – Non te lo dimenticare. Non mi interessa se è una cotta o se è l’amore della tua vita, non voglio che tu riveda più Damon Salvatore, sono stata chiara? E non accetterò altre proteste da parte tua, fila in camera.”

La ragazza puntò una sguardo supplichevole in cucina, ma Damon non riusciva a vederlo e la faccia di Isobel era impassibile. Non aveva scampo. “Bonnie! – chiamò a gran voce, perché l’amica la raggiungesse – E tu ricordati che io non mi arrenderò, perché non ho intenzione di darti retta né oggi né mai. Non sei mia madre.”

Parole del genere erano capaci di lasciare il segno, e probabilmente lo fecero. Jenna aprì la bocca e la richiuse. Era difficile sentirsi dire una cosa del genere e non reagire, ma la forza l’aveva abbandonata nell’istante in cui Elena aveva parlato, perché credeva in quello che diceva. E faceva male. Abbassò lo sguardo, mentre Rick scendeva dalle scale, scosso da quel trambusto. Guardò prima l’una e poi l’altra, fino a guardare interrogativo Bonnie, che era rientrata e ora aveva la stessa espressione confusa che aveva lui. Le due non litigavano quasi mai e, se davvero lo facevano, era per delle sciocchezze, cose da nulla. Ma stavolta era diverso: lo sguardo sconfitto di Jenna, l’espressione furiosa e omicida di Elena non lasciavano vie di scampo. Rick prese il proprio cappotto e lo appoggiò sulle spalle di Jenna, posandole le mani sulle spalle e conducendola fuori: aveva bisogno di stare lontana da lì, lui lo capiva bene. Allo stesso tempo Bonnie prese Elena per mano, notando che i suoi occhi cominciavano a luccicare e che le sue ginocchia erano molli, e la condusse su per le scale, dove avrebbe potuto parlarle in tutta calma.

Damon aveva assistito a tutta la scenetta, che però l’aveva portato a riflettere, molto attentamente anche. Elena era pronta a sacrificare se stessa, la sua stessa famiglia, per stare con lui, e solo adesso riusciva a comprendere le parole che aveva sentito una volta da suo fratello “Sarei disposto anche a lasciarla andare, se questo significasse farla soffrire di meno. Tu, ne saresti capace, Damon?”. Lì, allora, su due piedi, non aveva capito cosa intendesse Stefan, né perché avrebbe dovuto trovarsi in una situazione simile, ma adesso si, e capiva che non c’era una via d’uscita semplice, facile, che potesse essere risolta con un futile andrà tutto bene perché il solo dirlo non avrebbe cambiato le cose. Percepì la rabbia di Elena, la sua forza e, malgrado la situazione fosse tutt’altro che lieta, quel coraggio che sprizzava lo fece sentire orgoglioso di lei. Ma poi, quando aveva percepito le lacrime sulle sue guance… era già pronto a raggiungerla, se il suo polso non fosse stato trattenuto da Isobel. La guardò con odio: cosa voleva quella donna e perchè non lo lasciava andare? Era chiaro quanto tenesse ad Elena ma non per questo poteva impedirgli di vederla, soprattutto in quel momento: lei aveva bisogno di lui, lui aveva bisogno di lei. Era una cosa talmente da risultare quasi scontata. Lo sorprese la violenza dei sentimenti che il suo corpo faticava a contenere: non aveva mai provato qualcosa del genere, mai, nemmeno verso Katherine. Il possesso puramente fisico, che ti ammalia la mente e ti priva della razionalità nel ragionare non è amore, è come una droga che ti spinge verso un cammino tortuoso e degenerativo che, purtroppo, non ti lascia più nulla una volta che la passione e l’attrazione si sono consumati. Con lei no. Con Elena non c’era il rischio che accadesse. Sentiva veramente di tenere a lei, di essere pronto a gettarsi nell’altra stanza, lì, adesso, solo per stringerla a se e impedirle di piangere. Era come un istinto che ti porta sulla retta via, un presentimento che porta il tuo corpo a reagire ancor prima che la mente abbia il tempo di collegare i vari elementi e quindi elaborarne un pensiero logico. No. Non c’era logica in quello che provava per quella ragazza, e dubitava che ci sarebbe mai stata, ma gli stava bene così. Lasciò che l’espressione d’ira fosse sostituita sul viso da un ghigno spavaldo, mentre gli occhi si fissavano in quelli di Isobel e le mani si sollevavano in segno di resa: poteva fare quel che gli pareva ma quella vampira era molto più potente e forte di lui, non aveva scampo, doveva permetterle di parlare e dire quello che voleva. Per ora.

“Senti, Damon – incominciò lei, infuriata ancora di più da quel suo atteggiamento – posso aver visto tante cose in vita mia e tante ne ho accettate, ma poche persone a questo mondo mi sono care come lo è Elena, quindi non te lo ripeterò due volte: non voglio che tu la veda, non voglio che tu ti avvicini a lei, non voglio che tu la sfiori, non voglio che tu la tocchi e nemmeno voglio avere il pensiero di quello che è accaduto poche ore fa, stanotte. Oh, si… io so.”

Sorrideva, con quell’espressione tipica di un genitore o di una nonna che riesce a leggere tutto dei propri nipotini con un solo sguardo al loro piccolo visetto, per poi godersi la loro espressione ingenua quando sentono quello che ha da dire e pendono dalle loro labbra. Il sorriso beffardo scemò sul viso di Damon, lasciando spazio all’incredulità..

“So che è stata con te stanotte, e so anche che non avete semplicemente giocato a scarabeo: due che si sfiorano a quel modo sono più che amici, più che amanti.. lei non merita la vita che tu puoi offrirle, Damon, davvero non lo capisci? Tuo fratello ha avuto il coraggio e la forza di rinunciare a lei per non farla soffrire troppo, tu sarai e saresti capace di far altrettanto? L’egoismo per il proprio bene, il credere di morire se lei non ti è accanto – tu che sei immortale – dovresti saperlo, passerà. Ma quello che una vita al tuo fianco può farle… quello è permanente, non andrà più via.”

“Io sarei in grado di proteggerla da tutto – ringhiò lui, vicinissimo alla vampira, lo sguardo furioso ancora una volta – Lei è mia. Non sono uno sciocco come mio fratello, non vorrò mai che lei vada via da me, solo quando sarà lei a respingermi io me ne andrò e se provi a impedirmi..”

Non riuscì mai a finire la frase: una mano molto più veloce e forte della sua lo abbatte sul pavimento, stretta intorno alla sua gola: Isobel avvicinò le labbra al suo orecchio. Era uno strano deja-vu: si era già trovato in una simile posizione con un’altra Isobel, solo che quella volta era lui a stare sopra… ah, chissene.!

“Ascoltami, ragazzino: tengo ad Elena come ad una figlia. Se voglio proteggerla lo farò, e non mi importa se di mezzo ci andrete tu, questa città, o questo stato. Io farò quel che è necessario per proteggerla e se… casualmente… la tua incolumità ne risultasse compromessa, sarà un sacrificio che sarò disposta a fare.”

Con un movimento brusco lo liberò dalla stretta, per poi alzarsi e risistemarsi i capelli. Damon si mise a sedere, massaggiandosi il collo con una mano, lo sguardo ancora fisso sulla donna. Non la temeva – non c’era nessuno di cui avesse realmente paura – ma lo preoccupava, questo doveva ammetterlo: Elena era molto legata a quella donna, e sapere che non li voleva insieme l’avrebbe come minimo smossa un po’, anzi molto. Si rialzò, aggiustandosi al giacca con un movimento fluido delle mani, quindi lanciò un’occhiata veloce in direzione del piano di sopra: Elena era lì con Bonnie. No, non poteva, non adesso. Sotto lo sguardo di Isobel era impossibile cercare di contattarla, d’ora in poi, quindi era meglio lasciar perdere, per ora. Sorrise ancora, facendo un inchino ironico alla donna. Lei ricambiò con un sorriso gelido e si diresse verso la porta: era un chiaro invito quello, se lei lasciava la casa anche lui doveva farlo. Doveva riflettere, trovare un modo per parlare con Elena a quattr’occhi, e l’avrebbe fatto. Uscì di casa, passando attraverso la porta che Isobel gli teneva aperta davanti e sentì la stessa porta richiudersi con un tonfo dietro di lui. Aveva bisogno di parlare con Stefan.

Elena era seduta a gambe incrociate sul letto, con le mani unite su quelle di Bonnie: non parlavano da tanto tempo, non si confidavano da tanto tempo, ed era bello ritrovarsi di nuovo con lei, in quella stanza, solo loro due, anche se l’argomento della discussione era tutt’altro che leggero.

“E’ un rituale che dev’essere eseguito all’alba, quindi se non ti dispiace dormirò qui da te. – prese la sua borsa e ne tirò fuori due ampolle – Sangue di tua zia e di Isobel, tua zia insomma. E’ un rituale che richiede una specie di rinuncia da parte del proprietario della casa a parte della propria essenza – sangue, appunto – e quindi grazie a questo sacrificio gli spiriti possono scegliere di aiutarti e difenderti, in questo caso riattivando la protezione che la tua casa possedeva priam dell’invito. Non è semplice ma dobbiamo tentare. Insomma, se abbiamo una possibilità di proteggere sia te che tutta la tua famiglia, tentar non nuoce e, nel caso in cui qualcosa vada storto, ho già un altro rituale pronto… ma non voglio utilizzarlo fino a che non sarà strettamente necessario. Il solo pensiero… di quel che.. dovrei.. dovrei fare… mi terrorizza.”

Bonnie venne scossa ad un brivido di puro terrore; il rituale che voleva lasciare come asso nella manica era violento persino per un assassino o un serial killer, figuriamoci per lei. Elena guardò preoccupata l’amica e si limitò ad abbracciarla, lasciando che la stretta delle sue mani la cullasse e le trasmettesse sicurezza: qualsiasi cosa fosse accaduta sarebbero rimaste lì, insieme, per sempre, amiche.

Isobel era salita di sopra nella stanza degli ospiti, mentre Rick tardava un po’ ad andare via: non che fosse necessario, visto che aveva dormito lì già un paio di volte, ma mantenere le apparenze era sempre un bene. Jenna era stesa sul suo petto, che si muoveva lentamente al tempo dei suoi respiri. Era un piccolo pezzo di beatitudine, un frammento di tranquillità in quel via vai di pazzie e faide e guerre, e sangue sangue sangue e ancora sangue… Era bello poter stare per davvero con una persona, anche se questo significava proteggere in continuazione sua nipote dagli attacchi di una vampira sadica con l’aiuto della sorella della suddetta vampira e dei suoi due ex- amanti. Sorrise, accarezzandole i capelli: pazienza, era perfetto anche così, andava benissimo quella vita, era certo di preferirla molto di più alla futile monotonia. Qualcuno bussò alla porta. Alaric si alzò subito vigile, la mano che correva alla borsa in cerca del paletto. Jenna non ebbe la stessa reazione. Mormorò qualche parola sul “Chi potrebbe essere così tardi?” ma non si astenne dall’aprire. Alaric era pronto, pronto ad uccidere chiunque o a bloccare Jenna prima che invitasse chiunque altro ad entrare.. Ne avevano fin troppi di vampiri invitati, in quella casa..

“Buona sera, signorina. Il mio nome è Alexander, Alexander Bennett. Potrei vedere mia cugina Bonnie, ho una forte urgenza di parlarle.”

Da dietro un albero, Katherine osservava il suo Salvatore preferito farsi la doccia. Un cuoricino spezzato è mille volte meglio del gioco della seduzione. Era sempre un gioco, ma più interessante stavolta.

“Buona sera, Stefan – lo salutò, non appena lo vide avvolgersi l’asciugamano sulla vita – come andiamo sta sera?”

 

Spazio autrice ù.u alias moi*

Beh, nuovissimo capitolo tutto per voi. Non so perchè ma stavolta scriverlo non è stato per niente facile come con i precedenti, anche se non riesco a spiegarmi il perchè. Forse a causa dei nuovi intrecci: insomma, diciamo che la scena comincia a diventare affollata, non vi pare? Soprattutto con Alexander che entra nei giochi... che ne pensate di lui? Non è troppo bello? Io già lo adoro... soprattuto perchè tiene testa a Katherine... Suggerimenti per il prossimo capitolo: qualcuno morirà.. e sono tanto crudele da non dirvi altro, quindi spremetevi le meningi e pensate a chi potrebbe essere il fortunato a vincere un biglietto di sola andata all'inferno.. o al paradiso, chi lo sa! Sto parlando come giovanna adesso -.-

Bene direi di finirla qui. Coloro che pazientemente si degnano di recensire ogni capitolo GRAZIE davvero, mi riempie di gioia leggere le vostre riflessioni e i vostri commenti, continuate così! Un abbraccio forte forte, alla prossima ^^

 

   
 
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