Insolitamente piacevole
C’era qualcosa di
indubbiamente insolito in tutta quella situazione.
Andrew si girò sul fianco
sinistro, puntellandosi col gomito e reggendosi il capo con il dorso della
prima falange delle dita; osservò con annoiata curiosità la persona che giaceva
al suo fianco, sul lato destro di quel letto sfatto.
Non che per lui fosse cosa
poi così strana, quella di trovarsi un’altra persona nuda nel letto, intendiamoci; quello che più lo lasciava perplesso,
in quell’occasione, non era la persona di per sé, quanto più… il suo sesso.
Già, perché Andrew Wrath,
biondo ventenne studente della facoltà di matematica, si era sempre creduto
attratto dalle curve sinuose e dai seni morbidi; invece, la persona al suo
fianco era un uomo. E che uomo, gli
venne da pensare, con imbarazzo.
Il suo amante, se così si
poteva definire, aveva vent’anni, occhi e capelli castani e studiava
letteratura; nutriva un amore quasi viscerale per William Shakespeare e per la
musica rock.
Quando l’aveva incrociato la prima volta al campus si
era bloccato con i libri in mano, a fissarlo mentre camminava, rideva, parlava.
Stupendosi di se stesso, aveva pensato che fosse
davvero carino. Anzi, che fosse un
gran figo; poi aveva passato il resto
della mattinata con le gote arrossate a redarguirsi per quei pensieri da
ragazzina nel mezzo della propria tempesta ormonale. Lui era un uomo, no? E che
diamine!
Alla fine delle lezioni, l’aveva incontrato di nuovo,
nel cortile: era fermo lì in mezzo, sorridente, come se lo stesse aspettando.
Tentò di ignorarlo, passandogli accanto con mal dissimulata
nonchalance, ma quella sua maledetta voce suadente lo arrestò sul posto con due
semplici parole:
«Buon pomeriggio»
Aveva sentito un brivido corrergli lungo la schiena ed
aveva scosso la testa, nel tentativo di ignorarlo. Si era voltato ed aveva
“fronteggiato” l’improbabile nemico.
«Salve»
Si era aspettato un’espressione schernitrice, su quel
bel visino, invece ne aveva trovata una dolce e maliziosa al contempo; il
ragazzo aveva inclinato il capo, chiuso gli occhi e, con un sorriso ancor più
ampio, gli aveva porto la mano.
«Matthew Lust, studio letteratura» si era presentato.
Andrew aveva stretto l’arto che gli veniva porto con titubanza; poi aveva
deglutito e risposto con tono deciso:
«Andrew Wrath. Matematica»
A quel punto, Lust aveva aperto gli occhi color
nocciola e, sciogliendo la stretta, aveva portato entrambe le mani dietro la
schiena e intrecciato le dita, senza abbandonare l’espressione di assoluta
serenità.
«Io lo so chi sei; è un po’ che ti osservo, sai? Certo
che hai scelto un indirizzo difficile, eh? Io ho sempre odiato la matematica…»
si schernì, grattandosi la nuca con imbarazzo.
Wrath era perplesso: da uno con quell’aspetto e quel
cognome, certo si sarebbe aspettato tutto un altro genere d’approccio.
Ma, un momento: cosa gli faceva credere che quello
tentato dal ragazzo fosse un
abbordaggio?!
«Un peccato, a me è sempre piaciuta. È qualcosa di
schematico e preciso, che non cambia mai. È stabile…» aggiunse, fissando
il vuoto con aria assorta.
«Mm, dev’essere anche per questo che non mi è mai
piaciuta: sai, io non sono tipo da stare troppo con i piedi per terra. Persino
i miei insegnati dicono che ho la testa troppo tra le nuvole…»
«Ah, per questo frequenti l’indirizzo di lettere?»
Matthew scosse la testa.
«No. Beh, non solo, almeno. In realtà, chi conosce la
letteratura sa che, in realtà, non ha poi questo granché di mutevole; le figure
retoriche, le metafore, perfino i riferimenti e le citazioni rimandano sempre
agli stessi elementi letterari. Alla fin fine, anche la letteratura segue il
postulato di Lavoisier: nulla si crea,
nulla si distrugge, tutto si trasforma…» e sorrise, con una punta
d’amarezza; poi scosse il capo, come a scacciare un pensiero molesto, e lo
fissò.
«La verità è che la letteratura, lo scrivere in generale, mi
affascina perché ti permette di uscire dal mondo. Sai, quando scrivi una storia
puoi raccontare quello che vuoi, puoi far vivere agli eroi che crei le
avventure che prediligi o far loro vedere, conoscere, capire cose che ti stanno
a cuore, giusto per vederli crescere come fossero bambini. Scrivere una storia,
credo sia un po’ come essere genitori: ci si preoccupa costantemente di come
vanno le cose per le proprie creature, si cerca di dar loro una certa libertà
ma, inevitabilmente, si finisce con il far di tutto per non perderli d’occhio,
per accertasi che non devino da quella che abbiamo ipotizzato per loro come
“retta via”…»
Andrew lo fissò, basito: sì, era indubbiamente un pazzo. Ma, doveva ammetterlo, un pazzo con ideali davvero poetici.
Sorrise a sua volta.
«Non avevo mai sentito un’affermazione del genere. È originale, il
tuo, come punto di vista…»
«Grazie. E tu? Tu cosa pensi della letteratura?»
«Beh, non è che ci abbia mai pensato più di tanto. In verità io sono
uno più “scientifico” che “umanistico”…» si schernì.
«Sono sicuro che tua madre era una brava scrittrice…» asserì il
suo interlocutore, lasciandolo basito: sua madre era morta quando aveva dodici
anni, con almeno sette bozze ultimate per altrettanti libri di narratologia.
«T..Tu come lo sai?!»
Lust si strinse nelle spalle.
«Conosci Richard Watton?» domandò.
«Eh? B..beh, sì, ma cosa…»
«Se lo conosci saprai che lavora in una casa editrice di medie
dimensioni. So che lui si è occupato del recupero dei manoscritti della signora
Wrath, all’incirca sette otto anni fa…»
«Sì, è vero. Ma tu come lo sai? Te lo ha detto lui?»
Il castano sorrise.
«Sì. Un giorno mi parlò di una giovane ma abile scrittrice che,
purtroppo, non aveva mai pubblicato alcuno dei suoi romanzi. Me ne parlò con
tanto entusiasmo che gli chiesi il nome e mi feci prestare quei manoscritti.
Così sono risalito al nome Wrath e quindi… A te»
Il biondino era sorpreso: quel ragazzo…
«Tu… Tu mi hai osservato e hai attaccato bottone con me solo per
via di mia madre?!»
«Mi credi così superficiale? Certo che no. Ti ho osservato per
capire che tipo di persona fossi, se valesse la pena o meno di avvicinarsi a te
e di instaurare un qualche tipo di rapporto…»
Andrew non credeva alle sue orecchie.
«Eh?»
«Sono giunto alla conclusione che sei un ragazzo sorprendentemente
interessante. Mi piacerebbe molto conoscerti meglio…» e aveva sbattuto
graziosamente le ciglia nere, lunghe e appena ricurve. Il suo interlocutore, a
quel punto, aveva deglutito, sebbene il cuore si fosse incastrato all’altezza
della trachea, rendendogli difficile il respiro per il suo battere impazzito.
«Allora, a te dispiacerebbe uscire con me, qualche volta? Come
amici, intendo…» aveva precisato, come se ce ne fosse stato bisogno.
A lui non sembrava cambiare molto, indipendentemente dal punto di
vista.
«C..Certo, volentieri. C..Come amici…» aveva ridacchiato,
imbarazzato.
Andrew sbuffò, rigirandosi di schiena,
fissando il soffitto: com’erano passati dall’uscire assieme come amici
al fare sesso una sera sì e l’altra anche?
«Mm…» un leggero mugolio, proveniente
dall’altro occupante del letto, lo fece voltare.
Matt dormiva saporitamente,
l’espressione angelica in totale contrasto con quella della sera prima, a
pancia in giù, il lenzuolo bianco scivolato fino all’incavo della schiena nuda,
il viso rivolto verso sinistra, dove aveva dormito il biondino –e si chiese se
fosse una coincidenza, quella posizione-, le braccia ad abbracciare il cucino,
la sinistra da sotto e la destra da sopra.
Sorrise con tenerezza: alla fin fine,
non gli dispiaceva così tanto quell’insolita situazione.
Anche se il suo amante era un uomo.
Seduto al tavolino di un anonimo bar di periferia, i gomiti
poggiati sulla superficie piana del mobile e i palmi spiaccicati contro le
guance, a sorreggere il capo, Andrew Wrath stava sperimentando, per la terza
volta della settimana, quanto loquace potesse essere la Lussuria.
Quella sera, poi, il suo interlocutore sembrava anche più su di
giri del consueto: ne conseguì che aveva bevuto di più, finendo per ubriacarsi.
C’era da dire che reggeva bene l’alcool: per ridurlo alla stregua
di una ragazzina alla prima cotta gli erano occorsi ben sei cocktail di elevata
gradazione alcolica e nomi improbabili.
Come American Cocktail, Sex
Appeal e Paris.
Aveva passato l’intera serata press’a poco nella
medesima posizione, osservando l’altro bere con la leggerezza di un
neomaggiorenne alla sua prima “libera uscita” in un locale di spogliarelliste.
Il suo tè al limone era finito da mezz’ora appena,
visto che l’aveva sorseggiato con calma attraverso la cannuccia verde
brillante.
Erano lì da almeno un paio d’ore, aveva perso il conto
dei discorsi incompiuti ed illogici intrapresi, invano, dal castano.
Sospirò.
«Non dirmi che ti riduci così ogni sabato sera…» lo
punzecchiò, interrompendo il suo ennesimo, sconclusionato monologo.
«Eh? No, certo che no…» borbottò, infastidito dalle
implicazioni dell’affermazione dell’altro.
«Allora è perché stasera ci sono io?» avanzò, arcuando
un sopracciglio con scetticismo.
Quello sorrise, sghembo.
«Forse»
Per un attimo si chiese se lo stesse prendendo in giro lucidamente,
nonostante in quel momento, di lucido, Matt avesse solo gli occhi, per via
dell’alcool e del caldo che, sicuramente, iniziava a percepire il suo corpo
esagitato.
Sospirò nuovamente, abbandonando la fronte contro il
palmo destro e chiudendo un istante gli occhi affaticati.
Quel momento gli fu fatale: mentre le palpebre si
serravano, stanche, sugli occhi cerulei del biondino, due labbra morbide si
posarono sulle sue.
Andrew sussultò, impreparato ad un simile contatto, ma
non riuscì ad aprire gli occhi: quelle labbra sapevano ancora dell’ultimo
cocktail ordinato, una Tequila
Sunrise, ed avevano un retrogusto
aranciato che, inaspettatamente, trovò gradevole.
Le dischiuse, concedendo a quella lingua vogliosa di
esplorare la propria bocca. Non se ne pentì.
Quando la necessità di respirare li costrinse a
separasi, Matt si scostò da lui ansimando appena, un leggero filo di saliva
ancora univa le loro bocche.
Il castano era proteso sul tavolo, quasi ci era salito
sopra, ma nessuno sembrava faci caso,
ognuno a rincorrere i
suoi guai[1].
«C..Che diavolo fai?!»
s’informò, arrossendo allarmato. Ma Lust sorrideva con malizia.
«Non mi sembra ti sia
dispiaciuto…»
Classica scusa.
«No, è che io… Noi… Siamo
due uomini!»
Il suo interlocutore si riaccomodò,
poggiando la guancia al dorso della terza falange delle dita e leccandosi le
labbra, umide della salivazione dell’altro.
«Nh, è allora?» domandò, con noncuranza, come se la cosa non lo riguardasse.
«È contro natura!» protestò, le gote ancora
in fiamme, il respiro che iniziava a stabilizzarsi e la convinzione che andava,
al contrario, scemando sempre più.
«Non vedo dove sia il problema. E poi non
è vero, in natura ci sono animali che hanno rapporti di carattere omosessuale
con loro simili, quindi…» appuntò con sussiego.
Wrath ebbe l’istinto di prenderlo
selvaggiamente a pugni. E poi di scoparselo altrettanto selvaggiamente su
quello stesso tavolo.
Respirò profondamente, nel tentativo di
reprimere i propri istinti
animali.
«Ciò non toglie» iniziò, guardando il
castano con l’aria di chi ti sfida a contraddirlo «che una relazione di
carattere sessuale tra due uomini sia impensabile! E poi sei ubriaco!» aggiunse,
come se questo dettaglio giustificasse ogni cosa.
Matt schioccò la lingua, ridacchiando.
«Credi davvero che sia così scarsamente
lucido da non rendermi conto delle mie azioni: Andrew Wrath, la verità è che tu
mi fai impazzire. Dio, ho una voglia di scoparti dalla prima volta che ti ho
rivolto la parola. Dopo essere uscito queste volte con te, dopo averti parlato…
Ho realizzato che non era solo il sesso che volevo, da te. Cazzo, mi sta
capitando di nuovo, come due anni fa con Richard…» si lagnò, stringendosi il
capo tra le mani. Il biondino taceva, senza parole da poter proferire.
«Quando abbiamo rotto, cinque mesi fa, mi
sono ripromesso di non ricascarci più con nessuno; di non innamorarmi più di
un’altra persona, per rimanere eternamente fedele a lui. Ho amato quell’uomo
Dio solo sa quanto, gli ho dato tutto quello che avevo… Persino la mia
verginità anale, si è preso, per poi scaricarmi così! “Sai, ho messo incinta
una, me la devo sposare, quindi è meglio se rompiamo…” Stronzo!»
Era completamente assorbito dal suo
ennesimo monologo della serata, ma finalmente sembrava aver tirato fuori il
nodo che aveva dentro.
Comprensivo, Andrew gli carezzò la testa,
poggiata sul tavolo, poi andò a pagare e lo riaccompagnò a casa. Ma arrivati
sotto il suo appartamento, Matt gli chiese se avesse potuto salire.
«Certo, come vuoi. Va tutto bene?»
s’informò, premuroso, vedendolo semi-lucido ma totalmente abbattuto.
Annuì, ma, tuttavia, rispose
negativamente.
«Non voglio restare da solo. Ti prego…»
implorò, gli occhi brillanti di lacrime pronte a scendergli lungo gli zigomi
pallidi.
«Come vuoi, resterò con te...» gli
promise, sorridendo con tenerezza e carezzandogli la schiena tremante.
Salirono fino all’ultimo piano con
l’ascensore, poi entrarono nell’appartamento 1845[2].
Era grande, con chissà quante stanze
disposte su due piani.
Il castano si lasciò cadere sul divano foderato di blu cobalto, stanco,
abbattuto e con un’oppressiva voglia di piangere. Il biondino si accomodò al
suo fianco.
«Se… Sì, insomma, se ti va… Puoi sfogarti
con me…» e gli sorrise, incoraggiante. Il gesto fu apprezzato e ricambiato.
Anche se non proprio come si era aspettato.
«Grazie, Andrew. Ma io… Te l’ho già detto,
io mi sono innamorato di te. Capisco che tu possa non provare gli stessi
sentimenti per me, ma ti supplico…» e gli prese le mani, stringendole tra le
sue «stanotte, per l’unica volta di tutta una vita… Fa’ l’amore con me»
Andrew sbuffò,
rigirandosi sul fianco destro: che diamine, con che razza di richieste se n’era
uscito quel pazzo!
Dopo avergli
infilato la lingua in gola, avergli sputato in faccia di essersi innamorato di
lui e di desiderarlo anche sessualmente e aver piagnucolato per le proprie pene
d’amore adolescenziali, ecco che lo implorava
di andare a letto con lui.
Era pazzo,
nessuna persona normodotata avrebbe avanzato una simile proposta in quelle condizioni.
Ma Matt, oramai
l’aveva imparato, era un gran testardo: avendo interpretato il suo sconcerto
per timidezza, aveva iniziato a baciarlo, a stusciarglisi contro, a stuzzicare
le zone più sensibili del suo corpo; in poco tempo si erano trovati entrambi
nudi ed eccitati, l’uno sopra l’altro sul divano del soggiorno.
Il castano aveva
preso la mano del biondino e, con gentilezza, gli aveva mostrato come muovere
le dita all’interno del corpo bollente che lo sovrastava.
Quando Andrew ci
aveva preso gusto e s’era fatto un’idea di come “funzionassero le cose” in un
rapporto di quel tipo, Lust gli aveva scostato la mano, l’aveva baciato e si
era sistemato con uno scatto a cavalcioni sul suo bacino.
Un gemito di
dolore era sfuggito ad entrambi, soprattutto a Matt, ma dopo un po’ di tempo
tutto era passato ed aveva iniziato a muoversi, su e giù; la mano dell’altro
aveva preso a carezzarlo con lo stesso ritmo e i gemiti estatici si erano
sprecati, finché entrambi non ebbero raggiunto il loro orgasmo.
Stremato, Lust si
era abbandonato sul corpo dell’amante, poggiando il capo sul suo petto,
all’altezza del cuore.
Lo aveva
ringraziato, asserendo che fosse stato bellissimo.
E Andrew,
carezzandogli i capelli, aveva assentito, dicendo che, visto che non era poi così male, ci sarebbero anche potute
essere altre occasioni, per farlo.
L’altro aveva
annuito, felice e soddisfatto, per poi addormentarsi, ancora nudo, su di lui.
Gli venne da
sorridere: ecco com’era iniziata, con ragazzo con una sfilza di ferite sul
cuore teneramente addormentato sul suo petto.
«Stai scherzando?»
Aveva reagito così, Wrath, quando un
Matthew tremendamente carino e intento a preparare una cena romantica gli aveva
avanzato la proposta di trasferirsi lì.
«Non sono mai stato così serio» ribatté
invece l’altro.
Andrew si lasciò sfuggire un sospiro e
portò una mano alla fronte, al limite dell’esasperazione.
«Matt, perché mai tu ed io dovremmo vivere
insieme?»
«Perché siamo amanti?» aveva risposto, con
ironia.
«Noi non siamo amanti. Abbiamo solo fatto
sesso qualche volta…» lo contraddisse, arrossendo e voltando lo sguardo.
«Oh, certo. Praticamente
una sera sì e quella dopo anche…» appuntò, divertito.
«Q..questo non vuol dire…»
«Pensaci bene, Drew: facciamo sesso, ci chiamiamo
intimamente per nome, consumiamo assieme il settanta per cento dei nostri
pasti, usciamo insieme per andare in posti che ci piacciono… Vuoi ancora dirmi
che noi non siamo amanti?»
«Potremmo…»
«Due amici non fanno sesso» puntualizzò,
avendo intuito la rimostranza dell’altro.
«Cazzo Matt, questa situazione è troppo
insolita. Siamo due uomini, te ne rendi conto?»
«Noioso. Comunque continuo a non capire
dove stia il problema…»
«È contro natura!»
«Non ci credi neanche tu. Non credo che,
se la cosa ti dispiacesse tanto, mi permetteresti di farti certe cose…»
sottolineò, con una sfumatura maliziosa nella voce.
Il biondino chinò il capo: aveva ragione, dannatamente ragione. Solo che lui era un tipo dannatamente orgoglioso. E si rifiutava di ammetterlo.
Matt spense i fornelli e si voltò a
fissarlo, sorridendogli con dolcezza.
«Per me non cambia nulla, uomo o donna: io
amo la persona che sei, sono attratto inesorabilmente da quello che ho visto in
te. Se anche tu fossi di un altro sesso, d’un’altra razza o chissà che altro,
sarei in ogni caso perdutamente innamorato di te…» confessò.
Quella… Quella era una dichiarazione?
«Tu… Fai sul serio?»
«Puoi non crederci, dato il mio cognome,
ma io non sono una di quelle persone che vanno col primo che capita loro: due
anni fa ho scelto Rick perché lo amavo, cazzo se lo amavo, mi sono affidato a
lui guidato dai miei, forse sciocchi, sentimenti. Poi ho incontrato te. Tu, in
tutta la mia vita, sei la seconda persona con cui sono andato fino in fondo. E
l’ho fatto perché mi sono innamorato di te, in un modo che credevo di non poter
vivere più d’una volta nella vita. Andrew Wrath, non so se provi le stesse cose
per me, ma io non posso e non voglio rinunciare a te: questo è uno dei miei
sogni, e non lascerò che si sgretoli, che voli via come un aquilone. Perché
sono stanco di rincorrere quelli che il vento mi ha portato via…» concluse, con
aria affranta.
Il biondino non aveva parole.
«Te l’ho già detto una volta, forse due o
anche tre, ma continuerò a ripeterlo finché non cambierai idea: Ti amo»
Ecco, con quello l’argomento era
definitivamente chiuso: Andrew lo abbracciò, poggiando il mento sulla sua
spalla.
«Sei piombato nella mia vita come un
cataclisma e mi hai sbattuto in faccia senza paura quello che pensavi. Sei un
pazzo, sì. Un dannatissimo,
adorabile, dolcissimo… pazzo. Come ci sei
riuscito, io non lo so e, forse, non sarò mai in grado di scoprirlo e
comprenderlo, ma sono sicuro di una cosa: mi hai fatto innamorare di te.
Matthew Lust, mia Lussuria…» esordì, sciogliendo l’abbraccio e guardandolo
negli occhi, incorniciandogli il viso con le mani «io ti amo. Vuoi ancora
rimanere al mio fianco finché sarà?» domandò.
Il bacio mozzafiato che gli regalò il
castano fu una risposta sufficiente.
Rigirandosi
ancora una volta verso destra, Andrew fissò il compagno dormiente con un
sorriso affettuoso.
Allungò un
braccio per sfiorargli una tempia, scostando i ciuffi di serici capelli con
delicatezza: carezzò la cute con le punte dei polpastrelli, quasi avesse paura
di svegliarlo o di romperlo.
Come se una persona come quella potesse
essere così fragile.
Non poteva farci
niente, se ne era proprio innamorato.
Ed era una
situazione davvero… Insolita sì.
Insolitamente piacevole.
Konnichi wa, minna! ^^
Allora, questa è la mia prima vera e propria yaoi, mi è venuta
in mente ieri sera (anzi, stamattina all’una XD) e così l’ho buttata giù.
Ho usato i vampiri protagonisti della raccolta Just vampire stories,
che, forse, prima o poi riuscirò ad aggiornare, eheh ^^’
In ogni caso, mi auguro vi sia piaciuta ^^
Matt si comporta in modo strano, ma è a causa dell’alcool; non è
che sia lucido e neppure ubriaco, è metà e metà, quindi è come se avesse una
doppia personalità ^^ E per questo si comporta da uke (sarebbe il passivo in un
rapporto omosessuale, nel caso non lo sapeste ^^), quando invece lui è un
seme-reverse. Ma rimane ugualmente adorabile, no? ^^
Comunque, scherzi a parte, io vi saluto ^^
Commenti, critiche e consigli altamente graditi ^^
Alla prossima!
Lady_Firiel