My Executioner
Il mio carnefice.
Lui
odiava aspettare, era sempre
stata una persona tagliata più per l’azione che
per restare a pazientare
speranzoso.
Sentiva un nauseante impulso di
scappare via, lontano da quella stanza, ma non poteva, Kiba gli aveva
seccamente detto che cercare una ragazza tra le vie di Tokyo era
qualcosa di
impossibile per chiunque, anche per un ragazzo con un forte spirito
come lui.
Fissava quel telefono con
speranza, in attesa di una qualsiasi chiamata; il silenzio assordante
della
stanza, interrotto soltanto dal costante muoversi delle lancette
dell’orologio
era soffocante.
Era così abituato a quell’unico
rumore che quando il suono del campanello interruppe
l’atmosfera grave che lo
circondava, quasi cadde dalla sedia.
Balzò in piedi e barcollando aprì
la porta.
Un corriere vestito di tutto
punto gli consegnò un pacchetto; Naruto firmò e
richiuse la porta alle sue
spalle. Lo scartò con una certa fretta, come se avesse
compreso il contenuto,
ma c’era soltanto una busta, probabilmente fatta recapitare
col corriere per
evitare che andasse persa.
Si ritrovò tra le mani un
messaggio composto ritagliando lettere da titoli di giornale, puro
stile film e
delle foto. I suoi occhi azzurri osservarono con orrore la figura di
Hinata
seminuda e legata ad una sedia, con un’espressione
terrorizzata sul suo volto,
i suoi gli occhi sembravano urlare.
Distogliendo lo sguardo da quelle
foto, li riportò sul messaggio con lo stesso terrore.
«Se la rivuoi
viva
uccidi Neji Hyuuga».
Non
aveva mai
pensato che un giorno la vecchia pistola di suo padre gli sarebbe
tornata utile
e ancor meno, che ci avrebbe girato Tokyo in apparente
tranquillità.
Stava andando
ad uccidere una persona e non una a caso, stava per assassinare il
cugino della
sua ragazza. Non era stata casuale la scelta degli aguzzini di Hinata e
Neji di
costringere lui, essendo uno dei pochi che indisturbato avrebbe potuto
avvicinarsi in vece di fidanzato della sua preziosa cugina, magari per
parlare
di un possibile matrimonio. La pistola bruciava sotto il giaccone di
pelle, a
lui sembrava quasi che suo padre gli stesse intimando di fermarsi.
Suo padre che
era stato un poliziotto con una carriera brillante, che ci aveva
rimesso la
pelle quando lui era ancora un po’ troppo piccolo per capire;
e tutto quello
che era rimasto non erano né il corpo né i
vestiti, soltanto la pistola di
servizio, sui cui sua madre aveva pianto troppe volte.
Scese
dall’autobus quando arrivò finalmente nelle aree
più ricche della città,
proprio dove villa Hyuuga sorgeva in tutta la sua grandezza.
La cameriera,
una volta riconosciuto, lo condusse subito da Neji, nel suo studio.
Naruto
sapeva che era una delle poche stanze senza telecamere e in qualche
modo di
sentì anche peggio, perché avrebbe forse potuto
farla franca eliminando la
gentile cameriera che lo stava conducendo là.
Era stato tutto
troppo facile, troppo, eppure era lì, immobile, davanti alla
figura elegante
del cugino della sua ragazza che lo guardava. Gli occhi azzurri di
Naruto lo
osservarono per un po’, in un misto di tristezza e
esitazione, ma in fondo che
cosa poteva fare?
Neji
si girò
verso la scrivania, cercando forse delle carte; Naruto estrasse la
pistola con una lentezza indicibile; durante tutto quel tempo Neji
avrebbe
potuto girarsi, urlare aiuto ed attaccarlo, ma sembrò non
accorgersi di niente,
nemmeno quando il biondo caricò la pistola.
Il ‘click’ nel
chiudere il tamburo dell’arma gli fece guadagnare un veloce
sguardo da Neji, ma
lui non sembro fare altro, quasi attendesse il momento.
Puntò la
pistola su Neji incerto e quest’ultimo rivolse lo sguardo al
cielo grigio
visibile dalla finestra. Era certamente una pessima giornata per morire.
«L’hanno rapita
per questo vero?».
Non annuì, non
ce ne fu bisogno. La pistola vibrò nelle mani di Naruto
quando premette il
grilletto.
Neji Hyuuga
cadde a terra, morto. Il rumore dello sparo, soffocato dal
silenziatore,
continuò a ripetersi nella testa di Naruto, che imbambolato
rivolse lo sguardo
al cielo.
Aveva ucciso
una persona.
Non una
qualsiasi, aveva appena ucciso una delle persone più famose
di Tokyo per
bellezza e fama, ma così avrebbe salvato la vita della sua
preziosa fidanzata.
Avrebbe voluto
sorridere, ma non ce la fece; si mise invece le mani sulle orecchie, ma
il
rumore dello sparo continuò rimbombargli in testa, ancora,
ancora e ancora.
Hinata
aveva
pensato seriamente di lasciarci la pelle, vista la situazione.
Ripensò
rabbrividendo all’odore di cloroformio che le aveva invaso le
narici quando era
svenuta tra le braccia dei suoi rapitori.
Non l’avevano
toccata quasi con un dito, almeno su quello poteva ringraziare Dio.
L’avevano
solo fatta spogliare in una stanza al suo risveglio, nemmeno del tutto
e legata
neanche troppo forte ad una sedia; avevano usato un’inusuale
delicatezza, che
di solito non si riserva ad una vittima.
Poi uno dei
tizi aveva tirato fuori una pistola e Hinata, già
terrorizzata e confusa,
avrebbe voluto urlare se non gli fosse mancato il fiato.
Si era limitata
a spalancare gli occhi e fissare con orrore la pistola, poi un flash
l’aveva
investita e la tensione a mille e forse più
l’aveva portata in un sonno senza
sogni.
Quando aveva
riaperto gli occhi si era ritrovata stesa sulla panchina davanti a casa
sua
illesa, vestita e con le buste dello shopping fatte il giorno prima.
Non aveva
pensato nemmeno per un attimo che fosse stato tutto un sogno, la paura
e la
figura della pistola erano ancora vivide nella sua mente; aveva
afferrato il
cellulare e con irruenza inusuale aveva chiamato il suo ragazzo,
ottenendo in
risposta solo il ‘bip’ della segreteria telefonica.
Ed ora era lì,
a correre a perdifiato verso casa di Naruto, con una terribile
sensazione
addosso. Arrivata davanti alla casa del biondo tirò fuori le
chiavi dai meandri
della borsa e con la mano tremante infilò la chiave nella
toppa. Dopo i soliti
due giri, la porta si aprì.
Sembrava tutto
così normale ai suoi occhi, tutto come sempre;
camminò lentamente fino al
tavolo disordinato. La riconobbe subito, la scatola di finto
d’oro dove Naruto
custodiva la pistola del padre, gli aggeggi per pulirla e la scatola
dei
proiettili e poi, un po’ più in là una
lettera e delle foto. Prese il tutto tra
le mani, consapevole che se era fuori era stato tutto grazie a Naruto.
Le infilò
nel sacchetto dove giacevano i suoi ultimi acquisti, richiuse la
scatola
buttandoci tutto quello che Naruto aveva utilizzato e la ripose in un
altro
sacchetto.
Poi uscì,
chiudendosi la porta alle spalle, senza nemmeno chiuderla. Non pianse,
fece
tutto con estrema freddezza. Naruto l’aveva
salvata…
La fiammella
dell’accendino sfiorò la lettera, tutto prese
fuoco nel giro di un minuto, un
enorme falò si alzò davanti ai suoi occhi e poi
si spense nel medesimo modo;
solo alcuni pezzi di metallo non sparirono in cenere, ma in fondo
trovarli e
ricondurli a Naruto sarebbe stato impossibile, perfino per un
poliziotto
determinato.
Proprio così,
Naruto l’aveva salvata, ora era il suo turno.
Allora posso affermare che:
1- la storia non avrà più di una decina di capitoli secondo i miei calcoli.
2- La storia avrà ben poco di etero nonostante l'inizio.
3- Nel prossimo capitolo comparirà Sasuke.
4- Non so quando aggiornerò visto che parto.
Se è piaciuta fa piacere *^*