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Autore: _Dubhe    16/07/2010    2 recensioni
Premetto che non scrivo da un bel pò, quindi scpero mi perdonerete eventuali sbavature o errori ortografici. Come suppongo gran parte di voi, sono rimasta scioccata dalla fine di TVD e, incapace di occupare il tempo in altro modo, ho cominciato a immaginare una storia utopistica di cui i protagonisti del telefilm fossero protagonisti. Premetto che ci sono spoiler fino all'episodio 1x22, la storia volgerà necessariamente in un senso unico che ha come cartello stradale [D/E].. claro?? Detto questo, divertitevi!!!
Genere: Romantico, Avventura, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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L’arrivo di Katherine la lasciò spiazzata: non solo osava presentarsi lì, alla luce del sole, davanti a tutta la città, ma non aveva neppure paura di quello che tre vampiri sani e forti potessero farle. Senza contare il fatto che aveva un nuovo alleato adesso, a giudicare dal tono carezzevole con cui aveva parlato allo sconosciuto che aveva cercato Bonnie la sera precedente. Il suo nome era Alexander: quante probabilità c’erano che ce ne fossero due, nella stessa città, con lo stesso obbiettivo? Aveva imparato ad accantonare le coincidenze con una risata, perché non esistevano, non erano reali, o almeno non nel suo mondo.

E se all’inizio l’unica cosa di cui poteva percepire il flusso era l’angoscia e la sorpresa, pian piano qualcos’altro cominciò ad impossessarsi del suo corpo: era paura. Irrazionale, stupida, fuori luogo – visto che Damon e Stefan erano scattati al suo fianco come due saette, tanto da sembrare due bodyguard in piena regola – eppure fredda, terribile, da farti rizzare i capelli sulla nuca. Non aveva mai avuto così paura di quella donna come adesso, mai l’aveva guardata così, neppure quando l’aveva portata nel suo villone e l’aveva fatta assistere alla sua orgia personale, alludendo a lei come al suo dessert. E invece adesso aveva paura, tanta.

Per riflesso involontario la sua mano corse al decolté, fino al collo, stringendo con le dita lunghe la carne morbida e bianca, e subito il suo inconscio si rese conto del dettaglio mancante. Forse era più lenta rispetto alla mente di un vampiro, ma anche lei era in grado di elaborare un concetto piuttosto in fretta: mancava qualcosa, qualcosa… maledizione! Il ciondolo di Bonnie! Avrebbe dovuto rendersene conto almeno una mezz’ora prima, quando Damon l’aveva baciata, toccandole il collo, le braccia, le labbra.. toccandola. Dalla notte trascorsa insieme le era parso più un orpello inutile e d’intralcio alla loro relazione piuttosto che una potente arma di difesa, ma si rese conto dell’errore soltanto allora, incapace ormai di rimediare, visto che il gioiello era posato delicatamente sulla sua scrivania, a casa.

Il suo sguardo indugiò sulla sala, ancora sconvolto, fino a incontrare quello di Bonnie. Le iridi dell’amica che negli ultimi giorni erano stati il suo porto, il rifugio sicuro di problemi, non tradivano emozioni al di fuori dell’ira e dell’incredulità: creare un artefatto richiedeva molto sforzo, molta fatica, molta magia; Bonnie aveva sacrificato la sua magia per quella che riteneva essere la sua migliore amica e poteva solo immaginare come la facesse sentire il modo in cui trattava quel ciondolo, così poco rispettoso e tutt’altro  che attento. Avrebbe voluto fermarla, dirle che teneva in grandissima considerazione il suo aiuto, ma non ne ebbe il tempo.. Proprio mentre Bonnie le voltava le spalle, vide l’abito scuro di Isobel fluttuare al di fuori della porta, nello stesso punto dove sua sorella era appena scomparsa. Provò a seguirla ma due paia di mani la afferrarono da ambedue le parti quindi capì di essere costretta a lasciar perdere. Guardò prima Stefan poi Damon, con uno sguardo freddo e imperativo, ed entrambi la lasciarono non appena furono certi che non avrebbe tentato di scappare. Non era stupida, benché spesso fossero le sue emozioni ad agire per lei: seguire Katherine era fare il suo gioco, buttarsi nel fuoco con la speranza di veder piovere da un momento all’altro. Non poteva aiutare Isobel, doveva aspettare e poi consultarsi con lei, come faceva da tempo ormai. Odiava ammetterlo ma quella donna le era entrata nell’anima, era diventata così parte della famiglia da ritenere che ne avesse sempre fatto parte. Da un certo punto di vista era esattamente così, ma non del tutto.

La preoccupazione era pari soltanto all’irritazione nel vedere sua zia lanciarle occhiatacce da dietro il braccio di Alaric, che le stava parlando amorevolmente sorseggiando un drink. Chissà come dovevano vederla quelli presenti nella sala, specialmente quelli che conoscevano la sua vita solo per i pettegolezzi messi in giro dalle male lingue e dai piccoli frammenti che scoprivano con i loro occhi: lei, stretta fra i due Salvatore, praticamente vicini tanto da poterla stritolare con la sola forza dei loro corpi. Non doveva essere uno spettacolo particolarmente normale, ma la sua attenzione venne definitivamente catturata da Alexander che avanzava nella sala e tutto il resto perse d’importanza nella sua mente.

Fino a quel momento non si era minimamente interessata ad osservarlo, visto che l’aveva fin da subito bollato come un sottoposto di quella strega, ma capì all’istante di aver fatto un enorme, un grosso errore di valutazione: non sembrava il genere d’uomo che si lascia manipolare facilmente, tantomeno da quella strega. Camminava con grazia, un passo dopo l’altro, lo smoking nero e il bicchiere di champagne in mano che lo facevano assomigliare in maniera assurda a James Bond. La sua carnagione era scura, non quanto quella di Bonnie ma ci si avvicinava decisamente; aveva un fisico alto e atletico, decisamente più alto di Stefan, forse addirittura dello stesso Damon. I capelli erano corvini, leggermente ondulati, sufficientemente lunghi e fissati probabilmente con il gel. Il viso era squadrato, con linee molto più dure che morbide, in particolar modo la mascella squadrata; le labbra erano carnose e piene, il naso dritto un po’ più grande del normale e gli occhi nascosti da cespugliose sopracciglia erano di un verde scurissimo, quasi indistinto dal nero eppure vivace e vivido come pochi altri aveva visto in vita sua.

Avrebbe voluto raggiungere l’amica, difenderla, ma le mani che la trattenevano la costrinsero a non muoversi e lei capì che d’altra parte era meglio: Bonnie si era sentita offesa, tradita dal suo comportamento e completamente lontana dal pensiero di perdonarla: adesso come adesso era pronta a giurare che sarebbe stata capace di lanciare un incantesimo contro di lei e far credere a tutti di aver sbagliato mira! Ne era capace, sul serio. Ma adesso aveva altro a cui pensare. Chissà di cosa le stava parlando Alexander proprio in quell’istante..

“Credo che le presentazioni siano d’obbligo. – asserì educato, baciandole la mano – Il mio nome è Alexander, Bennett. Mi dispiace di non averti potuto incontrare prima ma.. fattori avversi hanno giocato a mio sfavore.”

Sorrise educato osservando la cugina con cipiglio divertito. La mora non mosse u muscolo, osservandolo impassibile e riflessiva: non aveva saputo nulla di lui fino alla notte in cui si era presentato a casa di Elena chiedendo di vederla. Lì per lì le era parso strano, ma pur sempre un elemento degno d’attenzione: aveva fatto qualche ricerca, si era messa d’impegno e aveva trovato di lui quante più informazioni possibili. Molte, ma non troppe e neppure abbastanza da scoprire perché fosse tornato o perché fosse alleato di Katherine. Era un rinnegato, un fuggiasco, uno che – in circostanze diverse – sarebbe stato uno dei capi maggiori della sua famiglia, uno degli stregoni più potenti. Ma non era così. Lui e sua madre non erano minimamente considerati membri integranti della famiglia, benché ne portassero ancora con orgoglio il nome. Scrutò con i suoi profondi occhio lo sconosciuto ma non riuscì a penetrare la sua corazza, trovandosi di fronte null’altro che lui e il suo sorriso spavaldo.

“So chi sei. – asserì distaccata lei – E puoi risparmiarti la scena, tanto scoprirò ben presto cosa vuoi.”

La sua risata cristallina proruppe nella conversazione, facendo girare un gruppetto di ragazzine eccitate che sembravano già aver eletto Alexander il loro futuro Edward-Cullen-vampiro-sexy-della-situazione. Peccato che lui non fosse un vampiro e fosse tutt’altro che sexy, pensò la streghettta, ignorando la sua risata.

“Posso anche risparmiarti la fatica, cugina, se lo desideri. – disse educato lui – Non voglio che nessuno ci vada di mezzo e se ti sposti e educatamente mi cedi il posto di Matriarca, o Patriarca nel mio caso, non farò del male né a te né alla tua amica.. anche se suppongo nella seconda ipotesi non dipende da me ma da qualcun altro. Sheila è morta, Bonnie, e so che è a te che spetta il suo posto, i suoi libri, il suo potere e la sua magia. Sarò chiaro… li voglio tutti per me, saprò gestirli meglio di te e, nel caso in cui tu opponga resistenza, me li prenderò comunque ma con la forza.”

Benchè le parole fossero chiare minacce, la perfezione e l’educazione della sua voce non si inclinarono neppure per un istante, lasciando Bonnie ancora più agghiacciata e terrorizzata da quell’uomo. Lui continuò a sorridere, le girò intorno per fermarsi dietro di lei, si abbassò in modo tale che le sue labbra sfiorassero il suo collo e la sua voce mormorasse al suo orecchio.

“Non opporre resistenza, cuginetta. Prima, dopo, che importa? Riconquisterò quanto mi spetta.. perché semplicemente non ti arrendi a me?”

“Scordatelo!!! – sibilò lei – Mai!”

Lui non si scompose. Semplicemente fece spallucce e si girò su se stesso, individuando dubito le persone che gli interessavano all’interno della sala: un piano semplice, ben strutturato, facile da eseguire per uno come lui. “Sindaco Lockwood! Sceriffo Forbes, siete davvero incantevoli mie signore.”

Bonnie si ricompose e automaticamente il suo sguardo guizzò verso quello preoccupato della sua migliore amica, che la fissava preoccupata. Era ancora arrabbiata con lei, e molto anche: ci sono cose che non si fanno per il semplice gusto di divertirsi o di mormorare qualche parole strana. La magia è potente, è pericolosa: usarla rende chi lo fa debole e può prosciugarlo tanto da morire. Come sua nonna. Dio solo sapeva quanto avrebbe desiderato il suo aiuto in quel momento, avrebbe saputo aiutarla e darle un consiglio come sempre nelle situazioni difficili. Ma lei non c’era più. Il ciondolo che Elena non indossava aveva causato davvero molta sofferenza al fisico di Bonnie, non solo alla sua magia, così come il rito per proteggere la casa e ritirare l’invito di Katherine: Elena non sapeva nulla, non si accorgeva di nulla perché lei era molto attenta a non farglielo notare, ma non poteva davvero pretendere che la perdonasse subito. Ma era comunque una sua amica, la migliore, e proteggerla costituiva ancora una delle sue maggiori priorità al momento, insieme al fermare Alexander. Percepì la rabbia di Isobel fuori dall’edificio: aveva imparato a riconoscere i suoi pensieri molto bene nelle settimane trascorse fianco a fianco, e adesso sapeva che stava soffrendo e combattendo insieme. Avrebbe voluto volentieri darle una mano a picchiare a sangue e piantare un paletto di legno nel cuore di quella fottuta bastarda di sua sorella, ma non le spettava, non in quell’occasione. Isobel era più che potente per farlo da sola e sospettava fosse più una resa dei conti che una vera lotta per difendere Elena quella lì fuori in quel momento. Avrebbe aspettato il suo turno dietro le quinte.

Si concentrò, focalizzandosi sui pensieri di Stefan: doveva pur avvertirli di dove andava, in modo tale che potessero organizzarsi. Stefan sembrava molto preso da Elena in quel momento ma era certa che l’avrebbe sentita.

Stefan.. – notò i suoi occhi fissarsi in quelli di lei – Vado al Pensionato e vi aspetto lì. Cercherò di trovare un modo per proteggerla e proteggerci, anche se sarà difficile. Ci vediamo lì.

Lo vide annuire con un cenno rigido del capo. Elena guardò l’amica con occhi supplichevoli ma l’altra non rispose che con un cenno del capo, non era in vena.. né di parlarle né di avvicinarla.

***

Isobel non riusciva ancora a crederci: sua sorella era rimasta al centro dei suoi pensieri per tutto il tempo del suo soggiorno a Mystic Falls, da quando era arrivata e aveva promesso di proteggere Elena. L’aveva sempre immaginato come sarebbe stato incontrarla, parlarle, chiederle tutto ciò che in quegli anni si erano reciprocamente taciute… ma era troppo codarda per affrontarla. Sua sorella era sempre stata più di lei in tutti i sensi: più bella, più coraggiosa, più amata dai loro genitori, più desiderata dai partiti che passavano per Pierce Manor.. insomma, non poteva competere. Eppure la cosa di cui quella stessa ragazza perfetta non si era resa mai conto era che tutto ciò che avrebbe dovuto fare per essere all’altezza delle aspettative di sua sorella era amarla, volerle bene.. Katherine vedeva sempre tutto quello che c’era davanti a se come opportunità, un modo per elevarsi al di sopra di quello che già era e già possedeva, chi non le era strettamente necessario finiva col essere eliminato, come i suoi genitori, morti bruciati perché non le erano di nessun aiuto ma solo d’impaccio. Aveva provato un migliaio di volte a riconquistare sua sorella, a ridarle quel qualcosa che le era sempre mancato, di renderla sua sorella, ma non ci era mai riuscita, mai. E poi Elena, e la somiglianza, e la differenza… aveva finito con l’accettare, per la prima volta dopo tanto tempo, che sua sorella non sarebbe mai stata come Elena: Elena non è Katherine. Eppure adesso eccola, a seguire la sua unica famiglia fuori da quell’edificio, senza nessuno a coprirle le spalle. Forse era ingenua a pensare che il legame di sangue avrebbe significato ancora qualcosa per Kath, forse l’avrebbe finalmente fatta ragionare, le avrebbe fatto capire come il suo modo di vita e i suoi giochetti non fossero altro che un ulteriore ridicola prova del fatto che doveva cambiare, necessariamente. Ma era un pensiero utopistico: sua sorella non sarebbe cambiata mai, e quella consapevolezza le aleggiava intorno anche quando la vide, la figura bellissima contro i lampioni della notte, gli stessi capelli, lo stesso sguardo beffardo di una volta. Non si vedevano dai tempi di San Pietroburgo, circa un secolo per quelle che erano le loro futili esistenze quasi umane. La osservò, cercando di vedere in lei quel pizzico di umanità che tanto agognava ci fosse. Non c’era. Kath era sempre la stessa, nulla faceva trasparire quell’umanità, nemmeno il sorriso che le sfiorava le labbra.

“E’ bello rivederti sorellina. – disse lei, facendo qualche passo avanti – Anche se devo essere sincera sul fatto che mi hai profondamente deluso, Izie. Insomma, difendere Elena, fare comunella con i Salvatore… non è una cosa che si fa ai propri familiari, non trovi?”

L’innocenza della sua voce, attribuibile ad una ragazzina dodicenne, era talmente inquietante da dare i brividi.

“Da quando mi ritieni una tua familiare, Kath? – chiese senza pietà Isobel, restando al proprio posto, gli occhi ridotti a due fessure – Credevo di essere quella che rinnegavi perché ero indegna di essere come te, incapace di accettare tutto quello che dicevi come un ordine e per questo totalmente lontana dalla tua vita e esistenza. Sbaglio forse? Io, Kath..”

“Come osi dire una cosa del genere? – rise l’altra, divertita quanto non mai da quella situazione, facendo un altro passo in direzione di sua sorella – Nessun diverbio può farti smettere di essere mia sorella, anche se certe volte vorrei proprio ucciderti.. ma possiamo rimediare.. vieni con me. Saremo di nuovo una famiglia, legate per l’eternità, come avevo sempre desiderato..”

Ormai era vicinissima, gli occhi che brillavano di emozione: sua sorella non si lasciava mai andare a simili attacchi di gioia, di sentimento. Era fredda come la roccia, cosa poteva averla mai indotta ad agire così. Lo capì nell’istante in cui la sua mano si strinse come un fulmine intorno al suo collo… avrebbe dovuto immaginarlo che era solo una tattica per distrarla. Riuscì a dimenarsi giusto in tempo, allontanandosi quanto basta per non essere alla portata di nessuno dei suoi arti.

Il sorriso indulgente era sparito dalla faccia di sua sorella, così come l’emozione degli occhi, rimpiazzati da uno sguardo freddo e calcolatore.

“Kath, ti prego..”

“Non pregarmi, Izie, tanto non andrai da nessuna parte. Ogni secondo dopo che ti ho creato rimpiango di averlo fatto. Sei stata un tale peso al piede, sempre in mezzo ai miei piani. E poi quella cosa di Elena, e il DNA, e tutto il casino che ne è uscito. Non solo hai mancato di rispetto a me, la tua unica famiglia, ma addirittura mi hai sottratto due giocattoli che amavo tantissimo..”

“Non mettere in mezzo i Salvatore! – sbuffò l’altra, liquidando le sue insinuazioni con un gesto deciso della mano – Non ti avrebbero mai interessato tanto se non avessi saputo che ti avevano dimenticato. Ti rode che Stefan ami Elena, ti rode che la ami Damon, mentre con te nessuno dei due era riuscito a provare quel sentimento. Forse Elena avrà il tuo stesso aspetto ma, credimi, quella è davvero l’unica cosa che avete in comune..”

E se i suoi riflessi erano veloci, quelli di sua sorella lo erano di più. Quasi non si accorse del paletto che teneva in mano finchè non la vide lanciarsi su di lei come una furia e atterrarla. Maledizione. Non aveva bevuto sangue quella sera, era più debole, ed era certa che non era un errore che Kath avrebbe mai commesso. Lei si cibava tanto da star male pur di non restare mai a corto dei suoi poteri. Vide il paletto nella sua mano e poi percepì il freddo duro legno conficcarsi esattamente al centro del suo petto. Sentì il legno diventare caldo all’improvviso e quel calore diffondersi in tutto il suo corpo, le vene, le arterie, qualsiasi fibra venne circondata da quel calore surreale e invece dell’immaginabile dolore percepì soltanto.. calma. L’aria le mancava ma era come se non ne avesse bisogno, come se non ne avesse mai avuto bisogno in vita sua. Eppure il freddo che all’improvviso percepì le fece capire che c’era qualcosa che non andava, ma non tanto da spaventarla. Ansimò un paio di volte, vedendo l’immagine di sua sorella diventare sempre più sfocata, ma non ci fece caso, almeno tentò di restare lucida. Non fu facile. Alla fine percepì il buio che calava su di lei. Non avrebbe più potuto aiutare Elena, non l’avrebbe più difesa, era inutile, proprio come Kath aveva sempre detto, proprio come aveva sempre temuto.. E profondò in un baratro di oscurità, capendo all’istante di morire. Era un modo assurdo di andarsene, ma non poteva aspettarsi di meglio. Adesso tutto era nelle mani dei Salvatore, difenderla, proteggerla, di Bonnie, aiutarla con la sua magia.. e, se avesse potuto, avrebbe vegliato su di lei… E poi fu il nulla.

***

Erano passati almeno dieci minuti e ancora di lui nessuna traccia. Umph. Guardò Stefan, visibilmente annoiata e preoccupata: possibile che riuscisse a restare così calmo e concentrato malgrado tutto? Insomma Isobel era chissà dove a regolare i conti secolari con sua sorella, nonché la sua gemella, Katherine; Damon era andato ad accompagnare Rick alla macchina e a chiedergli in prestito un po’ del suo arsenale. Elena aveva insistito perché Rick riaccompagnasse a casa Jenna Jeremy e lui aveva acconsentito, rendendosi immediatamente conto che era meglio per tutti se erano fuori pericolo. Una preoccupazione in meno. Lanciò un’occhiata fugace da dietro la propria spalla, fingendo di stiracchiarsi il collo, cogliendo Alexander intento a parlare con lo sceriffo… maledizione a lui e al suo fascino! Era così eprfetto, così bello, così stregante.. era come se riflettesse il potere della sua magia su chiunque gli fosse intorno. Era una cosa bella ma pericolosa al tempo stesso. Sperò in cuor suo di non dover mai sperimentare il suo controllo in prima persona.

“Ti prego, Elena, rilassati. – tentò inutilmente di calmarla Stefan, mettendole un braccio intorno alle spalle – Torneranno tra poco e saranno tutti salvi.”

“Non puoi saperlo. – lo corresse lei, indicando con un cenno del capo il loro nuovo amico – Tanto per cominciare non sappiamo che cosa voglia questo presunto cugino di Bonnie, e mi preoccupa pensare che con il suo charme non gli sarà difficile ottenerlo. E il fatto che sia alleato di Katherine non lo rende certo un nostro amico, o si?”

Stefan scosse la testa, evitando allo stesso tempo di rispondere e comunicandole di non sapere ancora nulla, esattamente come lei. Malgrado potesse sentire ben lontano, l’udito era inutile in una sala affollata di gente. Inoltre era certo che Bonnie avrebbe raccontato loro tutto in prima persona, non era qualcuno a cui piaceva origliare.

“Ok. – acconsentì dopo che Elena sbuffò per la 345 volta in 5 minuti – Se non arrivano entro i prossimi 5 minuti chiamo Damon, contenta?”

Il visetto della mora si illuminò come quello di un bambino che ha appena ricevuto un leccalecca.

***

Guardò la macchina di Rick allontanarsi velocemente dal parcheggio, i fari ormai due puntini luminosi. Lanciò uno sguardo al suo bagagliaio: era una fortuna avere un amico che si portava sempre un arsenale simile per “ogni evenienza”, come quella per esempio. Perché anche lui non aveva una cosa simile? Era una delle cose da fare, assolutamente: munirsi di un arsenale alla fratelli Winchester… peccato che, differenza loro, lui avrebbe dovuto occuparsi esclusivamente di vampiri..

Di una vampira soltanto.. – si corresse mentalmente.

Era meglio tornare dentro. Ci aveva messo più tempo del previsto e doveva assicurarsi che Elena stesse bene. Troppo tardi. Roteò gli occhi al cielo, girandosi con fare teatrale e alzando le braccia come per presentare qualcuno di famoso ad una folla urlante.

“E dopo anni di assenza dai palchi di mezzo mondo, signore e signori, ecco a voi Katherine Pierce! Applausi signori, applausi!”

Mimò il gesto dell’applaudire con quel suo sorriso ironico, prima di farlo scomparire del tutto dal suo volto e fissare con gelida determinazione la donna che gli aveva rovinato la vita. Era stato uno sciocco a lasciarla andare quella volta, quella notte in cui era tornata ed aveva ucciso John. Non che il tizio gli fosse particolarmente simpatico, anzi! Era stata gentile a liberarlo di quel peso, ma per il resto… stronza egoista era e lo era rimasta anche adesso. Non era minimamente cambiata: ogni suo passo, ogni suo gesto, ogni sua singola parola, tutto era mirato ad uno scopo superiore, ad un fine maggiore che solo la sua mente perversa conosceva. Insomma, dire che era un genio era poco, era un geniaccio per bacco. Sarebbe stato un vero peccato per il mondo quando l’avrebbe uccisa, un gran peccato.

“Ti lascio esattamente trenta secondi per voltarti e andartene per sempre da Mytic Falls, altrimenti..”

“Altrimenti cosa, Damon? – lo derise la mora, facendo scorrere le sue lunghe dita sulla sua giacca elegante – Sappiamo entrambi che queste minacce vanno a finire esattamente dove dovrebbero… al diavolo. Non hai sufficiente forza per farmi fuori, Damon, e non puoi davvero pensare di essere tanto forte..”

L’ira negli occhi di Damon cresceva ogni istante di più, il petto che si alzava regolarmente con scatti ritmici e irati.

“Vattene dalla mia città, Katherine. Non te lo ripeterò un’altra volta. Ti voglio via dalla mia vita, via dalla vita delle persone che amo, via di qui.”

Ancora una volta la ragazza si concesse un sorriso giocoso, era tremendamente somigliante ad Elena con quei denti bianchi, peccato che non ci fosse paragone: per Elena il solo sorridere era un gesto così puro da illuminare chiunque le stesse accanto, per Katherine era la prova del suo gioco di morte con qualsiasi persona fosse tanto folle da intralciare il suo cammino. Ma lui aveva imparato dai suoi errori, e non li avrebbe più commessi. Quella stronza gli aveva rovinato l’intera esistenza con i suoi giochetti, era ora di dire addio a lei e ai suoi piani del cazzo. Non aveva avuto l’occasione di metterle le mani alla gola ma adesso, lì, da soli, nulla l’avrebbe fermato. Eppure la ragazza sembrava avere altri progetti: negli occhi del moro balenò un sentimento di confusione quando la vampira si avvicinò a lui in maniera provocante e gli posò le mani sulle spalle, con fare sensuale. Ma che..?

“Non capisco perché insisti… non sono venuta qui per farti la guerra, io voglio amore, Damon, solo fare e dare tanto tanto amore… letteralmente. Insomma, non piacerebbe anche a te ritornare ai vecchi tempi? Io, te e Stefan di nuovo insieme, per sempre stavolta.. e saresti di nuovo tu il mio preferito, vuoi?”

Anche i migliori potevano avere i loro momenti di debolezza, anche i più coraggiosi potevano tremare, e in quel momento l’autocontrollo e la sicurezza di Damon lo fecero: era un’alternativa così vera, così allettante, quello che aveva così ardentemente sognato per decenni era vicino, a portata di mano, la donna che aveva sempre amato, il futuro che aveva desiderato di costruire con lei. Suo fratello era un’aggiunta indesiderabile ma, dopo un po’, era sicuro di poterci fare l’abitudine e volergli quel briciolo di bene che serve per la convivenza. I Salvatore di nuovo uniti, Katherine di nuovo al suo fianco. Era un sogno che diventava realtà… o almeno lo sarebbe stato se fosse tornata qualche mese prima. Era cambiato troppo nel tempo trascorso in quella città, era lui ad essere cambiato per primo: non voleva più la vita di un tempo, non voleva lei e i suoi pericolosi giochetti di seduzione. Voleva una vita, una vita vera, con qualcuno al suo fianco che potesse dargli un sentimento vero, un calore, un cuore che batte. Voleva Elena, e non si era mai reso conto di quanto la desiderasse finchè non si rese conto in quell’istante che lei era l’unica cosa che non avrebbe mai lasciato, lei e le persone a cui voleva un bene diverso ma comunque intenso. La sua vita era lì adesso, e lo sarebbe sempre stata.

E quindi quell’attimo di insicurezza durò poco, solo qualche minimo istante, prima che lui si rendesse conto di quello che la vampira gli stava dicendo: menzogne, solo futili e sporche menzogne, come sempre aveva fatto e come avrebbe fatto per sempre. Non aveva mai preferito lui, era sempre stato Stefan il suo giocattolino migliore e perfetto. E adesso li rivoleva? Ma certo, il complesso del voglio-ciò-che-non-posso-avere. Tipico di Katherine, avrebbe dovuto immaginarlo. Peccato che quella sarebbe stata l’ultima volta che lei provava ad incasinare la sua vita..

Con una mossa fulminea le afferrò il collo con entrambe le mani e strinse forte, i denti che uscivano affilati dalle labbra, gli occhi che si tingevano pian piano di nero, la sua natura felina ed aggressiva, tanto a lungo repressa, finalmente alla luce. Ringhiò con forza, spingendola contro la parete dell’edificio e sibilando minaccioso.

“Hai finito di giocare, Katherine. Adesso andrai in un posto dove difficilmente potrai fare simili giochetti, sola, per l’eternità..”

Stringeva forte, ormai avrebbe dovuto essere morta, eppure su quel viso beato d’angelo continuava a perdurare il sorriso angelico e l’espressione di simbolica innocenza: lei era e sarebbe sempre stata più forte di Damon, non poteva aspettarsi di farla fuori così, da solo. Ma non poteva nemmeno accettare che si comportasse così con lei, era terribilmente da maleducati nei suoi confronti. Fece scemare il sorriso dalle labbra, sostituendolo ad un’espressione neutrale che necessariamente mise Damon in allerta.

“L’hai voluto tu. – concluse con voce apatica, prima di liberarsi con facilità dalla sua stretta e intrappolarlo da dietro la schiena con il suo braccio stretto intorno al suo collo, molto più forte e più efficace – Non solo ti farò pentire di non avermi voluta ma distruggerò anche chi ami, le loro case, le loro famiglie, finchè non verrai ai miei piedi strisciando e chiedendo pietà. Perché non ti uccido ora? E che divertimento ci sarebbe? Devi soffrire Damon Salvatore, provare pene infernali prima di vedermi uscire di scena, e poi dovrai vivere con quel rimorso, e io mi assicurerò che tu lo faccia.”
Lasciò andare il braccio e il corpo del vampiro di accasciò a terra, mani e piedi poggiati contro l’asfalto caldo, il respiro affannoso e tossicante. Maledetta strega. Alzò lo sguardo, tentando di capire se fosse ancora lì, ma naturalmente non c’era. L’aveva di nuovo usato come una marionetta e poi abbandonato. Non c’è due senza tre, ovviamente. Ma la terza volta sarebbe stato preparato: non l’avrebbe più colto alla sprovvista, l’avrebbe presa e uccisa lì, seduta stante. Si aggiustò il colletto della camicia, si ricompose e si costrinse a rientrare dentro.

***

“Prima che Damon rientri devo farti una domanda. E’ una cosa seria quello che c’è fra voi due? Non voglio essere invadente ma devo saperlo.”

Elena guardò ovunque che negli occhi del suo ex.

“E invece sei invadente, Stefan. Non ho intenzione di parlarle, non con te soprattutto.”

Non era la risposta che si aspettava, anzi era la peggior risposta che lei potesse dargli in quel momento: lui voleva risposte, certezze, realtà, non qualcosa di vago senza capo né coda. Aveva capito che c’era qualcosa fra loro e doveva capire se sarebbe stato in grado di accettarlo o meno ma, per questo, doveva sapere di preciso cosa avrebbe dovuto accettare. Alzò leggermente il tono della voce, pur non volendo.

“Non è una risposta, Elena, non puoi pretendere che io stia con le mani in mano e vi guardi diventare la coppietta felice proprio sotto il mio naso. Diavolo, non ti rendi conto di quanto mi stai facendo soffrire? Quando mi hai lasciato..”

“Hey, tutto bene qui?”

La voce di Damon arrivò improvvisa, una mano su quella di Elena l’altra sul petto di Stefan. Nessuno dei due si era realmente reso conto di quanto si fossero avvicinati e di quanto la loro conversazione avesse attirato l’attenzione. Stefan si guardò intorno, incontrando sguardi sorpresi e come minimo preoccupati, mentre lo sguardo della mora era molto più che sorpreso o preoccupato: era spaventato, spaventato da lui..  Guardò il fratello, che lo fissava con cipiglio severo ma altresì agitato, quasi preoccupato, quasi..

“Io.. mi dispaice.. io.. devo.. devo andarmene.”

Non lasciò loro il tempo di dire una sillaba e scomparve. Maledizione! Aveva pensato di essere finalmente riuscito a controllarsi, a dosare le emozioni e controllare gli eccessi di rabbia o di ira. Ma non poteva riuscirci sempre: certe volte era inevitabile che le emozioni prendessero il sopravvento, soprattutto quando si trattava di Elena e di Damon, presi in coppia o singolarmente. Non avrebbe mai creduto che le due persone a lui più vicine sarebbero state capaci di fargli tanto male: Elena non se ne accorgeva più di tanto, sospettava ma non tanto a fondo da prendere provvedimenti o precauzioni; Damon certamente era a conoscenza del suo stato d’animo interiore ma preferiva lasciarlo “cuocere nel suo brodo” o semplicemente aspettare che fosse lui il primo a confidarsi. Non sarebbe accaduto mai, né adesso né in futuro.  Elena era stata una parte troppo importante della sua vita, troppo bella per potere essere eliminata con qualche mese di lontananza. La desiderava ancora, si. La voleva, più di ogni altra cosa, e il fatto che lei volesse a tutti i costi tenerlo lontano dalla sua vita, privata e non, non faceva altro che aumentare quel senso di disagio e di preoccupazione frammista a ira che gli logorava il petto. Come se avesse sentito i suoi pensieri, la guidatrice di una porsche nera si fermò esattamente davanti a lui.

Uno sguardo bastò a svelargli la bellissima figura che vi sedeva dentro. Era così bella, così perfetta, così simile a lei in ogni dettaglio. Ma non era Elena, era un concetto che il tempo gli aveva chiaramente dimostrato. Eppure perché quel sorriso smagliante lo stava tentando? Certo, ovvio: voleva Elena, anche se significava avere la sua futile imitazione. Qualcosa si mosse dentro di lui. Il solo pensiero, il solo voler fare ciò che stava pensando era così raccapricciante, sbagliato, insano: così tradiva suo fratello, Elena, Bonnie… quest’ultima stava diventando così importante per lui. O forse no? Se ci pensava bene anche quella volta l’aveva portata a letto soltanto perché aveva visto Damon ed Elena a letto insieme, per ripicca. Se l’avesse rifatto con Katherine cosa ci sarebbe stato di sbagliato? Non l’avrebbe saputo nessuno.

Bevve un altro sorso dalla sua boccetta di metallo, assaporando il sangue umano scendergli nella gola e bagnare i suoi tessuti vitali. Si, si sentiva vivo e completo, una persona forte e diversa dal solito pappamolle che ormai era stanco di interpretare. Con un agile salto salì in macchina.

“Andiamocene da qui!” – furono le sue uniche parole. Ma non furono abbastanza veloci. Udì l’inconfondibile odore di carne putrefatta, come quella… guardò allarmato al di là del finestrino abbassato della decapottabile: avrebbe potuto riconoscere quel colore corvino, quasi bluastro, una sfumatura unica, dovunque.. Isobel era stesa sotto un albero, o almeno quello che restava di lei. Era morta.

Il vecchio Stefan avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di aiutarla ma, ormai, non era il vecchio Stefan: il sangue e quello che suo fratello ed Elena si ostinavano a continuare a fare era assurdo e non poteva più essere il loro zimbello, era ora di andare avanti. Anche se significava ritornare sui propri passi.

Udì il vento della notte richiamarlo indietro ma non si voltò.  

 

Spazio autrice alias moi ù.u

Bene, rieccomi! Lo soc che sono stata ferma un bel pò con l'aggiornamento ma, mi perdonerete, il mare e il sole sono stai miei fedeli compagni d'avventura in questi giorni e non ho potuto davvero agire diversamente! Ma non temete, non mi dimentico mai di questa storia: non mi credete? Beh, diciamo che la storai è solo all'inizio.. ma se abbiamo già fatto tanti di questi capitoli, direte voi! Beh, c'è di peggio -.- fidatevi, le sorprese sono appena iniziate.

Voglio sapere se il capitolo vi è piacuto: che ve ne pare? Beh Isobel poverina ha fatto uan brutta fine.. mi dispiace ma mi stava diventando inutile.. troppo contro Damon per meritare qualche altro futile respiro. Stefan? DI nuovo soggiogato dal sangue umano ma stavotla più pericoloso, attenti: può controllarlo, avete visto? Insomma finchè non si mettono in gioco o Elena o Damon non si vede neppure un pò che sta continuando ad assuefarsi di quella sostanza.. e adesso è sfrecciato via sulla porsche nera di Katherine. Ah! Non vedo l'ora di scrivere quello che accade dopo.. soprattutto quando arriverà.. ok, mi sto zitta! U.U

Kimculle, _Delena_, poeticdream... è superfluo che vi faccia sapere che siete essenziali con i vostri sommenti, vero? Beh, io comunque ve lo ricordo e rignrazio quanti hanno la pazienza di continuare a seguirmi anche con questo afoso caldo estivo. Vi voglio bene, guys ^^

Alla Prossima =)

P.S. E ringraziate Trilly sull'illuminazione del capitolo 13/14... adesso so che Kristen Bell sarà perfetta.. per cosa? Lo scoprirete! Buona notte!!!!

   
 
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