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Autore: LeanhaunSidhe    17/07/2010    3 recensioni
"I morti non cercano qualcuno che li vendichi, ma che li ricordi" Con questa frase si dice che una semplice donna riuscì a entrare nel cuore di Death Mask
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ballata dei finti immortali'
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Si era destato all’improvviso e aveva ritrovato tutta la forza dirompente del proprio cosmo. Mentre quello già stecchito crollava a terra, aveva rifilato un gancio allo stomaco all’altro. Il secondo si piegò in due.

Il cavaliere gli diede le spalle e balzò verso l’altro lato della sala. Si accostò alla fanciulla e ne prese il viso fra le mani: lei respirava. Sosprirò anche lui e le riavviò una ciocca di capelli con una dolcezza che non aveva mai mostrato prima d’allora.

“Tu scherzavi quando la prima volta ti sei opposta ad aiutarmi, ma questi non sono come te.”

La prese in braccio e si lanciò verso la finestra. Non ci pensò due volte a buttarsi di sotto.

Atterrò leggero a terra. L’istinto gli diceva di allontanarsi quanto più velocemente possibile dalla quarta casa, lui, che ne era il custode. Digrignò i denti.

“Svegliati!”

Si guardò attorno, incerto. In un primo momento pensò di dirigersi al villaggio, ma la sensazione di essere braccato gli serrava lo stomaco. Strinse a sé di più la ragazza.

Aveva bisogno di un posto tranquillo per riordinare le idee, magari del consiglio e dell’aiuto di qualcuno. Mnemosine mugolò leggermente prima di aprire gli occhi. Stava per chiedergli qualcosa, ma intuì che era meglio tacere. Era stanca e la testa pulsava.

“Che accidenti cercavi di fare prima? Se ti trovi faccia a faccia con un nemico che non puoi battere, devi scappare!”

A quelle parole lei si indurì e la sua espressione divenne triste.

“L’ultima volta che sono scappata ho perso tutto.”

“Giusto. Hai fatto bene a restare. Hai rischiato di rimetterci le penne ma hai guadagnato me!”

Era una delle poche volte che lui provava davvero di essere simpatico.

Mnemosine lo guardava pensierosa. Quel ghigno che cercava di assomigliare a un sorriso le sembrava proprio un tentativo mal riuscito. Lei, invece, sapeva sorridere. Temeva di aver dimenticato come, ma le tornò naturale. Immutata fu pure l’emozione che con quel gesto causava nelle persone. Non si accorse di aver ottenuto quell’effetto con chi la trasportava.

Cancer taceva. Nonostante il pericolo era quasi sereno. Almeno più del solito, di tutti i giorni in cui si recava in battaglia. Continuava ad attraversare il sentiero che costeggiava le dodici case per raggiungere l’ultima.

Era in vista del giardino di Aphrodite. Trovava il profumo delle rose sempre più penetrante.

“Riesci a sopportare l’aroma dei fiori?”

La vide annuire, ma sentì che gli stringeva le braccia al collo. Inarcò un sopracciglio, sorpreso.

“Non hai paura di me e temi un mucchietto di fiorellini?”

Lei, aggrappata alla sua spalla, scrutava preoccupata l’immenso tappeto rosso che ricopriva quasi interamente le scale.

“Sono velenosi!”

Poi spostò gli occhi sul cavaliere, che se la rideva.

“Come lo sai? Bella, temeraria e pure perspicace!”

A lei, dei suoi lazzi, non importava.

“Non vorrai passarci in mezzo? Ci ammazzeremo!”

L’espressione di Cancer, stavolta, la tranquillizzò.

“In mezzo a queste rose velenose ce ne sono anche alcune normali, che tracciano un percorso sicuro verso la dodicesima casa. Solo noi custodi dorati sappiamo dove poter mettere i piedi senza restare uccisi.”

Lei nascose il viso contro il suo petto.

“Sei sicuro di ricordare dove passare?”

“Per chi accidenti mi hai preso?”

Sbottò stizzito.

“Certo che ricordo dove passare! Non sono mica deficiente.”

Death Mask non aveva i capelli lunghi; se li senti tirare.

“Deficiente forse no, ma lento sì! Ci sono alle calcagna.”

Il cavaliere girò il viso nella direzione puntata dal dito della fanciulla e quasi la lasciò cadere, in un moto che poteva parere sconforto, ma era soprattutto seccatura.

Mollò Mnemosine dopo pochi gradini, raccomandandole di non spostarsi.

“Dove ti ho messa io ci sono rose normali, metti i piedi due centimetri più in la e cadrai vittima delle rose di Pisces.”

Lei obiettò che anche l’odore di quelle rose poteva essere fatale.

“Sei una specie di demone, no? Non avrai danni per tanto poco!”

Aveva aperto ancora la bocca ma il monito del cavaliere unito alla sua espressione rabbiosa era un invito più che sufficiente a tacere.

Restò a contemplare la mole statuaria di quella persona mentre si allontanava e incrociò le braccia in grembo, come ad abbracciare se stessa. Si sentiva estremamente fragile. Una sensazione spiacevole si impossessava di lei. Qualcosa di sottile e insondabile.

“Fa attenzione!”

Gridò a Cancer che era deciso a fronteggiare apertamente gli aggressori.

“Tranquilla! Tra poco ce ne saranno tre di meno.”

Allo stesso ritmo dei passi del cavaliere, altri passi, però, si avvicinavano alle sue spalle. Una mano scivolò con le sue dita gelide a tapparle la bocca. La ragazza percepì un brivido salirle lungo tutta la spina dorsale mentre le forme di un corpo freddo e rigido aderivano alle sue e bloccavano ogni suo movimento. Tremò con ogni fibra del suo essere.

Una forza che nasceva neppure lei sapeva da dove la portò però a divincolarsi. Riuscì a strappare solo le labbra a quella presa troppo forte e chiamò di nuovo Cancer.

Il cavaliere si voltò, spazientito. Quando realizzò chi l’aveva presa restò senza fiato.

Una goccia fredda gli passò vicino alla tempia e colò fino alla guancia.

Riconosceva benissimo l’essere che teneva ferma Mnemosine. L’aveva ucciso, una volta. L’aveva affrontato pochi giorni prima, all’inizio di tutta quella storia. Quel volto privo di occhi l’aveva fracassato lui, con le sue mani.

Si guardò le dita e poi tornò a guardare la scalinata. Stava impazzendo? Altri tre ammantati comparvero dal nulla e si posizionarono ai lati della scalinata, ben attenti a non calpestare i gradini.

Si levarono i cappucci quasi all’unisono, tranne uno, che il cavaliere intuì essere quello che reggeva le fila del gioco. Quello, concentrato, gli dava le spalle, rivolto verso i templi precedenti.

Cancer li sentì ripetere tutti insieme una strana litania. Non conosceva la lingua, ma era qualcosa di ipnotico.

Capì che più tergiversava, più la situazione degenerava. Se ne faceva fuori il maggior numero possibile, probabilmente l’efficacia della loro azione sarebbe diminuita.

Mnemosine aveva cominciato a star male, la vide abbandonarsi tra le braccia di quella cosa.

“Lasciala andare, maledetto! E’ me che vuoi, no?”

Sollevò l’indice in aria, pronto a risucchiare tutti verso Ade. Doveva fare in fretta. Molte altre figure erano apparse sulle scale verso la dodicesima casa. Spalancò gli occhi. La lingua gli si era quasi bloccata.

Lui, vassallo della morte, desiderò con tutto se stesso di possedere il dono di infondere la vita. Avrebbe voluto far rinascere quel fantasma per poi ucciderlo altre mille volte ancora, nei modi più tremendi che conosceva.

Stava perdendo. Più realizzava di essere debole e più quell’altro acquistava forza.

“Lasciala andare!”

Allentò le braccia lungo i fianchi. Le sue dita, strette a pugno, fremevano.

“Devi lasciarla! Lei appartiene a me.”

Il volto senza occhi, che ormai vantava pure un corpo tangibile, si girò verso la ragazza. Mnemosine era svenuta.

“Tu tieni a lei. Sembra così assurdo. Tu, che tieni a qualcosa…”

Disse rivolto a Cancer.

“Quale immenso potere è nascosto in lei, per esserti tanto preziosa?”

Gli rispose il demone col viso coperto.

“Lei non ha poteri, ma solo colpe. Noi esistiamo per aiutare quelli come te a compiere le opere lasciate in sospeso.

Questa la condanna che scelsero per noi gli Dei. Se ci ribelliamo, la punizione è la morte. Lei aspetta solo il colpo fatale. Per cui non esitare. Gli Dei guidano la tua opera, ora.”

La maschera si girò verso Mnemosine.

“L’unico peccato che io vedo è di essere legata a un assassino. Nessuno fra gli Olimpi può chiedere per questo motivo la vita di una persona. L’anima di questa ragazza è ancora pura.”

L’incappucciato chinò il capo.

“Eppure è così da millenni.”

C’era amarezza nella sua voce, voglia di riscatto.

Sentimenti che lo distraevano e lo rendevano una preda più facile. Cancer se ne accorse e cercò di volgere la cosa in proprio favore. Gli strati di spirito, non annunciati, raggiunsero in pieno il capo di quello strano gruppo.

“E’ fatta!”

Il cavaliere esultò troppo presto. Erano spariti tutti, ma l’incappucciato restava dov’era. Impassibile, il demone iniziò ad avanzare tra le rose di Fish, immune all’effetto del veleno. Aveva un portamento regale, nonostante il manto logoro. Quando, poi, si decise a mostrare il viso, nella perfezione dei suoi lineamenti, il cavaliere riconobbe un alone divino.

Una cicatrice, che deturpava la guancia e saliva fino all’occhio destro, che restava chiuso, lo rendeva in parte selvaggio. L’aspetto era nell’insieme giovane, ma la saggezza che emanava il suo cosmo era antica.

Cancer non ebbe dubbi su chi si ritrovava davanti.

“Qual è il tuo vero nome, essere metà demone e metà dio?”

Il chiamato in causa esibì un sorriso per certi versi simile al suo.

“Mi chiamano in molti modi e nessuno ti riguarda. Ti risponderò quando entrerai nel numero di quanti sono costretto ad aiutare, forse.”

Cancer, anche se gli tremavano le gambe, gonfiò il petto.

“Non ti è bastata la lezione degli Olimpi, vecchio mio? Se concedi soddisfazione a uno come me, Zeus s’arrabbierà.”

Il suo avversario continuò ad osservarlo.

“Magari ne ho voglia… di far arrabbiare un po’ il vecchio satiro.”

Gli girò attorno come un predatore pronto all’attacco.

“Sento l’odore della tua paura e avverto il tuo cosmo crescere.”

Studiò la sua preda indietreggiare di un passo.

“Ho sempre ammirato questa contraddizione in voi esseri umani. Soprattutto in uno come te, che non sei certo un santo.”

Cancer non riuscì a inghiottire il groppo che gli si era formato in gola. Una mano artigliata gli aveva serrato la carotide e impediva il flusso di sangue.

“Ancor più mi spiace dover distruggere te, che addirittura brami una mia creatura.”

Il cavaliere, sollevato da terra, agitò i piedi in quella stessa aria che gli mancava dai polmoni.

“Chissà, magari verrò presto a chiedere perdono a lei e a te”_indicò con un cenno del capo Mnemosine_ “dalla’altra parte. Ma non oggi.”

La stretta attorno al collo del cavaliere diventò insopportabile.

Il demone fissò i propri occhi di giada, dispiaciuto, in quelli di carbone di Death Mask. Aggiunse un addio, che il cavaliere non udì. Cancer sbattè violentemente a terra, ma il dolore lo risvegliò. Il suo unico pensiero era sopravvivere e non da solo.

Si affrettò ad alzarsi. Si guardò attorno. Trasalì nello scorgere un rivolo cremisi colare dalla guancia non deturpata del suo assalitore. Un altro cosmo dorato si avvicinava.

Una rosa bianca spiccava tra quelle rosse nel tappeto vicino ai loro piedi.

Il demone giardò il cielo e il sole di mezzogiorno. Sbuffò.

“Lo sai: tornerò per finire l’opera.”

Death Mask sostenne il suo sguardo con aria di sfida.

“Quando vuoi. Ti aspetto.”

Lo tenne d’occhio finchè non sparì, come uno sbuffo di fumo, dal suo campo visivo. Raggiunse Mnemosine, ancora svenuta. Gettò via, con rabbia, la maschera senza occhi, riversa, innocua, vicina alla ragazza.

Una mano, aggraziata, gli sfiorò la spalla.

“Mai stato così felice di vederti, principessa.”

Non so se è palloso perché è lungo, non so se i personaggi sono credibili, non so se come faccia a faccia tra protagonisti e nemici è accettabile. So solo che ci ho provato e mi piacerebbe tanto sapere che ne pensate.

Baci Lenna

   
 
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