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Autore: Tico_Sarah    18/07/2010    2 recensioni
Siamo ai tempi della guerra contro il Wutai. Un'organizzazione misteriosa trama ai danni della ShinRa Electric Company, L'irruzione di due membri di questo gruppo nella compagnia dà inizio ad un ciclo initerrotto di eventi che porteranno due ragazzi ad incontrarsi. Due storie a confronto, fatte di dolore, abbandoni e solitudine. Lo sbocciare dell'amore e dell'amicizia in un mondo in cui non c'è spazio nè per l'uno, nè per l'altro. Tuttavia, ogni storia è fatta di drammi e segreti, e ogni segreto nasconde una menzogna.
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Sephiroth, Tseng
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13

 

 

Un corridoio lungo, sconfinato, che si perdeva nel buio sia destra che a sinistra.

Nel mezzo stava un ragazzo dai capelli argentati che gli ricadevano sulle spalle e gli circondavano il viso pallido. Si guardava intorno, spaesato.

C’era scarsa illuminazione, ma essa non era provocata né dalla luce del sole, perché non c’erano finestre di alcun tipo, né da lampadari di sorta, perché quel corridoio angusto era solo una lunga barra di ferro.

Il ragazzo avanzò verso una parete e la sfiorò con le dita. Il metallo grigio era freddo e liscio, e rifletteva l’immagine del giovane, i cui occhi erano di un verde vivo e intenso, quasi irreale. La stessa mano che aveva accarezzato il metallo volò su quegli occhi, coprendoli. Gli ricordavano troppe cose.

Poi, la mano scivolò in basso, dove c’erano le labbra, e gli occhi tornarono a guardare il riflesso del corpo sotto di essi.

Il ragazzo si accorse di indossare soltanto i pantaloni e gli stivali. Si guardò quasi con interesse, era tutto così irreale che quel corpo non sembrava che gli appartenesse. Era un giovane di appena diciassette anni racchiuso nel corpo di un uomo a tutti gli effetti; i muscoli si facevano vedere con chiarezza sotto la sua pelle diafana.

Fece per avvicinare di nuovo la mano al riflesso, quando un rumore interruppe l’incantesimo e lo fece voltare di scatto. Strinse gli occhi e si girò per raggiungere la parte del corridoio alla sua sinistra.

Improvvisamente si rese conto di essere senza difese, ma non ebbe alcuna paura. Si sentiva forte, di una forza che gli scorreva nelle vene come un fiume in piena, scoppiandogli nelle gambe e nella mani. Era consapevole che con un calcio o con un pugno avrebbe potuto uccidere.

Avanzò in posizione d’attacco, pronto a scagliarsi su chi avesse avuto il coraggio di colpirlo, laggiù nell’ombra.

-Chi sei?!- gridò, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.

Poi li vide: due occhi che lo guardavano nel buio. Solo due cerchi verdi come i suoi che apparivano immersi nella totale oscurità. Erano fosforescenti, freddi e spietati.

Eppure il ragazzo sorrise e si sentì pervadere da un sentimento di calore che lo abbracciò anche all’esterno. Non ebbe paura, il freddo cessò di avvolgerlo con le sue spire, la solitudine venne spazzata via.

Due occhi.

E nient’altro.

 

(...)

 

-Ancora quel sogno...- bofonchiò Sephiroth, ancora prima di sollevare le palpebre.

Qualcosa di duro gli pungeva la schiena, e lui ci mise un po’ per ricordarsi che era ancora steso su un sacco a pelo. Si girò su un fianco con un gemito e il dolore alla schiena cessò.

Dev’essere una pietra. Maledizione, ma l’unica dell’accampamento dovevo beccarmela io?

Sephiroth si portò una mano tra i capelli, poi la fece scivolare sul viso, proprio come aveva fatto nel suo sogno, dopodichè decise di alzarsi, si infilò il basco in testa e vide Nhat russare poco più in là, steso in una strana posizione. Lo fissò. Chissà se anche lui risultava così buffo durante la notte.

Il ricordo di quegli occhi così simili ai suoi se ne era già andato prima che si svegliasse, e con loro il calore e la tenerezza. Del sogno rimase soltanto l’angusto corridoio di metallo.

Uscì della tenda che era l’alba, ma lui non riusciva a dormire più di così.

Fuori c’erano soltanto le guardie del padiglione  e Nara che le fissava nel centro della piazza.

Non passarono che pochi minuti quando uscì anche Uriah. Aveva un’aria stravolta e nei suoi occhi si leggeva una stanchezza indefinibile.

Forse anche lui ha da lottare con i fantasmi del passato.

Poi Sephiroth intravide una chioma di capelli castani e il suo cuore fece una capriola. Helinor si era avvicinata a Uriah e gli aveva sorriso. Sembrava tornata la stessa di quando l’aveva conosciuta, non più la ragazza seria e fredda che era stata in quei due giorni.

Fu tentato dall’avvicinarsi e sapere qule fosse l’argomento della loro discussione, ma capì che doveva essere una cosa intima e ci rinunciò ancor prima che quel pensiero gli si delineasse bene in mente. Guardò attentamente Helinor. C’era qualcosa di strano in lei.

Sephiroth rimase impalato davanti alla tenda di Nhat a guardare la gente del campo riunirsi nella piazza centrale, per poi uscire dall’accampamento in fila per due stotto la guida di Nara.

Dopo poco uscì anche Tseng.

-Nhat è sveglio?- chiese subito.

Sephiroth girò appena la testa, come se guardando la tenda avesse potuto vedere anche al suo interno, poi rispose:- Quando mi sono alzato dormiva ancora.-

-Allora è meglio aspettare. Ce ne andremo dopo quella fantomatica festa.- Aggiunse poi.

Il Soldier annuì.

Finalmente.

-Purtroppo è inutile restare- Tseng aveva abbassato la voce.-O la va o la spacca: Abbiamo cinque giorni per scoprire di più su Gammon.-

Sephiroth si raddrizzò e spostò lo sguardo su una pietruzza a terra. Qualcosa iniziò a fargli male, tra le scapole. Quella notte era stata un vero tormento.-Sarà difficile.-

-Già- disse Tseng.-Ma Helinor mi ha detto che ci aiuterà... e poi, ho recuperato il GPS dalle tasche del Turk che è stato ucciso. Ho contattato un mio superiore; ci sono delle novità.-

Sephiroth si fece attento:-Che novità?-

 

(...)

 

-Sono quasi contento che tu non ce l’abbia più con me.-

Stoccata.

-E mi fa anche piacere vedere che hai preso sul serio il mio consiglio.-

Parata.

-Sei già migliorata.-

Affondo.

Helinor si fermò e gli lanciò un’occhiata di sbieco mentre abbassava la spada asciugandosi con un braccio il sudore della fronte.-Non è solo quello. Sono più determinata adesso.-

Uriah annuì e non aggiunse altro all’argomento.

Lei osservò con aria compiaciuta il compagno che aveva preso a grattarsi il braccio sinistro, quello con cui teneva la spada, ringuainò la sua con un sibilo e disse:-Puoi parlare di mia madre.-

Il ragazzo sollevò lo sguardo e si accorse che senza volerlo era tornato a grattarsi il braccio sinistro. Smise subito e obiettò:-Non mi va.-

-Sono forte.- Rispose Helinor.-Ho sopportato di peggio.-

-No.- Ribadì Uriah, senza guardarla.-Parlane con... loro... non con me.- e se ne andò a chiedere a Kay se aveva voglia di allenarsi. Helinor lo seguì con lo sguardo e pensò a quanto poteva essere cocciuto e orgoglioso quel ragazzo. Poi avvertì un senso di bruciore sulla pelle del braccio che aveva usato per asciugarsi il sudore. Ne guardò il dorso con aria vacua.

Sei già migliorata.

Sì, ma non per merito della spada che adesso usava negli allenamenti al posto del pugnale.

Nel periodo in cui era sparita, era stata ad allenarsi in mezzo ai mostri che infestavano quella pianura; forti o deboli che fossero, ne aveva trucidato uno dopo l’altro, fino a sfinirsi.

La ferita che le bruciava sul braccio era il risultato di un incontro troppo ravvicinato con una di quelle bestie. E non era l’unico taglio. Uriah non l’aveva notato, o forse non gli aveva dato troppo peso, ma sull’avambraccio destro della ragazza si trovavano segni rossi di artigli affilati. Sulla schiena si era aperto uno squarcio che difficilmente si sarebbe rimarginato senza lasciare tracce. Sul polpaccio sinistro, poco sopra la gamba dello stivale, si intravedeva un livido che scendeva fino alla caviglia.

Senza contare il dolore che ricavava da tutte quelle ferite, più o meno rimarginate.

Helinor strinse i pugni. Non importava quanto dolore avrebbe dovuto ingoiare; lei era forte abbastanza per sopportarlo.

La sua forza era sempre stata l’unica cosa in cui aveva creduto davvero.

Forse un giorno ne avrebbe avuta abbastanza per dire a Gammon tutto ciò che in quindici anni aveva taciuto.

Qualcosa di duro la colpì proprio in mezzo alle scapole, schiacciando anche il grosso taglio che portava sotto i vestiti.

Helinor cadde nella polvere, con i pugni, i gomiti e le ginocchia a terra. Ansimò sonoramente, mentre avertiva che qualcosa prendeva a gocciolarle sulla schiena. Seppe che la ferita aveva ripreso a sanguinare anche senza vederla. Si girò furiosa in cerca della persona che l’aveva presa alle spalle, e vide la figura di Nara che la sovrastava.

-Sei troppo lenta.- Disse Nara con voce fredda.

Helinor non riusciva ancora a riprendere fiato, tanto la ferita gli faceva male, e quando vide gli occhi di Nara posarsi sulla sua schiena, in essi non trovò nulla a parte una crudeltà senza limiti.

Lui sorrise.-Ci siamo dati al lavoro pesante ultimamente?- domandò senza alcuna umanità.

-Fatti gli affari tuoi- fu la risposta, mentre la ragazza si alzava e sguainava la spada, cercando di ignorare il dolore.

Nara fece per mettersi in guardia e rispondere alla sfida. Era proprio quella che cercava.

-Fermi!- gridò una voce tra tutte.

Helinor guardò alla propria destra, distratta dalle urla di un adolescente che sbracciava agitato, e non vide il colpo che Nara stava già sferzando dall’alto verso di lei.

La ragazza intravide il luccichio della lama e se la immaginò piantata tra la spalla e il collo, invece quella si fermò a mezz’aria, accompagnata da un rumore metallico.

-Sei pazzo!- gridò Uriah, fuori di sé.

Nara ritrasse la spada, irritato.-Vattene, ragazzino!-

-Se vuoi farle del male devi prima vedertela con me!- esclamò il ragazzo dai capelli fulvi, parandosi davanti a quel colosso che era Nara con l’elsa della spada racchiusa nelle due mani.

Il rosso si fermò e quasi scoppiò a ridere.

Helinor sentiva la testa girare. Doveva essere la conseguenza del sangue che stava perdendo.

Se solo il suo corpo fosse stato forte come la sua mente...

-Ci stiamo solo allenando, non c’è motivo di prendersela- rise Nara.

-Lasciala stare, Nara!- ruggì la voce burbera di Loi.-Non ti ha fatto niente, ed è un terzo di te!-

Kay balbettò qualcosa. Si sentiva responsabile della distrazione di Helinor, dato che era stato lui a urlare, poco prima.

-Diglielo anche te, James!-rincarò Loi, battendo una mano sulla spalla dell’amico. Quello sbiancò totalmente non appena vide gli occhi crudeli di Nara soffermarsi su di lui.

-Non è una buona idea...- farfugliò James. Improvvisamente sembrava aver perso tutto il suo fascino.

-Qualcun altro ha da obbiettare?!- tuonò Nara, rivolto a tutti gli astanti che lo fissavano, chi sbalordito, chi confuso, chi divertito.

Qualcuno fischiò per l’indignazione.

-Riprendiamo l’allenamento- tagliò corto Nara, con voce stentorea. Il suo ordine fu accompagnato da un tonfo.

Uriah si voltò e lasciò cadere la spada a terra.-Helinor!-

Nara gli rivolse uno sguardo di sufficienza.

Ecco uno dei motivi per cui non voglio ragazzine tra i piedi.

-Portala via- intimò poi con aria indifferente, rivolto a Uriah.

-Nara!- tentò di protestare il ragazzo.

-È la tua compagna, no?- domandò Nara, con un ghigno che lasciava intendere chiaramente quanto poco gli importasse della questione.-Allora prendila e portala via, o intralcerà gli altri.-

E detto questo voltò le spalle a entrambi e gridò:-CHE AVETE DA GUARDARE? VOGLIO VEDERVI SPUTARE SANGUE!-

Uriah guardò il volto stremato di Helinor e la sorresse per il collo, in modo da poter gettare un occhio alla sua schiena. I vestiti erano bagnati di sangue e un brivido lo percorse dal braccio fino a diramarsi in tutto il resto del corpo.

La prese tra le braccia e se ne andò più velocemente possibile, con un grande senso di colpa nello stomaco e la speranza che lei non avesse nulla di irreparabile.

Nara, un giorno mi vendicherò di te, stanne certo.

 

(...)

 

Helinor si sentiva leggera e pesante al tempo stesso. Non seppe definire quali sensazioni la stessero guidando nel buio, fatto stava che non riusciva né a svegliarsi, né a muovere un muscolo. Eppure sentiva qualsiasi rumore infilarlesi nelle orecchie e insinuarsi nella sua testa, fino a raggiungere la parte più remota di sé.

Perchè non riesco a controllare il mio corpo?

Tentò di muovere le dita senza nessun risultato.

Poi sentì una voce molto vicina a lei.

-Come stai?-

Dapprima il suono delle parole giunse ovattato e indistinto, poi fu come se le parole si imprimessero a fuoco nella sua mente, prendessero un senso e si plasmassero, fino a renderne possibile la comprensione.

-Ho dovuto cacciare via un sacco di gente, lo sai? Erano tutti qui per te. C’era persino il ragazzo cieco!-

Un ragazzo cieco?

Helinor mugugnò qualcosa.

Nella sua testa si formò un nome: Genesis.

Sentì con sollevo che qualcosa di caldo si posava sulla sua guancia, simbolo che stava riacquistando la sensibilità. Le dita gentili le mossero il viso a destra e sinistra con delicatezza, mentre Nhat le parlava con pazienza.

-E poi è passato Tseng, e anche quel ragazzo che porta sempre il cappello!-

Helinor sorrise.

-Bene, così... non è niente, è solo un graffietto.-

Improvvisamente i ricordi dell’aggressione tornarono vividi nella mente di Helinor, trasformando un’ antipatia che già covava da tempo nei confronti di Nara, in rancore profondo.

-Tu sei sempre la solita testona, Helinor-

No, non la ramanzina!

-Ecco... fatto! Sei a posto! Se non sbaglio l’effetto della pozione dovrebbe terminare tra... tre... due... uno...-

Uno schiocco di dita.

Per Helinor fu come tornare alla vita dopo la morte. I suoi occhi azzurri incontrarono confusamente quelli di Nhat, poi i tre volti che vedeva si sovrapposero in uno solo, e lei sbattè le palpebre diverse volte prima di poter riaquisire totalmente la lucidità.

Nhat le teneva una mano sulla spalla.-Sei sveglia, finalmente! Ho medicato il taglio alla perfezione, modestamente, compresi tutti gli altri graffi che avevi sul corpo.-

Helinor storse il naso e si guardò intorno.

Era stata appoggiata con la schiena ad un baule, con le braccia abbandonate lungo i fianchi e le gambe distese a terra. Sì sentì un po’ stupida, ma il taglio non bruciava più; era come se fosse sparito nel nulla.

Poi la rivelazione:-Sono due giorni che dormi- ridacchiò Nhat.- Hai perso molto sangue, e ti ho dovuto dare un medicinale per rimarginare qulla ferita sulla schiena... però ha degli effetti collaterali...-

Helinor fu colta dal panico e iniziò a tastarsi i gomiti, le braccia e i polpacci in cerca di qualsiasi cosa di diverso.-Collaterali?- balbettò.-Che effetti?-

-Fa dormire parecchio!- Nhat le fece l’occhiolino, e lei tirò un sorriso di sollevo.

-Grazie- disse Helinor.

Il medico si alzò e la guardò dall’alto con un sorriso affettuoso sul viso. C’era però qualcosa che non andava in lui.

Helinor lo guardò bene. Era come se le rughe sul suo viso si fossero moltiplicate, in particolare quella tra le sopracciglia.-Cosa succede?- domandò.

Lui sorrise senza entusiasmo e le porse una mano per aiutarla ad alzarsi.-Ho litigato con Silver.-

Helinor, che si stava alzando, per poco non inciampò di nuovo.-Con il maestro?!-

-Mi dispiace, Helinor- sussurrò lui, guardandola con pietà e rimorso insieme.

-Non capisco...- farfugliò Helinor.

Cos’era successo in quei due giorni di sonno, e perché Nhat aveva litigato con Gammon?

-Siediti di nuovo- disse il medico, dopo qualche istante di silenzio.-Te lo spiego.-

-Non ho voglia di stare ancora seduta!- protesto Helinor, stringendo i pugni.-Spiegamelo in piedi! Perché hai litigato con il maestro?!-

Nhat sorrise, poi sospirò e disse:-Perchè non ha punito Nara per ciò che ha fatto...-

Quella fu come una bastonata per Helinor, che cadde a terra veramente, con le gambe divaricate e un’espressione impietrita sul viso pallido.-Non l’ha punito?!-

-Non dovevo dirtelo...- si pentì Nhat.

Helinor si alzò immediatamente con uno scatto e cercò il pugnale appeso alla cintola, senza trovarlo. Si ricordò che l’aveva lasciato nella tenda perché la mattina dell’allenamento aveva usato una spada, quindi si catapultò fuori tra i richiami di Nhat, che servirono a ben poco.

La mente di Helinor correva più veloce di lei, senza farle capire niente di ciò che stava pensando o facendo. Fu appena fuori dalla tenda che si sentì afferrare da due braccia e fermare da qualcosa che non seppe definire.

-Cosa stai facendo?!- esclamò la voce di Uriah.-Ma vuoi stare ferma?! Helinor!-

Lei si calmò solo dopo che ebbe speso in movimenti scoordinati e le poche energie recuperate. Si calmò.

-Uriah...- mormorò, appoggiando la testa al suo petto. Era lui che l’aveva fermata.

-Non fare pazzie, come tuo solito- l’apostrofò, con una nota di dolcezza che Helinor non gli aveva mai sentito.-So che il maestro non ha punito Nara...-

-Come lo sai?- domandò Helinor.

-Sono due giorni che aspettiamo, ma il maestro e Nara sono più amici di prima- rispose Uriah, con un moto di rabbia che espresse nello stringere la ragazza a sé ancora di più.

Helinor si sentì avvolgere dalle braccia dell’amico, e avvertì qualcosa sciogliersi nel suo petto, qualcosa che da tempo era stato bloccato dal gelo del suo animo. Allora era quella l’amicizia di cui le aveva parlato Zack? Un sentimento che la faceva stare bene, ma che al tempo stesso la portava allo scoppiare in lacrime.

Il dolore l’aveva accompagnata per quindici anni, soffocandola, costringendola a sopravvivere nel solo modo che conosceva: le armi, il sangue. Sfogava quella rabbia sugli altri e al tempo stesso sentiva che non serviva a niente, se non ad aumentare il dolore, perché poi pensava che tutta la gente che era morta per sua mano aveva dei figli, o dei nipoti, o dei cari che avrebbero sofferto esattamente come lei.

Quelle lacrime che i primi tempi avevano accompagnato le sue notti si erano esaurite, e quel dolore misto alla rabbia si era ghiacciato, formando sul suo cuore una patina impenetrabile.

Improvvisamente si rese conto del perché fuggisse i contatti fisici con tanta foga.

Era in qui contatti che la patina si scioglieva, lasciandola di nuovo in balia della sofferenza, del dolore, della solitudine.

Si ritrovò a piangere tra le braccia di Uriah come una bambina, scossa dai singhiozzi.

Lui le posò una mano sulla nuca e le premette il viso sul proprio torace, nascondendolo tra le pieghe dei vestiti.

Finalmente...

Finalmente posso essere forte per te, Helinor...

 

(...)

 

-Non è bellissima?-

Una voce tranquilla, materna, appartenente ad una donna con un bambino in braccio, si perse nel buio della tenda, illuminata solo da un candela che gettava una luce circolare intorno al volto stravolto di Karima.

C’era un’altra persona accanto alla donna.

-Sì. E’ proprio stupenda.-Convenne un uomo che si era appena inginocchiato vicino alla donna e aveva posato un dito sulla guancia della bambina, con leggerezza.-Diventerà forte come suo padre.-

Karima abbassò lo sguardo sul fagottino che teneva in braccio, e sembrò meditare su qualcosa che la spaventava terribilmente, a giudicare dalla sua espressione. Tossì.

Nhat si agitò.-Ancora questa tosse?-

-Non è niente- lo tranquillizzò Karima, con voce dolce.-Soltanto un malanno di stagione...-

Lui le rivolse un’occhiata incerta e un po’ preoccupata.-Voglio visitarti, se non passa.-

Karima rise con affetto, e nel farlo strinse a sé suo figlia, come se avesse paura che le sguffisse. Era uno scricciolo, quella bambina; i grandi occhi blu erano diventati lucidi e probabilmente sarebbe scoppiato a piangere di lì a poco.

La madre lo cullò con calma vicino al suo seno e gli sorrise con amore, sussurrandole qualche parola dolce per farla addormentare.

Il viso della bimba in fasce tornò da rosso ad un colorito roseo, dopodichè chiuse gli occhi, stringendo nella manina il dito della madre.

-Ancora non hai deciso come la chiamerai?- domandò Nhat, con un sorriso complice.

-Mio marito non si decide mai a tornare dal fronte- obiettò Karima, contraccambiando lo sguard.-Forse lo scieglierò io personalmente...-

-Che ne dici di... Dana?- domandò Nhat, facendo capire a Karima che ci stava pensando già da tempo. La donna socchiuse gli occhi e gli sorrise. La dolcezza e la semplicità di Nhat l’aveva sempre messa a suo agio, ma non si sarebbe mai immaginata che un giorno avrebbe concordato il nome di sua figlia proprio con lui.

-Dana...- ripetè a bassa voce Karima, sovrappensiero.-Troppo ordinario. Lei è una bambina molto speciale- sorrise dolcemente- e deve avere un nome speciale.-

-Kalima- propose Nhat immediatamente.

-Troppo simile al mio-

Naht si dispiaque che lei non avesse accettato nessuno dei nomi che gli piacevano di più, tuttavia dopo averci pensato un altro po’, disse:-Julie-

Karima scosse la testa.-Non ci siamo. Io vorrei qualcosa per lei che sia forte e al tempo stesso elegante. Qualcosa che non le stampi addosso il marchio dell’Ombra- disse.

A Nhat non piacque l’ultima affermazione, ma non replicò nulla che potesse guastare l’atmosfera.

-Elena...- bisbigliò Karima- Come mia madre... Elena… Elina... Eleonora...-

-Helinor- disse Nhat tutto d’un fiato.

La donna alzò subito lo sguardo su di lui, commossa.-Helinor... sì... mi piace...-

-La chiamerai Helinor?- domandò Nhat, sperazoso, sporgendosi verso di lei con una luce vivida negli occhi.

-A mio marito piacerebbe?- si chiese Karima.

-Lui non è qui. Non c’è stato neanche il giorno della sua nascita... forse l’unica volta che c’è stato è nel giorno del concepimento...-

Karima lo fissò, sorpresa.-Queste parole non le ho mai sentite da te...-

-Mi dispiace... Karima. Lo sai come la penso. Io... io ho rinunciato a te tanto tempo fa. Ma...- una leggera luce di speranza si accese nei suoi occhi.-Il mio desiderio non si è mai spento del tutto, e lo sai...-

Karima sfuggì quello sguardo, deviandolo su Helinor.-La chiamerò Helinor.-

Nhat strinse i pugni e mise le nocche a contatto con il terreno, mentre si sedeva sui talloni e guardava a terra, mortificato.-Non volevo...-

Lei lo ignorò.-La mia piccola Helinor.-

L’entrata della tenda venne spalancata, e un volto familiare, quello di Taiji, ringiovanito di molti anni, ma comunque non troppo differente da quello che sarebbe stato diciassette anni dopo.

-Maestra!- esclamò, e Karima si voltò verso di lui.

-È tornato!-

Un sorriso illuminò il volto di Karima.-Portalo qui. Deve vedere sua figlia Helinor.-

Taiji guardò il fagotto, poi Nhat, poi Karima e annuì.-Lo farò, maestra!- quasi gridò, emozionato.

-Nhat- disse Karima, rivolgendosi ancora al medico, per quella che sarebbe stata l’ultima volta della serata.-Lei sarà un capo, un giorno. Ti prego... aiutala semmai io dovessi venire a mancare.-

-Non dire così...-

-Sarai il suo padrino. E ti prego: contieni mio marito semmai ce ne sarà bisogno...-

Nhat scosse lievemente il capo, tuttavia rispose:-Va bene. Ma io non sono la persona adatta.- ribadì.

Karima sorrise.-Io ho fuducia in te. Molta più di quanta ne riponga in mio marito.-

-Grazie... grazie...-

 

Come aveva potuto dimenticarsi di quella promessa?

Erano passati diciassette anni da quando era nata la bambina che avrebbe dovuto proteggere, invece non aveva fatto altro che lasciarla annegare nel dolore. Helinor lo nascondeva bene, questo era certo, ma...

Nhat passò davanti alla tenda di Uriah e sorrise. Era felice che si fossero incontrati, Helinor e Uriah. Almeno lei aveva avuto qualcuno a cui volere bene.

Il gesto di Nara, rimasto impunito, aveva fatto riflettere Nhat per ore e ore, mentre guardava Helinor che dormiva profondamente. La sua espressione durante il sonno era indecifrabile, ma in fondo era dovuto all’effetto della medicina, che impediva ai sogni di farsi vivi nella mente.

E quindi aveva deciso.

Sarebbe andato da Gammon, gli avrebbe parlato, e finalmente avrebbe superato quell’ostacolo che da sepre lo aveva bloccato, conducendolo a fare errori imperdonabili.

Si sarebbe ribellato al passato e all’uomo che l’aveva incatenato alla codardia.

Nhat arrivò di fronte al padiglione centrale e si rivolse alle due guardie all’ingresso:-Devo vedre Gammon.-

-Qualcosa non va, signor Nhat?- domandò una delle due guardie con voce preoccupata.

Il medico gli rivolse un sorriso che nascose bene quella sofferenza che stava provando ad ogni passo compiuto.-Devo soltanto parlargli del più del meno... e aggiornarlo sule condizioni di Helinor.-

-Come sta?- chiese la guardia che fino a quel momento era stata in silenzio.-Ho assistito alla scena... una vera vergogna.-

-Si è ripresa, era solo una piccola ferita.-

-Mi sta simpatica quella ragazza- commentò la prima guardia.

-Anche a me. A volte è un po’ strana, ma mi piace...- proseguì la seconda guardia.

Nhat fu felice di sapere che almeno lei era ammirata in quel luogo di morte.-Lasciatemi antrare, almeno anche Gammon gioirà con voi.-

I due si fecero da parte e salutarono Nhat, che entrò dopo aver preso un profondo respiro.

 

-Non sono d’accordo Nara- stava dicendo Gammon, seduto sul suo scranno con lo sguardo puntato verso il rosso, che teneva la testa bassa.-Le magie di Gofna mi piacciono molto, vero mia cara?- e sorrise all’indirizzo della ragazza vestita di verde.

Gofna lo guardò con stupore e ammirazione.-Maestro!-

Nhat si bloccò. Anche lei aveva iniziato a chiamare Gammon “maestro”, segno che era entrata ufficialmente a far parte dell’organizzazione. Fece qualche passo in avanti e tentò di catturare l’attenzione del gruppo con un colpo di tosse ben simulato.

Gammon distolse l’attenzione da Gofna e la puntò sul medico.-Nhatan! Che piacere vederti qui! Spero che tu abbia notizie sulla mia allieva. Buone notizie- specificò, lanciando un’occhiata a Nara, che per tutta risposta esibì un sorrisetto sarcastico.

A Nhat non piacque quello scambio di sorrisi, tuttavia fu lieto di annunciare la totale riabilitazione di Helinor.

-Sta bene?- domandò Gofna, un po’ dispiaciuta.

-Non dire così, mia cara- la riprese  Gammon, posando il viso su una mano.-Helinor è una tua compagna ora...-

Gofna abbassò la testa.

Poi regnò il silenzio più totale.

Nhat contò i secondi che lo separavano dall’arrivare al nocciolo della questione, e sentiva già che il coraggio gli mancava e che non avrebbe mai potuto parlare in presenza di Nara.

Gammon lo fissò con sguardo penetrante, come se avesse voluto leggergli l’anima, poi aggiunse:-Ma non è di questo che volevi parlarmi, vero?-

Il ragazzo dai capelli rossi guardò prima Gammon poi Nhat come se avesse voluto piantare una spada nel petto di quest’ultimo.

-Volevo dicutere con te in privato- disse Nhat, con la fronte china e i pugni stretti sulla stoffa della casacca che indossava.

-In privato?- fece eco Gammon.-Siamo in famiglia, no? Non c’è bisogno di parlare in privato. Se vuoi dire qulcosa fallo- e indicò con una mano tutti i presenti.

Nhat fece per ritirarsi, ma poi prese coraggio e insistè:-In privato, Silver.-

Gammon rimase sorpreso della nuova determinazione del nuo medico, quindi fece cenno a tutti di uscire, rivolgendo un’occhiata particolare a Nara. Quest’ultimo annuì, come se avesse capito ciò che il maestro avrebbe voluto dirgli, e uscì soddisfatto.

Quando i due furono fuori, Gammon si appoggiò allo schienale dello scranno con aria falsamente stanca e sospirò:-La vecchiaia, mio caro amico...-

Nhat non si lasicò commuovere.-Perché non hai punito Nara?- domandò, d’un fiato.

Gammon quasi scoppiò a ridere.-Perché non ce n’era bisogno!- esclamò.-Si stavano soltanto allenando, un ragazzino li ha distratti ed è andata a finire così. Nara non ha nessuna colpa. Comunque... se mi dici che Helinor sta bene, sono felice- e sorrise in modo teatrale.

-Non è giusto- mormorò Nhat, con un filo di voce. Per un attimo il coraggio gli mancò di nuovo, e le parole di Gammon gli suonarono quasi ragionevoli.

-L’ho rimproverato, ma di più non posso fare- proseguì Gammon, con un sorriso sornione.-Sappiamo tutti che Nara è molto intemperante a volte.-

-Dovresti correggerlo- disse Nhat, con voce tagliente.-Oppure non lo fai perché ti fa comodo?-

L’ambiente di raggelò improvvisamente, e Nhat sapeva di essere dalla parte del giusto. Sephiroth aveva ragione: per quanto lui avesse provato a trovare un lato di bontà, bisognava ammettere che Nara era una vera bestia, e valeva lo stesso per Gammon.

-Cosa stai insinuando?- domandò il gran maestro, riducendo gli occhi a fessure.-Che io ho ordinato a Nara di fare...- si corresse-... di colpire Helinor?-

Nhat lo vise alzarsi, con una rabbia indescrivibile negli occhi. Gli fece quasi paura, ma non mollo il coraggio. Doveva affrontare Gammon, per il bene di Helinor e di tutti gli altri.

Gammon sorrise astutamente.-E non sai che il ragazzino è venuto a chiedermi di affrontare Nara.-

-Cosa?- balbettò Nhat, preso alla sprovvista dal fulmineo cambio di argomento.

-Uriah.-Precisò Gammon, con un sorriso ferino.-Mi ha detto che vuole affrontare Nara in combattimento, nell’arena.-

-Non farglielo fare!- esclamò Nhat, quasi senza pensarci.-Si faranno male!-

-Di cosa ti preoccupi?- ribattè Gammon, tranquillo.-Nara sa difendersi.-

Quell’affermazione quasi tolse il fiato a Nhat, che cadde in ginocchio, annientato. Non poteva fare nulla contro qull’uomo...

-Silver, possibile che tu non abbia alcuna pietà...-

-Non era mia intenzione fare del male ad Helinor, lo sai!- obiettò Gammon con veemenza, sporgendosi in avanti e sferzando l’aria con una mano.-Ma sai cosa rappresenta quella ragazza!-

-Silver! È tua figlia!- gridò Nhat, pallido come un cencio.-Non puoi essertelo dimenticato!-

Gammon digrignò i denti, avanzò verso di lui, lo prese per la collottola e lo staccò su da terra con una forza sovraumana. Alla faccia della vecchiaia.-È la figlia di una traditrice!-

-Tu non hai mai ascoltato tua moglie!- gli sputò in faccia Nhat, che seppur moriva di paura cercava di fronteggiare quell’uomo al meglio che poteva.-Lei non voleva che sua figlia diventasse un’assassina! Tu non hai mai capito Karima! Ecco perché se ne è andata!-

Gammon lo lasciò come se scottasse e lo guardò con odio.-Cosa ne sai tu di Karima?!-

-Lei me lo diceva!- urlò Nhat, portandosi le mani tra i capelli.-Mi diceva tutto! L’hai mandata alla ShinRa pur sapendo che ultimamente era malata! L’hai lasciata morire, Silver! E se lei ti ha sottratto quei documenti... hai solo da rimproverare te stesso!-

Il gran maestro gli diede una spinta.-Zitto! Zitto maledizione! Non è vero niente di tutto questo!-

Nhat indietreggiò, poi i due rimasero a squadrarsi in silenzio finchè il medico non sibilò:-Sei tu che l’hai tradita, Gammon!-

Quello fu un punto a favore di Nhat, perché Gammon barcollò, tornò con aria sconvolta sul suo scranno di legno, ci posò una mano sopra e lo usò come sostegno per non cadere a terra.

Segì un silenzio denso di ricordi e di rimorsi.

-Quella donna che odi tanto se ne è andata perché tu hai tradito la sua fiducia!- dichiarò Nhat, trionfante.-E io so che adesso vuoi vendicarti su di lei tramite Helinor... ma è tua figlia. Non puoi trattarla come un oggetto, e lei deve sapere chi è suo padre... potreste addirittura vivere come una normale famiglia...-

Gammon rimase a capo chino per qualche minuto, poi alzò leggermente la testa verso di Nhat.

Quel che il medico vide nello sguardo del gran maestro non fu niente che si avvicinasse all’amore o all’affetto. C’era soltanto odio, rancore e sì, cattiveria. Senza maschere, Gammon appariva l’essere viscido e subdolo che era in realtà.

-Tu non le dirai niente, Nhatan...- la voce di Gammon risuonò minacciosa per la tenda.

Nhat scosse la testa.-Glielo devo. E tu le devi diciassette anni di menzogne...-

-Mi sono fidato di te- sibilò Gammon, tirandosi in piedi con aria quasi folle.-Così come mi sono fidato di Helinor. Ho pensato che avrei potuto usare Helinor per la mia vendetta... volevo scaricare su di lei le sofferenze e la disperazione che avrei voluto offrire a Karima... ma evidentemente ti avevo sottovalutato.-

Si passò una mano sulla fronte.-Per me sei sempre stato l’uomo mediocre e codardo, Nhat. Non ti ho mai considerato un vero rivale...- il suo sguardo vagò dietro le spalle di Nhat.-Ti piacerà sapere anche Tseng è un Turk, e che i tre compagni che lo accompagnano sono Soldier.-

Il medico sbarrò gli occhi.-No...-

-Sì, invece. Quello con i capelli rossi porta la benda non perché cieco, ma per nascondere gli occhi; e quello con i capelli d’argento l’ho riconosciuto subito. Sta avendo molto successo nel mondo militare, e io non potevo certo lasciarmi sfuggire un dettaglio del genere.-

Un brivido percorse la schiena di Nhat, che cadde di nuovo in ginocchio.-Helinor...-

-Esatto. Lei li ha potrati qua. Un altro tradimento, che delusione- sussurrò Gammon, scuotendo la testa con aria falsamente affranta.-E adesso non mi rimane che farla soffrire fino alla fine... fine che tra l’altro non arrivarà inattesa, visto che stavolta l’ha combinata proprio grossa.- Rise sguaiatamente.-E tu non potrai fare nulla per difenderla, Nhat. Sia perché non ne sarai mai capace, sia perché non ne avrai l’occasione!-

Nhat fece per replicare, ma un dolore lancinante all’altezza del petto lo constrinse a gridare.

Nara svelse la lama della spada con uno gesto secco e sicuro, mentre una macchia di sangue iniziava a disegnarsi sul corpo di Nhat, all’altezza dello sterno. Cadde supino, e il terrore s’impossessò di ogni molecola del suo corpo, insieme al dolore e alla frustazione.

In un attimo, Gammon gli fu sopra e porse la mano a Nara. Quest’ultimo gli tese la spada e sorrise.

-Come vedi, la tua debolezza ti costerà cara.- Rise Gammon, trionfante.-Lascia che ti battezzi a una nuova vita, semmai ce n’è una dopo la morte.- ci pensò un attimo, poi aggiunse- Almeno potrai raggiungere la donna che amavi. Sei contento?-

Nhat gli rivolse uno sguardo disperato, ma non lo supplicò. Non doveva abbassarsi a tanto.

Gammon sorrise amabilmente e rivolse a Nara uno sguardo orgoglioso che lui sembrò apprezzare, poi impugnò l’elsa con entrambe le mani e la portò in senso verticale sopra la gola di Nhat.

-Hai un ultimo desiderio?- domandò Gammon.

Lui tossì.-Io ti perdono... perché non sa quello che fai.-

-Questo è tutto quello che hai da dire? Beh, contento tu...-

La lama cadde sulla gola di Nhat, pentrando nella carne morbida e perforando la trachea all’uomo, che non potè emettere neanche un gemito di dolore. Sbarrò gli occhi e il suo corpo fu percorso da un fremito, poi Gammon vide con soddisfazione la vita che scivolava via dai suoi occhi. Mosse la lama nella carne e scoppiò a ridere, poi estrasse la spada e lasciò scivolare le braccia lungo i fianchi.-Contenti tutti...- terminò.

-Maestro...- biascicò Nara.

L’uomo gli porse la spada macchiata del sangue che stava colando a terra, sporcando il terrendo.-Sbarazzati di questo cadavere. Dì che è stato attaccato da un Soldier, o inventati qualcosa del genere. Tanto quelli sono così idioti da crederci.-

Nara chinò il capo con remissività.-Certo.-

-Dì a Kay che lo ripagherò profumatamente per tutte le informazioni che mi ha dato in questi giorni.-

-Sarà fatto.-

-E un’ultima cosa. Combatterai con Uriah nell’arena.-

Nara sorrise con crudeltà.-Lasci fare a me, maestro. Sono al suo servizio.-

Gammon scoppiò a ridere, poi andò a sedersi sul suo scranno e gettò la testa indietro. Ora si sentiva molto meglio.

 

Angolo dell’autrice:

 

Rispondo alle recensioni, anche quelle dell’altra volta a cui non ho potuto rispondere! ^^ Poi mi vado a nascondere nel mio laboratorio!!

 

the one winged angel: XD Karima è morta, purtroppo... tutto sommato mi spiace per Helinor, ma non ha scoperto neanche la metà della verità... almeno, ha scoperto la parte più semplice. Comunque, nei prossimi capitoli, Tseng avrà un bel da fare (XD con l’inchiostro simpatico, ovviamente)...

Per il resto, non posso dire niente perché farei Spoiler. C’è una ragione per tutto, ma si scoprirà più tardi.

Ma passiamo alla recensione del capitolo 12! Eeeeh! Gammon aveva capito tutto, mica è stupido. Ma non posso dire perché sta nascondendo tutto (anche se ho una gran voglia), cioè... teoricamente dovrebbe essere un colpo di scena... (spero)...

Taiji... beh, non è tutto pane mio, però. Ho preso spunto dalle informazioni che ho trovato su Before Crisis, in cui si diceva che Hojo era riuscito a impiantare la materia negli esseri umani... poi ci ho costruito un film XD Comunque, la prossima fiction sarà incentrata sull’argomento.

Mi spiace per Nhat... em... prendetevela con Gammon! Colpa sua!*punta il dito verso Gammon*

Quanto al fatto del pensare o non pensare a qualcosa che ci fa soffrire... non credo che esista un pensiero giusto o sbagliato... insomma, sono le opinioni di ciascuno di noi!

Non è vero che non dici cose intelligentiii ^w^ non sai quanti mi piaccia leggere le tue recensioni!! Praticamente le adoro. Comunque, ora ti saluto nipote... spero che il capitolo ti sia piaciuto con tutti i suoi colpi di scena!! (Almeno credo che siano colpi di scena O.o)

 

Kairih: Vedo che stai migliorando, mia cara maestra! La tua ultima recensione era soltanto delle 3 e 32! ^^ XD Almeno non sono le cinque no? Comunque ti capisco, anche io vado a dormire verso quell’ora... è più forte di me!! E poi di notte tante volte mi viene l’ispirazione e mi metto a scrivere (lo so, dovrei vergognarmi!) XD

No no, Karima è morta. Purtroppo per Helinor, ma è morta. Anche se non l’avessero uccisa sarebbe morta comunque. Eh eh... quanto a Nhat *_* non l’ho gestito molto, vero? Um... poverino... ç___ç morire al capitolo tredici... *corre a nascondersi* ma io non c’entro niente!

Eh eh... scommetto che scoprire tutti gli “scheletri nell’armadio” di quella vecchia volpe sarà un vero colpo di scena! *si rimbocca le maniche*

Inoltre, sono felice che ti sia piaciuto il capitolo!!

Comunque, non ho altro da dire se non che Gofna è proprio un’allocca...

...

...

Scherzooo! Poverina, è molto sola, e Gammon ne approfitta! È un vero bastardo! *odia*

Un bacione, e mi raccomando, cerca di andare a dormire almeno alle una... XDXDXD altrimenti dovremo fondare un fan club sulle sonnambule XD

 

KiaElle: eccomi! Stavolta sono stata io quella rapita da Jenovaaa! *aiutooo*

Sì, Helinor è un po’ arrogante, ma pnsa che ne ha passate di tutti i colori... e non è ancora finita!

Non preoccuparti per la recensione ^^ a me va benissimo! L’importante è che Jenova non ti abbia rapita XDXD Altrimenti vengo lì e l’ammazzo!!! Nessuno tocca la mia KiaElle!!! NESSUNOOO!!! *corre dappertutto brandendo un Nunchaku*

Un bacio!!

  
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