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Autore: Celtic_spirit    29/07/2010    6 recensioni
"C’erano troppe questioni irrisolte, fra quei due fratelli. Questioni che non voleva conoscere. Fu la scelta più saggia della vita di Winry. Almeno una persona, in quella casa, continuò a vivere serena." I sentimenti messi a nudo, un sacrificio per l'amore di entrambi,i fatti di mezza giornata. Una mezza giornata che porterà entrambi a vivere una vita d'inferno, e a convivere per sempre con il senso di colpa.[Elricest][Angst]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Quante volte aveva percorso la superficie della camera avanti e indietro?

Se fosse stato in uno di quei vecchi cartoni, quelli con Bugs Bunny e Taddeo, probabilmente ci sarebbe stato un enorme solco esattamente dove lui, da circa un’ora, continuava a indugiare – uno dei suoi piedi inoltre era metallico, avrebbero potuto essere due solchi asimmetrici. 

Tipicamente tuo, Edward.

 La camera era quella di Al.

Il profumo del fratello gli penetrava nelle ossa. Ed si chiese più volte se non fosse una sensazione irreale, giacché la finestra era aperta.

Forse era semplicemente impazzito del tutto. Non c’era nessun “odore di Al”, o almeno non così forte; era solo la sua mente malata che, ancora una volta, gli propinava una piacevole chimera.

Fuori dalla finestra le cicale frinivano rumorosamente. Troppo rumorosamente.

Non quel piacevole frinire leggero che ti annuncia che l’estate è arrivata.

Un frinire assordante che pareva messo lì apposta da chissà quale dio, con il solo scopo di fare a botte col suo cervello oppresso dalle preoccupazioni.

Che fastidio!

In un moto d’insofferenza corse alla finestra, chiudendola con forza, producendo un tonfo che alle sue orecchie, già molto sensibili, risultò troppo forte.

Aveva caldo. Era sudato e nervoso, avrebbe voluto farsi una doccia, ma una parte di lui non ne aveva voglia.

Ecco, Winry aveva acceso la lavatrice.

Uno si libera delle cicale ed è costretto a sorbirsi il rumore meccanico di una lavatrice.

Odiava i rumori.

Ultimamente erano tutti troppo… troppo… troppo rumori.

Quando decidi di autoflagellarti mentalmente hai bisogno di silenzio, dannazione!

Si lasciò cadere sul letto del fratello, abbracciandone il cuscino, sospirando.

Quando sarebbe tornato Al..?

Avrebbe dovuto essere a casa in mezzora.

 Aveva venti minuti per bearsi di quella piccola dimensione costruita con i profumi del fratello e la morbidezza delle sue lenzuola, poi avrebbe dovuto alzarsi e preparare il letto – cinque minuti – riaprire la finestra della camera e tornare in salotto. Avrebbe dovuto accendere la TV e fingersi interessato a qualsiasi cosa stessero trasmettendo. Sì, anche nel caso fosse stato lo stupido telefilm sulle sirene.

Poi sarebbe arrivato Al.

Pochi convenevoli, come sempre. Un saluto, un cenno con la mano – mai un bacio sulla guancia – “ com’è andata?”, e le risposte vaghe di Al. Poi sarebbe sparito in camera sua, come sempre, e lui sarebbe rimasto sul divano a sospirare.

Il suo rapporto con Al non era minimamente come lui sperava. Non era nemmeno un sereno rapporto fraterno – quando avevano smesso di essere uniti?

Si parlavano appena, si vedevano poco e, cosa ancor peggiore, lui era diventato Edward.

Non più Nii-san. Nemmeno Ed.

Edward.

Santo cielo, fra qualche mese avrebbe cominciato a chiamarlo Fullmetal, se lo sentiva.

In fondo era giustificabile che Al lo mal sopportasse, dopo tutto quello che aveva passato a causa sua.

Era stato gentile i primi tempi. Aveva cercato di fargli credere che era semplicemente felice che tutto fosse tornato alla normalità, ma col tempo il suo rancore aveva cominciato a palesarsi in queste piccole cose – o non era rancore?

E se non lo era, cosa diavolo era?

 

Sospirava, il viso semi-affondato nel cuscino, leccandosi più volte le labbra per fermare la saliva prima che sporcasse la federa di Al – sarebbe stato un modo troppo idiota per farsi beccare, no?

La mano stringeva con violenza, quasi a volersi davvero procurare dolore – e se dovessi eventualmente andare da un medico cosa gli diresti, Ed? Che ti sei masturbato a sangue? – mentre l’odore dei capelli di Al entrava dentro di lui attraverso la pelle, attraverso ogni singolo respiro, attraverso quegli occhi che bruciavano, liquidi di eccitazione e sensi di colpa. Sì, perché c’erano molti fattori eccitanti e spaventosi: non era solo il peggior atto che avrebbe potuto commettere. C’era tutta una strana catena di potenziali rischi.  E se Winry fosse entrata? E se Al avesse trovato delle tracce? E se lui un giorno, soffocato dal rimorso, avesse vomitato fuori tutti i suoi sporchi segreti? Tutti quali, poi? Era uno, uno soltanto. Enorme, immondo, lacerante, talmente pesante da sembrarne migliaia. Ma era uno. Alphonse. Era sempre stato Alphonse il primo dei suoi problemi, in un modo o nell’altro. Ma non era lecito pensarlo, quando aveva iniziato a pensarlo? Ed era sempre stato tutto così nella vita di Edward: tutto elettrizzante e sbagliatissimo. E lui non poteva, non poteva davvero, fare a meno di ammazzarsi con i sensi di colpa.

Perché se uno fa davvero cose schifose è giusto che si senta in colpa, no?

Doveva anche espiare in qualche modo, prima o poi, ma ancora gli sfuggiva come… certo, non poteva strapparsi qualche arto, era troppo facile – e troppo vistoso.

E la cosa più spaventosa era che raggiungeva l’orgasmo pensando a queste cose. Queste. Non pensava nemmeno più ad Al e al suo corpo; pensava e basta.

Quanto ti piace, essere pazzo, Edward?

 

Quando  accese la tv si rese conto che sarebbe stato difficile ostentare un po’ di interesse: era l’orario delle soap opera.

Perciò con un sospiro la spense e accese il portatile: avrebbe finto di lavorare.

Alphonse entrò in casa poco dopo, salutando Winry in cucina, con voce squillante, poi arrivò in salotto e gli fece un sorriso. Un sorriso fin troppo studiato.

“ Buon giorno, Edward!”

Buon giorno, Edward? Cosa sono, un estraneo?

“Ciao Al”

Si alzò dal divano, diretto in cucina. Passò accanto al fratello. Al sorrise di nuovo, lui non rispose stavolta.

“Vado in camera…”

“A dopo allora.”

E senza guardarlo sparì in cucina.

E Al salì le scale.                                                                                                         .                                                                                                                                                                                                                     

E ancora una volta erano distanti.

“Dovresti parlargli, prima o poi.”

“Cosa dovrei dirgli, Winry? Non posso chiedergli perché mi tratta così freddamente. Innanzitutto, risponderebbe che non è vero, e poi…” Winry lo guardò eloquentemente; sapeva già cosa stava per dire. “è una cosa da femmine.” Appunto.

Con un sospiro, la ragazza spense i fornelli, e si sedette sulla vecchia panca di legno accanto al tavolo – una di quelle cose che c’erano da sempre, in quella casa.

“ Ed, siediti.”

Mentre batteva la mano sul posto accanto a sé, gli rivolse uno sguardo eloquente. Era il momento di parlarne. Di nuovo.

Perciò la raggiunse, capo chino, preparandosi alla ramanzina.

Perché voi avete soltanto voi stessi, dovete tornare vicini come prima – non so cosa sia successo tra di voi ma… - vai a parlargli Ed… - vai a parlargli Ed… - vai a parlargli Ed…

Conosceva quei discorsi a memoria. In cuor suo era grato a Winry: era bello che qualcuno avesse così a cuore i suoi sentimenti, ma d’altro canto, avrebbe preferito che lei ne stesse fuori. Lei che era così bella, sorridente, pura. Lei che splendeva. Non doveva farsi carico delle sue ombre, per nessuna ragione. Non era il caso di spegnere così l’unica luce che c’era nella sua vita.

Ascoltò le sue parole con poca attenzione, annuendo a vuoto come si fa a scuola. Probabilmente lei sapeva che non la stava ascoltando, ma decise di lasciar correre. Lo sguardo triste di Ed l’aveva resa troppo gentile, nell’ultimo periodo.

“Ehi, ascolta.” La morbida mano di Winry si posò sulla sua guancia, trasmettendogli un piccolo piacevole calore. “ Stasera vi lascio soli, ok? Avete bisogno di un momento per voi. Io… io ho la sensazione che usiate la mia presenza come scusa per non chiarirvi. Uscirò apposta per te, quindi vedi di sfruttare questa occasione, d’accordo?”

Ed sorrise a disagio. Non gli andava molto l’idea di rimanere solo con Al. Quello che diceva la ragazza era tristemente vero. Entrambi usavano la sua presenza per creare un minimo d’armonia in quella casa. Senza di lei c’erano silenzi insopportabili, c’erano continui sguardi furtivi, c’era la classica tensione che c’è tra due persone che non riescono più a comunicare. E Winry era diventata il loro mastice. Una madre, più che un’amica: qualcuno che teneva unita la famiglia.

 

Winry era uscita da dieci minuti, quando Al scese le scale al galoppo. Letteralmente.

“ Ed, io esco!”

Gli gridò, mentre correva lungo l’atrio.

Lo raggiunse veloce, tentando di fermarlo, ma già sapeva che alla fine gli avrebbe permesso di andare.

“ Aspetta, devo parlarti!”

“Parliamo domani, ok?”

“ No dobbiamo parlare adesso.”

“Adesso non posso Ed, sono in ritardo!”

E così dicendo scappò via lasciandolo solo. Solo e molto amareggiato.

Adesso non posso.

Certo, lui non aveva la priorità su niente. Non era nessuno, giusto?

C’era stato un tempo in cui erano l’uno il mondo dell’altro.

Poi Al era cresciuto. Aveva conosciuto nuove persone e si era allontanato dal loro piccolo mondo a due. Era cresciuto anche lui certo. Solo che lui era cresciuto male. E più cresceva più voleva chiudercisi, nel loro piccolo mondo a due. Perché lui amava Al. Lo amava con tutto il cuore e non avrebbe mai potuto rinunciare a lui.

Per nulla al mondo.

Perché Al era sua moglie. Lo era sempre stato, e ora si sentiva come se si trovasse nel bel mezzo di una crisi di coppia.

I pensieri iniziavano a farsi davvero pesanti. Stavano tornando a galla quei cosi confusi. Al non era sua moglie, era suo fratello. E lui era malato.

Andò in salotto, il rumore della porta che sbatteva che si ripeteva nella sua testa come un disco rotto, e spalancò l’antina dove tenevano i liquori.

Afferrò la bottiglia della vodka e si lasciò cadere sul divano.

Un altro tonfo. Un altro rumore da collezionare nella sua memoria. Colpi, battiti, tonfi. Tutto nella sua testa. Tutto assieme. Era un assordante concerto di ossessioni. Non capiva se era solo una mania, o se era un modo del suo cervello di difenderlo dai cosi. I COSI che stavano sempre in agguato.

E quindi beveva per non pensarci, ai cosi. Almeno fino a che non c’era Win a fermarlo.

O anche un po’ la sua coscienza. Rimase più di un’ora, a fissare la bottiglia, come se da essa dipendesse la sua felicità o un paio di ore di oblio. E intanto tutti i cosi si affollavano nel suo cervello. Si decise ad alleviare il corso dei pensieri cattivi quando le tempie cominciarono a pulsare. Era come se tutto il suo flusso di coscienza fosse infuocato e corresse in tondo nella sua scatola cranica, per ferirlo e torturarlo. E poi era cominciato uno dei soliti acquazzoni estivi: quindi altro rumore.

“ Hai vinto tu.”

Disse alla bottiglia mentre la stappava.

Un sorso.

Sentiva il calore scendere lungo la gola, e le labbra bruciare. E mentre le labbra bruciavano, pensava a come sarebbe stato bello baciare Al. Avrebbe lenito ogni bruciore, un suo bacio. Sì.

Le labbra di Al dovevano essere fresche. Ne era sicuro. Al lavava i denti almeno cinque volte al giorno. L’aveva notato e subito registrato nella memoria. Strana piccola mania. L’unica stranezza del suo perfetto fratellino. Non che fosse una stranezza fastidiosa. Al massimo infastidiva Winry, che doveva comprare quintali di dentifricio. Ma a Ed piaceva. Lo faceva apparire fresco e attento.

In effetti, a Ed piaceva TUTTO di Al. Tutto meno il suo modo di ignorarlo.

Un altro sorso.

Perché lo ignorava, poi? Escludendo a priori il fatto che potesse aver capito i suoi malsani desideri, non c’erano davvero buone ragioni.

Non c’era motivo per cui Al avrebbe dovuto volersi allontanare, l’essere diventato un adolescente non era sufficiente. Proprio no. Inoltre, quello che li aveva legati fino al momento in cui avevano iniziato ad allontanarsi, era magia. Era la più bella storia d’amore mai vista. Non era una storia d’amore. E poi non avevano iniziato ad allontanarsi. Era successo tutto lentamente, lentamente, lentamente, come se una piccola serpe si fosse pian piano attorcigliata attorno al cuore di entrambi. E mentre Al gli sfuggiva tra le dita, Edward voleva stringere sempre di più, sempre più forte. E mentre Al diventava un normale ragazzo, che scivolava aggraziato sulle acque dei ruscelli dell’adolescenza, Ed era diventato un povero deviato possessivo.

Ed è così che un giorno si erano trovati a chilometri di distanza l’uno dall’altro, con solo l’amore per Winry a unirli.

Un terzo sorso. Abbondante.

E la testa cominciava a girare. Chissà se Al si era mai ubriacato, coi suoi amici. No di sicuro, quelli  erano tutti sfigati, e lui era troppo bravo per farlo. È davvero troppo bravo? Non lo conosci più Edward, non puoi saperlo . Non l’ha fatto e basta. Non è davvero il tipo. Se non altro perché è parsimonioso e non spenderebbe mai i soldi in alcolici come invece faccio io.

Un quarto sorso. E un tuono più forte degli altri.

Probabilmente Al sarebbe tornato prima. Bene. Gliene avrebbe dette quattro.

Sì, gli avrebbe detto tutto. Al doveva sapere che piangeva per lui, doveva – quinto sorso – saperlo.

La serratura della porta scattò, e un Al tutto bagnato fece il suo ingresso nell’atrio.

“ Accidenti che tempaccio… Ed?”

“ Sono in salotto…”

Il minore seguì la voce, ma non appena entrò nella stanza venne abbracciato all’improvviso da Edward, che nel frattempo si era messo in piedi. Esitante ricambiò l’abbraccio, ma percepì subito l’odore di alcool.

“ Ed… questo odore…è strano… cos’ è, alcool?”

Costrinse Edward a guardarlo in viso, per indagare meglio sull’odore.

“ Che hai combinato, eh?”

“Al perdonami, io…”

Le sue scuse furono interrotte dagli occhi di Al. Dalle labbra di Al. Dalla pelle chiara di Al.

La sua mano salì a carezzare la guancia del fratello.

“Sei bellissimo Al…”

Al sgranò gli occhi confuso. Che voleva dire quello adesso?

“ Ed… che stai dicendo?”

Cercava di allontanarsi, Al, colto da uno strano senso di disagio e da un pizzico di timore, ma Edward lo trattenne, mettendogli le mani sulle spalle e stringendo la presa.

“ Sto solo dicendo che sei il ragazzo più bello del mondo…”

Al gli appoggiò le mani sul petto, pronto a spingerlo via.

“Nii-san… sei stanco e ubriaco. Vai a riposarti. Ti faccio la camomilla, ok? Ma vai a letto…”

Nii-san. Quant’era che non lo chiamava Nii-san? non poteva andare a letto ora, era un momento importante. Molto, molto, molto importante. Lui era il Nii-san di Al. Come una volta.

“ No Al, non voglio andare a dormire, io voglio stare qui con te.” Disse abbracciandolo nuovamente – Al era davvero morbido come l’aveva immaginato – poi, quasi sottovoce, aggiunse: “ Ti amo tanto Al…”

Al tremò a quelle parole, e con gli occhi sgranati sussurrò: “ Stai delirando…”

Ma non voleva muoversi. Non poteva. Aveva paura di scatenare una qualche reazione violenta.

“Stai con me… tutta la notte, Al.”

“Nii…ah!” fu interrotto dai baci che Ed aveva iniziato a depositargli sul collo “ sono Al… sono il tuo fratellino…”

Tremava forte, Al. Si sentiva minacciato. Possibile che Ed avesse perso la testa fino a quel punto? Aveva capito che Edward non aveva preso bene il suo uscire nel mondo. L’aveva capito da ogni singola cosa che faceva, ogni occhiata, ogni gesto, ogni parola. Sapeva perfettamente che Ed voleva tenerlo tutto per sé, ma non aveva mai capito quanto profonda fosse la dipendenza di suo fratello. E pensare che lui lo amava così tanto. Ma quei continui comportamenti scostanti l’avevano fatto recedere, e alla fine era stato lui stesso ad allontanarsi. Negli  ultimi tempi l’aveva visto diverso, più distante e arrabiato, ed era arrivato al punto di pensare che Edward lo odiasse. Inoltre era chiaro che suo fratello viveva un grosso disagio, ma non credeva che sarebbe arrivato al punto di ubriacarsi fino a non riconoscerlo neppure.

Invece Ed lo riconosceva perfettamente.

Lo so... lo so benissimo Al... solo tu hai questo buonissimo profumo... solo tu mi fai perdere la testa così... amami Al.. ti prego.. amami...” questo diceva, Ed, per poi mordicchiare appena il lobo di Alphonse che, terrorizzato, scattò all’indietro gridando.

“Vattene!” gli gridò singhiozzando “ Sta lontano da me!” ma nell’arretrare inciampò sul divano, cadendovi con uno dei tonfi assordanti che la mente di Edward era solita registrare. Ma  non stavolta. Stavolta sentiva solo un continuo “Vattene!” ripetuto nella sua testa e non voleva, non voleva andarsene, proprio per niente. Ora lo avrebbe ascoltato. Avrebbe ascoltato tutto.

“Al…” sorrise in modo torvo, mentre gli saliva sopra a cavalcioni, prendendolo per i polsi, facendogli male. “Non devi aver paura di me… io ti amo davvero tanto Al…”

E intanto il suo fratellino si contorceva, cercando di liberarsi, inutilmente, ripetendo, come una filastrocca: “Smettila, Nii-san! Mi fai paura!”

“ Non posso smetterla… non finchè non capirai quanto io ti ami!”

Gridavano entrambi adesso, e entrambi piangevano. Edward cercò disperatamente di baciare le labbra di Al, ma il più piccolo scostò il viso, continuando a urlare. “ Non farmi questo, ti prego… Ed! Io sono tuo fratello!”

Al.. lo so... lo so che sei mio fratello, maledizione! Pensi che non  sconvolga anche me, questo? Eppure.. io ho bisogno di te! Non posso più termelo dentro, io ti voglio amare, Al!

I singhiozzi cominciavano a soffocarlo e, nonostante la paura, a Al si spezzò il cuore vedendo il suo fratellone in quelle condizioni.

“ Nii-san… che cosa posso fare, io? Questa situazione… mi fa tanta paura… ma non voglio che tu pianga per me.”

Ed lo guardò, come se lo vedesse attraverso un vetro, come se appartenesse ad un altro mondo.

“ Al…” sussurrò tremando, provando disgusto per quello che stava per dire “fai l’amore con me.”

D’improvviso Al smise di respirare. Lo guardava e non riusciva a parlare, non riusciva a pensare né a muoversi. L’eco di quelle parole gli rimbombava nella testa. Era una follia. Edward era completamente folle, e andava curato. Curato al più presto, prima che qualcuno si facesse male. Lui ad esempio. Perché diavolo Winry se n’era andata, quella sera?

Ancora una volta gli occhi vuoti di Edward fissarono i suoi.

“Ed… lasciami i polsi, non voglio scappare.”

Disse, cercando di apparire calmo. Era confuso. Confuso e spaventato. E qualcosa, qualcosa di strano e perverso, nella sua mente, gli diceva che se avesse fatto come voleva Edward, tutto sarebbe tornato come prima. Sarebbero tornati ad essere una famiglia.

Perché Ed non poteva soffrire così, non doveva sentirsi male a causa sua. Gli aveva causato anche troppe angosce.

Abbracciò Ed tremando, con un profondo sospiro.

“Mi dovrò fidare di te, eh?”

Ed strabuzzò gli occhi in un modo che lo fece sorridere amaramente.

“Da..davvero Al?”

Annuì, il più giovane, mentre sentiva chiaramente il suo sangue scorrere nelle vene, bollente, e il respiro lo abbandonava, lasciandolo in uno strano stato di apnea.

Doveva farlo. Era il giusto sacrificio per la felicità di suo fratello.

“Farò… quello che vuoi.”

Ed lo baciò. Un bacio leggero che non trasmetteva altro che dolore. Tremavano entrambi, in modo diverso, per motivi diversi, e quella situazione era tutto meno che eccitante ma, nella mente ottenebrata dall’alcool e dalla follia di Edward, sembrava un momento meraviglioso, il coronare finalmente un sogno.

Non vedeva le lacrime di suo fratello, non sentiva i suoi respiri mozzati, non percepiva minimamente il panico né comprendeva quello sguardo perso.

“Vieni, andiamo in camera…”

Mano nella mano salirono le scale. Edward stava avanti di due gradini, la mente svuotata, in uno stato di euforica tensione, confuso, obnubilato, allegramente svuotato dai cosi. I cosi avevano preso forma adesso, non avevano più bisogno di stare nella sua mente.  Al si faceva trascinare, col cuore che rischiava seriamente di fermarsi, con le lacrime calde che ancora scendevano, mentre già i sensi di colpa cominciavano a farsi strada dentro di lui.

Credette seriamente di morire, quando Ed si stese e lo trascinò sul letto con lui.

E quando lo baciò nuovamente capì che non sarebbe riuscito a smettere di piangere nemmeno per un secondo, nemmeno pensando che l’aveva voluto lui.

“ Al… dio, sono troppo felice… Al ti amo… “

“Nii-san… non farmi male ti prego.”

La voce tremante di Al avrebbe probabilmente fermato Edward, se fosse stato in sé, ma quel fervore dovuto all’alcool gli toglieva ogni freno, così quella supplica gli sembrò… sensuale.

 E in quell’istante tutta la loro vita cambiò.

 

 

Quando Winry era tornata aveva trovato ciascuno nel proprio letto, entrambi addormentati, ed era andata a dormire, chiedendosi se la sua idea avesse funzionato. Non aveva idea di cosa fosse successo, sotto quel tetto, finchè lei rideva con le sue amiche.

La mattina dopo vide che qualcosa, nell’equilibrio della casa, era cambiato per sempre. Edward e Al scesero le scale assieme, entrambi con gli occhi bassi. Fecero colazione assieme, parlando in maniera strana, poi uscirono insieme e tornarono soltanto la sera.

Per circa tre giorni continuò così, e Winry chiese cosa fosse successo di tanto incisivo, quella sera. Ma nessuno dei due volle parlarne. Insistette finchè non vide Edward piangere davanti alla tomba di sua madre. Allora decise che lei era una Rockbell e che, in quel momento, non poteva far parte della famiglia Elric. Era meglio per lei starne fuori. C’erano troppe questioni irrisolte, fra quei due fratelli. Questioni che non voleva conoscere. Fu la scelta più saggia della vita di Winry. Almeno una persona, in quella casa, continuò a vivere serena.

 

****

Santo cielo che parto terribile.

È stata la cosa + sudata che io abbia mai scritto, la più angst, la più BRUTTA. No davvero, non mi piace per niente e devo ammettere che, nonostante ami l’elricest, non è proprio il topic adatto a me. çOç non riesco a scriverci nulla di decente. L ceste. La pubblico per avere dei pareri ma davvero, non mi aspetto nulla, sono la prima a dire che è una porcheria, ed è strano, perché di solito amo le mie fan fiction.

Ciò detto, parliamo un po’ di sto schifo altrimenti detto fanfic.

Ed è malato. Malato proprio, cioè matto. Dovrebbero dargli tanti psicofarmaci. Quello che fa, una volta sciolte le inibizioni con l’alcool, è esattamente quello che voleva fare. Non ha scusanti, non è stato un momento di debolezza, lo voleva fare e basta. Inoltre, questa mania che Al volesse sfuggirgli, quando era proprio lui, con le sue paranoie, ad allontanarlo da sé e a farlo star male… bhe, è tipico di Edward – pseudo stupro a parte.

Al è semplicemente… Al. Al che non vuole che il suo Ed pianga, nemmeno se questo dovesse significare andarci a letto. Non so perché ma l’ho sempre visto come quello, dei due, che sarebbe davvero disposto ad andare contro la sua morale e i suoi sentimenti, pur di compiacere Ed. Invece Ed è quello strano ed egoista.

Winry è… non la mia solita Win. Lo dico chiaramente, a costo di sembrare una fan girl idiota: a me Winry non piace. Non mi piacciono la sua piattezza, il suo buonismo, la sua scarsa perspicacia. Non mi piace il modo in cui la Arakawa ostenta la sua presunta forza d’animo, e non mi piace che sbavi dietro a Edward come una fan girl. Ma come al solito, i personaggi che non mi piacciono finiscono sempre per fare una bella figura, nelle mie fan fiction. Qui Win è sveglia, è disponibile, e sa stare al suo posto. Quindi è OOC perché la vera Win è sempre in mezzo alle P**** ed è imbecille .

Ho scelto volutamente di non rendere noto se continueranno a farsi del male finendo a letto assieme, a voi l’interpretazione, come preferite. Ecco. Non so che altro aggiungere. Potrei parlare del fatto che l’idea era buona ma l’ho sviluppata male, o di tante altre cose, ma non credo di averne la forza.

Un'ultima cosa. Questa è la versione censurata, per EFP, di una fanfiction contentente una lemon. Se a qualcuno dovesse interessare (bhuahahahahaha certo. .-. ) mi mandi tranquillamente un mp. <3

Vi prego di lasciare un commento. Stavolta è davvero importante: ho bisogno di capire quanto schifo fa.

Un bacio, Ofelia.

 

Ps: Grazie a Giorgia. Tutta sta porcheria è anche merito suo.

   
 
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