6. If only…
Colonna
Quella
domanda risuona all’infinito nel silenzio freddo contornato dai tuoni.
E’ come un
disco rotto che non vuole arrestarsi e che si ripete nell’infinito della tua
testa. Un’allucinazione che sovrasta il silenzio reale.
- Cosa siamo noi per te? – cinque parole che paiono un
incantesimo in grado di bloccare l’avanzata di nostra madre, di bloccare il
respiro accelerato di Steve, di bloccare la mia mente
in uno stato di totale ripetizione.
La nostra
genitrice si volta verso di noi, i piedi che ancora sono incerti tra il terzo e
il quarto scalino, mostrandoci quanto il suo volto abbia risentito di tutto
questo: dell’arresto cardiaco, del ricovero, di questo continuo ignorarsi,
della scoperta fatta quella lontana sera che già risentiva dei primi spruzzi di
Settembre. Anche lei sta soffrendo molto e questo
dolore sta strappando bruscamente i veli della bellezza dal suo volto. Anche lei si sta corrodendo nella colpa che la sta privando
del dolce sapore della gioia, della felicità, della serenità. Anche lei è come noi.
Sul suo
viso cade una lacrima, una perla bianca che solca la gota intrufolandosi tra le
rughe, non ancora profonde, fino a cadere tra l’abbraccio delle sue labbra
scure. Apre la bocca e io sono lì, sull’orlo di un burrone, in
attesa del giudizio celeste che mi scaglierà la dove merito o forse premierà il
mio amore. E la cosa che mi fa più soffrire in tutto
questo è che qualsiasi giudizio mi sarà dato questo si ripercuoterà anche su Steve, lui che ora fissa ammutolito quella donna un tempo
forte e sicura di tutto, lui che ha sempre incrociato le dita con le mie
portandomi in un mondo che credevo inesistente.
- Voi…-
esita, incapace di dare un seguito. E io inizio a
pregare un perdono, a supplicare una nuova possibilità che, sì, non merito, lo
so, ma che ciononostante non posso fare a meno di desiderare. Basterebbe un semplice frase – Voi siete i miei figli – e tutto
tornerebbe come prima, o quasi.
Lei abbassa
il capo, respira un paio di volte e poi lo rialza. Nel suo volto vedo
riflettersi la mia stessa espressione: disperata, ma nel contempo decisa, quasi
spietata. E inavvertitamente rabbrividisco nel
scontrarmi con uno specchio di me stesso.
- Voi siete
dei mostri - lo dice piano, senza fretta, respirando profondamente dopo ogni
parola che diventa un taglio nel nostro petto - Quale mente perversa potrebbe
provare piacere nel condividere il letto con il proprio fratello? – scuote il
capo, il disgusto che lotta con l’affetto che non riesce a sopprimere – Voi non
potete essere i miei bambini – le lacrime scendono brutalmente dai suoi occhi –
Non lo siete affatto -.
Fine.
La parola
tanto agognata ora riesco a leggerla, riesco a
sentirla dentro il mio petto che sembra fracassato visto tutto il dolore che
sento. Realizzo appena che mia madre è corsa in camera
sua, prima di cadere sulle pesantemente sulle mie stesse ginocchia. Il cielo ha
dato il suo giudizio ed un suo dito mi ha spinto bruscamente verso il vuoto,
strappandomi tutta la forza e la voglia d’agire, come se fossero delle semplici
vesti sgualcite. Nulla tornerà come prima, questo è il confine di non ritorno.
Fine.
Finalmente
l’ha detto. Ha pronunciato quelle parole magiche che hanno segnato la nostra
fine.
Un respiro
di sollievo si solleva in aria ed è solo dopo qualche istante che comprendo che
quel respiro è il mio. Sì, lo so che è ridicolo ma mi sento stranamente
sollevato. Sconfitto e sollevato, due sentimenti che si
crederebbe impossibile provare insieme. Ma
cosa, in tutto questo che abbiamo passato, si può considerare usuale? Nulla,
davvero nulla. Cavolo, sono a un passo dal ridere. Ci
credereste? Una di quelle risate liberatorie, che fai
nel mezzo delle lacrime, che non sai spiegarti nemmeno da dove sia nata.
Il fatto è
che immaginavo da tempo i sentimenti che nostra madre
covava nel silenzio del suo cuore ma ora, a sentirli detti in un flebile
mormorio così diretto, beh mi pare così ridicolo che pare uscita da una
barzelletta.
Mi chiedo
se stia iniziando a dare di testa o se sia solo la mia stanchezza a farsi
sentire in questi momenti di follia. Perché tanto sano
non devo essere se ciò che provo dopo che mia madre mi ha dato del mostro è
un’inspiegabile voglia di ridere.
Guardo Michael, in ginocchio sul pavimento con le braccia che ricadono
molli lungo i suoi fianchi, quasi appendici inutilizzate del suo corpo, ed il
capo appena sollevato su quelle scale su cui prima troneggiava la nostra dolce
mamma. Mi accorgo che i suoi occhi liberano lacrime prive di sofferenza, prive
di forza, come se lui stesso non si stesse rendendo conto di quell’acqua salata che solca il suo viso, come se il suo
corpo reagisse per conto suo. Rimango abbagliato dal dolore che quell’immagine trasmetterebbe a chiunque, perché il suo non
è un dolore qualunque, il suo è un dolore che splende, che brilla di una luce
tanto chiara da ricordare il sole. E’ un dolore umano, che in me manca. Sì, sto
proprio ammattendo ragazzi!
Mi inginocchio
dietro di lui, il mio petto che s’accosta alla sua schiena, scivolando
perfettamente l’uno sulla curva dell’altro. Le mie mani risalgono lungo tutta
la sua figura fino a fermarsi sui suoi occhi bagnati dove si fermano, come se
stessimo giocando a quello stupido gioco in cui un cieco deve indovinare chi lo
ha privato della vista. La mia fronte si rilassa contro i suoi capelli morbidi
ed il suo profumo mi avvolge come un sottile tessuto di raso. Mi chiedo se
riuscirò mai a rubare un frammento di questo suo splendore. Sarebbe sufficiente
un unico infinitesimale pezzo per far battere ancora il mio cuore. A dirmi che
ancora c’è in me qualcosa di umano.
- E’ tutto
finito Michael – gli dico piano, non sapendo se ci sia o meno da rallegrarsi per questo – E’ tutto finito –
ripeto, una mantrana a cui si da voce per consolare
un bimbo piangente. Ma il mio piccolo angelo non dice
nulla, rimane in silenzio senza nemmeno singhiozzare. E
così lo chiamo, invoco il suo nome nella speranza che si risvegli da quel
torpore che lo priva dalle parole. Invano. Ormai dovrei essermi abituato al
fatto che tutte le mie preghiere non siano altro che buchi nell’acqua.
Sospiro
pesantemente e, per un attimo, rimango immobile, senza sapere che dire o che
fare. Ed infine mi rialzo, tentando di far fare la medesima cosa a colui che pare essersi perso in un modo a se sestante fatto
di vita dissolta il lacrime vuote. Nuovamente sospiro il suo nome, senza che
questo abbia alcun effetto su di lui.
Così mi
costringo a prenderlo tra le braccia e rabbrividisco quando, inconsciamente,
paragono quel corpo tanto perfetto a quello di una bambola rotta, ormai
abbandonata tra le cose inutilizzate nonostante la sua bellezza. Lo stringo
forte a me, arrampicandomi, successivamente, sulle
scale fino a trovare rifugio nel tepore famigliare della mia camera.
Mi
abbandono sul letto e la sua morbidezza rassicurante scioglie ogni mia
tensione, quasi fosse una reazione meccanica, quasi come se i miei muscoli
fossero programmati per lasciarsi andare ogni volta che entrano in contatto con
questo conosciuto giaciglio cha ha raccolto ogni mio sentimento. Stendo pigro
le gambe, lasciando che la schiena si poggi contro il muro. Faccio
stendere Michael tra i miei arti inferiori,
accompagnando la sua schiena sul mio petto e lui, senza alcuna reazione, rimane
in quella posizione, proprio come una bambola senza vita. Inutilmente lo scuoto
e lo imploro di parlarmi, di dirmi qualcosa, qualunque cosa. Ma
lui rimane immobile, senza alcuna piega che tinge il suo volto spento. Così mi
limito ad osservarlo, asciugando piano quei fiumi che brillano d’argento sulla
sua pelle candida e che, al contatto con le mie dita, perdono
tutta quella bellezza che le caratterizzava sul suo viso, come se il mio
tocco le avesse ricoperte di un velo opaco.
Passano i
minuti e lui ancora non reagisce. Ad ogni ticchettio d’orologio mi sembra che
la sua anima vada sempre più lontano, in un luogo che io non posso raggiungere.
E poi la vedo, la sua parte incorporea, che si stacca
lentamente dal suo corpo come una patina sottile, come la copertina trasparente
di un libro. Senza neanche accorgermene, mi ritrovo a stringerlo con una tale
forza che ho l’impressione di poterlo spezzarlo e con
una tale disperazione che fatico a trovare nel mio stesso cuore.
Eppure
lui non dice nulla, neanche un gemito infrange le sue labbra. Allora inizio ad
avere paura, a temere di aver perso quell’anima, quel
velo di luce sottile che sono riuscito a vedere
nonostante consciamente so che esso non poteva essere reale.
- Michael non puoi andare - gli dico, un pianto soppresso che
arranca nella mia voce malferma – Se mi lasci anche tu non riuscirò più a
vivere in questo schifo di mondo – gli confesso senza alcuna vergogna e senza
alcuna vergogna lascio che alcune lacrime bagnino il mio volto, dopo anni di
siccità. Perché in ciò che io e mio fratello condividiamo
non c’è nulla di vergognoso…vero?
E come una risposta la linfa vitale torna a serpeggiare nel corpo che
stringo, il quale lentamente si muove rigirandosi nell’abbraccio, con la
medesima pesantezza che ha un dormiente.
- Ma io non ce la faccio più – ribatte in un soffio,
appoggiandosi con la fronte al mio petto. Nonostante
le sue parole siano di profonda sconfitta, non posso che sentirmi sollevato nel
risentire la sua voce tinta di quel tono dolce che sembrava aver perso due mesi
fa – Davvero non ce la faccio più, Steve. Sono così
stanco di tutta questa finzione. Una finzione che non ci ha portato a nulla,
una finzione del tutto inutile -
Sospiro
pesantemente e chiudo per un attimo gli occhi. Comprendo perfettamente ciò che
prova Michael, perché anch’io sono stanco di questa
stupida messinscena. Stufo di fingere che tutto vada per il
verso giusto nonostante la mia famiglia si stia sgretolando sempre di più.
Stufo d’indossare quest’abito di eterno
play-boy che mi è stato cucito addosso, quando, invece, sono perdutamente
innamorato di mio fratello. Stufo di fingermi un moralista, un perbenista, un uomo
senza peccato quando, in realtà, non sono altro che un maniaco. Sì, perché io
questo sono: un lurido, perverso, sporco incestuoso!
E sono
veramente stanco di rinnegare perfino me stesso, di rinnegare questo mio
orribile sentimento che io oso elogiare con il nome di amore.
Vorrei
gridarlo, gridarlo ad ogni vento che amo questo
splendido angelo che ora sta tra le mie braccia! Ma
non posso farlo perché in questo essere meraviglioso scorre il mio medesimo
sangue.
Perché
questa è la nostra unica colpa.
- Perché, Steve? – mi chiede,
risvegliandomi dai miei pensieri.
La sua voce
vibra confusa mentre le sue mani si aggrappano disperate al mio maglione,
facendomi sentire come se fossi il suo unico appiglio per non cadere in una
valle oscura chiamata oblio.
- Cos’ha il
nostro amore di sbagliato? In fondo…- esita un attimo, forse incapace di
scegliere le giuste parole - In fondo non è uguale a quello che nasce tra un
uomo ed una donna? -
Un sorriso
mi sorge spontaneo sulle labbra, nato dalla tenerezza che nutro per questa sua
concezione tanto fiabesca della vita, dell’amore, dell’ipocrita società che ci
circonda. Davvero, alle volte sembra proprio una bambino:
ancora innocente e puro, nonostante tutto quello che ha dovuto passare.
- Quanto sei ingenuo, amore mio – commento dolcemente,
accarezzandogli il capo. Ma lui si scrolla da quel mio gesto affettuoso e,
sollevando il volto, mi osserva con uno sguardo del tutto contrariato
- Perché dici così? Dimmi: cosa c’è di diverso tra il nostro
amore e quello tra Jane e Lora? Cosa
c’è di diverso, ancora, tra il nostro amore e quello di una coppia definita
normale? – i suoi occhi d’argento paiono raddolcirsi un poco mentre intreccia
la mano con la mia, poggiata sulla mia gamba – Non desideriamo anche noi
restare insieme in eterno? Non sacrificheremmo anche noi tutto per il bene
dell’altro? Senti…- mi ordina, appoggiandosi la mano sul petto – Senti come
batte forte il mio cuore quando tu mi sei accanto? -
Certo che
lo sento! E’ un tamburo contro le sue ossa, che poi rimbomba nella sua carne e
si sparge lungo tutto il suo torace ad un ritmo accelerato, quasi
febbricitante. Ma nonostante questa sua velocità a me appare
come un suono rilassante, un suono che mi entra dentro e che si fonde con la
mia anima, diventando parte di me…per sempre…
- Lo senti,
Steve? – mi risveglia da quell’incanto,
con una lieve domanda – Non è diverso da quello di una ragazza che incontra il
suo oggetto d’amore. Allora cosa c’è di tanto diverso in noi per essere
definiti perversi e per essere rinnegati dalla nostra stessa madre? – negli
specchi lunari, che sono i suoi occhi, vedo posarsi il velo della supplica – Se
lo sai, ti prego, rivelamelo. Perché io sto impazzendo per trovare una risposta
-
Mi sembra
un cucciolo spaventato, ora. Un cucciolo confuso davanti allo
strambo e contorto giro del mondo a lui estraneo fino a poco tempo prima,
quando il suo universo si limitava ad essere la sua piccola e calda tana.
Ma prima o poi ogni creatura deve lasciare il proprio
nido e deve affrontare la durezza della realtà, cadere nel turbine accecante
del caos, attendendo un lume che gli porti la risposta. Giusta o sbagliata è di
secondaria importanza. Vorrei essere io quel lume, ma, purtroppo, anch’io sono
caduto nel medesimo turbine e anch’io arranco alla ricerca di una risposta, che
tutt’ora
non riesco a trovare.
E
d’improvviso mi rendo conto di una cosa, di una cosa così scontata che la mia
mente non ci si era mai soffermata: io sono solo un
uomo! Un misero, debole uomo travolto dalle onde del Fato. Mi sento schiacciato
da una tale rivelazione che sento il respiro mancarmi
man mano, finché il mio sguardo non cade sulla bocca semiaperta del mio angelo,
che ancora attende la sua risposta. Il mio ossigeno.
Poggio entrambe le mani sul suo volto, trascinandolo sulle mie labbra e baciando con la
foga di colui che, annegando, respira le prima boccata d’aria. Lentamente la
nostra unione si trasforma in passione violenta, di cui entrambi abbiamo estremo
bisogno. Perché l’uno è necessario alla vita dell’altro
quanto l’aria che entra nei suoi polmoni. Perché
questo ci fa capire che siamo vivi nonostante tutto.
Quando ci
separiamo, sono le nostre fronti ad entrare in contatto, lasciando così i
nostri occhi liberi di riflettersi nella meravigliosa profondità delle iridi di
colui che ci è dinanzi. Per un momento il mondo
attorno a noi sparisce e rimaniamo solo noi, ansimanti ed abbracciati su questo
letto. Ma se fosse realmente così, se realmente noi due fossimo gli unici
abitanti di questo universo, allora non sentirei il
mio cuore tanto martoriato per una colpa che la società, la morale e quant’altro continua a darmi.
- Non lo so – ammetto – Non ho una risposta a questa domanda. La
verità è che a chiunque porrai questo quesito ti risponderà semplicemente con
un “Non è normale” o “Non è morale” o,
ancora, “E’ disgustoso”, senza che riesca, tuttavia, a spiegarti un perché che
vada oltre alla stupida definizione di “Siete fratelli”. E pur non riuscendo a
dare una motivazione alle loro affermazioni, hanno l’esuberanza di nominarsi
tuoi giudici e di colpevolizzarti per aver provato il sentimento più
meraviglioso che un semplice uomo possa provare -
- Io non ho
più la forza per sopportare tutto questo, Steve – la
sua testa cade mollemente sulla mia spalla, intanto che il suo corpo segue la
stessa sorte sul mio petto. E’ stravolto ed è a un
passo dalla caduta.
- Sono
arrivato persino a pensare che l’unica soluzione per uscirne sarebbe…- si
arresta un attimo ed inspira profondamente, per poi rivelare, in un alito di
vento, la continuazione della sua frase -…la morte -
Sgrano gli
occhi, stupito da quella parola che mai avrei immaginato
di sentire dalla sua bocca vanigliata. Eppure non sono inorridito o, peggio,
terrorizzato da quella rivelazione, anzi mi appare estremamente
sublime, velata di una macabra malinconia che porta in se il canto della
fanciulla che vede allontanarsi la barca dove il suo amato riposerà per
l’eternità, la flebile preghiera del cavaliere chinato sul corpo inanimato del
compagno che era anche amico e fratello, lo scoppiettare lento del fuoco che
corrode la carne morta di un giovane Marte portando la sua anima nell’Ade.
Tutto
questo è ora per me la morte.
Non paura,
non rancore, non rabbia…nulla di tutto questo…
- Lo
faresti con me, Steve? – mi chiede. Ha alzato la testa, permettendo ai suoi occhi di fissarsi bene sui
miei – Abbandoneresti questa vita con me? -. E’ una richiesta timida,
quasi timorosa, nonostante un’espressione estremamente
decisa troneggi sul suo volto. E’ serio, terribilmente sicuro delle sue parole.
E da me vuole unicamente una semplice risposta: un sì
o un no, null’altro. Per uno strano scherzo del destino, sembra che mi abbia
appena posto una proposta di matrimonio. Ma poi, in
fondo, cos’è il matrimonio se non una promessa di rimanere insieme per
l’eternità? Allora questo sarà il nostro matrimonio!
- Io ti
amo, Michael! Ti seguirei in capo al mondo, fin tra
le braccia di Lucifero per rimanere con te –
Un sorriso
dolcissimo si scioglie sul suo viso e la commozione gli
vela appena gli occhi, prima che si getti nel mio abbraccio, sprofondandoci
completamente dentro. Il calore del suo corpo invade il mio con una tale forza
che, per un attimo, ho l’impressione che potrei
soffocare e, di certo, non mi dispiacerebbe dire addio al mondo così. Allo
stesso modo anche il mio fuoco lo invade, incendiandolo.
Lentamente
i nostri corpi si confondono, si fondono insieme come
i nostri respiri, diventando un’unica cosa. Iniziamo una calma ricerca di un
contatto più profondo, che riesca a far toccare le
nostre anime e a farle vibrare insieme per un solo estasiante momento. Le
nostre mani vagano amorevolmente sul corpo dell’altro, come lo sfiorarsi di due
fiori, per poi intrecciarsi e con loro le nostre bocche.
Mi sdraio,
permettendogli di avere il sopravvento su di me, perché ormai io sono in sua
totale balia. Io, vanità fatta a persona, sono diventato suddito di questo
Patroclo. Qualunque cosa egli mi dicesse diventerebbe la mia legge,
il mio credo, il mio ideale. Lotterei, morirei e risorgerei per un suo semplice
desiderio.
Eppure
anche lui è solo un misero uomo, con le sue debolezze e le sue forze che lo
rendono unico tra tanti altri individui. Anche lui è un effimero essere che verrà sopraffatto dalla morte. Un bellissimo essere, il mio
adorabile fratellino.
- Come? –
mi domanda, sfiorandomi il profilo con la morbidezza delle sue labbra. Quello
in cui sono ora è uno stato di totale abbandono: le mie braccia sono allargate
sulla trapunta, i miei occhi socchiusi che seguono appena la sagoma scura del
mio compagno, la mia mente persa nel più totale piacere dei sensi, tanto
lontana da questo mondo terreno che nemmeno il fumo potrebbe portarmi in un
punto più elevato.
Il mio
cervello si muove pigramente per cercare una risposta a quella domanda che era
scontata. Come?
Una lenta
agonia che ci permetta di assaporare passo per passo la morte o l’istantanea
separazione da questo mondo che ci ha ripudiato? Però
questo dev’essere il nostro matrimonio e quale cerimonia
nuziale si celebrerebbe nel giro di un attimo? No, dobbiamo farlo con calma
fino ad arrivare a desiderare l’apice di questa nostra macabra unione.
Lo informo
di questa mia scelta, strascicando appena le parole con voce roca, mentre lui
giocherella con il bordo del mio maglione, accarezzando la pelle bollente che
si nasconde sotto di esso. Mi scruta per un attimo,
inclinando il capo da un lato, come se stesse riflettendo sulla mia proposta.
Poi sorride, ingenuamente, ed è simile ad un bambino che ha appena ricevuto la
notizia di una gita a lungo sognata.
- Sì –
annuisce appena, abbassandosi a sfiorare i miei zigomi – Lentamente -
La sua voce vellutata e seducente, la sua mano morbida e voluttuosa
sotto il tessuto spesso, la luce della notte flebile e sinuosa sul suo corpo, il suo respiro frammentato e
roco. Se esiste un paradiso, io ci sono appena
arrivato. E nel mio animo si allarga un desiderio:
rimanere così per sempre, finché il mondo non troverà fine, finché giusti ed
ingiusti si mischieranno senza più alcun titolo fuorché quello d’anime. E’ un
desiderio talmente forte, questo, che mi sento il mio cuore stretto in una
corona di spine di rosa.
- Le vene -
Socchiudo
gli occhi, confuso – Cosa? -
-
Tagliamoci le vene – ripete lui, sedendosi sulle mie gambe ed obbligandomi a
puntellarmi sui gomiti per poterlo guardare – Dovrebbe
essere abbastanza lento, no? – suggerisce, temendo di aver detto qualcosa di
assolutamente sbagliato.
Nonostante
l’idea di abbandonare questo mondo in un bagno del nostro stesso sangue sia
tanto macabra da poter far inorridire chiunque, io trovo
che sia un’immagine meravigliosa per la nostra fine. Dire addio a tutto questo
inondati dal sangue stesso che ci ha maledetto: nulla di più ironico, nulla di
più perfetto.
Annuisco
con un sorriso dolce sulle labbra, ed allungo una mano verso il suo volto,
accarezzando la guancia arrossata e bollente come se avesse la febbre.
- Va a prendere un coltello – gli dico. Lui esita un istante,
un solo brevissimo istante e per in quel piccolo spazio
temporale riesco a vedere tutta la nostra vita che s’allungherebbe da questa
notte in poi: i silenzi eterni con nostra madre, l’attenzione riposta in ogni
nostro gesto ogniqualvolta siamo fuori da queste mura, le scuse, le infinite
bugie trovate per rimanere soli, per non far scoprire al mondo il nostro
segreto. E mi sento soffocare da una visione tanto
faticosa del nostro futuro. Un panno di grezzo lino mi si attorciglia al collo,
graffiandomi la pelle e impedendo all’aria d’entrare: è così che mi sento.
Ma
fortunatamente è Michael a liberarmi da quel ceppo.
Scuote lievemente il capo, come se dovesse cacciare da esso
qualcosa di fastidioso, e scende giù dal letto.
- Torno subito – dice, prima di sparire dietro la porta.
Mi lascio
ricadere sul materasso con uno sbuffo stanco che si solleva dal mio volto. La
spossatezza di tutti quei mesi sembra scivolare verso il basso, mentre sono
così vicino alla morte da poterne quasi udire i passi, mentre nella mia mente
vive unicamente il pensiero di Michael, di noi due insieme. Sorrido sarcastico, chiudendo gli occhi: mi
avete umiliato, mi avete additato, mi avete nominato con ogni genere di offesa che uomo potesse pronunciare, ma a nulla è servito
tutto il vostro lottare. Io rimango innamorato di lui, di quell’angelo
dagli occhi grigi che questa notte porrà la parola fine sul suo libro e sul
mio. Io rimango il pervertito che vi ha fatto ribrezzo, che vi ha fatto girare
lo sguardo ogni volta che passava, come se voi stessi poteste macchiarvi del
mio peccato soltanto guardandomi.
Io rimango
diverso. Il diverso che viene cacciato dal seno della
propria madre.
Davanti
agli occhi ho ancora la sua figura sottile e appassita dalla recente malattia,
che tremava davanti alla vista che aveva dinanzi: i suoi bambini…cos’erano diventati?
Il suo
mormorio confuso, incredulo davanti alle effusioni fin troppo intime delle sue
creature, il suo sguardo in bilico tra incredulità e disgusto, e, infine, il
suo urlo, dentro il quale si udiva unicamente l’odio più profondo.
- Voi non
potete essere i miei bambini -
Il pianto
mi stringe la gola ripensando a quelle parole che hanno posto una cicatrice profonda nell’animo di entrambi. La goccia che ha fatto
traboccare il vaso.
Se persino
la nostra amata madre ci rifiuta e ci indica come dei
mostri, che speranze abbiamo che questo mondo ci comprenda e comprenda il
nostro sentimento? Nessuna.
Quante
speranze abbiamo che qualcuno si avvicini a noi, ci
stia accanto sostenendoci in questo folle universo fatto di giudizi ed
ipocrisie? Due, e i loro nomi sono Mary-Jane e Lora.
Mi dispiace
abbandonarle così, senza neanche dire loro un addio. Ma
molto probabilmente ci rincontreremo all’inferno, perché, nonostante il loro
buon cuore, anche loro si ritrovano ad aver infranto una legge divina.
Ma come
si può definire tale legge giusta, quando ostacola il sentimento che tutti
eleggono come il più bello?
Non lo so.
Proprio non lo so.
Le mie mani
tremano. Vibrano scosse da un terremoto interiore. Paura, esitazione,
eccitazione. Non so dare un nome a ciò che si scatena dentro di me.
Probabilmente sono tutte queste cose che si mischiano, si fondono, si sciolgono
le une nelle altre, creando una sostanza arcana ma non per questo meno
micidiale.
Ho quasi il
timore di non riuscire a portare questo coltello fino in camera senza riempirmi
di ferite e piccoli tagli e, in effetti, qualche
piccola linea rossa si apre infuocata sulle mie dita. Ma sono talmente assorto
nei miei pensieri, nelle sensazioni che fanno battere senza interruzione il mio
cuore, che neppure me ne accorgo. E
quando mi affaccio nella stanza di mio fratello, questo è davvero un
particolare completamente inutile nella mia lista personale di priorità. I miei
occhi si soffermano curiosi ed estasiati dinanzi all’immagine del mio amante,
così come lo sarebbero dinanzi all’Estasi di Santa Teresa del Bernini: ammaliati da tanta bellezza, ma anche turbati
dinanzi ad un’espressione che nasconde ben più di ciò che esprime. E nel
medesimo modo mi appare quella di Steve, rilassata
eppur concentrata morbosamente su qualcosa che non riesco
ad individuare. Poi, quando ipotizzo cosa possa essere, mi sento mancare: con
quale coraggio ho chiesto a lui di sacrificare la sua vita soltanto per soddisfare
il mio mero egoismo? L’ho pregato di donarmi la sua morte, quando io stesso m’ero
inconsciamente ripromesso di tenerlo il più lontano possibile da quel nero
velo. Ma il mio egoismo ha offuscato questo mio patto.
O forse è stata la vigliaccheria a farlo, perché, da
solo sarei incapace di lasciare la vita terrena. Mi do, mentalmente, del
deficiente per aver valorizzato a tal punto le mie basse volontà, deciso a
porre fine a quella stupida idea che, in un momento di debolezza, m’era saltata alla mente.
- Steve – lo chiamo, e i suoi occhi lenti accarezzano la mia
immagine. Un sorriso tenero puntella un angolo della sua bocca voluttuosa e io
mi sento sciogliere.
Dovremo
separarci.
Quest’idea
rimbomba peggio di un colpo di pistola nella mia testa.
Per il bene
della nostra famiglia dovremo troncare il nostro amore.
La sola e
vaga visone di questa prospettiva fa sgorgare sangue vivo dai miei occhi.
Nostra
madre ci obbligherà a porre fine a tutto questo.
Mi sento
finito, distrutto, morire al sol pensiero.
Posso
sopportare, seppur con tanta difficoltà, che io sia un
essere ripugnante per mia madre, ma non posso sopportare che tutto questo
finisca, che il sorriso dolce di Steve non risplenda
più solo per me.
- Ehi, che
hai? – mi domanda, puntellandosi su un gomito e guardandomi con aria confusa.
Senza accorgermene il mio volto ha assunto sfumature che recano lievemente il
peso dei miei pensieri e la lotta che il mio ego sta intraprendendo. Da una
parte desidero fortemente dare un taglio a questa vita per poi, magari,
rinascere felicemente nella prossima. Ma dall’altra
non voglio trascinare il mio amante con me. Perché lo amo, lo amo così tanto
che il mondo stesso perde ogni significato dinanzi a lui. Io stesso, perfino,
mi annullo, inghiottito dal mio stesso sentimento.
Ma,
fortunatamente, è lui a dissipare ogni mio dubbio e, come se avesse letto lo
scorrere dei miei crucci, mi parla con la sua voce profonda che m’accarezza
come il mare piatto di un tramonto d’estate – Vieni qui
e non preoccuparti di nulla – io m’avvicino, un’automa
che segue indistintamente ogni ordine. Una volta che sono vicino al letto, lui
mi cinge la vita con entrambe le braccia, appoggiando il capo sul mio ventre.
- Una volta
mi chiedesti di trascinarti nella mia eternità, ti ricordi?
– mi domanda, mentre le sue ciocche scure scivolano sulla mia maglia come gocce
di china. Mugugno un sì pensieroso e lui continua – Questa notte lo farò.
Renderò entrambi eterni come eterno sarà questo
momento, quindi non esitare perché io voglio esattamente quello che tu vuoi,
null’altro – alza lo sguardo per incontrare il mio. Le mie ginocchia tremano
quando quelle iridi azzurre mi mostrano la medesima espressione che sta sui miei ogni volta che lo guardo. Non credevo potesse
essere tanto intenso questo sguardo - Non ti lascerò, né ora né mai -
Non so se
conosciate la sensazione che avvolge l’animo sentendo tali parole dalla persona
amata. E’ come essere racchiusi in una bolla di luce
calda, accogliente e gentile, ma comunque intrinseca di un calore che potrebbe
scioglierti. E’ come tornare nel ventre della propria madre e rinascere ancora.
Mi chino a
baciarlo, con le labbra che tremano dalla commozione. Un
altro bacio, ancora, ancora ed ancora, finché i nostri sapori non si mischiano
a tal punto che l’uno non si distingue più dall’altro. E mentre gli dono ognuna di quelle carezze, mi abbandono
sulle sue gambe, lasciando che solo una mia mano tocchi la sua pelle, mentre
l’altra regge il coltello, con un tremito lieve che scuote ognuna delle mie
falangi.
Passano lunghi momenti prima che le nostre bocche si sciolgano e i
nostri occhi tornino a guardarsi. Nello sguardo di entrambi c’è la certezza di
intraprendere quella strada inondata di sangue. Nessuno di noi lascerà la mano
dell’altro mentre la intraprenderemo e questo da una maggior forza a tutti e due. Così, quando intravedo negli specchi della sua
anima il segno che possiamo iniziare, afferro con decisione il manico di legno.
Le nocche sono bianche, intanto che il coltello si alza all’altezza del mio
polso. I denti gelidi premono intrepidi sulla pelle sottile. Ed
io guardo Steve, il quale osserva incantato ogni mio
gesto.
Appoggia la
lama sul suo polso e sta immobile. Mi sembra di riuscire a vedere la pelle
tirarsi istintivamente, tanto da mostrare le vene che si allungano più in
superficie. Linee blu che s’aggrovigliano, s’intrecciano e si sciolgono come
fiumi. La mano che regge il coltello inizia a tremare un poco.
I suoi occhi argentati si fissano sui miei. Un silenzio intimo, pacato e sottile come un segreto sussurrato, ci avvolge.
- Fallo tu
– mi dice, porgendomi il manico. Io spalanco gli occhi, incerto di aver sentito
le giuste parole. Ma quando comprendo di averlo fatto,
non posso fare a meno di soffiare fuori un - Cosa? -
- Tagliami le vene – dice lui, chiaro, diretto, coinciso.
- Michael, vuoi farmi morire anche con il peso di aver ucciso
la persona che amo? – gemo, rabbrividendo.
Lui sorride
angelico e mi bacia la fronte – Non c’è morte migliore
di quella data dal proprio amore. Anche una cosa così
definitiva a buia come il sonno eterno mi sembra più dolce del latte se la mano
che la guida è la tua -. I suoi occhi sembrano quasi risplendere intanto che
pronuncia quelle frasi e tutta la certezza che ripone in ognuna di quelle
parole s’infonde in me, dandomi il coraggio di fare ciò che in precedenza non ho mai immaginato neppure nei miei incubi. Le mie dita si
stringono appena sul suo polso, conducendolo verso le mie labbra.
Un bacio
lieve e…netta una linea infuocata spacca quella pelle vellutata, riversando
gocce vermiglie anche sul mio volto. Noto l’espressione dolorosa che indurisce
i suoi tratti e io trattengo il fiato, sentendomi colpevole di quel dolore. Ma poi lui riaffaccia i suoi occhi da quelle palpebre strette
e mi guardano con tenerezza, dandomi anche la libertà di tornare a respirare.
- Anche l’altro – sussurra avvicinandomi il secondo arto. Non
protesto neanche: ripeto i medesimi gesti, ma questa volta sul volto che amo
così tanto non vi è la medesima espressione che precedentemente
l’aveva caratterizzato. Anzi, sospira, quasi l’avessi
privato di un peso, di catene che gli impedivano di volare.
Chiude gli
occhi, finalmente libero, e senza forza le sue mani ricadono sulle sue gambe,
inondandole dei primi fiumi cremisi che nascono da quelle ferite che io stesso
ho inferto. Respira a fondo un paio di volte prima di tornare a guardarmi e
sorride. Il sorriso di un angelo sceso per guidare un disperato fuori dall’oscurità. Il mio angelo.
Gli offro
la lama già abbeverata del suo sangue, comprendendo quale sarà il prossimo
passo di questa processione. La sua mano afferra debole il
manico, così come debole l’altra solleva la mia. Per un attimo temo
quasi che non riuscirà a fare un taglio abbastanza profondo, ma Michael possiede una forza ben maggiore di quella che il
suo fisico da a vedere: non appena il coltello entra
in contatto con la mia pelle, rafforza la presa e, così come si toglie un
cerotto, veloce ripete su di me ciò che io ho già fatto a lui.
Brucia.
Questo è il mio primo pensiero.
Un dolore
infimo serpeggia lungo tutto il mio braccio e s’intensifica la dove il sangue
in abbondanza ha nascosto la fonte dalla quale sta sgorgando. Eppure rimane un dolore limitato. Per un attimo mi sento
quasi deluso: la mia immaginazione, influenzata da film d’ogni genere, aveva
sempre classificato questo come un gesto estremamente
doloroso e invece si può dire che vi sia più un fastidio pungente che un dolore
vero e proprio. Mi viene da chiedermi se la sensazione che proviamo compiendo
un determinato gesto, non dipenda dal sentimento che
ci sprona a farlo. Se è gioia ciò che proviamo mentre
premiamo un grilletto, quale male potrà mai farci la pallottola che corrode la
nostra carne? Sarà, anzi, accolta come liberatrice e salvatrice, senza alcun
dolore…
Prima di
poter continuare oltre con questi ragionamenti, la mia dolce anima gemella mi
somministra un secondo bacio mortale. Questa volta mi sento quasi purificato da
quella ferita che s’apre tra le mie vene, e comprendo ciò che Michael stesso ha provato qualche secondo
prima. Questo, intanto, lascia cadere il nostro tacito collaboratore di
morte, che cade con un tonfo sordo sul pavimento. Debolmente si accascia su di
me, come se quell’ultimo gesto gli avesse rubato
tutta la forza vitale lasciandogli solo una profonda stanchezza. E io, con un
sospiro, lo seguo: mi stendo sul letto, lasciando che il suo corpo s’abbandoni
totalmente sul mio, lasciando che i nostri petti s’appoggino l’uno sull’altro e
che danzino nel loro respirare, che man mano diventa sempre
più lento. I secondi sono scanditi dalle carezze che la mia mano offre
alla figura che sopra di me trova il proprio rifugio.
Il tempo
perde ogni significato. Ogni secondo è un’era, ed ogni
era è un secondo.
Sento la
trapunta diventare umida, abbeverarsi assetata del nostro liquido vermiglio.
Ridicolo pensare che è proprio in questo vischioso
serpente rubino si racchiude la maledizione che ci ha seguito.
Il nostro
giaciglio si bagna pian piano e io ho come l’impressione che l’acqua ci stia lentamente sommergendo e che, una volta arrivata ai
nostri volti, rapirà il nostro ultimo respiro in una bolla la quale, una volta
scoppiata, ci aprirà una porta che custodisce la grande verità preclusa a noi
uomini.
Le mani e
le braccia iniziano a intorpidirsi. Un formicolio
inghiotte le mie dita, una ad una, risalendo man mano fino ad arrivare al
taglio infuocato che mi attraversa il polso. Il bruciore che c’era stato
all’inizio è del tutto sparito, lasciandomi solo un vago prurito. Ad ogni
carezza perdo un frammento di sensibilità, ed ognuna di esse
diventa un gesto troppo faticoso da donare, quasi dovessi correre attorno al
mondo per compierlo. Così mi costringo ad interrompermi, lasciando che la mia
mano s’abbandoni sulle vesti bagnate del mio piccolo amore. Questo non reagisce, non dice nulla. Per un attimo sono preso dal
panico al pensiero che potrebbe già essersene andato senza attendermi, al
pensiero di vedere il suo volto esangue e senza più vita, al pensiero che
questa potrebbe essere l’ultima immagine che avrò di lui.
Ma mi
posso rilassare non appena la sua voce si spezza leggera nell’aria – Ho sonno –
dice ed è un sospiro esausto il suo. Appoggia meglio il capo sul mio petto, in
modo che possa sentire perfettamente i battiti del mio cuore, sempre più
flebili quanto i suoi. Le mie dita s’intrecciano ai suoi capelli e il sangue
gocciola su essi tingendoli di un rosso rubino che è
la vita. Percepisco la sua mano muoversi pesantemente sulla trapunta, alla
ricerca del mio braccio inanimato abbandonato su di essa
e, una volta trovato, incrocia la dita con le mie, facendo aderire
perfettamente i nostri palmi.
- Non
lasciarmi – mormora -Non abbandonarmi, Steve -
- Sono qui – dar voce ad ogni parola mi costa una fatica
immane. Per ognuna di esse spreco pezzi della mia
anima, che lentamente si volatilizza nel vuoto eterno – Non preoccuparti, sono
qui –
- Sì - il
suo sono è sempre più profondo e impastato, quasi stesse
cedendo ai tormenti dolci del sonno – Siamo qui – le sue palpebre scendono come
coperte di seta sui suoi splendidi occhi che sono degne figlie di un bacio che
la luna ha donato alla terra – Ho sonno – ripete ancora, come un bimbo. E io sforzo un sorriso intenerito sulle mie labbra, mentre
lo osservo abbandonare dolcemente questo mondo. Ed è
così bello, così magnifico e perfetto che pare semplicemente una bambola, una
statua immortalata con quella leggiadra espressione rilassata sul volto. Perché
su esso, ora, si stende, dopo lungo tempo, un sorriso
appena visibile ma che in se racchiude una pace che nessuna parola potrebbe far
comprendere ad animi che tale sensazione non hanno mai provato.
E mentre
sono lì a guardarlo mi perdo nei miei pensieri, in
domande che non dovrebbero trovare voce e che invece esplodono con forza in
questo momento che nemmeno il più abile tra i pittori saprebbe immortalare
completamente: se solo non fossimo stati fratelli, se solo fossimo stati un
uomo e una donna, se solo avessimo seguito tutte queste leggi morali…allora, ci
saremmo potuti amare?
Non
importa. Non più.
Chiudo gli
occhi.
E…addio…
Free Talk
E anche
questo capitolo ha trovato il suo finale! Non immaginate che soddisfazione
quando ho scritto l’ultima parola, visto che ho patito
l’inferno per completare questo capitolo ^^’’’ Come c’era da immaginarsi, però,
credo di non essere riuscita a trasmettere tutto ciò che desideravo e infatti è
venuta fuori un’accozzaglia di pensieri senza capo ne coda ^^ Tralasciando il
fatto che dopo questa (per quanto attesa, vista la mia banalità ^^’) conseguenza
mi sarò meritata le maledizioni di alcuni (tra cui, in prima linea, gli stessi
protagonisti ^^’’’), spero che vi sia piaciuta nonostante tutto. Comunque sia non preoccupatevi (o non festeggiate troppo, a
seconda dei punti di vita ^^’’’): Minutes&Seconds
troverà la propria fine con il prossimo capitolo, che aprirà il cammino al
terzo pezzo della trilogia ^^
E now, i ringraziamenti che, come al
solito vanno a Shinji
e pucci2. Mi dispiace avervi
trasmesso tanta tristezza ma, come diceva giustamente pucci,
non tutti i personaggi possono avere una vita spensierata ^^’’
Ringrazio
poi, tutti coloro che continuano a leggere nella
speranza che questo capitolo vi sia ugualmente piaciuto */me inchin*
Alla
prossima ^^