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Autore: kokylinda2    06/08/2010    22 recensioni
E se nella stazione di King’s Cross Harry avesse fatto un’altra scelta? Se le opzioni fossero state: ritornare, andare avanti, o ricominciare? E se lui avesse scelto quest’ultima? Harry torna indetro nel tempo nel suo corpo da ragazzino undicenne, e adesso deve rifare tutto daccapo. Riuscirà a salvare le persone che ama e rimediare ai suoi errori?
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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14 - La Detenzione

Hola! So che probabilmente mi detestate per l’imperdonabile ritardo, e probabilmente non vi interessano le mie scuse L Comunque, ammetto che il capitolo non lo volevo ancora postare perché era incompleto, ma visto che stasera parto e torno a settembre, ho pensato che non fosse giusto farvi aspettare così a lungo. Così mi sono affrettata a scrivere un finale, che però a me non è piaciuto per niente. L’ho scritto di fretta, perché volevo postare, e perciò non ne sono affatto soddisfatta. In più, so che avevo promesso di rispondere a ciascuno di voi singolarmente, ma purtroppo per farlo ci metterei molto tempo, e io non ne ho.

Questi sono un paio di punti che dovevo chiarire per chi ha recensito:

- nel prossimo capitolo Remus e Sirius si incontrano per la prima volta con l’aiuto di James Evans. Quello tra Sirius e Harry (l’Harry 11 enne) dovrà attendere un paio di capitoli.

- l’Anello dei Potter è un cimelio di famiglia. Non ha ‘mistici poteri’, ma essendo stato tramandato da generazione in generazione, ha acquisito, oltre che un certo valore, anche molta magia. Non è un’arma, ma essendo stato creato dai Goblin, può essere considerato magico.

- il rapporto tra Draco e Harry è un po’ precario, perché anche se a Draco piacerebbe essere amico di Harry, non vuole voltare le spalle alla sua famiglia e deludere il padre. Sta cominciando a riconsiderare le opinioni che gli sono state imposte, ma le vecchie abitudini sono difficili da sedare. È improbabile che tutti i Malfoy si schiereranno in futuro con Harry, anche perché, anche se una volta ho pensato di magari far pentire Lucius o qualcosa di simile, rileggendo alcuni passaggi nei libri, ho capito che per lui non posso fare molto.

- Emmeline Vance è un personaggio che davvero c’era nella saga di Harry Potter (come molti di voi sapranno) e che ha anche fatto parte dell’Ordine della Fenice. Nella storia originale Harry ne ha sentito parlare e l’ha vista qualche volta, ma non le ha mai parlato.

- so che fino ad adesso ho concentrato molti avvenimenti in poco tempo, ma dopo che Sirius sarà finalmente libero (tra 2 o 3 chaps) comincerò a far passare più tempo tra un capitolo e l’altro, più o meno un mese o al limite qualche settimana. Credo che entro il ventesimo capitolo (o forse prima) comincerà l’estate e poi il secondo anno. È solo all’inizio che i tempi sono un po’ stretti -.-^

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Capitolo 14

-

Caro James Evans,

mi auguro che ti ricordi di me. Ti starai chiedendo il motivo per la quale ti scrivo. Beh, diciamo che ieri ho ricevuto una visita inaspettata da parte di un uomo che desidera vederti. Si tratta dell’Indicibile Broderick Bode, che ha richiesto il mio aiuto nel contattarti. Vorrebbe che ti presentassi al Dipartimento Misteri entro la settimana prossima, se ti è possibile. Inoltre, ti scrivo per informarti che Martedì, alle undici in punto, al decimo livello, aula dieci, si terrà il processo di Peter Minus, con la testimonianza di Sirius Black, e quest’ultimo vorrebbe che tu fossi presente per aiutarlo ad incastrare il ratto e dargli sostegno. Includerò il tuo nome sulla lista delle persone il cui accesso è consentito. È stato constatato che nessuno, a parte forse Black stesso, è a conoscenza  della serie di avvenimenti che hanno condotto alla sua ingiusta condanna meglio di te, e per questo sei invitato ad essere l’ufficiale pubblica  Accusa contro il signor Minus e la Difesa del signor Black. A causa della gravità della situazione, l’intero Wizengamot e il Ministro in persona saranno presenti. Spero che ci sarai ed accetterai l’incarico. In caso contrario, inviami un gufo.

Cordiali Saluti

Amelia Bones

-

Harry alzò lo sguardo dalla lettera che aveva appena ricevuto.

Quel Sabato si era di nuovo svegliato molto presto per fare i suoi esercizi mattutini intorno al Lago Nero, ancora una volta concludendo sfinito. Sorprendentemente, la sua giornata era passata normalmente. Ormai sembrava che ogni giorno gliene capitasse una nuova. Tuttavia, non si pentiva minimamente di essere tornato indietro nel tempo.

Tutte le persone che aveva perso erano lì, e aveva l’occasione di rivederle, aiutarle, e di parlarci. Sembrava che le cose stessero andando nel modo giusto, per una volta: finalmente Minus stava per essere punito per i suoi crimini, Sirius stava per essere scagionato da tutte le accuse, e il Mondo Magico non aveva più la minaccia incombente di Voldemort.

Non ancora, almeno.

Proprio quella sera aveva la sua detenzione con Raptor, e sinceramente non sapeva proprio cosa aspettarsi. Se da una parte, a causa della Pietra Filosofale presente nella scuola, Raptor non poteva rivelare ancora la sua identità a meno che non volesse rinunciare ai suoi piani, dall’altra, il suo professore di Difesa aveva il sospetto che, almeno con Harry, parte della sua copertura fosse saltata. E la cosa, per quanto il giovane cercasse di non farci caso, lo spaventava. Non avrebbe dovuto mostrarsi così apertamente ostile nei suoi confronti, ma ormai il danno era fatto.

Non era mai stato pronto per affrontare Voldemort. Mai. Non era nemmeno pronto per uccidere. Eppure doveva farlo per colpa di quella dannata profezia. Solo pensare che sarebbe diventato un assassino lo nauseava … eppure, aveva già ucciso una volta, no? Era stato lui ad uccidere Raptor durante il suo primo anno ad Hogwarts.

E poi, non aveva ancora capito il perché di quelle fitte alla cicatrice, a partire da quella della sua prima notte ad Hogwarts, e poi con il mal di testa che aveva dovuto sorbirsi la notte in cui la Valchiria era ‘entrata’ ad Hogwarts. La faccenda era preoccupante, e non solo perché poteva significare che il suo legame con Voldemort fosse ancora attivo, ma anche perché poteva indicare una possibile alleanza tra il Signore Oscuro e quelle antiche e potenti creature.

Non aveva nemmeno cominciato a distruggere gli Horcrux, escludendo la Coppa di Tassorosso, della quale si erano occupati i Goblin. Certo, aveva a disposizione il pugnale, un modo sicuro e più pratico della Spada di Grifondoro per distruggerli, ma finché Raptor era tra le mura del castello era troppo rischioso far fuori il Diadema di Priscilla Corvonero. E se Riddle fosse passato per la Stanza delle Necessità per controllare che il suo frammento di anima fosse intatto? Non trovandolo, sarebbe subito saltato alla conclusione che qualcuno avesse scoperto il suo segreto, e sarebbe corso o a raddoppiare le protezioni sugli altri Horcrux, o a nasconderli in luoghi a lui sconosciuti e inaccessibili. O forse entrambi.

Non poteva decisamente rischiare, o il suo unico vantaggio in quella guerra ancora in procinto di cominciare, ovvero la sua conoscenza accumulata nel futuro, sarebbe diventato futile.

Sempre più persone si stavano insospettendo.

Hermione aveva scoperto che era James Evans, Tonks aveva notato che la fitta rete di bugie che divulgava aveva delle falle, Silente aveva cominciato a tenerlo d’occhio, Raptor lo guardava con diffidenza dovunque andasse, e Piton … Piton sapeva decisamente troppo.

E aveva l’impressione che anche i suoi amici Ron, Neville e Draco, stessero cominciando a chiedersi cosa nascondesse.

Si rigirò l’Anello dei Potter tra le mani, mentre il rubino che vi era incastonato emetteva bagliori vermigli sul baldacchino del letto. Era davvero bello, ma non era certo di volerlo indossare. Una pietra del genere avrebbe dato molto nell’occhio e dato inizio a un turbine di domande. Poteva già immaginarsi Silente mentre si scervellava cercando di capire come facesse a possedere già un oggetto che avrebbe dovuto ricevere a diciassette anni e le voci dei suoi compagni di Casa.

Ma quello è vero?

Wow, dove lo hai preso?

Deve avere molto valore. Sembra essere stato fatto dai Goblin.

La pietra è magica? È strano che brilli così intensamente.

Quando lo indossava, sentiva uno strano calore avvolgerlo. Non sapeva esattamente cosa fosse, ma lo faceva sentire più forte, invincibile. Più potente. Ecco cosa doveva essere: potere. E gli piaceva indossarlo, anche troppo per i suoi gusti. Non voleva diventare schiavo del potere dell’Anello.

Si sforzò di pensare ad altro, riponendo il cimelio di famiglia nel cassetto del suo comodino.

Le sue lezioni supplementari con Piton cominciavano ad Ottobre. Parlando con Silente quella mattina dopo la colazione, avevano convenuto che erano solo trascorse due settimane dall’inizio della scuola, e aveva bisogno di tempo prima di abituarsi alla sua ‘nuova’ vita nel Mondo Magico e trovare una routine quotidiana. O almeno, questa era la versione di Silente. La sua versione era che non si sentiva pronto ad affrontare il suo professore e trascorrere con lui tutto quel tempo.

E adesso, nel mix si era aggiunto anche il processo penale di Minus, nel quale doveva assumere il ruolo di Accusa. Sinceramente, quella parte lo aveva lasciato molto sorpreso. James Evans aveva solo sedici anni, per Morgana. Come potevano affidargli un tale incarico? E di fronte a tutto il Wizengamot, per giunta.

In quel momento gli venne in mente che non ne sapeva assolutamente niente di politica. Certo, aveva comprato dei libri quell’estate e aveva cominciato a leggerne alcuni, ma doveva prepararsi molto di più se voleva evitare di fare la figura dell’imbranato. Il Mondo Magico credeva che James Evans fosse all’altezza, anche alla sua giovane età, di un tale incarico. Lo immaginavano tutti potente, carismatico, un eroe e un prodigio.

Harry ridacchiò. Non aveva avuto in mente di rendere James Evans un’icona. Solo una copertura.

Che ne era poi della parte su Bode? Bode … Broderick Bode … quello stesso Indicibile che aveva origliato durante la sua ‘gita’ al Ministero qualche giorno prima.

Improvvisamente, la sua mente corse indietro al giorno del suo processo.

“Atrium,” annunciò la fredda voce femminile, e le griglie si aprirono, offrendo a Harry uno scorcio remoto delle statue dorate nella fontana. Una strega grassa scese dall’ascensore, e salì un mago con la pelle olivastra e un viso molto funereo.

“’Giorno, Arthur,” salutò con voce sepolcrale mentre l’ascensore cominciava a scendere, “Non ti si vede spesso quaggiù.”

“Affari urgenti, Bode,” rispose il signor Weasley, che saltellava per l’impazienza e scoccava sguardi ansiosi a Harry.

“Ah, certo,” disse Bode, scrutando Harry senza battere ciglio, “Naturalmente.”

Harry sgranò gli occhi. Bode! Ma certo! L’Indicibile che Lucius Malfoy aveva messo sotto Imperius ed era finito al San Mungo cercando di rubare la profezia. Come folgorato, si ricordò della sua visita al signor Weasley durante le vacanze natalizie del suo quinto anno, e di come lì aveva trovato Neville, sua nonna, Frank e Alice Paciock, il Professor Allock, e infine lui, Broderick Bode. Impiegò mezzo secondo per rammentare il fatto che fosse stato strangolato dal Tranello del Diavolo che gli avevano mandato dei Mangiamorte.

Un’ondata di senso di colpa lo investì, seguito da un senso di vergogna, quando si rese conto che era stato presente nel momento in cui la Guaritrice gli aveva portato la ‘piantina innocua’, e che avendo già affrontato un Tranello del Diavolo ad undici anni, se avesse riconosciuto la pianta … allora un povero uomo innocente non sarebbe morto.

Si riscosse con veemenza.

In quel momento, Broderick Bode era ancora vivo e vegeto, e aveva chiesto di incontrarlo. Nessun morto. Nessuna guerra era in corso. Nessun Signore Oscuro era a piede libero. Poteva ancora fermarlo, evitare che il futuro si ripetesse.

Sospirando, si rimise in tasca la lettera di Amelia. Sentiva il forte bisogno di parlare con qualcuno. Parlarci davvero. Qualcuno in cui confidarsi e sfogarsi, spiegare i suoi problemi. Nel futuro, aveva sempre avuto Ron e Hermione al suo fianco. Ma adesso, si sentiva come durante il suo quinto anno, solo ed incompreso. Con l’aggiunta del peso dell’intero mondo sulle spalle. E se non fosse riuscito a salvare tutti? Se le sue decisioni avessero portato a più male che bene?

Adesso sapeva come si era sentito Silente prima di morire. Con la sua conoscenza, poteva cambiare il mondo, ma tutto dipendeva dalle sue decisioni. E anche il preside aveva ammesso che delle volte aveva sbagliato a farne alcune, commettendo errori. Come ad esempio non avergli detto della profezia fino all’ultimo momento.

La sua vita era così complicata, dannazione.

“Tutto bene?” gli chiese Ron preoccupato, entrando nel dormitorio, “Sei rimasto qui per quasi tutto il giorno.”

Harry storse il naso, senza muoversi dal suo letto, “È solo … non lo so. Mi sono reso conto che ho un sacco di cose di cui pensare, e un sacco di faccende da risolvere. Essere Harry Potter fa schifo.”

“Ti va di parlarne?” offrì Ron esitante, sedendosi sul lato del letto.

Harry ponderò l’idea. Questo Ron gli sembrava un undicenne più maturo di quello che era stato nella linea temporale originale, e forse lo avrebbe capito. Ma poi, non conosceva il suo segreto, e non voleva costringerlo a portare un simile fardello sulle sue spalle. Ron era solo un primino: non poteva coinvolgerlo nei casini di James Evans. Era già abbastanza grave che Hermione sapesse.

Scrollò le spalle, “Non è niente. Magari un’altra volta,” disse senza distogliere lo sguardo dal soffitto, evitando accuratamente quello ferito del suo amico rosso, che aveva sperato che si sarebbe aperto con lui.

“Va bene,” acconsentì debolmente il giovane Weasley, alzandosi in piedi, “Hai intenzione di scendere?”

Harry scosse la testa, sentendosi colpevole per aver rifiutato di confidarsi con quello che considerava il suo migliore amico.

Una strana luce si accese negli occhi di Ron, “E invece tu scenderai!” esclamò irritato, “Si stanno tutti chiedendo cosa ti stia succedendo. Tu non sei così, Harry. Non sei il tipo che si chiude in dormitorio tutto il giorno, crogiolandosi nei propri problemi. Quindi adesso alza il tuo prezioso sedere da quel letto e vieni fuori con i tuoi amici,” ordinò Ron con forza.

Il moro lo sguardo senza parole, con l’espressione di uno che era stato appena schiaffeggiato, “Eh?” fece stupidamente.

Lo sguardo di Ron si assottigliò, “Hai capito.”

Ancora sorpreso dallo sfogo del suo amico, Harry si alzò in piedi cautamente. Ron annuì compiaciuto, “Bene, andiamo,” gongolò il rosso, soddisfatto di essere riuscito a smuovere Potter.

-

“ … e poi abbiamo deciso di cominciare ad Ottobre,” concluse Harry sospirando.

Lui, Ron, Hermione, Neville e Draco erano seduti sotto il faggio vicino al Lago Nero, lo stesso del peggior ricordo di Piton. La cosa, all’inizio, lo aveva fatto sentire a disagio, ma dopo un po’, aveva deciso di voler ricordare quell’albero come qualcosa di più piacevole che l’albero vicino al quale suo padre aveva dimostrato di essere un arrogante bullo. L’albero dei Malandrini sarebbe diventato l’albero suo e dei suoi amici, cosicché non avrebbe ripensato a quel ricordo terribile ogni qualvolta lo avesse intravisto.

Aveva appena finito di riassumere il suo incontro di quella mattina con Silente, e tutti i suoi amici sembravano ancora sbigottiti dal fatto che avesse seriamente accettato di ricevere lezioni private da Piton.

Neville scosse la testa, “Devi aver battuto forte la testa.”

“Io invece trovo che sia geniale,” squittì estasiata Hermione, “Insomma, imparerai a preparare un mucchio di pozioni avanzate che non si trovano nel nostro curriculum,” sospirò con aria sognante, “Quanto vorrei essere al tuo posto. Sarei persino pronta a sopportare il Professor Piton.”

Harry roteò gli occhi. Solo Hermione poteva essere eccitata alla prospettiva di seguire corsi supplementari con l’insegnate più odiato di Hogwarts.

“E che dici del Quidditch?” chiese Ron, puntando dritto sull’argomento che più gli interessava.

“Beh,” cominciò Harry, “Non posso volare sulle vecchie scope della scuola, ma per i primini è contro le regole possederne una, quindi penso che dovrò arrangiarmi,” disse, ricordandosi che la Nimbus 2000 che gli aveva regalato la McGranitt era stata una sorpresa, e che quindi non poteva dire ai suoi compagni che sapeva ne avrebbe ricevuta una, “E Oliver dovrebbe testarmi non so quando la settimana prossima: è entusiasta di vedermi all’opera.”

Con la coda dell’occhio, notò Draco accigliarsi leggermente. Evidentemente, non aveva digerito del tutto il fatto che il grande Harry Potter fosse il più giovane Cercatore del secolo. Ma non fece commenti, il che era un bene … no?

“Ehi!”

Alzando lo sguardo, i primini videro Tonks avvicinarsi al faggio di corsa, con un immenso sorriso stampato sulle labbra. In mano reggeva la Gazzetta del Profeta.

Una volta sedutasi di fronte a loro, mostrò fiera il giornale, “La madre della mia amica Lucy Dirt è la co-direttrice della Gazzetta del Profeta, e mi ha fatto avere un’anteprima del giornale di domani.” Mostrò loro la prima pagina.

 

 

La Giustizia È Servita!

di Agatha Cruz

Le nostre fonti ci comunicano che Martedì 17 Settembre, nell’Aula Dieci del nostro Ministero, si terrà un doppio processo.

Quello di Peter Minus, accusato di essere un animagus non registrato, un Mangiamorte, aver venduto i coniugi Potter a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, aver ucciso dodici Babbani, e in seguito aver incastrato Sirius Black, fuggendo e rifugiandosi presso una famiglia di noti maghi purosangue.

Subito dopo, avrà luogo quello di Sirius Black, il quale dovrà essere scagionato da tutte le accuse che lo avevano ingiustamente fatto spedire ad Azkaban dieci anni fa.

Ad entrambi i processi, sarà presente la Corte plenaria, ovvero tutti i membri del Wizengamot e il Ministro Cornelius Oswald Caramell in persona.

L’Accusa del primo processo, ci è stato riferito, sarà rappresentata da James Evans, il misterioso e prodigioso ragazzo che ha riportato a galla la verità dopo un decennio, e che ha trovato uno scudo per la Maledizione Senza Perdono Cruciatus, impresa da sempre ritenuta impossibile.

La Difesa ci è ancora sconosciuta.

Diversi testimoni contribuiranno ad entrambi i processi, tra cui il noto Mangiamorte della cerchia ristretta di Voi-Sapete-Chi, Rodolphus Lestrange, al momento sotto la sorveglianza degli Auror, i quali hanno temporaneamente sospeso la sua pena per il tempo del processo, ma che farà ritorno ad Azkaban subito dopo.

Possiamo ormai dire che dopo dieci anni, la giustizia sarà finalmente servita.

Noi della Gazzetta del Profeta facciamo i nostri più sentiti auguri a Sirius Black, attendendo che venga finalmente decretato un uomo libero.

 

Per rivedere l’articolo sulla scarcerazione di Sirius Black, andate a pagina 3

Per ulteriori informazioni sul passato di Peter Minus, andate a pagina 7

Per altre informazioni su James Evans, andate a pagina 9

Per altre informazioni su Rodolphus Lestrange, andate a pagina 11

 

 

Era un bel articolo, certo, ma Harry rimase piuttosto turbato. Prima di tutto, perché l’articolo non riportava la Difesa, cosa che lo metteva a disagio. Non aveva preso in considerazione il diritto di Minus di avere un ‘avvocato’; a dir il vero, era sorpreso che qualcuno si fosse preso la briga di organizzarsi per difenderlo.

Ma la cosa peggiore era che l’articolo avrebbe umiliato sia Neville che Jeremiah Lestrange. Non solo diceva apertamente che il padre di Jeremiah era un Mangiamorte. A pagina undici c’era un resoconto dettagliato del perché Rodolphus fosse finito in gatta buia: la tortura dei coniugi Paciock.

E poi, gli venne in mente un fatto al quale non aveva fatto caso fino a quel momento. James Evans sarebbe stato la pubblica Accusa. E di conseguenza l’intero Wizengamot lo avrebbe visto. Il processo equivaleva ad una specie di debutto in società, e il suo aspetto, fino a quel momento segreto, sarebbe stato rivelato ad una cinquantina di persone. Se i giornalisti si fossero presentati e avessero scattato una sua foto, allora non avrebbe potuto più operare indisturbato perché tutto il Mondo Magico lo avrebbe visto sulla prima pagina dei giornali.

Se quell’articolo fosse uscito, fuori all’aula dieci si sarebbe presentata un’orda di paparazzi per avere lo scoop riguardante l’esito del processo e la prima foto mai scattata a James Evans.

Merlino. Non poteva permettere che venisse pubblicato.

“Qualcosa non va?” chiese Dora, perdendo il suo sorriso radioso, “Non è un bene? Sirius Black sarà un uomo libero e Minus finirà ad Azkaban!”

Neville aveva assunto una sfumatura verdastra, e fissava il giornale come se volesse bruciarlo solo con lo sguardo. C’era una scintilla di odio nei suoi occhi. Harry non poteva biasimarlo: infondo Neville non era il solo a provare una profonda avversione per colui che gli aveva strappato i genitori.

Hermione, d’altro canto, guardava Harry ferita. Probabilmente perché non le aveva comunicato che James Evans avrebbe partecipato al processo nelle vesti dell’Accusa. Harry la guardò mortificato: aveva voluto dirglielo, davvero, ma non aveva avuto con lei un singolo momento in privato per tutta la giornata.

Draco, incuriosito dalla parte di suo zio Rodolphus, aveva sfogliato la Gazzetta fino a pagina undici. Adesso era piuttosto pallido. I suoi occhi erano puntati verso il Lago, e sembrava si stesse sforzando di non guardare Neville.

Ron … beh, Ron era Ron. Faceva saettare lo sguardo da un suo compagno all’altro, non capendo il significato dello sguardo nauseato di Neville, quello accusatorio di Hermione, quello dispiaciuto e calcolatore di Harry, o quello disgustato di Draco.

“Non è una buona notizia?” domandò il rosso confuso, facendo da eco a Tonks.

“Sì, Ron,” disse Harry lentamente, non sapendo bene come spiegargli la situazione, “Ma questa edizione della Gazzetta … dice un paio di cose, tra le righe, che sarebbe meglio se non venissero lette. Senza contare il fatto che sicuramente James Evans non vuole questa pubblicità” spiegò. La comprensione comparve sui volti dei suoi amici. Abbassò lo sguardo sul giornale, “Devo impedire che venga pubblicato,” affermò deciso.

 “Cosa?!” Dora sgranò gli occhi, “Perché? Come?”

“Ho un contatto nella Gazzetta, e posso fare in modo che l’articolo non venga pubblicato o al limite venga modificato perché non fornisca data, ora, e luogo dell’udienza. O almeno posso provarci,” rispose il moro, ignorando la prima domanda. Si alzò in piedi, “Ho una lettera da scrivere.”

-

“Cosa ha fatto questa volta?” chiese Albus stancamente, massaggiandosi le tempie e guardando Minerva da sopra le lenti dei suoi occhiali a mezzaluna. Il ragazzo accanto a lei sembrava parecchio irritato.

“Ha dato fuoco a uno dei reparti della Biblioteca,” replicò tagliente la McGranitt, “Deliberatamente,” aggiunse furiosa.

“Glielo ripeto, è stato un incidente!” si difese Jeremiah, “Ero solo nel posto sbagliato al momento sbagliato.”

“Madama Pince l’ha vista con i suoi occhi, Lestrange,” le labbra della donna erano unite in una linea talmente sottile da essere quasi invisibili, e il suo sguardo severo ribolliva di rabbia, “Sono sicura che si tratti di un altro dei suoi atti di vandalismo.”

Jeremiah sbuffò.

Sapeva che non era la prima volta che succedeva qualcosa del genere. Come quella volta, al secondo anno, in cui aveva demolito la statua di Corvonero nella rispettiva Sala Comune e gli insegnanti avevano impiegato un mese per rimetterla apposto. O quell’altra, al terzo, in cui aveva fatto esplodere il tetto della Torre di Divinazione perché la Cooman aveva predetto la sua atroce morte (tra l’altro, era stato cacciato dal corso). O quell’altra ancora, sempre al terzo anno, in cui aveva allagato la Sala Grande. E poi c’era quella volta, al quarto … beh, vi siete fatti un’idea. Ma stavolta, per una volta, era innocente.

Era stato Derek. Merlino, se fosse uscito vivo da quell’ufficio (ovvero, se la McGranitt prima non lo avesse scuoiato vivo), Lawns gliel’avrebbe pagata cara. A chi mai verrebbe in mente di portare un drago sputafuoco in miniatura in una biblioteca scolastica? E, naturalmente, Derek era dovuto andare in bagno e lasciargli quel mostriciattolo in custodia. Ma davvero, come diavolo avrebbe potuto sapere che il drago era allergico alle piume di canarino? Dannato compito di Incantesimi!

Nel momento preciso in cui aveva pronunciato l’incanto, Madama Pince aveva svoltato l’angolo della sua sezione, il draghetto aveva starnutito … e il resto è storia. Quando Derek era finalmente tornato dal cesso, ormai il danno era stato fatto. E se l’era data a gambe prima che la bibliotecaria psicopatica lo vedesse.

“Sono innocente!” ripeté Jeremiah esasperato.

Le narici della McGranitt vibrarono per l’indignazione, “Suppongo che adesso ci dirà che il Drago non è nemmeno suo,” sibilò. “Crede che siamo nati ieri?” la donna assottigliò lo sguardo pericolosamente.

Lestrange gemette sconsolato, passandosi una mano tra i capelli. Era inutile. Quella non lo avrebbe creduto neanche se fosse stato messo sotto Veritaserum; probabilmente lo avrebbe accusato di aver sostituito le scorte della pozione personali di Piton con della Sprite Babbana.

“… totalmente irresponsabile. E con tutti i suoi precedenti …” ma quella non la smetteva mai di blaterare? E poi, come aveva fatto Derek a far entrare quel drago nel castello? Uhm … doveva chiederglielo. “… una punizione esemplare …” se solo ripensava alla faccia della Pince mentre osservava le fiamme bruciare i suoi preziosi libri. “… quindi, dopo aver sottratto clementemente 40 punti a Serpeverde, mi sono accertata che non …” Morgana, ma quella non la finiva più. Era solo una sua impressione, o anche Silente sembrava averne piene le scatole? Un momento! Conosceva quello sguardo vacuo negli occhi del preside: era lo stesso che aveva durante le lezioni di Storia della Magia. Aha! Allora non era il solo che se ne fregava altamente di quello che stava dicendo la vecchia megera.

“… per due mesi a cominciare da stasera,” concluse trionfante Minerva, sembrando molto compiaciuta di sé stessa.  Buon per lei.

“Sì, certo Minerva, sono d’accordo. Trovo sia appropriato,” fece l’uomo anziano, annuendo accondiscendente. Incredibile. Sembrava quasi che la avesse ascoltata davvero. Era un vero professionista, si ritrovò a constatare Jeremiah ammirato.

“Ci sarebbe un problema: stasera devo preparare dei test di Trasfigurazione per il quinto anno, e non avrò la possibilità di supervisionare la punizione di Lestrange,” la donna gli scoccò un’occhiataccia, come se lui fosse il motivo per la quale dovesse perdere tempo a fare i test, mentre invece voleva impiegarlo torturandolo senza pietà.

Jeremiah fece una smorfia contrariata, avendo solo in quel momento appreso che il giorno seguente avrebbe avuto un test di Trasfigurazione.

“Ma,” riprese imperterrita la Mc. Che non si dicesse che Minerva McGranitt non fosse perseverante, “Ho sentito dire che Harry Potter deve scontare una detenzione con Raptor, dopo cena. Sono sicura che potrà benissimo controllare un teppista in più.”

Un momento. La McGranitt gli aveva appena dato del teppista?!? Ma quella era discriminazione! Non sapeva che lei fosse razzista nei confronti dei poveri Serpeverdi sfortunati e innocenti incastrati dai propri ex-migliori amici.

Però doveva ammettere che Raptor era l’unico impiegato del corpo docenti con cui non aveva scontato una punizione. E, a dir il vero, l’uomo sembrava un idiota. No, meglio. L’uomo era un idiota. Adorava gli insegnanti facili da intimidire. Una ristata sadica riecheggiò nella sua mente (sarebbe stato inquietante se l’avesse fatta ad alta voce).

L’unico lato negativo era che ci sarebbe stato anche quel moccioso di Potter.

Silente annuì docile ancora una volta, “Naturalmente.” Cadde il silenzio per un paio di secondi. “Goccia di limone?” chiese gioviale.

-

Expelliarmus!”

Protego!”

Ancora una volta riuniti nel passaggio dietro lo specchio al quarto piano, cinque primini, uno dei quali era il grande Harry Potter, davano prova di essere più avanti col programma di Difesa rispetto ai loro coetanei. Nessuno, per il momento, era riuscito a proteggersi con successo dall’incantesimo di disarmo di Harry, ma facevano progressi. Ogni volta che provavano il loro scudo si faceva più resistente.

“Okay, ragazzi. Ora mettetevi in coppia: uno disarma, e l’altro tenta di proteggersi,” istruì il giovane Potter, decidendo di fare una pausa e concentrarsi  un po’ sul proprio progresso magico.

Posò la sua bacchetta infondo al passaggio e si diresse verso il lato opposto. Aveva deciso di cominciare ad imparare a fare magie senza bacchetta. Era consapevole del fatto che fosse difficile, ma ci era già riuscito una volta, durante lo scontro con la Valchiria. Poteva farcela.

Accio bacchetta,” disse fermamente, estendendo il braccio in avanti.

Non accadde nulla, ma se l’era aspettato. Infondo era solo il primo tentativo.

Accio bacchetta,” ripeté, immaginandosi la bacchetta mentre sferzava l’aria, diretta nella sua mano.

Ancora niente.

Accio bacchetta,”  questa volta ci mise più convinzione e forza.

Il bastoncino di legno non si mosse di un millimetro.

Harry aggrottò le sopracciglia, continuando a provare e a riprovare, ma la sua bacchetta semplicemente non sembrava voler collaborare. Si sforzava, davvero, faceva tutto quello che tecnicamente sarebbe servito: si concentrava, pronunciava l’incanto con forza, ci metteva tutta la propria volontà … ma niente. Era così frustrante!

Si avvicinò alla sua borsa e sfogliò il libro sulle magie senza bacchetta che aveva comprato a Knocturn Alley quell’estate, rileggendo con attenzione tutte le istruzioni e i passaggi principali. Il testo diceva che si trattava di una questione di forza di volontà e potere. Non per vantarsi, ma gli era sembrato di avere entrambe le doti. Con un sospiro, ripose il libro e riprese i suoi tentativi.

Col passare dei minuti, quelli cominciarono a sembrargli sempre più patetici. Ad un certo punto, arrivò semplicemente ad implorare alla sua bacchetta di fare come le era chiesto.

“Che stai facendo?” chiese Hermione con un sopracciglio inarcato, interrompendo il suo duello con Draco e facendo saettare lo sguardo dalla bacchetta a Harry, che la stava guardando torvo.

Harry distolse con calma lo sguardo dalla stecca in legno di agrifoglio. Si strinse nelle spalle, “Voglio provare a fare una magia senza bacchetta.”

Neville e Ron trattennero il fiato. A Draco cadde la bacchetta di mano, “Hai perso la testa?!?”

Potter sospirò, “Possibile.”

“Su questo non ho dubbi,” commentò Hermione divertita, “Con tutte le stramberie che fai, tutte le regole che infrangi, e tutte le tue trovate assurde, non mi sorprenderei se uno di questi giorni ci venissero a dire che sei stato ricoverato nel reparto psichiatrico del San Mungo.”

“Haha,” fece Harry acidamente, fissando la sua bacchetta come si fissa una caccabomba sul punto di esplodere, “Sto morendo dal ridere.”

Se Hermione aveva notato il malumore di Harry, non lo diede a vedere, “Scherzi a parte, perché ti è venuto in mente di cimentarti in un’impresa tanto disperata?”

Il moro la guardò incredulo, “Non è ovvio? Immagina quanto sarebbe utile in caso fossi disarmato. Non si può contare solo sulla propria bacchetta, altrimenti in casi urgenti si rimane fregati.”

In un flash, si ricordò di quando era stato catturato e portato a Villa Malfoy, e che non avendo avuto la bacchetta, non erano riusciti a fuggire. Se non avesse avuto con lui il frammento di specchio per contattare Aberforth Silente, sarebbero tutti morti. Era stata tutta fortuna. Solo ripensare alle urla di Hermione, alla disperazione di Ron, e alla paura sua e dei presenti nella cella oscura, gli dava la nausea.

Draco ghignò, “Non mi sembra che tu abbia avuto molto successo,” lo provocò, facendo un cenno nella direzione della bacchetta con la piuma di fenice, che rimaneva ostinatamente nello stesso punto.

Harry lo fulminò con lo sguardo, “So come si fa,” ribatté piccato. “In teoria,” aggiunse poi.

“Se c’è qualcuno che può farcela, quello è Harry,” lo sostenne Neville, guardando l’erede dei Potter fiducioso, “Sono sicuro che un giorno ce la farai, anche se forse adesso è un po’ presto.”

Hermione scosse la testa, non sembrando essere molto d’accordo, “Fare magie senza la propria bacchetta è un’impresa pressappoco impossibile. Nemmeno Silente ci riesce, e Silente è … beh, è Silente!” spiegò con ovvietà, come se solo il nome spiegasse tutto.

“Concordo con Mione,” ammise Ron scuotendo la testa, “Scusa amico. Potrai anche essere bravo, ma insomma … non puoi essere così bravo. Hai solo undici anni,” gli fece notare, “Quello che sai fare è già tanto, ma non puoi arrivare ad eseguire una cosa del genere dopo solo due settimane di scuola. Sii realista.”

Harry sospirò, decidendo di tentare un’ultima volta, “Accio bacchetta!” urlò, in un misto di rabbia e disperazione, concentrandosi tanto da avere quasi mal di testa.

Quella non si mosse.

“Rinunciaci, è un caso perso,” gli consigliò Draco, un po’ troppo soddisfatto per i suoi gusti.

Sbuffando, Harry recuperò la sua bacchetta manualmente, attraversando tutto il passaggio a passi svelti, “E va bene,” disse, per niente contento dei suoi scadenti risultati, “Vediamo i vostri Sortilegi Scudo.”

I suoi compagni annuirono, preparandosi a respingere i suoi Expelliarmus.

-

Cornelius si prese la testa tra le mani mentre osservava la Strillettera rosso acceso appena ricevuta stracciarsi da sola in una miriade di brandelli di carta.

Il Ministro della Magia aveva un aspetto malandato: era pallido, delle profonde occhiaie gli segnavano il volto, dandogli molti più anni di quanti non ne avesse in realtà, e le linee intorno agli occhi e sulla sua fronte sembravano essersi fatte più marcate. I suoi occhi cerulei erano stanchi e fiacchi, ed i suoi capelli, quasi del tutto grigi, erano spettinati, facendogli assumere un’aria trasandata.

Da quando si era sparso lo ‘Scandalo Black’, la situazione all’interno del Ministero si era fatta estremamente caotica. L’ingiustizia smascherata la settimana precedente era solo stato l’inizio: era stato come aprire la prima voragine in una diga, e poco alla volta, quella stava cedendo, dando spazio a un fiume di lamentele.

Gli impiegati si lamentavano per i loro salari, molti membri del Wizengamot lo accusavano di corruzione, i Guaritori al San Mungo chiedevano altri fondi, Albus continuava a dar voce all’assurda idea che Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato fosse ancora a piede libero, e il Mondo Magico era deluso dall’indifferenza ai suoi problemi da parte del Ministero negli ultimi decenni.

La tensione e lo stress prima o poi lo avrebbero costretto a dare le dimissioni.

E tutto per colpa di quel ragazzo, James Evans. Chi diamine si credeva di essere? Era un ragazzino! Come osava fare irruzione all’interno del suo Ministero, smascherare la verità senza che fosse presente, e poi far si che un articolo fosse pubblicato sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta senza il suo consenso? Era il Ministro della Magia, per Morgana! E aveva fatto si che rimanesse escluso dalla serie di eventi che avevano portato a uno scandalo di enormi proporzioni.

Se solo il suo predecessore avesse dato un processo a Black dieci anni prima, adesso non si sarebbe trovato in quel pasticcio. Doveva rimediare agli errori del Ministro Millicent Bagnold. L’intero Mondo Magico si aspettava che facesse qualcosa, che stipulasse delle riforme per migliorare il governo.

L’ultima sua speranza era quella di diffamare Sirius Black, facendo fare a James Evans la figura del bugiardo. In quel caso, tutti gli avrebbero dovuto delle scuse e i suoi problemi sarebbero stati risolti. Ma per fare ciò, aveva bisogno di aiuto.

Alzandosi in piedi, si avvicinò al suo camino afferrando un po’ di polvere. La gettò al suo interno.

“Villa Malfoy!”

-

“Mi passi le costolette?” chiese Ron, non curandosi di inghiottire il suo cibo prima di parlare.

“Ronald!” Hermione arricciò il naso disgustata, “Sto mangiando. Hai mai sentito parlare di buone maniere?”

Harry sospirò. Sempre i soliti Ron e Hermione. Prese il vassoio delle costolette e lo passò al suo amico rosso, che gli rivolse un sorrisone, ignaro del pezzetto di prezzemolo che aveva incastrato fra i denti.

Neville finì le sue patate, “Avete notato che Piton sembra preoccupato?”

Lo sguardo dei Grifondoro saettò sul tavolo degli insegnanti. La McGranitt chiacchierava amabilmente con il preside, il Professor Vitious con la Professoressa Sinistra, e Piton fissava il suo piatto senza toccare cibo. Aveva un’espressione assorta, ed era chiaro che qualcosa lo stesse turbando.

Harry controllò il tavolo alla ricerca di un altro insegnante di sua conoscenza. Ma non c’era. Il Professor Raptor era assente.

Improvvisamente, lo stomaco gli si chiuse e non ebbe più fame. Spinse via il suo piatto, deglutendo un paio di volte per calmarsi. I suoi amici stavano cominciando a fissarlo interrogativi, e lui forzò un sorriso. Indicò il tavolo dei Serpeverde e si alzò in piedi per raggiungere i suoi altri compagni, ignorando lo sguardo assassino di molti studenti dalle cravatte verdi, che a quanto pareva non avevano ancora digerito del tutto la sua presenza.

“Allora?” gli chiese Blaise appena si fu seduto, “Nervoso per la detenzione?”

“Perché dovrei esserlo?” replicò atono, il suo volto una maschera inespressiva.

Daphne gli sorrise calorosamente, “Sarà solo per un paio d’ore, non c’è niente di cui aver paura. Sei o non sei un Grifondoro?”

“Io non ho paura,” mentì in fretta Harry, cercando di convincere sé stesso del fatto che fosse vero.

“Sì, certo. E io sono una ballerina messicana di nome Linda,” fece Theo sarcastico, divorando voracemente la sua fetta di torta al cioccolato.

“Te la sei cercata,” disse Draco, con un sorrisino sulle labbra, “Primo o poi dovevi finire nei guai, con tutto quello che combini. Peccato che sia stato per qualcosa di così stupido.”

Harry si sforzò di non rispondergli male. Seriamente, ma che gli prendeva a Draco? Era tutto il giorno che commentava le sue azioni, e la cosa gli stava cominciando a dar fastidio.

“E poi, non sei il solo ad essere finito nei guai. Ho sentito dire che a Blaise hanno tolto trenta punti per aver fatto saltare in aria un bagno con uno di quei incantesimi nel libro che gli ha regalato la madre,” disse Theo con noncuranza.

Zabini arrossì, assumendo una sfumatura color porpora, “Taci, Linda.”

Nott lo guardò male e poi ritornò alla sua cena.

Harry inghiottì un bignè alla crema e scrollò le spalle, “Beh, infondo non potrà essere tanto male. Che potrà mai succedere?” si maledisse per aver fatto quella domanda, che immediatamente gli fece pensare a sé stesso e Voldemort, l’uno di fronte all’altro, con le bacchette sguainate.

-

Respirò profondamente prima di bussare sulla porta di legno con cautela.

“Avanti,” disse la voce dall’interno.

Raddrizzandosi e decidendo di non mostrarsi impaurito, Harry spalancò fluidamente la porta, entrando e poi chiudendosela alle spalle.

L’aula di Difesa era vuota e puzzava come sempre di aglio, che si diceva dovesse tenere lontano i vampiri dei quali il Professore era ‘terrorizzato’. Dietro la cattedra sedeva Raptor, il ritratto della tranquillità in persona. L’uomo gli indicò una sedia di fronte a sé.

“Siediti, Potter,” la voce era tagliente e glaciale, l’espressione altrettanto fredda.

Senza proferire parola, il primino fece come richiesto. Una volta seduti l’uno di fronte all’altro, tra loro calò un silenzio teso, interrotto solo dal monotono ticchettio dell’orologio appeso alla parete, le cui lancette indicavano le otto e mezza.

Si squadrarono per un paio di altri momenti, entrambi determinati a non rompere il contatto visivo per primi. Ma Harry non era idiota: non lo guardava dritto negli occhi, nonostante Raptor stesse cercando determinato di incrociare il suo sguardo.

Frustrato, il burattino del Signore Oscuro si decise a parlare, “Io non tollero l’impertinenza, Potter.” Si alzò in piedi con lentezza, cominciando a spostarsi per la classe, senza però staccare gli occhi dall’undicenne. Harry dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non voltarsi e seguire i suoi movimenti. Era spiacevole dare le spalle al proprio nemico. Alla fine, però, riuscì a rimanere immobile come una statua, impassibile.

Raptor raggiunse la finestra, e la cicatrice cominciò a pulsargli dolorosamente.

“Non ho idea di cosa ti abbiano detto sul mio conto,” riprese il Professore voltandosi verso di lui, “Ma credimi quando ti dico che sono tutte voci, la maggior parte delle quali infondate. Sono solo un semplice professore, con un paio di fobie, certo, ma che comunque ha intenzione di dedicare la propria vita nell’incessante lotta contro le Arti Oscure. Per questo ho fatto domanda per la cattedra di Difesa.”

Bugiardo, per poco non lo accusò Harry. Raptor credeva che Silente lo avesse messo in guardia sul suo conto? Era per questo che gli stava dicendo di diffidare delle ‘voci’ su di lui? Voci che, tra l’altro, erano inesistenti.

“Quindi, Potter,” l’uomo si portò dall’altra parte della scrivania, di fronte al giovane. Appoggiò le mani sul legno, cercando di instaurare di nuovo un contatto visivo. Harry tenne la testa bassa. “Cosa sai?” gli chiese piano.

Harry valutò un attimo la domanda, decidendo che fosse il caso di rispondere, “Che lei è un ottimo attore.”

Raptor sbiancò. “Spiegati Potter!” gli abbaiò contro, temendo che la sua copertura fosse saltata.

Harry alzò un sopracciglio, cercando di ignorare le fitte alla cicatrice, “Lei è molto astuto. Recita la parte dell’insegnante debole, suggestionabile, facile da intimidire, e balbettante. Fa si che tutti la sottovalutino. Ma io non me la bevo. Ho già visto persone come lei,” a questo punto dovette trattenere una smorfia per il dolore alla fronte, “A lei non importa niente della cattedra di Difesa. Ci deve essere qualcosa sotto,” finse un’espressione pensosa, come se non sapesse davvero che si trattasse della Pietra Filosofale.

Raptor cominciò a ridere. Era una risata sinistra e priva di divertimento, che gli fece rizzare i peli sulla nuca, “Ma bravo Potter,” sputò il nome, “Sei molto più furbo di quanto pensassi. Mi domando perché tu non sia finito tra i Corvonero.”

Harry si strinse nelle spalle, “Il Cappello Parlante voleva mettermi a Serpeverde,” sapeva che quell’informazione avrebbe stuzzicato l’interesse di Voldemort.

“Sì,” annuì Raptor pensoso, “Sarebbe stata una Casa decisamente appropriata. Devo ammettere che anche tu sei un grande attore,” gli occhi dell’uomo saettarono per la stanza, perdendosi nei dettagli dell’aula, “Far credere a tutti di essere il simpatico, talentuoso ed innocente undicenne, diventare il cocco dei professori e del preside assicurandoti la loro protezione, forgiare ‘amicizie’ in tutte le Case … molto furbo.”

L’uomo ricominciò a muoversi per l’aula. Harry s’irrigidì istintivamente. Detestava non poterlo vedere, e il fatto che il professore gli stesse ruotando intorno gli ricordava un predatore che studiava la sua preda.

“Anche io ho visto ragazzini come te,” continuò il Professore di Difesa con voce melliflua, “Ambiziosi, e che sanno ciò che vogliono e come ottenerlo.” Harry si chiese se quella non fosse una referenza a Tom Riddle. “Ma sanno anche,” fece una pausa, arrestando la sua lenta andatura, “Quando è il momento di farsi da parte e lasciare che gli eventi svolgano il proprio corso, senza interferire.”

Harry fu colto da un’ondata di rabbia e strinse i denti. Raptor stava cercando di dirgli di tenere la bocca chiusa e lasciare che si impossessasse della Pietra? Era certo che il suo professore non sapesse che era a conoscenza della presenza della Pietra nella scuola, ma davvero pensava che fosse tanto stupido e codardo da dargli retta?

“Naturalmente,” disse Harry distaccato, facendogli credere di averla avuta vinta. Raptor quasi sorrise vittorioso. “Vuol dire che aspetterò quel momento, nonostante dubiti che arriverà mai,” aggiunse il primino, premiato da un’altra dolorosa fitta alla cicatrice.

“Avevo detto che non tollero l’impertinenza, Potter!” ringhiò l’uomo, finalmente perdendo la pazienza.

La bacchetta di Harry passò in un lampo dalla fondina sul suo avambraccio alla sua mano, mentre si preparava ad un eventuale attacco. Balzò in piedi, mettendosi faccia a faccia con Raptor, mentre il cuore gli batteva all’impazzata nel petto.

Entrambi sollevarono le loro bacchette.

Era il momento che, sin dall’inizio della scuola, sapeva sarebbe arrivato. Lo aveva atteso a lungo, era semplicemente inevitabile: lui e Voldemort, da soli, nella stessa stanza, non poteva stare per più di dieci minuti senza cominciare a duellare.

Raptor agitò rapido la bacchetta, “Reducto

“È permesso?”

Per la sorpresa, Harry per poco non scansò la maledizione. Si mosse all’ultimo secondo, e quella colpì uno scaffale ricolmo di libri alle sue spalle, polverizzandone una dozzina con un forte bang che risuonò nell’aula.

“Ma che cazzo –“

“Signor Lestrange,” lo interruppe freddamente Raptor, mettendo immediatamente via la bacchetta, “Cosa ci fa lei qui?”

Jeremiah aveva gli occhi talmente spalancati che sembravano sul punto di saltargli fuori dalle orbite. Continuava a scoccare occhiate allibite dalla libreria fumante, a Harry, a Raptor, e poi di nuovo alla libreria. Si ricompose in fretta, cercando di non far traspirare la sua sorpresa.

“La McGranitt mi ha assegnato una detenzione, signore. Avendo altri impegni stasera, mi ha detto di venire da lei, che già stava supervisionando la detenzione di Potter,” inarcò un sopracciglio, sfacciato, “Ho interrotto qualcosa?” aggiunse sarcastico.

Harry per poco non sorrise. Jeremiah aveva avuto un tempismo perfetto. Se solo avesse saputo che era Voldemort quello con la quale stava avendo a che fare …

Lestrange sembrava totalmente a suo agio, ma dentro era piuttosto agitato. Possibile che Raptor l’incompetente avesse appena attaccato Harry-Il-Moccioso-Potter? Allora non era un idiota. E cos’erano quelle urla che aveva sentito dal corridoio? Un litigio? Cosa stava accadendo tra il grande Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto  e il nuovo Professore di Difesa?

Quirinus, d’altro canto, non sembrava molto contento della presenza del prefetto alla detenzione, e non si curò nemmeno di mostrare il contrario, “B-Bene,” riprese a balbettare, “V-Venite con m-me.”

L’uomo si diresse verso la porta, facendo loro cenno bruscamente di seguirlo. I due studenti si scambiarono uno sguardo quasi d’intesa prima di fare come richiesto.

I corridoi del castello erano deserti a quell’ora, considerando che il coprifuoco era scattato da almeno quaranta minuti. Non incrociarono nessun insegnante di pattuglia, né alcun prefetto in giro per le proprie ronde, né Gazza, né alcun fantasma. Tuttavia, una volta passarono davanti a Mrs. Purr, che miagolò serafica osservando i due malcapitati seguire il professore per la scuola, senza avere la minima idea di quale fosse la loro destinazione.

Arrivati al settimo piano, Raptor li guidò fino al corridoio che conduceva alla torre sud. Arrivò ad una porta all’apparenza molto antica, e aprendola si udì un sinistro cigolio. La stanza era ampia, quadrangolare, e molto mal illuminata. Ed era colma, fino al soffitto, di cianfrusaglie. Vecchie armature arrugginite, sedie a dondolo disfatte, scacchiere rotte, frisbee zannuti, liquidi non identificabili, schegge di vetro, lampade, mobili sottosopra, libri, cibo andato a male, e oggetti confiscati che Harry non riuscì a nominare. Il tutto ricoperto da tre spesse dita di polvere e in alcuni casi muffa. C’erano solo due fiaccole appese alle pareti, che emettevano una fredda luce azzurrina, che si sarebbe potuta confondere con quella lunare che filtrava dalla finestra aperta.

“B-Buon lavoro,” augurò Raptor, guardando soddisfatto il macello nella stanza, grande quanto la metà della Sala Grande.

“Vorrà scherzare, spero,” si lamentò Jeremiah, guardando l’insegnante truce, “Perché non lo fa fare agli elfi domestici?”

Raptor sorrise, e Harry capì che c’era qualcosa sotto, “Gli elfi hanno paura di questo posto. Alcuni di loro hanno tentato, e non hanno fatto più ritorno.”

Lestrange scoppiò a ridere di gusto, credendo che lo stesse prendendo in giro. Poi notò la faccia cupa di Potter e quella compiaciuta del suo Professore, e capì che era vero. Sgranò gli occhi ed esaminò meglio l’enorme stanza, persino più grande della sua Sala Comune. Gli parve di vedere un’ombra muoversi dietro un’armatura.

“Niente m-magia,” puntualizzò Quirinus, ghignando malevolo. Posò per terra un secchio pieno d’acqua, una spugna, una scopa, ed uno straccio. Poi li lasciò da soli, chiudendo la porta con un sonoro clank, causato dai cardini pesanti e di metallo.

Quando furono sicuri di essere soli, Harry sospirò, “Beh, mettiamoci a lavoro,” disse, alzandosi le maniche della sua divisa fino ai gomiti.

“Correzione,” fece Jeremiah acido, “Tu ti metti a lavoro. Io supervisiono.”

“Te lo scordi!” esclamò il primino, per niente spaventato dallo sguardo minaccioso del quindicenne, “Non faccio tutto io! La detenzione dobbiamo scontarla entrambi.”

“Io non ho fatto niente di male,” sbraitò Lestrange. Afferrò lo stracciò e glielo lanciò addosso, “Ergo, tu fai tutto il lavoro.”

“Neanche io ho fatto niente di male!” gli urlò contro l’undicenne, “Non ho infranto alcuna regola!” si difese. All’occhiata che gli diede Jeremiah si dovette correggere, “Non mi hanno messo in punizione perché ho infranto una regola. Mi è stata data una detenzione per aver riso, e quindi tecnicamente sono innocente.”

“Oh, povero piccolo,” lo derise il Serpeverde, “Dispiaciuto perché Raptor non ha calcolato il tuo status di     Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto?”

Harry lo guardò furioso. Non gli era mai piaciuto essere famoso, e nella precedente linea temporale, uno dei motivi per la quale aveva odiato Draco Malfoy era che gli rinfacciava la sua fama di continuo. Emotivo com’era, si lasciò trasportare dalla rabbia, “E tu? Sei sempre così frustrato perché sai che probabilmente c’è già una cella ad Azkaban con il tuo nome?”

Il momento in cui lo disse, desiderò rimangiarsi tutto indietro. Guardò Lestrange mortificato, “I-Io non volevo. Io –“

“Fanculo Potter,” sibilò il prefetto con astio, dandogli le spalle e raccogliendo la scopa, dirigendosi al lato opposto della stanza.

In silenzio, ancora vergognandosi per essersi sfogato così su Jeremiah, Harry raccolse lo straccio, lo immerse nell’acqua del secchio,  e poi andò a pulire il primo tavolo che trovò.

La superficie era grigia. Dovette passare il panno sette volte sullo stesso punto per vederla veramente, liberandola dalla polvere. Quel posto doveva essere in disuso da anni, anzi meglio, decenni. Continuò a pulire con acqua per circa mezz’ora, e anche allora finì solo metà del tavolo.

Alzando lo sguardo, vide che Lestrange non era in condizioni migliori di lui. I capelli neri del ragazzo erano ricoperti di sporco e i suoi vestiti piuttosto spiegazzati. Per il resto però, a causa del suo aspetto aristocratico, non si era scomposto. Certo, aveva allentato la cravatta e portava la camicia fuori dai pantaloni, ma non per questo aveva un’aria meno regale. Anche perché di solito era così che portava l’uniforme.

Il quindicenne smise un attimo di spazzare, e appoggiandosi alla scopa si passò una manica sulla fronte per asciugarsi le poche gocce di sudore che vi erano. Osservò un attimo il suo lavoro: aveva spazzato un quarto della stanza, ma per far risplendere il pavimento bisognava pulire con acqua. A quello avrebbe pensato dopo. Il secchio era vicino al moccioso, e non gli andava di avvicinarsi a Potter.

Come aveva osato giudicarlo a causa degli errori commessi dai suoi genitori? L’idiota! Si credeva davvero tanto superiore perché i suoi genitori erano dei grandi Auror? Gli avrebbe fatto capire chi era il migliore tra i due.

Un’armatura crollò per terra, facendo sobbalzare entrambi.

Si voltarono a guardarla, un po’ apprensivi e scoccando occhiate agitate negli angoli più bui della stanza.

“Sei stato tu, Potter?” chiese Lestrange, tentando di essere pungente e non far tremare la voce. Non era una femminuccia che si faceva spaventare facilmente. Per quanto ci provasse, non riuscì a nascondere il nervosismo dal suo sguardo.

“N-No,” rispose Harry, non riuscendo a mascherare la sua paura bene quanto il quindicenne. Involontariamente, si avvicinò al ragazzo più grande.  Aveva bisogno di supporto, e nonostante Jeremiah Lestrange non fosse il candidato ideale, era meglio che niente. Onestamente, Harry ne aveva abbastanza di situazioni pericolose e per una volta non voleva essere lui a risolverle.

Un tavolino si rovesciò, facendo cadere per terra un calice di cristallo che, stranamente, si polverizzò da solo al contatto con il suolo. Una folata di vento dalla finestra aperta spense le fiamme delle fiaccole, lasciandoli al buio.

Lestrange afferrò il braccio di Harry per accertarsi di non perderlo nell’oscurità. I cuori di entrambi i ragazzi martellavano freneticamente nel loro petto al pensiero di cosa fosse accaduto a quei poveri elfi domestici che non avevano mai più fatto ritorna da quella stanza.

“HAHAHA!” una risata diabolica riecheggiò intorno a loro. Una risata che entrambi conoscevano.

“PIX!” urlò irato Jeremiah, grato del fatto che Potter non potesse vederlo arrossire al buio. Si era fatto spaventare da un poltergeist, per Circe! In quel momento notò che il calice aveva sporcato tutta la zona che aveva spazzato. Perfetto! Di bene in meglio; adesso doveva ricominciare.

“HAHA! Ma guarda chi c’è! Lestrange, due settimana e sei già in punizione? Hai battuto il tuo record personale,” sotto i loro occhi, il poltergeist tornò visibile. I suoi occhietti vispi si posarono su Harry, “Potter! Che sorpresaaaa!” Pix fluttuò per la stanza, facendo cadere altre quattro armature, “Mi spiace Lestrange, ma ti ha battuto. Neanche tu sei riuscito a farti dare una detenzione dopo due settimane di scuola al primo anno.”

E ridendo sguaiatamente, soffiò la polvere presente sulla metà sporca del tavolo che Harry stava pulendo sulla parte che già aveva pulito.

“Pix, se non te ne vai, giuro che dirò al Barone Sanguinario che hai importunato la Dama Grigia,” minacciò calmo il giovane primino, guardando scocciato il tavolo che prima aveva diligentemente liberato dallo sporco.

La reazione fu istantanea. L’essere irritante smise di ridere e lo guardò allibito, “Tu sai?!” disse a voce sorprendentemente bassa.

Harry si strinse nelle spalle. Pix annuì, e ancora leggermente sorpreso, volò attraverso la porta, decidendo di non voler mettersi contro l’erede dei Potter. Ma non prima di aver rovesciato un’altra dozzina di mobili.

Lestrange fissò Potter male, ancora non avendo dimenticato l’offesa di poco prima, “Allora? Cos’era quello? La faccenda del ‘tu sai?’” chiese burbero, riprendendo la scopa e cominciando a spazzare di nuovo.

“Beh,” Harry decise che non fosse poi una grande tragedia se diceva una verità, almeno parziale, “Mi è stato detto che Pix prende ordini solo dal Barone Sanguinario, e ho scoperto che da vivo lui aveva una cotta per la Dama Grigia,” spiegò, cercando di celare il senso di colpa per l’allusione che aveva fatto ai genitori del ragazzo che aveva di fronte.

“Davvero?” gli occhi blu elettrico del prefetto sembrarono brillare, per un solo istante, della stessa luce di quelli si Sirius, “Come hai fatto a scoprire una cosa del genere?”

“L’ho chiesto alla Dama Grigia,” ammise l’undicenne. Sorrise appena, “Avevo troppa fifa per chiederlo al Barone Sanguinario.”

“Fifa?” Lestrange alzò un sopracciglio, “Da quando i Grifoni hanno fifa? Non eravate l’emblema del coraggio e della stupidità?”

“Non sono Grifone al cento per cento,” Harry si morse un labbro. Perché si stava confidando con un Serpeverde che lo detestava? “Il Cappello era indeciso tra Grifondoro e Serpeverde, e sembrava più incline a mettermi in quest’ultima Casa. Alla fine mi ha messo a Grifondoro perché,” esitò un attimo. Se gli avesse detto che aveva rifiutato di essere smistato tra le Serpi ed aver chiesto di finire nella casa rossa e oro, Lestrange non lo avrebbe mai più ascoltato, “Perché avevo già fatto amicizia con tre Grifondoro, e allora pensava che sarebbe stato più facile per me adattarmi alla vita scolastica.”

“Eppure, a me non sembra che ti saresti trovato male tra le Serpi,” puntualizzò Jeremiah sospettoso, “Avevi già fatto amicizia anche con Malfoy, e a quanto vedo vai d’accordo con quasi tutti i primini della mia Casa. Non sarebbe stato così difficile se tu fossi diventato uno di noi.”

Harry si chiese che cosa intendesse con ‘non sarebbe stato così difficile’. Intendeva difficile per lui inserirsi nella Casa, oppure che non sarebbe stato tanto difficile per il Black accettare la sua offerta di pace?

“Sì, forse hai ragione,” concesse l’undicenne, scrollando le spalle e riprendo lo straccio per pulire il tavolo, ricoperto di nuovo di polvere.

-

Raptor ripassò a mezzanotte per controllare a che punto fossero arrivati. Avevano solo pulito per bene una porzione della stanza, così, disse loro di continuare finché non avessero finito, promettendo che sarebbe ripassato per accertarsi che non stessero battendo la fiacca.

Fu molto più difficile di quanto si aspettassero, perché dovettero anche lucidare gli oggetti in argento e riparare i mobili rotti. Verso le due, i due studenti stavano ancora navigando in alto mare, ben lungi dal completare la loro straziante detenzione.

“Non ce la faccio più,” si lamentò stanco Harry, sedendosi sulla prima sedia che trovò. Chiuse un attimo gli occhi nel tentativo di riposarli un po’. In quelle ultime quattro ore, lui e Jeremiah avevano parlato molto, ed aveva scoperto che il prefetto non era tanto male. Aveva molti difetti, come la sua aggressività, il suo pessimismo, e il suo caratteraccio, ma quando non ti insultava, stargli intorno era quasi decente.

“Piantala di fare pause e rimettiti a lavoro, Potter!” sbraitò Lestrange genuinamente incazzato. Eh già. Il loro rapporto era proprio cambiato. A quanto pareva, il quindicenne era uno di quelli che diventavano irascibili se non dormivano ad una certa ora.

Sospirando, l’undicenne si rialzò in piedi e si diresse verso il lato non pulito della stanza, portandosi dietro il secchio d’acqua (che tra l’altro aveva dovuto cambiare con escursione dalla stanza al bagno dei prefetti al quinto piano. E trasportare un secchio pesante su e giù le scale non era esattamente il massimo). Si avvicinò alla parete e notò un quadro. Delle spesse ragnatele lo coprivano completamente, e quindi non si vedeva cosa raffigurasse.

Per niente impaurito dalla possibilità che ci fossero dei ragni (ce n’era a dozzine nel sottoscala di casa Dursley), Harry le afferrò e strappò via, mostrando il ritratto impolverato di un uomo dall’aria regale. Quello lo guardò, ma non proferì parola né si mosse dalla sua posa. Tutto ciò che fece fu puntare il dito affusolato in direzione di qualcosa che evidentemente era al di fuori della cornice.

Harry seguì l’indicazione fino al muro, dove vide un … foro. Era piccolo e poco profondo; ci sarebbe entrata la punta di una penna o di un dito sottile. O di una bacchetta.

Colto da un’improvvisa ispirazione, Harry sollevò la propria.

“Che fai?” chiese brusco Lestrange, notando che aveva in mano l’oggetto magico, “Non possiamo usare la magia. Se Raptor torna e ti vede allora ti farà pulire altre dieci stanze come queste per la prossima settimana. Chi l’avrebbe mai detto che era un tipo più rigido della McGranitt?”

“Ho sempre saputo che fosse un tipo più diabolico della McGranitt,” replicò Harry, indeciso se infilare la bacchetta nel buco o meno. E se avesse combinato qualche casino?

“Ti sbagli,” lo corresse Jeremiah, “Più perfido forse. Ma nessuno è più diabolico della Mc. Secondo me trascorre le giornate ad inventare nuovi metodi per torturarmi,” era chiaro dal suo tono che lui e la professoressa non avevano mai avuto un gran rapporto, “Ora, vuoi dirmi che vuoi fare con la bacchetta?” chiese irritato, lasciando la scopa per terra ed avvicinandosi.

“Vedi questo,” Harry indicò il buco superficiale nella parete, “Penso che bisogna infilarci dentro la propria bacchetta.”

“E poi?” indagò il Serpeverde, guardando guardingo il piccolo foro.

“E poi … non lo so cosa accadrà,” ammise il primino, preparandosi ad infilare la sua fidata bacchetta.

Il quindicenne gli afferrò il braccio di scatto, guardandolo come si guarda uno Schiopodo Sparacorda, “Sei più imbecille di quanto immaginassi! Ma come ti viene in mente di testare una cosa del genere? Dico, hai mai preso in considerazione la possibilità che potresti morire? Sei almeno dotato di un briciolo d’istinto d’auto sopravvivenza?”

“Merlino come sei paranoico!” sbottò Harry scocciato, sciogliendosi dalla presa del prefetto, “Siamo a Hogwarts, uno dei luoghi più sicuri dell’intera Gran Bretagna. Pensi davvero che qui si possa morire? Non c’è niente di pericoloso in questa scuola!” non era tecnicamente la verità, considerando che un serpente col potere di uccidere con lo sguardo stava facendo un pisolino sotto il castello, ma questo Jeremiah non doveva saperlo.

Lestrange si prese la testa tra le mani e cominciò a scuoterla, “Se vuoi finire male, fai pure,” disse facendo un passo indietro.

Attingendo al suo coraggio da Grifone, in un unico fluido movimento, Harry infilò la punta della bacchetta nel foro della parete.

Niente.

Attese un paio di secondi e riprovò di nuovo. Non accadde nulla. Notando che non succedeva niente di potenzialmente invalidante, Jeremiah si fece avanti fino ad affiancarlo, “Sai,” sussurrò piano, come se gli stesse confidando un segreto di enormi proporzioni, “Penso sia solo un piccolo foro su una parete.”

Sentendosi immensamente ridicolo, Harry arrossì. Guardò accusatorio il ritratto dell’uomo, che ricambiò lo sguardo prima di dirigersi verso una porta nello sfondo, farne scattare la serratura, ed uscire dal ritratto come se nulla fosse.

Harry sgranò gli occhi, comprendendo cosa voleva che facesse, “Ho capito!” esclamò. Infilò la bacchetta nel buco e la girò di novanta gradi a destra.

Quello che avvenne dopo fu talmente rapido che nessuno dei due adolescenti comprese cosa fosse accaduto finché non fu troppo tardi. Il pavimento scomparve. Letteralmente. O almeno, la parte sotto i loro piedi. Un momento prima c’era, e quello dopo no.

Entrambi urlarono come femminucce mentre il mondo che li circondava rimaneva in alto e loro sprofondavano nel vuoto. E così andò anche a farsi benedire la dignità di Jeremiah.

L’oscurità li avvolse, e presto non furono più in grado di vedere ciò che li circondava. Smisero di urlare dopo i primi cinque minuti; dopodiché compresero che la caduta sarebbe stata molto più lunga di quanto era parso all’inizio.

Furono i riflessi da Cercatore di Harry che li salvarono. Prima o poi avrebbero raggiunto il suolo, e non era il caso di morire schiantati. Afferrò la sua bacchetta, ed evocò un materasso.

Rimbalzarono sulle molle, facendosi un po’ male al primo impatto, e poi caddero per terra.

“Ugh,” grugnì Lestrange, sentendo la fredda pietra sotto la guancia. Fece forza sulle braccia e si portò a sedere, guardandosi intorno indolenzito. Sgranò gli occhi.

“Oh Morgana,” sussurrò Harry pietrificato.

Si trovavano in una caverna. Un’immensa caverna circolare. Era altissima e spaziosa, e nelle pareti asciutte e di roccia erano presenti passaggi grossi quanto case che conducevano Merlino solo sapeva dove. Sembrava che fossero nelle viscere stesse della Terra. L’aria era umida e afosa, e il silenzioso gocciolio delle stalattiti alle stalagmiti continuava la sua costruzione di colonne calcaree.

E naturalmente, c’era la cosa più sconvolgente di tutte. Quello che li aveva più sconvolti. O meglio, ciò che li aveva terrorizzati.

Al centro della caverna, dormiente, c’era un Drago.

Era lungo nove metri, con squame nere e ruvide. Lungo la schiena aveva una fila di creste basse ma affilate come rasoi, la sua coda terminava con una punta a forma di freccia, e possedeva delle ali simili a quelle di un pipistrello. Ad ogni suo respiro, dalle narici venivano emesse nuvolette di fumo nero, e dal rumore sembrava stesse russando. Aveva un’aria estremamente minacciosa ed aggressiva.

“Dannazione,” mormorò Jeremiah, guardandosi intorno allarmato. “Non ti muovere Potter. È meglio che non si svegli,” come se l’undicenne avesse avuto in mente di fare il contrario, “Ma che ci fa questo … questo coso sepolto sotto Hogwarts?” si chiese.

“E che ne so io?” fece Harry, guardando timoroso l’imponente creatura. Ne aveva abbastanza di Draghi. La maggior parte dei maghi che li affrontavano non viveva per raccontare di averci avuto a che fare, eccetto forse i domatori. Era tanto da parte sua chiedere di non rivederne più uno? L’Ungaro Spinato al quarto anno e il Drago alla Gringott non erano stati un pericolo sufficiente?

Eppure, doveva dire che Lestrange non aveva tutti i torti. Che ci faceva un bestione del genere sotto il castello? Pensandoci, non era la prima volta che trovava una creatura pericolosa sotto la scuola, ma insomma, quello era un Basilisco. Questo era un Drago. Okay, forse non c’era poi tanta differenza. Entrambi non avrebbero avuto problemi a far fuori un mago ed erano carnivori.

“Era una domanda retorica, idiota,” il prefetto accanto a lui roteò gli occhi scocciato. “I Draghi stanno cominciando a starmi sulle palle. Portano solo guai,” commentò aspramente. Ignorò l’occhiata interrogativa del primino mentre internamente rigiurava vendetta nei confronti di Derek.

Rimasero in silenzio per un attimo, osservando la creatura in silenzio. Quella continuò a russare sommessamente.

“Sai di che razza è?” indagò piano l’undicenne, allentandosi la cravatta. Nella caverna, il calore che produceva il Drago era pazzesco.

Il quindicenne inclinò la testa di lato, esaminando la creatura più attentamente, “Non ne sono sicuro. Penso che sia un … Nero delle Ibridi. È uno dei due draghi nativi della Gran Bretagna. È peggio del Verde Gallese, da quanto ne so.”

Harry deglutì, “Ma infondo non può essere peggio di un Ungaro Spinato, vero?”

Jeremiah per poco non scoppiò a ridere, nonostante la situazione piuttosto critica, “Stai scherzando? Un Ungaro Spinato? Non c’è paragone. L’Ungaro è l’esemplare più raro, aggressivo e pericoloso mai esistito. Tuttavia, questo qui non scherza. Guardati intorno: ti sembra che abbia mangiato negli ultimi decenni?”

Harry si rese conto con disgusto che la caverna era disseminata di piccole ossa, forse di ratti o talpe, ma sempre di piccola taglia. Oh santa Circe. Erano ossa di elfo domestico quelle ai piedi del bestione? Potter deglutì di nuovo. Per quel Drago, loro due sarebbero stati lo spuntino dell’anno. Ma inspiegabilmente, il giovane si sentì rassicurato dalle parole della Serpe. Non perché fosse al sicuro o in buona compagnia, ma perché se era riuscito a sopravvivere in un testa a testa contro uno Spinato e quel Nero delle Ibridi era meno pericoloso, almeno aveva una chance di sopravvivenza in caso di attacco.

“Allora, Lestrange,” cominciò Harry casualmente e con calma invidiabile, “Come usciamo di qui?”

“Dimmelo tu, Potter,” fece il quindicenne sprezzante, “Non eri tu il più brillante studente che Hogwarts avesse mai visto? Il ragazzo prodigioso? Il grande Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto?”

Harry si sentì prendere dal panico, “Aspetta. Mi stai dicendo che siamo bloccati qui? Con questo coso? Senza via di uscita?”

Jeremiah emise un verso di scherno, “Wow. Allora è vero che hai un cervello, anche se sei un po’ lento ad usarlo.”

Uno strano verso partì dal Drago, che fletté una zampa lievemente. Harry sobbalzò guardando male il ragazzo più grande, “Non mi sembra il momento di scherzare.”

“E chi scherza?” replicò prontamente il Serpeverde.

Irritato, l’undicenne si alzò in piedi e si avvicinò al materasso sulla quale erano atterrati, le ossa degli animaletti che scricchiolavano mentre le calpestava. Alzò lo sguardo verso l’alto, per vedere se il passaggio verso la stanza delle cianfrusaglie al settimo piano fosse ancora aperto, ma vide solo il buio.

“Potter?”

 “Non penso che possiamo tornare da dove siamo venuti,” Harry non degnò Lestrange di uno sguardo, mentre continuava a guardare in alto per controllare l’improbabile via d’uscita.

“Potter?”

“Anche se riuscissimo a trovare un modo per scalare la parete, non possiamo sapere se il passaggio è ancora aperto,” continuò a riflettere il Grifondoro, “Quindi forse ci conviene provare con uno di quei tunnel,” disse riferendosi al gran numero di aperture sotterranee presenti.

“Potter.”

“Che c’è?” sbottò frustrato il primino, cercando di non perdere il filo delle sue riflessioni sulle vie di fuga. Le sue parole furono ricambiate da un tanto sperato silenzio tombale. Sospirò soddisfatto, ma poi aggrottò la fronte.

E in quel momento si rese conto che il regolare russare del Drago era cessato.

-

Severus Piton procedeva a passo svelto per i corridoi di Hogwarts.

Non si fidava di Raptor. E guarda caso, lui e Potter dovevano servire una detenzione insieme. Questo significava solo una cosa: male. Molto male.

Eppure, Potter aveva ammesso sotto Veritaserum che non ci fosse niente di losco sotto. Allora perché aveva l’impressione che stesse avvenendo qualcosa tra i due, proprio davanti i suoi occhi, e non riuscisse a capire di cosa si trattasse? Era sicuro che non si stesse sbagliando.

Era appena stato da Minerva, che gli aveva detto che Lestrange sarebbe stato presente alla punizione. Tuttavia, quell’informazione non aveva alleviato le sue preoccupazioni. Merlino solo sapeva cosa sarebbe scaturito da un mix di Raptor/Potter/Lestrange. Lestrange odiava Potter. Potter odiava Raptor. Raptor odiava Potter e provava antipatia per Lestrange. Non sarebbe stato sorpreso se ci fosse già stata un’azzuffata.

Senza bussare, fece irruzione nell’aula di Difesa e si guardò intorno. Era deserta. L’unico particolare fuori posto era uno scaffale pieno di libri semidistrutto, i cui tomi dovevano essere stati polverizzati da qualche maledizione. Severus sentì il sangue gelarsi nelle vene.

Silente gli aveva affidato gli incarichi di sorvegliare Raptor e proteggere Potter. E non era riuscito nel primo e forse aveva fallito nel secondo.

Imprecò sottovoce lasciando la stanza, dirigendosi a passo spedito alla ricerca dei due studenti. Dove diamine si potevano essere cacciati?

“… vile scarto della natura!” decantò Gazza da dietro l’angolo, seguito dalla risata sguaiata di Pix ed una pernacchia.

“Qual è il problema, Argus?” chiese calmo il Maestro di Pozioni con voce completamente piatta. Si avvicinò al custode sadico, tenendo il poltergeist nel suo campo visivo. Era una serie minaccia se lasciato a piede libero. Non aveva mai incontrato essere più irritate. Eccetto i Potter, naturalmente.

“Ero di pattuglia, alla ricerca di studenti da punire … aahhh, quanto mi mancano i vecchi tempi. All’epoca si appendevano per i pollici nei sotterranei,” una strana luce, vagamente folle, brillava negli occhi del vecchio uomo, “Oppure peggio. Bei tempi,” ammise con un sospiro sognante e gli occhi socchiusi, come se stesse rivivendo i suoi momenti preferiti, “Proprio bei –“

“Argus,” tagliò corto Piton, seccato, mentre Pix cominciava a fluttuare via emettendo suoni sconci, “Ti spiacerebbe venire al punto.”

Il custode sembrò riscuotersi, “Ah sì. Il punto, certo,” aggrottò la fronte e barcollò leggermente, “Non ricordo esattamente quale fosse …”

Severus roteò gli occhi e lo scansò per procedere lungo il corridoio.

“Mrs. Purr!” sentì Gazza tubare smielato, “Come cara?” la gatta miagolò e il vecchio proruppe in una risata satanica, “Potter e Lestrange dici?”

Okay. Era piuttosto inquietante il fatto che il pazzo parlasse con il proprio gatto, e ancor più inquietante il fatto che lo capisse. Ma infondo aveva le informazioni che gli servivano. Così, Piton fece dietrofront e con un alquanto ‘affascinante’ movimento dei capelli, tornò sui suoi passi.

“Come hai detto, Argus?” indagò con freddo disinteresse, “Riguardo Potter e Lestrange?”

“Ah sì! Quei due sono in detenzione. Da quanto ho sentito, sono da soli al settimo piano. Nell’Aula 739,” un’altra risatina gli sfuggì, “Devono ripulirla.” E poi si allontanò gongolante.

E mentre Severus Piton si affrettava a raggiungere la sua nuova destinazione, non poté fare a meno di chiedersi se il custode, Argus Gazza, avrebbe mai smesso di bere dalle scorte che sequestrava agli studenti mentre era in servizio.

-

Esistono tre reazioni diverse alla morte.

In genere, quando ti ritrovi faccia a faccia con quella che potrebbe essere la morte, vedi la tua vita passarti davanti agli occhi. Semplicemente, quando stai per morire, viene naturale pensare alla propria vita.

Ci sono persone che invece vanno in blackout. In altre parole, il loro cervello sembra spegnersi. Smette di funzionare. Non puoi fare altro che rimanere fermo ed aspettare che arrivi. Non pensi. Il cervello si offusca, e non puoi fare assolutamente nulla per salvarti. A malapena di rendi conto che si tratti della fine.

E poi c’è la terza categoria. Quella dei pochi con i riflessi sempre pronti e che non reagiscono con la mente, ma con l’istinto. La categoria di coloro che, specialmente ad un passo della morte, sono perfettamente lucidi.

Harry poteva dire per certo, dopo tutte le sue esperienze di quasi morte, di appartenere a quest’ultima.

In quel momento, probabilmente, stava guardando negli occhi la morte. Ed aveva gli occhi viola. Viola brillante. Eppure, nonostante la paura, sentiva il proprio istinto dirgli di spostarsi molto lentamente. I suoi occhi si mossero in fretta, registrando tutti i dettagli della caverna, ogni singola squama sul corpo della possente creatura magica.

Fortunatamente, anche Lestrange sembrava la stesse pensando allo stesso modo. Entrambi cominciarono ad indietreggiare con cautela.

“Hai qualche idea, Potter?” sussurrò il Serpeverde, a malapena muovendo le labbra. Il cervello dell’interpellato stava correndo a mille all’ora, sforzandosi di trovare una soluzione.

Il Drago ruggì e spalancò le fauci nella loro direzione.

“Dietro il materasso!” urlò Harry, gettandosi su di esso e rotolando per terra dall’altra parte. Vide Jeremiah saltare e ripararsi, inseguito dalle fiamme eruttate dal Nero delle Ibridi.

Il caldo era insopportabile e tangibile. Poterono chiaramente avvertire le molle del materasso sciogliersi per il calore mentre lo usavano come scudo.

 Niente panico,” ragionò un Harry sul punto di farsela sotto, avvertendo il mastodontico Drago ergersi sulle zampe posteriori. La coda della creatura ondeggiò ed andò a sbattere contro un muro alla loro destra, facendone staccare un pezzo, che crollò proprio a pochi metri da dove era rannicchiati.

Sentì Lestrange sbuffare, “È tutto ciò che sai dire? Siamo a tre secondi da una morte certa, e tutto quello che sai dire è niente panico?!?” la sua voce lasciò trapelare una vaga nota di isterismo. Il quindicenne rinsavì un attimo, riacquistando lucidità, “Okay. Facciamo il punto della situazione. Il Drago è feroce, ma non particolarmente scaltro. Inoltre, la sua considerevole mole, in uno spazio ristretto come questo, è un altro punto in nostro favore,” il suo tono pratico tranquillizzò il giovane Potter, che cominciò a seguire la sua logica. Poi il Serpeverde lo guardò dritto negli occhi, “Senti, per quanto mi dia fastidio ammetterlo, se vogliamo uscirne vivi, dovremo collaborare.”

Harry non esitò ed annuì, “Trovo sia giusto. Che si fa?”

Jeremiah tirò fuori la sua bacchetta dalla propria veste, “Siamo maghi, no? Usiamo la magia.”

Harry rifletté, “Siamo proprio sicuri che sia il caso di ucciderlo? È un esemplare piuttosto antico. Per quanto ne sappiamo potrebbe essere qui dall’epoca dei fondatori.”

Lestrange arricciò il naso, “Preferisci essere mangiato da una lucertola gigante?”

Un altro ruggito fece loro accapponare la pelle. Una delle zampe del Drago sprofondò nei resti di quello che un tempo era un materasso, dietro la quale tra l’altro si stavano ancora nascondendo, ed alzando lo sguardo, i due studenti si ritrovarono a fissare la pancia della creatura da sotto.

“Io dico di svignarcela prima che decida di sedersi su di noi.” Harry e Jeremiah scattarono in piedi, un po’ barcollanti, e corsero verso il lato opposto a quello del muso del Drago, non guardandosi indietro.

Evidentemente, la creatura era a disagio e non aveva lo spazio necessario per muoversi facilmente, perché quando sembrò notare la fuga dei due e si voltò all’improvviso, la sua coda ondeggiò di nuovo, colpendo Harry di schiena e spingendolo in aria in un volo di quattro metri.

“Whoaa!!!!!!!!!” Il ragazzo atterrò sulla ruvida roccia con un tonfo, sbucciandosi mani e ginocchia. Merlino! Brucia, pensò stringendo gli occhi.

“Potter!” Lestrange si affrettò a raggiungerlo e lo aiutò a rimettersi in piedi, “Bel volo. Ti sei rotto qualcosa?”

“No,” sbottò Harry irritato. Era tardi, aveva sonno, gli bruciavano i graffi che si era fatto, aveva sopportato un Serpeverde per circa cinque ore, era quasi stato affatturato da Raptor, e adesso era da qualche parte nelle viscere della terra con un Drago. Che giornata di merda.

Una vampata di fuoco interruppe i suoi pensieri, costringendolo a gettarsi di nuovo per terra. Per un secondo pensò che sarebbe finito arrostito allo spiedo, ma uno scudo lo risparmiò dalle fiamme, e ringraziò mentalmente il fatto che Lestrange fosse molto più versatile ed esperto di lui nelle arti magiche. Lui quel tipo di scudo non lo conosceva.

Le ali del Drago non si riuscivano ad aprire del tutto, e la sua coda ondeggiò pericolosamente, scontrandosi contro il soffitto di pietra, e quasi generando una frana nella caverna.

“Cazzo!” imprecò Lestrange, proteggendosi il capo con le braccia. Ad Harry era venuta un’idea, ma prima che avesse l’occasione di metterla in pratica, una roccia gli cadde in testa, e il giovane sibilò per il dolore.

Il Drago reagì al suono in modo strano: sembrò ritrarsi leggermente.

I due studenti si scambiarono un rapido sguardo, intenzionati ad approfittare di quell’attimo di distrazione. Harry estrasse la sua bacchetta dalla fondina sull’avambraccio, “Confrigo!” urlò, puntandola sul soffitto.

Mezza caverna esplose sopra il bestione, e una spaventosa valanga di massi e pietra gli crollò addosso, seppellendolo. Con un ultimo ruggito furioso, la testa del Drago finì sotto le macerie.

Nella caverna regnò il silenzio, fatta a eccezione per il respiro affannoso dei due ragazzi al suo interno.

Si guardarono, ricoperti di sudore, sporco, e sangue. A Lestrange sanguinava il labbro, la punta dei suoi capelli era carbonizzata, e la sua divisa era tutta squarciata. Harry non aveva un aspetto migliore: sentiva che la roccia che gli era caduta in testa lo aveva tagliato, e poteva avvertire un rivolo di sangue rigargli il lato del volto. Le sbucciature gli bruciavano in modo assurdo, e i suoi vestiti erano da buttare.

Jeremiah fischiò, “Però,” commentò, fissando la montagna che era crollata addosso al Drago, “Quell’incantesimo non è roba da primini.” Si passò una manica logora sulle labbra, rimuovendo il sangue.

Harry scosse la testa, “Pensiamo a come uscire, piuttosto.”

“Per una volta, sono d’accordo con te,” ammise il Serpeverde con una smorfia.

Harry guardò uno dei tanti tunnel che si diramavano da quella caverna, “Ne percorriamo uno?”

“Ma anche no!” esclamò Lestrange, incavolato, “Siamo finiti in questo casino per colpa del tuo istinto suicida. Non ho intenzione di incamminarmi in un labirinto di gallerie sotterranee in cui non solo potremmo perderci e non sapere come tornare, e in tal caso perderemmo anche il nostro unico punto di riferimento sottoterra, ma c’è anche la non tanto improbabile possibilità che ci possa essere qualche altro Drago qui sotto,” concluse il quindicenne, soddisfatto della sua brillante esposizione.

“Non ci avevo pensato,” bofonchiò Harry, lievemente imbarazzato.

Jeremiah roteò gli occhi, “Ma davvero? Quando hai infilato la bacchetta in quel dannato foro avevi forse riflettuto sulle conseguenze?” domandò sarcastico.

“E comunque,” riprese Harry, ignorando l’altro ragazzo, “Quello che tu chiami ‘istinto suicida’, io lo chiamo spirito d’avventura,” si difese, mantenendo la testa alta.

“Oh, se non volevi che lo chiassi ‘istinto suicida’, bastava dirlo. Potevo anche usare imbecillità, idiozia, stupidità, stoltezza, ottusità, deficienza –“

“Ho afferrato il concetto!” lo interruppe Harry. Si guardò intorno, “Ma, tornando al discorso principale, non credo che ci sia altro da fare se non percorrere uno dei tunnel.”

Lestrange considerò la situazione, e purtroppo si rese conto che non vi erano alternative se non fare come aveva detto Potter, “Bene,” concesse di malavoglia, “Ma quale? Ce ne saranno una dozzina.”

Harry non rispose e si morse il labbro inferiore. Aprì e chiuse la bocca svariate volte, ma non riuscì a replicare. Si concentrò sull’area circostante, cercando di venire a capo di quell’enigma.

Per la prima volta da quando era precipitati lì sotto, Harry si sentì completamente svuotato e smarrito, come un qualunque undicenne. Desiderò non essersi mai cacciato in quella situazione e non essere mai quasi morto. Desiderò avere una comune e noiosa vita, con genitori assillanti e iperprotettivi. Desiderò  non avere una profezia sulle spalle, o l’intero Mondo Magico da salvare. Desiderò essere una persona libera.

E in quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa perché quei desideri si avverassero e lui fosse chiunque, tranne che Harry Potter.

 

 

-

 

Umm … come avrete notato il capitolo è incompleto. Di solito non lascio un capitolo a metà, ma in questo caso, dovrete aspettare il prossimo per leggere di come Harry e Lestrange riusciranno ad uscire da quella situazione. Come ho già accennato, parto, e quindi non ho la minima idea di quando ricomincerò a scrivere. Probabilmente a Settembre, il che significa che il nuovo capitolo arriverà probabilmente ad Ottobre. So che la parte finale è orrenda, ma …. Boh, non so come mi sia venuta, sinceramente.

Spero che comunque il resto del capitolo vi sia piaciuto . Un bacio e buone vacanze,

koky

  
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