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Autore: SakiJune    06/08/2010    2 recensioni
In "Fly Little Wagtail" avevamo lasciato Clarissant risvegliata ad una nuova vita e ad un nuovo amore. Qui ritroveremo Bedivere, Lucan, Amren ed Eneuawc; conosceremo Elyan e quel bacchettone di suo padre Bors, Garanwyn e le sue canzoni. E con i loro occhi vedremo il mondo disfarsi, la gloria farsi vergogna, la realtà vacillare."Guardando i propri figli inginocchiati davanti al re, mentre pronunciavano il loro giuramento, Bors e Bedivere sorridevano. Ma non confondete, ecco, questi due sorrisi, badate. L'uno significava dominio, orgoglio, sollievo; l'altro tenerezza, partecipazione, amore."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Bedivere
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Itonje reloaded'
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Oddio, mi sa che è troppo corto. Terribilmente corto, ma mi sembrava compiuto in sé. I veri nemici cominciano a scalpitare di malvagità e come al solito non riesco a resistere alle convenzioni: cattivi da una parte e buoni dall'altra XD Non sono per niente convinta delle "ragioni" di Melehan, ma ormai l'ho impostata così -.- *depression*







Capitolo sei - Addio a Camelot


Il fiume scorre in diagonale tra le colline di gesso, a nord, e le miniere di argilla nella parte meridionale di Lindsey. Attraversa la capitale per poi dirigersi verso il mare, e sfocia in un maestoso estuario non lontano dal luogo dove re Arthur combatté la prima volta contro i Sassoni. Lady Clarissant era tornata a contemplare quel paesaggio incantevole dal castello di Lincoln, ma senza più traccia d'incanto nello sguardo. E quanto al contemplare, temo sia una personale trovata poetica; non aveva tempo per affacciarsi o guardarsi attorno. Sir Bedivere era il signore di quelle terre, come primogenito del duca Corneus, ma le responsabilità di cui era investito presso la corte di Camelot gli avevano reso impossibile governare in prima persona. Lo stesso valeva per Lucan, legato a doppio filo alle necessità del re; perciò fino ad allora era stato Sir Griflet a occuparsi di tutto. Oh, l'aveva conosciuto bene durante tutti quegli anni, e sapeva che mai l'invidia l'aveva sfiorato; amava i suoi cugini ed era felice che fossero tanto benvoluti dal re... e amava Lindsey, i suoi altopiani e le sue distese verdi, le spiagge che da Grainthorpe corrono giù fino al golfo. L'abbondanza dell'ultimo raccolto, di cui stavano per gustare i frutti, era stata anche il suo estremo, inconsapevole dono.
No, lei non era stata l'unica a soffrire, eppure non si era curata che del proprio dolore!
Aveva dimenticato che non è la morte, ma il disamore a distruggere. E finché c'era amore bisognava vivere.
Era il momento di asciugarsi le lacrime e rimboccarsi le maniche. Se ci sarebbe stata una guerra, al re suo zio occorrevano uomini e risorse, e Lindsey avrebbe dato tutto ciò che poteva.


Amren era tornato dall'assedio di Joyous Gard (che stava per cambiare nuovamente nome) con l'orrore negli occhi. Benché non fosse stato costretto a scontrarsi direttamente con Elyan, l'aveva pur visto combattere tra le schiere di Sir Lancelot e l'emozione che gli si agitava in corpo era alquanto ambivalente.
 "Tu, che mi eri amico, che ho risparmiato e protetto in virtù del mio sentimento per Garanwyn" aveva pensato freneticamente nella mischia "hai causato con le tue azioni una strage senza limiti, per cui la mia famiglia è ora in lutto stretto. E voglio pensare che la vita della regina meritasse un tale sacrificio, ma non vi credo appieno, e una furia mi spinge a svergognarti e battermi con te, non molto diversa da quella che prova il mio nobile zio Sir Gawain. Non lo farò se mi sarà possibile, ma è ciò che provo e non posso negarlo."
In verità, la rabbia nei confronti di Elyan era nulla rispetto a quella che provava per se stesso, per aver permesso che tutto ciò accadesse e non averne pagato il prezzo. Avrebbe desiderato morire per espiare la colpa di aver usato l'anello, ma non era accaduto; anzi si era battuto con valore e ciò non era passato inosservato agli occhi di re Arthur.
- Vostro figlio è un degno e forte guerriero, Sir Bedivere, potete andarne orgoglioso - aveva dichiarato solennemente. E suo padre aveva risposto: - Non avevo dubbi in proposito, ma sono lieto che abbia potuto dimostrare i suoi meriti al vostro servizio.
Quel senso di vergogna si ingigantì a udire parole così scontate e vuote. S'immaginò cosa sarebbe successo se in quel momento avesse urlato: "Ebbene, potrei combattere mille battaglie, ma questo non laverà mai la mia colpa, poiché ho lasciato fuggire una spia e mi sono sottratto al destino che meritavo". Ma a quale scopo? Era da egoisti cercare una punizione, perché in questo modo avrebbe ferito tutti coloro che lo amavano.
Perciò si era rassegnato a tacere, ed era rientrato in quella città opprimente, in quella reggia un tempo splendida che ora echeggiava di morte e abbandono.
Avevano perso così tanto. Pensava a Lovell, così spensierato, malizioso e sempre in cerca di facili sottane, e gli veniva un groppo alla gola; e a Sir Griflet, che non avrebbe mai più rivisto Lindsey. Ma soprattutto pensava a Sir Gareth e al dolore di sua madre.
Eppure c'era ancora qualcosa di bello a Camelot, e da lui era tornato.
Garanwyn, il suo piccolo tesoro, la sua gioia.

S'intreccia ai nostri steli la gramigna,
e invano tu vorresti liberarmi,
'ché più ci provi, peggio s'aggroviglia.
Attendere che secchi forse è saggio,
ma forse non sfioriamo noi altrettanto?

Com'erano diventate tristi e complicate le sue canzoni! E come echeggiava il suono della sua arpa nelle stanze vuote, come stridevano i sorrisi contro quei pugni allo stomaco che ti ricordavano "No, non c'è nulla per cui gioire"! Eppure ci si poteva ancora amare. C'era ancora un filo di fiducia da respirare in quell'atmosfera - mentre ancora credevano che la bolla papale avesse sistemato tutto.
Ad esempio, il rapporto tra Garanwyn e Kay era leggermente cambiato.
Se prima fingevano di non conoscersi, ora li trovava in un atteggiamento piuttosto amichevole; tenendo conto che per i canoni di Sir Kay una sequela di male parole era l'apice delle manifestazioni d'affetto. Era fin troppo chiaro che la morte di Celemon l'aveva colpito profondamente facendogli riconsiderare alcune priorità della sua vita. Si stava rendendo conto pian piano che Garanwyn non l'avrebbe mai odiato nonostante i suoi errori, e questa constatazione gli procurava un timido piacere fino ad allora sconosciuto. Inoltre non stava proprio ringiovanendo, e si sa, anche certi uomini di pietra inteneriscono con l'età.
Pensare ad un avvicinamento tra quei due lo rinfrancava, ma era pur triste il motivo di quel sollievo. Sapeva infatti che un giorno avrebbe dovuto lasciarlo per sempre, di non essere destinato ad un'infruttuosa vita di corte ma ai brevi e fulgidi giorni dei guerrieri; sempre la notte lo visitavano immagini di fredde pianure dell'Est brulicanti di eserciti, dove un sole smorto luccicava sulle spade e sulle armature, e la brina ingentiliva il colore rugginoso delle asce abbandonate dai vinti.
Eppure no! Non era stata questa la sua prima battaglia! Non era questo che aveva vissuto sotto le mura di Joyous Gard! Non la dovuta riconquista dei territori dei suoi avi, non la risposta fiera a crudeli invasori - solo il rigurgito di un rancore profondo, che non si sarebbe forse mai sanato né assopito. E tuttavia una metà del suo sangue era sangue di Orkney, e non l'avrebbe tradito. Così non versò una lacrima quando 
vide sfilare il lungo corteo di Sir Lancelot che riportava la regina a Camelot, e fu solo con un lieve sussulto che scorse Elyan tra i cavalieri vestiti di verde. Non gli importava più. Se c'era qualcosa al mondo in grado di alterare sul serio i battiti del suo cuore, era la voce di Garanwyn che cantava per lui, i suoi baci, il suo rossore, e davvero nient'altro contava in quei momenti.


- E voi, cosa ne pensate? Siete d'accordo con Gawain? Credete sia doveroso intraprendere questa guerra?
Bedivere non fu sorpreso a quella domanda, eppure esitò a rispondere.
Gli occhi del re lo scrutavano, e sulle prime non capì che non esisteva una risposta giusta e neppure una sbagliata. Arthur Pendragon si affidava totalmente, in quel momento, ai suoi pochi uomini rimasti.
 Non era uno sciocco, non lui. Era nato "al di qua dello stretto", amava la sua terra. Aveva troppe cicatrici sulla pelle e nell'anima perché potesse dimenticare a quale prezzo i loro padri avevano conquistato l'indipendenza della Britannia, e quanto fragile fosse l'equilibrio della pace con i Sassoni. Ma ugualmente non fece obiezioni.
- Sire, voi desiderate il mio consiglio, e forse mi credete imparziale. Ebbene, vi sbagliate. Sapete che vi seguirò, perché così comanda il mio cuore.
E il re credette che questa fosse la più bella dichiarazione di fedeltà che gli fosse capitato di udire da uno dei suoi cavalieri, e certo più sincera di quelle di Sir Lancelot in tutti quegli anni... certo, era pur vero, ma prima che ad Arthur, Bedivere era fedele alla sua sposa.
Troppo alte erano state le grida che Clarissant aveva alzato al cielo, e mai troppo stretta aveva potuto tenerla a sé in quei giorni di incubo. Forse ora ella era più serena, occupata in mille incombenze e responsabilità, ma di certo soffriva ancora. Molte cose sono state dette riguardo alla guerra tra gli uomini di Arthur e quelli di Lancelot, ma una certezza posso azzardarla: se il sangue di Sir Gareth non fosse stato versato, Lancelot avrebbe potuto tradire mille volte la fiducia del re, e uccidere altre mille infide creature come Agravaine, senza che nessuno alzasse un dito contro di lui.
- Ho dunque la piena disponibilità dei vostri soldati?
- Ma naturalmente, mio signore... mi servirà solo il tempo per radunare i reggimenti...
- Partite immediatamente per Lindsey, allora. Vi scriverò per comunicarvi quando potremo salpare.
Se torneremo, era sottinteso. Bedivere si inchinò, colmo di gratitudine: poter riabbracciare sua moglie era più di quanto sperasse.
- E porterete vostro figlio con voi, naturalmente.
Amren tentò di nascondere il suo turbamento. Si inginocchiò a sua volta mormorando - Con permesso, sire - e al gesto stanco di Arthur uscì a passo svelto.
Quel viaggio era una sorpresa, e benché anche lui fosse felice di rivedere sua madre ed Eneuawc (forse per l'ultima volta, ricordò rabbrividendo), era altrettanto contrariato di dover lasciare Garanwyn prima del previsto.

Lo trovò vicino al torrente, in uno dei loro luoghi segreti. Se ne stava rannicchiato, cosicché non poteva vederlo in viso; aveva con sé un piccolo flauto e ogni tanto vi soffiava dentro, ma solo per emettere lunghe, malinconiche note solitarie. Non l'aveva udito arrivare.
- Garanwyn.
Non si mosse, soltanto ripose lo strumento tra le pieghe della veste.
- Mio padre ed io dobbiamo andare a Lindsey. Non potevo partire senza... dirtelo... - Esitò, la fronte aggrottata, e si avvicinò a posargli una mano sulla spalla: lo sentì sussultare e quando gli prese il viso tra le mani, vide che era coperto di lividi.
- Non-non è niente. È successo altre volte e succederà ancora.
Amren scoprì i denti in una smorfia paurosa. - No. Non succederà mai più, te lo giuro. - Corse via, ma Garanwyn lo raggiunse incespicando da far pietà e si aggrappò a lui supplicando: - Non devi batterti con lui! È il figlio del principe, la ragione sarà sempre sua... non fa niente, davvero! E visto che te ne andrai di nuovo, dovrò abituarmi a non avere nessuno che mi difenda! Dovrò imparare a fare da solo, ebbene, ci riuscirò!
Piansero insieme, stringendosi forte, e quasi il piccolo non sentì il richiamo delle ossa doloranti. Un bacio disperato e intenso li unì ancora una volta, ed in quel sapore non riuscivano a fingere che non fosse un addio. Infine Amren fece appello alla rabbia e alla volontà, e posando le labbra sui suoi occhi, sussurrò in fretta il meglio che trovò fra le parole d'uso. Questa volta Garanwyn non fece nulla per fermarlo. Restò sulla riva a guardare la propria ombra.

- Sir Melehan! Fatemi il piacere di guardarmi!
- Cugino, se sei impazzito sfogati con qualcun altro. - rispose quella faccia da schiaffi con sufficienza. - Faresti meglio a prepararti...
- Vi sto sfidando, se non avete compreso. E nego ogni nostra parentela da questo giorno.

Il clangore delle spade richiamò il Consiglio all'esterno; volti pallidi sgranarono gli occhi davanti a quel duello così poco opportuno. Era davvero inaudito, in quel frangente! Il re apparve contrariato, quasi furioso per quel pericoloso contrattempo, e scoccò uno sguardo di disapprovazione verso Mordred - che a sua volta fissò Bedivere come se volesse incenerirlo. Questi si riscosse dalla sorpresa ma non sapeva come comportarsi; avrebbe prima voluto conoscere le ragioni di quello scontro. Sir Lucan, dal canto suo, sembrava lì lì per scoppiare a ridere ed applaudire.
Melehan era svelto e abile con le armi, ma non aveva la forza fisica di Amren. E, più di tutto, non aveva la sua volontà di combattere. Suo padre gli aveva raccomandato più volte di mantenere un basso profilo, ma lui e Melou se n'erano bellamente infischiati con le loro prepotenze a destra e a manca: questo era il risultato, e ora rischiava grosso. Non poteva abbandonare il campo, poiché sarebbe stato giudicato un vigliacco, ma se avesse vinto... oh, andiamo, doveva innanzitutto evitare di finire tagliuzzato! Contrattaccò, compensando con la velocità all'irruenza del suo aggressore. Iniziò a prenderci gusto, perché diciamola tutta, quella faccia da carciofo gli era sempre sembrato ridicolo. Odioso. Patetico. Ma ahimé, terribilmente forte... per un certo tempo riuscì a tenergli testa, ma in seguito si ritrovò soltanto a difendersi.
Finalmente Arthur comandò ai due giovani di interrompere immediatamente la contesa.
- Trovo ignobile che in un momento così grave e importante troviate il tempo per accanirvi l'uno contro l'altro. Sir Amren, partite il prima possibile e non comparitemi davanti fino alla partenza per il Continente; Sir Melehan, vi affido alla clemenza di vostro padre e vi diffido dal presentarvi in Consiglio finché non vi manderò a chiamare. Ma prima, per la vostra anima, ditemi per quale futile ragione stavate lottando!
Melehan rimase in silenzio, lo sguardo basso e truce: la clemenza di Mordred era ben nota a lui e Melou sin dalla più tenera infanzia.
- Nobile sire, sono stato io a sfidare mio cugino - dichiarò Amren quando ebbe ripreso fiato. - Egli ha percosso crudelmente il figlio di Sir Kay, che è un mio buon amico nonché il più raffinato cantore in questa corte, e non è stata la prima volta. Quale onore gli può mai portare, dal momento che egli non può difendersi a causa della sua infermità? Lo trovo un insulto ai principi della cavalleria e ad ogni legge umana e divina, e ho ritenuto intollerabile un comportamento tanto vile.
- Sta bene: se le cose stanno così, Sir Melehan è senza dubbio in torto. Ma non spettava a voi sfidarlo, bensì al padre del ragazzo, e mai comunque senza il mio permesso.
Sir Kay guardava da un'altra parte, irritato di sentirsi chiamato in causa.
- Ma egli non se ne cura! Guardate, non gli importa niente! - Il groppo che gli era salito alla gola gli impedì di continuare, e fu un bene, perché il re non tollerò oltre quel linguaggio e gli intimò nuovamente di prepararsi alla partenza.

Ho già accennato al fatto che Sir Mordred si fosse tanto adoperato con i suoi figli perché non suscitassero scandalo o attenzione a corte; a voi, che conoscete quali intenzioni egli avesse, non sfuggirà il significato di tali raccomandazioni. Non voleva in alcun modo dispiacere ad Arthur prima di avere l'occasione di impossessarsi del trono, e ogni parola o azione andava ponderata, poiché un passo falso l'avrebbe messo presto in cattiva luce più di quanto già lo fosse. Potete dunque immaginare la sua ira, dal momento in cui venne a conoscenza delle infamie che il suo primogenito commetteva alla luce del sole. Lo rimproverò di volerlo portare di proposito alla rovina, e arrivò a schiaffeggiarlo, giurando che non lo considerava più suo figlio.
Melehan non disse nulla a propria discolpa.
Si massaggiò la guancia, con l'odio nel cuore. No, non odiava suo padre, non ne era capace. E non gli importava più nulla dello zoppetto canterino. Lui odiava Amren. Si augurò che Sir Lancelot lo uccidesse, e poi non gli bastò ancora, voleva ucciderlo lui stesso. Come, non lo sapeva ancora, e a quel proposito non lo preoccupava eccessivamente l'essere stato quasi sconfitto poco prima. Doveva morire per sua mano, in un modo o nell'altro... magari proprio sotto gli occhi di Sir Bedivere, ah! L'ebbrezza di quei pensieri lo consolava un poco dell'umiliazione subita, e vi dedicò tutto il tempo finché rimase in disgrazia presso i suoi parenti. Coltivò quel progetto così bene che nei sogni lo vedeva già sbocciare, rosso come le carni che avrebbe strappato.


   
 
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