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Autore: kannuki    10/10/2005    5 recensioni
“Ascoltami. Ti dirò tutta la verità sulla vita di un uomo. Ti dirò tutto sul suo amore per le donne. Di uno che non arrivò mai ad odiarle."
Lo conosce da poco ma non può più farne a meno. La conosce da poco ma ne è già innamorato. Troppa distanza, troppa differenza di età. Troppo sposato.
Troppo disillusa per caderci.
E poi...
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Questo racconto è virtualmente inventato. E' virtualmente vero ed è virtualmente doloroso.
E non ha una fine.


Io devo raccontarla…devo raccontarla a qualcuno perchè se non lo faccio, non riuscirò più a smettere di pensarci.
Penso che vederla nero su bianco mi aiuterà ad astrarla dalla mente, come se fosse uno dei tanti libri che leggo nei buchi di  tempo.
Dovrei scrivere l’ultimo pezzo della tesi, ma non riesco, sono troppo deconcentrata. Lo sapessero le mie amiche mi darebbero della pazza.
Forse lo sono, per quella notte lo sono stata.
Completamente impazzita e fuori del mio corpo, come se non mi appartenesse più.

Mi scrive ogni giorno lettere molto carine, mi fanno sorridere. Ha una certa affettuosità nelle parole e nelle frasi che fa sorridere e fa stare bene. Mi fa ridere perché dice di essere un gran rimorchione e anche se non ci credo molto, lo lascio fare perché ha una fonte inesauribile di storielle da raccontare.
Continuo a parlarci, ha un quadretto molto dolce di me e non so quanto sia vero e quanto mi stia mentendo. Non m’interessa, mi piacciono quelle dita virtuali sulla schiena che mi accarezzano quando sono depressa.
Poi succede …il casino. Non un casino, un dannatissimo casino! Non pretendo che capiate. Ascoltatemi e basta.

Avete presente la prima scena del film di Modigliani? Quando Jeanne, disperata per la morte del suo grande, unico amore, chiede perdono per il gesto che sta per compiere?

'Avete mai amato così tanto da condannare voi stessi all'inferno per l'eternità?'

Io non l'ho fatto. Ma sto per farlo.

Ma niente suicidio, tranquilli.
 

°°°°
Lunedì

"E Internet oggi non funziona?"
Sbuffo, mi siedo di schianto sulla sedia da ufficio che gira tutta camera con le sue rotelline piene di polvere, rigando il pavimento incerato da poco. "E dai che devo stampare le dispense del corso!"
Miracolo, la rete non è morta. "E ce l'abbiamo fatta" sibilo collegando la stampante e canticchiando fra i denti una vecchissima canzone anni 80 che mi è tornata in mente la sera prima e non mi ha fatto dormire.
"Carry the way by the moonlight shadow.." sussurro mandando in stampa il materiale.
Lancio un'occhiataccia al livello di inchiostro che vira troppo in basso, pregando che non finisca a metà di un discorso.  "Stars move slowly in the silvery night, Far away on the other side..."

"Finisci l'inchiostro e io ti smonto e ti vendo!" Sbotto alzando un dito verso la Canon che continua a sfornare placida i fogli perfettamente stampati. "Mh, vedo che ci siamo capiti" mugugno scaricando la posta...chissà se le ha scritto oggi...

"Ma con chi parli?"

"Col computer." Mammina mai che si fa gli affari suoi!

Eccolo!

Con un sorriso enorme, apro la letterina sigillata e mi metto comoda, perdendomi nelle SUE parole.
Mia madre passa casualmente con una pila di vestiti che ha appena stirato, visto che io è troppo posapiano per farlo da me. E troppo impegnata a 'studiare'.
A cazzeggiare, semmai!


"Ma t'ha riscritto quel tipo?"

"A-ah. Va via" mugugno ridacchiando e arrossendo per la delicatezza e la malizia di quelle parole digitate la sera prima. "Questo lo adoro, ha sempre una parolina carina e... perfetta!"
"E dove sta, sta delizia d'uomo?"
"Lontano. Il tempo di un eco e lo spazio dello sbocciare di un fiore" recito allargando le mani come un'attrice di teatro. La mia illustre genitrice fa una smorfia, frenando gli entusiasmi sul nascere. Lascio ricadere le mani sulle cosce e torno imbronciata e guardare il monitor ultrapiatto "e su, per una volta che mi scrivono delle belle poesie!"
"Sta stronzata te l'ha scritta questo qua?"
"No, un altro" ribatto facendole la linguaccia. "Questo è serio. Ho un sacco di amici che mi scrivono"
"Come se non bastassero quelli che ti telefonano! Chiara non ti vede da una settimana e mi ha chiesto se sei morta 'per sbaglio' e non l'hai avvertita. Marco ha chiamato due volte, dice che le lezioni non inizieranno prima di una settimana."
"Come no?" Balzo dalla sedia e afferro il cellulare digitando la chiamata rapida "scherziamo e la mia prof?! Devo presentarle l'ultimo pezzo della tesi e stamparla in tempo utile! Dove sta, la bastarda?" urlo come una disperata in tempo per sentire il sommesso mugolio del mio amico rompere il 'tu tu' del telefono. "Marco, ma dove sta la Tanzi?"
"Palermo"
"A fare che? A chi la faccio vedere la tesi, ora?"
"Cazzo ne so... Mo, stavo dormendo."
"Mozzo Zozzo, sono le 11 del mattino! Non hai l'esame di Antonelli fra tre giorni?"
Invece della classica risposta 'fatti gli affari tuoi', sento scattare il clic dell'accendino "ma come cavolo fai a fumare di prima mattina?"
"Bella Mo" sussurra attaccandomi in faccia. Guardo il cellulare decidendo di andarlo a buttare giù dal letto prima o poi. Mi affloscio sul letto ancora da rifare e mugolo disperata al nulla. Vabbè... tanto non si può cambiare il fatto disgraziato. Arranco fino al computer e mi rimetto a leggere la mail del mio amico nordico.

"Ma non hai da studiare?"

Eccola: la frase magica per farmi arrabbiare e innervosire. Il buon umore che mi ha accompagnata per tutta la lettura della missiva virtuale, lascia il posto ad un fastidio che ci metterà qualche minuto buono a passare. "Le vedi le dispense? Le sto stampando"
"E quando le studi? Stai sempre al computer!" grida facendomi sclerare del tutto.
"Ciao, ma!" brontolo spingendola fuori dalla stanza e chiudendo la porta. Alzo gli occhi al cielo, mi siedo e lentamente rientro nella magia della mail, quando la riga finale mi lascia a bocca aperta.

'Vengo a Roma, ti lascio il mio numero così ci vediamo, ok?'

Rileggo più volte... forse non ho capito bene.

'Vengo a Roma, ti lascio il mio numero così ci vediamo, ok?'

Fisso il monitor scorrendo su e giù la rotellina, come se la riga potesse sparire per magia con quel solo movimento.

'Vengo a Roma, ti lascio il mio numero così ci vediamo, ok?'

No.. resta la... o santa miseria!

Poso le mani sulla tastiera tirando indietro il busto e la testa. Prendo il cellulare e meccanicamente segno il numero, salvandolo come D.
D, una semplice lettera che racchiude la persona più straordinaria con cui abbia mai avuto il piacere di intrecciare le parole.

Stupore, meraviglia, frenesia nel cuore.

Che viene a fare? Perchè vuole vedermi? Mi domando segnando la data di arrivo e accorgendomi col cuore in gola che è dopo domani. Guardo fuori della finestra, sta diluviando e c'è il rischio che vada via la corrente, interrompendo la stampa. In quel momento non me ne importa nulla.
In quel momento sto pensando che fra tutte le persone che avrei voluto incontrare nella sua vita, quella era la più importante di tutte.
Mi batte un pò il cuore...


Martedì

Poso la forchetta sul piatto. Sono a casa di un'amica e la studio domandandomi se potrà capire o mi darà della pazza. "Clau, senti..."
"Mh?"
Lei mi guarda sbriciolando un pezzo di pane integrale. Finisce di masticare e mi fissa perplessa "troppo pepe sulla bistecca?"
Scuoto la testa mormorando un flebile 'no'. Sospiro e basta quel gesto a farle drizzare le antenne. Claudia sa sempre cosa mi passa per la testa. "Hai litigato con Filippo?"
Filippo è il tipo che mi fa il filo da qualche settimana. Niente di speciale, ma mi fa piacere passarci il tempo insieme.
"No, perchè dovrei? Mica siamo fidanzati?"
Lei beve un bicchiere d'acqua e annuisce "e la scintilla non è scoccata, eh?"
"No.. per un altro si" ammetto piegando una gamba e infilando il tallone nella sedia. Ci vuole poco per smuovere l'attenzione della mia amica che alza la testa con la forchetta ancora in bocca e e si lecca il labbro superiore, ingoiando prima di parlare. "Dell'università?"
Scuoto il capo con aria rassegnata "no, non lo conosci." Neanche io lo conosco.
"Mh! E qual è il problema?"
Oltre al fatto di avere 15 anni più di me, essere sposato e abitare in alta Italia? Nessuno, figurati.
Sorvolo su tutto questo e sghignazzo "Beh, viene giù a Roma e vorrebbe vedermi"
"E vedilo." Risponde di getto prima di collegare tutte le parti. "Non l'hai mai visto?"
In quel momento è tutta protesa verso di me e mi scruta con aria perplessa "mica sarà uno dei tuoi amici strani di Internet?"
"Si, ma non è strano. E' normale ed è una brava persona" ribatto arrossendo un pò, perchè mi da fastidio che tocchino il mio amico.
"E tu ci esci? Ma sei matta?"
Si! "Guarda che è non un animale! Non mi salterà addosso" ridacchio lanciandole il tovagliolo.
"Se ci prova, chiamaci" conclude con aria tetra "non sai mai chi c'è dall'altra parte dello schermo."
"Se è un detenuto in libertà vigilata, ti faccio uno squillo."

Mercoledì.

Esco di volta dalla metro, urto un paio di persone a cui chiedo scusa frettolosamente e mi dirigo verso il bigliettaio dopo aver lanciato un'imprecazione all'orologio. Il vagone è rimasto un sacco di tempo fermo e io sono in ritardo di dieci minuti. Equivale al suicidio, per una puntuale come me.
Esco a piazza dei Cinquecento e mi guardo attorno spaurita. E ora come lo trovo, questo? Non l'ho mai visto, ho solo una vaga descrizione che potrebbe anche essere del tutto fallace.
Comincio a sorvegliare tutti quelli che mi circondano con aria tetra, attirando parecchi sguardi. Prima di essere rimorchiata, caccio fuori il cellulare e lo chiamo. Il primo che mette la mano in tasca...
Non da segnale, probabilmente è ancora intrappolato nella metro. Tiro un sospiro di sollievo, osservando la fiumana di gente che si snoda alla stazione Termini e comincio a 'ballare' sulle ginocchia. Ho la stessa sensazione che precede un esame o una grande dichiarazione: gambe che fremono come fossi un padre in attesa fuori la sala parto, stomaco sottosopra e pulsazioni accelerate.
E' in ritardo di 20 minuti. Mi avrà tirato il pacco? 
Sento il segnale di un messaggio in arrivo e mi affretto a leggere il destinatario. "Servizio gratuito Recall..."
O merda!
Avvampo tutta insieme, perchè vuol dire che in mezzo a questa gente, c'è anche...

Il  pollice scatta da solo sulla chiamata rapida, neanche lo porto all'orecchio. Sento un fruscio di giornale dietro di me e una voce piuttosto seccata che risponde con un brusco 'si?' che mi fa voltare lentamente.
L'uomo che mi da la schiena è stracarico di roba: giaccone per la pioggia su un braccio, una di quelle borse di pelle che usano solo i professori pieni di soldi della mia università a tracolla e giornale accartocciato in una mano.
E' lui? Mi domando facendo ripartire la chiamata. 
Quando squilla nuovamente, sento il cuore che mi balza in gola e mette fine alla chiamata. O merda!
Gli giro attorno, fino a sbucare al suo fianco e lo osservo attentamente mentre gia la testa verso di me, torna a guardare il cellulare e alza il mento tutto insieme.
"D?"
L'uomo mi guarda attentamente, mentre cincischia con il cellulare e cerca di riporlo nella tasca senza mai staccarmi gli occhi di dosso. "Non mi avevi detto di essere mora. E riccia."
"Credevi che fossi bionda" rispondo con un sorriso che si apre da solo. Non sei uno stangone, ma non sei niente male! Penso osservandolo attentamente. Ma che occhi strani....
"E non mi avevi detto che eri così carina!" Ribatte cercando di non ridere e tormentando il giornale che cerca inutilmente di ripiegare mentre parla con me e mi radiofotografa dalla testa ai piedi.
"Tu credevi che fossi bruttina. Te l'ho lasciato credere" affermo allargando le braccia "io te l'ho detto che sono uno schianto!" Scherzo osservando le sue manovre strambe "complimenti, sei riuscito a piegarlo in un modo sconosciuto alla natura umana."
"Ma non ha le graffette, è un macello senza" si difende guardandolo e tornando subito a fissarmi. Ha un'espressione che parla da sola e mi fa arrossire. "In che albergo stai?" domando tanto per fare conversazione. Lo sto ancora studiando perchè quello che vedo mi piace molto. Un pò più di molto. Io pensavo che fosse un tipo molto più... beh, non così. Non è niente male!
"A piazza Esedra."
"Ti trattano bene!" Ridacchio togliendogli il giornale e spiegandolo "scusa, ma non dovresti essere a qualche colazione/pranzo/cena di lavoro?"
Assumo un tono svagato. Lui continua a fissarmi e quando parla scandisce bene le parole "perdere la dialettica non fa parte della mia quotidianità. E scusa se mi ripeto, ma sei veramente uno splendore, stella"
Stella! E' lui!
Stavolta, se arrossisco si vede. "Mi fa davvero piacere conoscerti. Di persona" mormoro avvicinandomi di un passo e sorridendo "brutto bastardo, non mi hai neanche dato un bacio."
"Ma anche due" sorride abbracciandomi e cogliendomi un pò di sorpresa. Ehilà! E poi dicono che i nordici sono freddi!
Ricambio con un pò di imbarazzo, anche perchè il disgraziato non mi lascia andare. "D, diamo spettacolo." Rido con voce un pò stridula quando finalmente si decide a lasciami "si, stanno tutti a guardare noi" mugugna restandomi vicino "bene, dove mi porti?"
"Ma tu sei in vacanza o sei qui per lavoro?" domando un pò stralunata. Che bell'abbraccio avvolgente, è proprio lui!
"Ho fatto quello che dovevo fare sul treno. Stasera dovrò sorbirmi una straziosissima cena con quelli della Novartis e mi viene la nausea solo a pensarci"
"Ma quindi fai qualcosa nella vita! Non stai solo a chattare con me e gli altri pazzoidi? " Lo prendo in giro conducendolo fuori, in direzione Repubblica. Lo porto a Via Nazionale? E poi più giù, fino al Corso?
Mentre penso, i miei piedi camminano da soli. E' uscito un sole pallidino ma le nuvole sono in agguato. Non ho neanche l'ombrello!
"Senti D, ce l'hai..." volto solo la testa e resto a guardarlo un altra volta. Naso dritto, labbra regolari... "ma che colore strano..." mormoro attirata dai suoi occhi.
"Non solo le cataratte da vecchiaia, ho gli occhi un pò verdi un pò grigi. Mimetici"
Lui sorride e io no. Quando me ne accorgo, mi volto subito verso i negozi alla mia destra. "Ce l'hai un ombrello la dentro?"
domando indicando la sua valigetta.
"Si, perchè?"
"Perchè ci servirà" affermo alzando gli occhi al cielo.
"Ferma così!"
Detto fatto, mi volto immediatamente verso di lui "perchè?"
"Ma tu hai davvero 26 anni?" domanda studiandomi con la fronte aggrottata.
"Si, me ne dai di meno? Lo fanno tutti." Ammetto facendo una smorfia "non avrò mai il problema di mentire sull'età."
D si è fermato in mezzo alla strada; non mi guarda più ma sembra preoccupato. "Ti ricordi quella cosa che ti avevo detto... tanto tempo fa?"
"Quale? Parliamo di tutto.." borbotto adocchiando un caffè. Lo conduco dentro e direttamente ad un tavolino, ordinando io per tutti e due. Lui non parla più e sembra perso in qualche strano pensiero "ricordi la faccenda delle proiezioni virtuali?"

Annuisco appena. Eccome se me lo ricordo. Ci ho messo due giorni per farmi passare quella botta di amore strano che avevo provato leggendo quella mail lunghissima.
Il caffè arriva, ci butto dentro una bustina e mezza di zucchero e poso quella aperta sul piattino. Lui non si muove di un millimetro e continua con quello sguardo vuoto a fissare un punto indefinito della mia giacca di pelle scura.
"D.."
Io lo chiamo sempre D, perchè ha un nome assurdo. E' una sorta di affettuosità fra noi.
"Non era tanto una stronzata..." mugugna facendomi andare il caffè di traverso. Ci metto un pò a riprendermi. E' visibilmente in crisi e io sto per dargli il colpo di grazia.
" 'E' meglio averti detto "ti amo" ed essermi fatto ridere dietro, che non avertelo detto affatto' "sussurro ricalcando le parole di quella mail che ho letto innumerevoli volte.
Lui sposta lo sguardo verso di me e ancora non da segni di vita.
"D, lo so che è un gioco fra noi... non sei il mio uomo ideale" mormoro con un groppo in gola che cresce sempre di più. "Sei un pò sposato e un pò troppo lontano. E un pò troppo traditore per i miei gusti"
"E non ti fai neanche il problema di quei 15 anni di troppo?" mi domanda di punto in bianco con voce grave.
Scuoto la testa perchè me ne frego se ha 41 anni. Me ne sono innamorata via mail, figurati dal vivo. "Qual è il vero problema?"
Quanto mi è costato, fare quella domanda!
Finalmente si decide a mettere mano alla sua tazzina di caffè. Ci rovescia una bustina dentro e senza neanche girarlo lo ingoia tutto d'un fiato. "C'è un grosso problema" ammette alzandosi per pagare e lasciandomi come una scema al tavolo. "Volevo offritelo io"
"Ci manca solo questa!" Ringhia lasciando il resto al commesso e riprendendo la sua roba. Che sta succedendo? Ho detto qualcosa di sbagliato? Forse era quella frase, forse si è vergognato di aver scritto una cosa del genere e non voleva che io la ritirassi fuori.   
Lo seguo fuori un bel pò preoccupata. L'aria piacevole di poco prima è svanita del tutto. Ho impressione che vorrebbe solo scappare da me.
"Stella..."
Ha la voce bassa e vibrante; mi guarda stanco, sembra che gli costi una gran fatica parlare."Mi porti in un posto che piace a te?"
Lo porto a Trastevere, ma non è la stessa cosa di giorno. Anche se il brutto tempo rende l'aria scura, non c'è quella magia che permea la notte. 
Non parliamo molto, ogni tanto gli indico un punto caratteristico, un ristorante prettamente romano, uno scorcio che sarebbe carino da fotografare. Lui annuisce, replica poco e non mi guarda.

Cammina accanto a me ma è come se non ci fosse e la cosa mi fa malissimo dentro. Ho rovinato la nostra amicizia senza volerlo? "D, senti... ho detto qualcosa che ti ha offeso?"
Proprio in quel momento squilla il suo cellulare. Mi getta un'occhiata che mi fa balzare il cuore perchè è così carina da lasciarmi senza parole.
"Si, sono arrivato. Non ti ho chiamato perchè me lo sono dimenticato. Si si, va tutto bene. Sono in giro. Ti chiamo dopo la cena"
Ho capito chi è. La moglie senza nome che l'ha tradito più di una volta. E lui gli ha reso pan per focaccia. Me l'ha raccontata tutta, la storia.
Ripone il telefono e mi guarda. "Questo è il tuo problema" mormora avvicinandosi "il mio, che hai 15 anni meno di me e hai diritto a stare con uno che ti ama e non ti racconta cazzate."
"Lo so da me.." sussurro con cuore stretto "tu ed io siamo figli dello Sturm und Drang..."
"..del Romanticismo tedesco e dei baci dati sotto il sole" conclude la frase con un mezzo sorriso. "Siamo innamorati dell'amore, è quello che ci fa andare avanti" mormora avvicinandosi un altro pò e sfiorandomi la guancia con la mano. Mi ci appoggio e la strofino delicatamente contro il palmo "Non si può vivere di fantasia, D... non è realtà. La realtà è quella che ti appena telefonato. La realtà sono i mille chilometri che ci separano."
Lui annuisce, sposta la mano e fa un passo indietro "la realtà fa un pò cagare."
Gli do pienamente ragione.
"Lo sai che sono più sincero con te che con mia moglie" riprende camminando lentamente. Ripeti quella parola e ti affogo nella fontanella!
"Certo. Io sono un'estranea e non posso causarti problemi. Non ti ho mai dato il mio numero di telefono per questo."
La frase è provocatoria, ma è così. Lo ammette anche lui. "Sei una piccola stronzetta anche nella realtà, a quanto vedo."
Io rido, perché le mie risposte acide e cattive lo hanno sempre fatto sorridere "molto di più, D. Molto di più."

Mi sto macerando il cuore. Sembriamo due fidanzati che stanno per lasciarsi. E invece non siamo niente. Due estranei che si sono scambiati desideri, parole e sogni su Internet.
Devo mettere fine allo strazio o mi metterò a piangere come una stupida. "Senti, penso che sia ora di andare. Ti accompagno io fino all'albergo."
"Perchè sai guidare?"
"Certo." 

Salve... per una decisione personale, la versione non censurata sarà disponibile su http://www.freeforumzone.com/viewforum.aspx?f=67509 alla quale si potrà accedere dietro consenso, proprio per preservare la regola VM18. Non l'ho mai fatto ma questa volta lo ritengo necessario. Buona lettura
  
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