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Autore: _Ella_    11/08/2010    6 recensioni
Era gay, bene, ed era innamorato di una persona che aveva odiato fino a poco tempo prima. Meglio ancora. "And so the prince bite the princess and they lived happily forever"
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto, Contesto generale/vago
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Mi dispiace di aver fatto piangere con il capitolo precedente ma a mio parere questo è ancora più commovente ç_______ç
In ogni caso non temete, non sono così sadica ù.ù Abbiate fiducia miei prodi lettori!!

 

 

Arriverà la fine ma non sarà la fine

Si fece fermare a casa di Axel, doveva dirglielo, ora o mai più. Bussò forte alla porta, poi al citofono, il rosso aprì guardandolo con un sopracciglio alzato ma Roxas non gli disse nulla, solo gli cadde tra le braccia, così venne portato dentro.
-Mi ricoverano, dopo… potrei morire da un momento all’altro- fece, e fu doloroso come quando ti togli un cerotto velocemente.
Lo sentì piangere, il volto nascosto tra le mani, non voleva che finisse così. Scosse la testa, gli si mise avanti e gli tolse le mani dal volto
-Amami per un’ultima volta- una richiesta disperata, piena di amore, dolcezza e tristezza
-Io ti amerò per sempre- rispose, abbracciandolo, affogando la testa nella sua chioma bionda, respirando a profondo quel profumo che gli sarebbe rimasto addosso.
Lo guardò negli occhi azzurri, fissò il suo viso come si osserva un quadro, cominciò ad accarezzargli ogni centimetro di pelle, a giocare con ogni ciocca dei suoi capelli biondi, per tener presente ogni sensazione, ogni dettaglio. Era bello, proprio come un angelo. Il corpo non ancora fiorito del tutto, ma così bello, la voce candida che gli sussurrava che sarebbe stato meraviglioso, morire così, tra le sue braccia, mentre faceva l’amore con lui.
Lo guardò negli occhi verdi, fissò il suo viso come si osserva un quadro, cominciò ad accarezzargli ogni centimetro di pelle, a giocare con ogni ciocca dei suoi capelli rossi, per tener presente ogni sensazione, ogni dettaglio. Era bello e dannato. Il corpo perfetto, sviluppato come solo quello di un uomo adulto poteva essere, delicato come quello di un ragazzo, la voce roca da far venire i brividi che gli sussurrava che avrebbe voluto che tutto si fermasse in quell’istante, che avrebbe voluto sentire per il resto della sua vita i suoi sospiri e i suoi gemiti.
Il cuore gli aveva fatto male, quando aveva visto la sua casa scomparire man mano e diventare più piccola. Aveva passato quasi un’ora a girare per casa, a rammendare tutti i suoi ricordi, tanto per fare una spolverata della sua vita che sicuramente era diventata più bella l’anno prima, quando si era messo con Axel. Aveva detto a sua madre di non separarlo dalla collana e dal bracciale con gli anelli, non voleva. Anzi, il bracciale con l’anello, perché quello bianco, quello che secondo Axel rappresentava Roxas, gliel’aveva dato. Sospirò, chiudendosi dietro la porta di casa. Riku era corso ad abbracciarlo, piangeva, caspita allora era davvero grave se aveva fatto piangere anche lui. Lo strinse a sua volta, il peso della morte nel cuore, come un macigno. Gli disse che non doveva piangere, che tanto così avrebbe avuto un “gemello rompiscatole” in meno da sopportare. C’era anche Kairi, che non aveva smesso di singhiozzare un giorno da quando aveva saputo la notizia, come sua sorella. Abbracciò anche lei, sussurrandole che era meglio se la smetteva di piangere altrimenti sarebbero stati inondati, che bastava lo scioglimento dei ghiacci per far alzare il livello del mare. Poi era entrato in macchina.
Era su un letto, la flebo al braccio, l’elettrocardiogramma che produceva quel suono continuo e regolare a segnare il battito del suo cuore. Entrarono, differentemente a quanto credeva non era sua madre e sorrise.
-Sono venuto per dirti addio… anche se mi hai chiesto di non farlo- il rosso si sedette sul letto, al suo fianco -Mi mancherai, Roxas- la voce tremava e si vedeva che tratteneva a fatica le lacrime -Ti verrò a trovare tutti i giorni-
-Basta che non mi dimenticherai mai… io non lo farò-
-Come farei a dimenticare il mio angelo?- chiese -Sai, io non… non mi sono mai innamorato tanto, davvero ed ora…- respirò
-Non voglio vederti soffrire, chiaro? Got it memorized?-
-Yes, I got it…- sorrise, abbracciandolo forte, posandogli un bacio sulle labbra, accarezzandogli i capelli.
Lo morse per un’ultima volta, poi gli disse addio. Non sapeva nemmeno lui come aveva fatto a non piangere, con che coraggio sen’era andato. Ma non voleva, non voleva vederlo stare male più di come stava adesso, il suo cuore non avrebbe retto e ringraziò quell’angelo per essere riuscito a capirlo, per averlo salutato con un sorriso.
Sospirò, dire addio era una cosa raccapricciante. Non sarebbe potuto morire improvvisamente? Non sarebbe stato meglio? Forse no, sicuramente no. Il fiato del cane lo fece sobbalzare, ormai il suo cervello era completamente andato, il cancro gli faceva vedere quello che voleva, un po’ però non gli dava fastidio quella compagnia. Sarebbe morto. Dio. Era rassegnato ormai, non c’era più niente da fare. Si sentiva sfinito, forse sarebbe morto prima del previsto. Entrò Terra, non credeva fosse mai successo, ormai faceva finta che già fosse morto.
-Hai visto? Sei stato fortunato a quanto pare- fece sarcastico, accarezzando il muso del cane che era sul letto.
Lo sentì piangere ed alzò lo sguardo, il castano lo abbracciò.
-L’ho visto, Roxas… Axel, no? Forse era la persona adatta a te, sicuramente lo era. Scusami per quello che ti ho detto, per come ti ho trattato…-.
Aveva una tentazione molto forte a dire di no, ma non lo fece, anzi si strinse di più tra le sue braccia, dicendo che gli era mancato sentirsi suo figlio.
Forse se non fosse stato in quella stanza avrebbe vissuto di più. Tutto quel bianco gli dava fastidio, il silenzio lo assordava. C’era solo Bestia al suo fianco ed aveva rinunciato a farla andare via, era inutile, quella non demordeva. Chissà perché quando muori, quando stai per morire, ti vengono in mente mille cose da dire, forse inutili, altre tanto importanti. Rise, perché gli era venuta in mente la soluzione al problema di algebra, fosse stato un altro momento avrebbe festeggiato. Com’era morire, faceva male o era come addormentarsi? Sperava la seconda perché lui amava dormire… Aveva salutato anche Demyx, il biondo si era messo a piangere nel salutarlo, povero Notturno Melodico, se piangeva lui… se piangeva Riku. Sospirò, ormai non c’era più niente da fare, ormai era arrivato al capolinea. Si stese meglio sul cuscino e sbadigliò, sentiva le forze abbandonarlo eppure lui non voleva, non voleva morire. Sperava che svegliandosi l’indomani gli dicessero che era miracolosamente guarito… che stupido che era. La bestia ringhiò, aveva smesso di accarezzarla, aveva anche i vizi, ora?
Axel, scusami se ti farò soffrire… ma stare con te è la cosa che mi ha tenuto sicuramente in vita per tutto questo tempo… sei stato il fuoco che mi ha fatto bruciare fino all’ultimo, la persona che vorrò vegliare dall’alto. Incredibile come l’amore possa portarti così in simbiosi con l’altro… Ma io sono il tuo angelo, no? Ebbene sì, sarò il tuo angelo custode, litigherò anche con Dio stesso se non mi darà quest’opportunità, infondo me lo merito, no? Lui si è preso la mia vita, mi deve qualcosa, almeno una spiegazione, un favore. Spero che l’aldilà esista davvero, non riesco a pensare ad un sonno eterno senza sogni perché io vorrei ricordarti, vorrei ricordare i tuoi capelli strani… Vorrei anche ricordare come le cose siano cambiate, perché tutto è cambiato… Ti ricordi quando ti odiavo, quando disdegnavo delle tue attenzioni? Poi ti ho amato e mi sono sentito così fottutamente bene, mi sento bene anche adesso, adesso che sto morendo perché so che tu non mi dimenticherai, che mi amerai per sempre, perché se si ama non si smette mai di farlo. E tu mi amavi, perché altrimenti mi avresti lasciato appena saputa la notizia, per abituarti piano alla mia mancanza e invece mi sei stato accanto. Ti aspetterò, dovessi farlo per cent’anni, perché il tuo posto è nel paradiso, perché tu sei buono davvero, nonostante tutto… Sai, morire a settembre un po’ mi scoccia, avrei voluto vedere la neve, avrei voluto festeggiare con te un anno di fidanzamento e invece il tempo nemmeno quello ci ha concesso. Che strana la vita. Vorrei sentire la tua voce un ultima volta, davvero, vorrei sentirti solo un momento e poi potrei anche morire, perché il mio corpo è ormai allo stremo e non so come la mia anima riesca a farlo restare vivo ancora un momento…
-Angelo mio, mi senti?! IO TI AMO!-
Forse era una mera illusione, forse davvero mel’avevi urlato, non mi importava, la tua voce l’avevo sentita, ed ora potevo anche addormentarmi, cullato dal suono delle tue parole. Ti amo anche io, lo giuro.

 

 

Erano passati tre mesi da quando era morto. L’autunno non l’avevo mai ricordato più brutto ed era passato lentamente, troppo lentamente, tanto che il tempo mi aveva logorato. Il mio fuoco vitale si stava spegnendo, spento dalle troppe lacrime che avevano solcato il mio volto. Lacrime che andandosene avevano lasciato un vuoto terribilmente doloroso e distruttivo, frustrante, infernale. L’autunno era il suo mese preferito, perché le sfumature delle foglie gli ricordavano i miei capelli e perché era in autunno che ci eravamo parlati per la prima volta. Poi amava l’inverno follemente, ma quell’anno non avrebbe visto la neve scendere dal cielo. Mi aveva abbandonato anche lui, aveva raggiunto mia madre. Tutta la mia vita mi era scivolata via dalle mani come acqua trattenuta tra i loro palmi e, per quanto mi sforzassi a tenerla, scorreva via lasciandomi solo delle piccole gocce che non dissetavano la mia gola riarsa. Ora sapevo che i morsi non servivano a nulla. Risi istericamente, quella tomba era così insulsa, non poteva rappresentarlo davvero. Due delle persone che amavo di più sen’erano andate. Mi rimaneva solo Demyx. Sorrisi stancamente, ormai tutte le lacrime sen’erano andate, consumate su un cuscino o tra le braccia del mio migliore amico. Era morto. Altro che sovraccarico di emozioni. Aveva lasciato un vuoto immenso solo quanto l’amore che provavo per lui. E lo amo ancora. Era stato insopportabile sentire parole di conforto, in questi casi non servono, soprattutto da chi non vuole consolarti davvero. E la stessa cosa era per la sua famiglia e per i suoi amici. Già, la sua famiglia. Odiavo Sora a morte. Non che fosse successo qualcosa ma perché era troppo uguale a lui, fisicamente, a parte per i capelli che il mio Roxas aveva del colore del grano; me lo ricordava ogni momento, tutte le espressioni gli appartenevano, e io non volevo vederlo in qualcuno, volevo crogiolarmi nei ricordi, tanto belli ed ora così dolorosi. E quei suoi maledetti occhi azzurri, identici a quelli di Roxas. Perché la mia vita era sempre dolorosa? Avevo creduto che il peggio fosse passato, che nulla sarebbe andato storto da quando lo avevo conosciuto e invece proprio lui ora mi aveva lasciato un solco nel cuore, che bruciava ancora. Non avrei mai amato come avevo amato lui, non avrei mai voluto tanto bene a nessuno. Avevo smesso di credere che Dio fosse buono da quando mia madre era morta, era solo un dio sadico, ma puntualmente mi ritrovavo a pregare per lei, per la sua anima. Ora ero davvero furioso perché quello stesso Dio che mi aveva portato via la persona più importante della mia vita a nove anni, esattamente altri nove anni dopo mi aveva portato via l’altra persona più importante della mia vita. Chissà, magari tra altri nove anni mi avrebbe portato via Demyx. Solo lui sapeva quanto stavo male, solo lui riusciva a farmi calmare. Ormai sapeva come prendermi. Io invece non lo sapevo, mi ero lasciato andare nello sconforto, nel dolore che mi dilaniava l’anima, la stanchezza che mi uccideva il corpo, i pensieri che mi stracciavano il cervello. Che ne era più di me? Due terzi della mia anima mi avevano lasciato. Cosa avevo fatto di male per meritarmi tutto questo?
 Aveva cominciato a nevicare, la prima nevicata dell’anno, i fiocchi erano leggeri e i primi si iniziavano a sciogliere al primo contatto col suolo.
E’ bello come al solito, amore mio, ma ci manchi tu e io qui mi sento morire. Le sue impronte non sarebbero più comparse nella neve. Già. Il suo viso non avrebbe più avuto un sorriso, gli occhi non avrebbero pianto, le sue mani non mi avrebbero sfiorato, le sue labbra non mi avrebbero più baciato. Era così devastante. Per fortuna sentivo ancora il suo profumo, il suo odore, il suo sapore. Per fortuna ricordavo ogni piccolo particolare del suo viso, ogni sfumatura dei suoi capelli, ogni espressione del suo viso, ogni centimetro della sua candida pelle che avevo percorso. Aveva appena sedici anni quando se ne era andato, da qualche mese avevamo cominciato a fantasticare sul futuro, un futuro che lui non avrebbe avuto, un futuro che io non potrò mai avere. Non amerò mai nessuno come ho amato te. Lo sapeva, eccome se lo sapeva. Dal Paradiso magari mi vegliava, magari aveva conosciuto mia mamma. Avrei voluto raggiungerli ma avevo Demyx e non volevo fargli provare quello che io avevo provato per due volte. Anche se morire era una consolazione così raccapricciante. Il tempo era passato troppo in fretta, sen’era fregato di noi che avremmo voluto stare assieme tutta la vita. Avrei voluto si fosse fermato quando avevamo la consapevolezza che sarebbe morto, perché con la disperazione passare un minuto in più con lui era più meraviglioso del solito, baciarlo era più bello di quanto avessi potuto immaginare e amarlo, anche la notte quando non pensavamo a nulla tranne che ad amarci, era la cosa più fantastica che avessi potuto provare. Dire che mi manchi terribilmente, che ti amo da impazzire è approssimare per difetto, Roxas. Era morto ma il mio amore per lui era rimasto, forse era cresciuto anche più di prima e non lo credevo possibile. La neve continuava a scendere lenta, senza che me ne accorgessi aveva creato uno strato spesso sull’asfalto della strada, sulla stradina che portava al tuo giaciglio eterno, si era posata anche sulla lapide coprendola del tutto. Avrei voluto fargli vedere la neve per un ultima volta, avrei voluto guardare lui per un ultima volta. Scusami, amore, ma odio tuo fratello… mi ricorda te e io non voglio paragonarti a nessuno, perché nessuno è alla tua altezza, nemmeno io lo sono stato. E avrei voluto esserlo, avrei voluto avere più tempo per imparare ad arrivare alla sua altezza. Ero triste, mortalmente, ormai le mie lacrime si erano perse tra i cuscini e le coperte e sulle maglie del mio migliore amico. Il mio amore per te sarà eterno e devastante come il dolore che la morte ha portato due volte nella mia vita. Mi era sempre sembrato stupido parlare ad un blocco di cemento ma questa volta ne sentivo davvero il bisogno, perché sapevo che la tua anima era ancora in ascolto, che mi era accanto, ma ora volevo immaginare che fosse anche il tuo cervello a sentire ed il tuo cuore a battere per quelle parole, le tue
gote arrossire magnificamente come al solito.
-Ti amo. Sarai per sempre nel mio cuore. E’ una promessa, te lo giuro- le stesse parole con cui l’avevo salutato l’ultima volta, le stesse parole che avevo sussurrato alla
tua
bara bianca, le stesse parole che dicevo ogni volta prima di andarmene dal cimitero.
E lo sapevo, lo avrei amato per sempre, perché quello era stato un amore vero. Vero e indispensabile come acqua, prezioso più del diamante. Era un amore alla
tua altezza, perché solo lui si sarebbe meritato quel tipo di amore da me. E io tel’avrei riservato per sempre. Stringevo ancora al petto la metà del nostro ciondolo, non me ne sarei mai sbarazzato perché quella era la metà del suo cuore e la mia era ancora al suo collo. L’avrei tenuta fino alla morte così ci saremmo appartenuti per l’eternità.
Per sempre, davvero.

La sveglia suonò, destandolo dai sogni che gli avevano fatto compagnia quella  notte.
Ma che cazz…?!

   
 
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