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Autore: kishal    19/08/2010    1 recensioni
Perchè essere diversi, spesso, non vuol dire essere soli. C'è sempre qualcuno pronto ad accompagnarci nelle nostre quotidiane difficoltà. Anche se questo qualcuno è il nostro peggior nemico. Non è vero, Damon?
Genere: Avventura, Dark, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eva – La Prima Figlia

 

 

 

 

 

Capitolo 6: Rosie

 

 

 

Non c’era posto più affascinante al mondo di quell’insieme di polverosi scaffali, pregiati tomi e isolate scrivanie che era la biblioteca.

Che si trattasse di una piccola biblioteca di provincia o della più grande del globo poco importava: non erano le dimensioni a contare, quanto il contenuto. Dentro le sue mura, fra le pagine dei suoi libri, si poteva fare il giro del mondo, tornare indietro nel tempo o addirittura arrivare a toccare il futuro con un dito; trovare le risposte ai propri dubbi o nuove domande per ampliare i propri orizzonti. Si poteva divenire esperti di fisica, botanica e storia, letteratura e politica.

Le biblioteche erano la patria del sapere, dei sogni e della fantasia, e seppur spesso fossero carenti di appetitose fanciulle e sangue zuccherino, le frequentava con malcelata piacevolezza.

Quella di Mystic Falls, poi, vantava un reparto particolare, tanto ben fatto da renderlo probabilmente il principale in tal settore di tutta l’America: la sezione sull’Occulto.

La conosceva bene, ci si era recato spesso e aveva letto la maggior parte dei suoi libri.

 

Tuttavia, dopo aver trascorso ben due ora fra quei vetusti testi era tristemente arrivato alla consapevolezza che recarsi lì era stato completamente inutile: purtroppo, quella volta i suoi amati libri non gli avevano dato le risposte che cercava.

Per quei tomi, infatti, solo i vampiri potevano essere intolleranti alla verbena, tutte le altre creature demoniache no.

Ma i vampiri non potevano avere figli, pertanto a quei vecchi volumi dimenticati sfuggiva qualcosa.

 

Qualcosa che ora era costretto ad andare a cercare altrove, e anche velocemente: il sole stava calando, l’orario delle visite sarebbe iniziato di lì ad un’ora. Doveva sbrigarsi.

 

Il solo pensiero di dover chiedere consiglio a lei gli faceva venire l’orticaria. Per accorciare i tempi avrebbe potuto fare così fin dall'inizio, ma l'idea di vederla non lo solleticava particolarmente, anzi... e ora unita al fallimento in biblioteca era un'ulteriore fonte di fastidio.

Nonostante quella notte avesse deciso di lottare al suo fianco, quel qualcosa in lei che da sempre urtava il suo intimo continuava a permanere, rendendo la sua volontaria collaborazione una sorta di punizione auto inflitta.

Con un diavolo per capello se ne andò dall'antica struttura, dirigendosi a passo lesto e mani in tasca dove sapeva avrebbe potuto trovare risposta.

 

Quando arrivò a casa della strega, tuttavia, la trovò seduta in giardino con la piacevole compagnia di Elena.

Sorrise, rallegrato dalla gradevole visione. Come si dice, con un poco di zucchero la pillola va giù?

 

Le due ragazze si accorsero subito della sua presenza, e iniziarono a parlottare divertite fra di loro, ben sapendo di essere sentite nonostante la distanza.

“Dici che sta venendo qua?” Chiese Elena, fingendosi dubbiosa.

“Dico che preferirei che venisse qua piuttosto che dai vicini...!” Asserì la mora, saggiamente.

Ma no, non temere: credo si stia addomesticando!”

“I serpenti non sono animali domestici, Ele

 

“Elena, tesoro mio, luce degli occhi del mio amatissimo fratellino, non dovresti passare tutto il tempo a parlare di me con le tue amiche! Stefan potrebbe ingelosirsi!”

Elena alzò le sopracciglia, scettica. “Dubito che le orecchie ti fischino per colpa mia!”

“E' come avere un treno in corsa, alle volte!” Asserì invece lui, sicuro di sé.

“Ti assicuro che è fermo in stazione”

“Sempre che non si parli di catastrofi, morti violente o ecatombe disumane!” Precisò Bonnie.

Il ragazzo la fissò, un poco stizzito. “Cara sorellina, non dovresti trascorrere le tue serate con una compagnia del genere, rischi di inacidirti!” Consigliò a Elena, con una smorfia di dissenso. “E ti assicuro che già per natura non sei proprio uno zuccherino...!

“Mi hai forse mai assaggiata?”

“E' un invito?” Chiese il moro, con gli occhi improvvisamente più lucidi e un sorriso poco rassicurante in volto.

“E' una domanda” Lo rimbeccò quella, seria.

 

“Una domanda abbastanza retorica da rendere la mia nettamente superiore nella scala delle priorità! Damon, cosa ci fai qui?” Chiese Bonnie, fissando con le sopracciglia alzate il vampiro, ottenendo subito in risposta un sospiro seccato.

“State diventando noiosi, sapete? Ogni qual volta vengo a trovare qualcuno di voi, mi vien chiesto cosa ci faccio. Vi sembro forse così arrivista?!

“Sì”

“Anche fin troppo”

“Volevo chiederti qualche libro di cucina, ti spiacerebbe darmi una mano, da buona vicina?” Rispose con un'invidiabile nonchalance, glissando con maestria le accuse (consapevolmente vere) delle due amiche e incantandole col suo affascinante sorriso.

 

Elena ridacchiò, pensando quanto fossero sviluppate le doti recitative del suo terribile cognato. “Ok, perfetto, visto che il nostro grande cuoco ha bisogno solo di te, direi che posso togliere il disturbo! Stefan mi aspetta!” Disse, alzandosi e salutando con due baci l'amica.

“Dove?” Chiese Damon, incuriosito.

“A casa vostra!”

“Oh, zia Jenna ha deciso di rompere il coprifuoco?”

Lei fece spallucce. “Non c'è mai stato nessun coprifuoco... diciamo che ora mi sembra più tranquilla, e credo di potermi permettere di fare di nuovo le ore piccole, una volta ogni tanto! Oggi in particolare era davvero entusiasta!” Replicò sorridente, allontanandosi dalla villa.

“Non mi dire! La tua famelica sirena ha adocchiato nuove prede?!

“Lo spero con tutto il cuore, si merita un po' di felicità! Bonnie, non dargli ricette troppo pericolose!”

“Tranquilla, non vedrà mezzo ingrediente senza il mio permesso!”

“Immaginavo! Ciao ragazzi!” Concluse poi, agitando la mano e regalando loro un sorriso incantevole.

Damon replicò con lo stesso gesto e un sorriso appena accentuato. Elena somigliava così tanto a Katherine... ma non aveva mai visto quest'ultima sorridere così, con tanta dolce spontaneità.

Però aveva sempre avuto un talento innato nello sgozzare gente, doveva ammetterlo.

 

“Ti serve davvero il mio grimorio?” Chiese Bonnie, mentre entrambi ancora guardavano l'amica allontanarsi per la via, il tramonto che la rendeva ormai solo un'ombra lontana.

“In un certo senso si, ma farei volentieri a meno di leggerlo. Preferirei un’illuminazione da parte della tua testolina piena di mostri e demoni cattivi!

“A che proposito? Eva?”

“Oh yeah” Asserì Damon, sedendosi nell'unica sedia libera al suo fianco.

“Immaginavo. Hai fatto bene a non dirlo davanti a Elena, si sarebbe preoccupata inutilmente

“Perché la Addams la dovrebbe preoccupare? Le hai detto qualcosa?”

“Ieri ho avuto modo di vedere il tatuaggio di Eva subito dopo la tua dipartita, e ne ho parlato con lei e Stefan: è un sigillo… il fatto, ovviamente, l’ha subito preoccupata.” Raccontò, rimanendo un po' indecisa sul finale, come se stesse per aggiungere qualcosa.

“E?”

“E.. non aveva tutti i torti, si tratta di un incantesimo molto potente, in grado perfino di occultare l’essenza di un essere”

“So cos'è un sigillo. Dimmi altro.”

Lei sospirò, decidendo di gettare il sacco. “Quando sono andata all'ospedale per prendere Caroline, me la sono trovata proprio a pochi passi – Eva intendo - e ho studiato i simboli. Quell'incantesimo è presente anche nel grimorio di mia nonna

“Credi lo abbia fatto lei?”

“Possibile. Gli incantesimi sono unici.... un'altra strega non può avere fatto esattamente quello, a meno che non fosse in possesso del suo libro. Credo che la nonna la conoscesse”

 

Damon rimase un attimo in silenzio. Il sigillo serviva a fare in modo che la parte demoniaca non predominasse su quella umana, su questo non aveva dubbi. Non era il primo caso di cui era a conoscenza, da secoli quella dell’apposizione del sigillo era una pratica molto usata coi meticci, per consentire ad una parte di prevalere sull’altra. La questione era piuttosto se lo avesse ricevuto volontariamente o meno. Il primo caso la rendeva una creatura completamente innocua, il secondo invece un potenziale pericolo.

“Eva è in ospedale” Disse, spiazzando un po' la bruna.

“Sì lo so, c'ero anch'io stamani a scuola! Ha avuto uno shock anafilattico dovuto ad un'allergia alimentare.”

“Indovina a cosa”

 

Silenzio. Poi gli occhi di Bonnie s’illuminarono, e il suo corpo tremò appena.

“Verbena”

“Esatto”

“Chi te l'ha detto?”

“Lo sceriffo”

Ma io non ho percepito alcuna vibrazione negativa provenire da lei!”

“Neanche io in effetti”

Come è possibile che sia una vampira allora?”

Quella constatazione sbalordì Damon, che reagì con stizza. “Vampira?! Levati dalla testa certe idee oscene, se così fosse stato IO me ne sarei accorto e l’avrei devastata!

E poi, una vampira non se ne va in giro con una stupida fionda a cacciare bestioline innocenti!

“Come fai a dirlo?”

“Perché dovrebbe usare quell’antiquato arnese quando potrebbe tranquillamente stracciare il collo ad uomo cinque volto più grosso di lei con un morso?!”

 

Bonnie chiuse un attimo gli occhi, cancellando la violenza dell’immagine che quelle parole avevano dipinto nella sua mente. “Intendevo, come fai ad essere sicuro che non sia una vampira…

“Sono un demone, me ne accorgo di cosa ho davanti!”

Ma c’è il sigillo di mezzo”

“Un sigillo non può cambiare ciò che sei, può solo bloccarti. La sete di sangue le sarebbe rimasta, e se si nutrisse dell’appetitosa bevanda il suo corpo avrebbe un odore particolare che io, come ogni altro demone, riuscirei a sentire!”

Lei assentì. “Ok. Umana dunque?”

“Solo per metà.”

 

Bonnie spalancò gli occhi, sorpresa. “Credevo che i meticci fossero solo leggenda!”

“Sono rari, infatti, visto che l’attrazione fra razze differenti è difficilmente riscontrabile, e i nati da unioni miste non vengono visti di buon occhi, soprattutto dai demoni. Di solito vengono perseguitati e eliminati da piccoli”

“Che il sigillo sia stato posto per proteggerla?”

“E’ una possibilità.” Alquanto remota, penso tra se e se, sicurissimo della sua tesi.

“Quindi Eva è una mezza demone

“Già, papino mostro e mammina umana”

“E il tuo fiuto da segugio ti ha detto anche questo?! O hai delle fonti?”

“Iniziamo col dire che il mio fiuto è tanto fine quanto il mio intelletto, e tutto quello a cui giungo corrisponde sempre al vero... comunque, a parte l'aura, l'ho sentita parlottare...”

“Sicuramente è la sua parte demoniaca ad aver rigettato la verbena

 “Esatto. Ma secondo la biblioteca non esistono demoni allergici alla verbena, tolti i vampiri ovviamente! Ed è per questo che mi servi tu!”

“E' così infatti” Mugugnò quella. “I libri della biblioteca sono attendibili

 

Damon corrugò la fronte, fissandola come se fosse un’ebete. “... T'informo che, per quanto splendidi e fantasticamente prestanti, noi succhiasangue non possiamo generare figli... non tramite il metodo classico, ovviamente!

I mezzi vampiri non esistono!”

Bonnie replicò stizzita, stanca di essere trattata a pesci in faccia. “… E grazie al Cielo! I casi, allora, sono due: o Eva è uno dei pochi esseri umani presenti al mondo ad essere intollerante verso quell'erba, oppure il suo essere ci nasconde qualcosa!”

Damon si alzò dalla seria, ebbro di un entusiasmo così falso da risultare irritante “Fantastico! Adesso che so esattamente quanto sapevo prima, t’informo che, come al solito, la tua utilità è stata pari a zero! Tempo perso, maledizione!” Brontolò, andandosene via.

Bonnie gli corse dietro, dubbiosa sulle sue intenzioni e irritata dal suo atteggiamento. “Aspetta! Dove vai?!

“Cosa ti frega?”

“Stai andando all’ospedale, vero?”

“Può darsi”

“Bene, vengo con te!”

 

Lui si voltò, indignato da quella proposta. Solo l’immagine di lei seduta al suo fianco nella sua preziosa vettura gli dava il voltastomaco!

Ma proprio mentre stava per cacciarla via a male parole, un’idea gli venne in mente. “Ok. Ma si farà come dico io: mentre io distraggo la tata, tu controlli la protetta. Cerca di avere un po’ del suo sangue.”

“Vuoi fare un incantesimo di richiamo?”

“Esatto”

“Ci sto”

 

 

 

Si malediceva ogni istante della sua esistenza per ciò che si era fatta.

Aveva cercato la verità e l’aveva trovata, accettando il suo abbraccio rivelatore senza accorgersi che gli arti che l’avvolgevano erano quelli mortali e dannati di Thanatos in persona.

Era corsa volontariamente fra le braccia della morte, ignorando cosa fosse in verità la non vita eterna che il vampirismo le prometteva.

All’inizio aveva perfino tentato di essere quella di un tempo, di fare finta che nulla fosse cambiato. Ma non puoi sperare in una vita normale quando in te più nulla è ordinario.

E seppur sia appagante vedersi circondata dalla dolce luce del giorno, coprirsi di candide vesti e sorridere con gentilezza a coloro che incontri per via, semplicemente felice di esistere; seppur sia bello vivere amando e venendo amati da coloro che ci circondano… o semplicemente sia bello vivere… la fiaba alla fine giunge a compimento, e la finta principessa si ritrova il bianco abito sporco di sangue il cui grido all’oltraggio e all’inganno ancora rimbomba attorno a lei e dentro di lei… il sangue di quegli amici sgozzati dalle sue mani e divorati dai suoi denti aguzzi, emblema di quel germe demoniaco che l’ha strappata alla morte gettandola in un inferno di non vita senza tempo.

Così, l’incanto finisce, il paradiso ritorna a essere una meta irraggiungibile e il cuore un macigno dal peso intollerabile.

No, non poteva pi vivere come un normale essere umano.

Quanto era crudele e malizioso il Fato! Sicuramente ora rideva di lei che per svelare il mistero della sua esistenza era andata incontro ad una verità che, una volta trovata, l’aveva spinta a chiudersi nell’inganno per nascondere il suo orrore a se stessa e agli altri.

Sarebbe stato meglio rimanere ignoranti, piuttosto che aprire gli occhi sull’Inferno.

 

Si era fidata della persona sbagliata, era stata avventatamente sciocca… e a pagarne le conseguenze non era stata solo lei, ma anche tutto il mondo che fino ad allora si era costruita attorno.

Aveva perso tutto.

O quasi.

Forse, le rimaneva ancora una speranza.

 

Toc toc

 

Una piccola attesa, poi la porta si aprì.

Davanti a lei si stagliava la ben nota figura di un uomo alto e prestante, capelli biondicci e viso affascinante. Ben nota era anche la stretta allo stomaco che provava ogni volta che lo vedeva.

Difficile sfuggire allo charme di quegli occhi dolci e sagaci, tanto più al ricordo dell’amore di cui un tempo si riempivano al sol vederla.

Gli ci volle qualche secondo per riconoscerla. Nel frattempo il saluto che la prassi dettata dall’educazione gli portò automaticamente alle labbra gli si bloccò all’incipit.

Ovviamente non aveva oltrepassato la soglia di casa, da furbo cacciatore (o da cosciente preda) sapeva di non dover mai abbassare la guardia.

 

“Ciao Al” Lo salutò, voce ferma e sorriso sulle labbra, gli occhi illuminati da uno scintillio di amara nostalgia.

…E’ uno scherzo?!” Mormorò il professore spaesato, guardandosi in giro e allontanandosi di un passo mentre il suo volto, inconsciamente, impallidiva. Reazione iniziale piuttosto positiva, specie quando ci si aspetta di ricevere, invece, un bel paletto in mezzo al petto.

“Purtroppo no. So che ti avevo promesso di starti alla larga…

 

Cosa vuoi, Isobel?!” Gridò lui, improvvisamente furioso.

“Il tuo aiuto.”

“Il mio aiuto?! Per fare cosa? Per rovinare ancora la vita di tua figlia? O la mia?”

Al…

“Vattene via, sto andando ad avvertire gli altri della tua presenza!” Concluse l’uomo, chiudendo la porta.

“Al ho bisogno di te!” Confessò allora, presa da un’enfasi causata, principalmente, dalla paura. “Katherine mi da la caccia”

Paura, sì… perché vivere una non vita è orribile, ma morire fra le braccia del diavolo in persona è inaccettabile… anche per un mostro.

 

L’uomo si bloccò, fissando la sua - defunta - moglie negli impauriti occhi azzurri. Sembrava sincera… ma perché crederle? E, in ogni caso, perché aiutarla?

 

Perché la ami ancora, gli sussurrò una voce nella mente.

Inghiottendo un boccone amaro, aprì la porta e si fece da parte.

“Entra” Le disse in un sussurro, lasciandola passare.

 

 

 

Una volta giunti all’ospedale e appresi i numeri delle stanze delle pazienti, Damon e Bonnie si erano divisi.

Stando a quanto aveva detto loro l’infermiera dell’ufficio informazioni, inizialmente le due nuove abitanti di White Crown erano state messe nella stessa stanza, ma appena due ore prima del loro arrivo le condizioni della Addams erano inaspettatamente peggiorate, richiedendo un suo urgente ricovero in Terapia Intensiva con prognosi riservata.

Quell’inaspettato evento aveva complicato i loro piani, visto che lo stato di Eva non le permetteva di ricevere visite. Tuttavia avevano deciso di tentare comunque la loro impresa: o meglio, Damon aveva deciso che, vista la situazione, se la sarebbe cavata benissimo da solo, e Bonnie non aveva potuto fare altro, con suo grande rammarico, di zittirsi davanti alle sue ineccepibili e invincibili tesi e acconsentire ad attenderlo nella hall. Il vampiro aveva il potere di manipolare le menti, poteva portare a termine i suoi obiettivi senza problemi: lei sarebbe stata decisamente di troppo.

Sbuffò, guardandolo mentre spariva fra i bianchi corridoi coperto dal suo chiodo di pelle nera.

Odiava doversi fidare di lui.

 

Accavallò le gambe, prendendo un giornale a caso fra la pila al fianco e iniziando distrattamente a curiosare fra le notizie di gossip - che si rivelarono essere di qualche mese prima.

Inizialmente aveva pensato di concentrarsi e seguire l’andare del Salvatore attraverso la percezione della sua aura. Ma la consapevolezza di essere in un ospedale, luogo pieno di anime sofferenti o in fase di trapasso la convinse ad evitare una tal pratica: uscire da quel posto in lacrime o con spiriti novelli alle calcagna non era proprio il suo obiettivo.

 

 

Le Addams si trovavano entrambe al quarto piano dell’ospedale, ma in reparti diversi e a gran distanza l’uno dall’altro.

Damon aveva preso l’ascensore in compagnia di una coppia di anziani, un’infermiera e un dottore, che conversavano amabilmente assieme come due piccioni in amore.

Guarda caso i pulsanti che separavano il tasto del piano terra da quello del quarto erano tutti illuminati, segno che avrebbe dovuto portare ancora più pazienza del previsto quella sera.

Primo piano; le porte si aprirono e l’anziana coppia se ne andò.

Secondo piano; fu la volta della graziosa infermiera, che salutò affabilmente il dottore dedicandogli un malizioso sguardo dei suoi occhi celesti.

Terzo piano; scese il medico.

Non aveva neanche finito di ringraziare il Cielo per avergli accordato il favore di non fare salire nessun altro su quell’ascensore che, d’improvviso, per una frazione di secondo, le luci si spensero, l’ascensore si bloccò con un violento strattone e lui quasi rischiò di cadere.

Dannato Black out!

Gridando improperi a destra e a manca si raddrizzò, mentre le luci si accendevano di nuovo e il mezzo riprendeva la sua corsa.

 

Con una differenza.

 

C’era qualcosa che non andava.

Si concentrò, tentando di percepire meglio.

Un’energia fortissima, e decisamente innaturale, sembrava essere comparsa in quel luogo. In quel piano.

Il quarto piano. Uscì dall’ascensore, preoccupato, il volto rivolto al corridoio alla sua destra, pregno di quella forza che percepiva con tutti i suoi sensi vampirici.

Tutt’intorno a lui medici e pazienti chiacchieravano tranquillamente, parlando anche del piccolo black out di pochi istanti prima: niente di preoccupante, i generatori di emergenza avevano fornito prontamente il fabbisogno energetico necessario al mantenimento delle funzioni nella struttura clinica, e tutto era subito tornato alla normalità.

Quell’energia, tuttavia, era tutt’altro che normale.

Con passo deciso ne seguì la scia, finendo ben presto davanti al reparto dove solo il personale autorizzato poteva avere accesso: Terapia Intensiva.

 

Col cuore quasi in fibrillazione e mille interrogativi che gli vorticavano nel cervello attraversò quel limite proibito, convincendo ogni contestatore della giustezza della sua presenza in loco con un semplice sguardo.

L’energia era sempre più forte, più oscura e più opprimente.

Entrò nella stanza che ospitava quella forza paranormale, trovandovi un solo lettino.

Vi era distesa sopra una ragazza, le funzioni vitali – minime – tenute sotto controllo da miriadi di complicati macchinari.

Al suo fianco, una donna finiva di versarle in bocca il contenuto rosso e vischioso di una piccola boccetta di cristallo.

 

Arretrò di un passo, mentre gli occhi gli si sbarravano per l’incredulità e il cuore prendeva a battere più forte.

Erano poche le cose che lo impressionavano, ancor meno quelle che lo impaurivano.

Fra queste poche, c’erano gli ectoplasmi, gli spiriti richiamati dall’oltretomba dai medium: se costui, infatti, non era abbastanza forte da tenerne le redini, rischiava di liberare l’anima nel mondo dei vivi, consentendole di impossessarsi a suo piacimento dei corpi degli uomini che incontrava.

Perfino i vampiri dinanzi a loro erano dei semplici gusci vuoti, da usare e gettare via a proprio capriccio.

La donna che aveva davanti, così simile ad un essere umano d'aspetto ma dall'aura terribilmente pregna di morte, era l'opera mirabile di un medium di alto livello.

 

Vuotata l'ampolla, Sheila Bennetperché di lei si trattava - la gettò nel cestino dei rifiuti, rivolgendo poi l'attenzione al vampiro che la guardava con circospezione.

I suoi occhi dall'iride liquida e instabile mettevano soggezione, ma erano l'evidente dimostrazione che la magia stava volgendo al suo termine.

“Dì a Bonnie di starle vicino. Lei non é come Katherine... non lo sarà mai

 

Non aveva fatto neanche in tempo a metabolizzare quelle strane parole, che lo spirito si disgregò, attraversando il muro della stanza e allontanandosi velocemente.

Senza pensarci due volte, Damon raccolse la boccetta di cristallo dal cestino, poi si mise ad inseguire l'ectoplasma per trovarne la fonte.

 

Quando arrivò nella stanza di Rosie, il muco animato che lei stessa aveva prodotto – ormai orribilmente deforme - stava versandole in bocca il contenuto rubino di una seconda boccetta, che cadde poi a terra, vuota, quando si mise a penetrare nel corpo della robusta baia attraverso ogni orifizio facciale.

L'incredibile quantità di energia sprigionata causò un nuovo black out, e le condizioni normali si ripristinarono pochi istanti dopo, quando l'operazione di ricongiunzione era ormai finita.

 

I macchinari a cui la donna era collegata segnalarono subito un blocco cardiaco.

Immediatamente la stanza si riempì di medici e infermieri che cacciarono via Damon, spedendolo nel corridoio dirimpetto: ma non fecero in tempo ad appoggiare sul petto della loro paziente i defibrillatori che il cuore tornò incredibilmente a battere con vigore, mentre Rosie apriva gli occhi e sorrideva ai dottori, vantandosi della sua pellaccia dura.

 

Sedata l'emergenza, e uscito tutto il personale sanitario, il vampiro fece il suo ingresso nella stanza.

Rosie sembrava attenderlo, fissandolo con sguardo vigile seduta sul suo alto lettino.

Pareva particolarmente in forme per essere una degente che aveva appena subito un blocco cardiaco.

Del resto non poteva essere altrimenti: non aveva ancora analizzato i residui della sostanza presenti nell'ampolla che teneva in tasca, ma anche da lontano sarebbe stato in grado di capire che si trattava di sangue.

Sangue di vampiro probabilmente, visti gli eccezionali effetti curativi.

 

“Non mi ero accorta – disse, invitandolo a entrare e a chiudere la porta alle spalle – che ce ne fossero anche qui, a Mystic Falls. Sto perdendo decisamente colpi, visto che non mi sono resa conto che anche tu lo fossi! E ti avevo perfino stretto la mano quel giorno a casa, ricordi?!

“E cosa dovrei essere io, signora?” Chiese Damon, sorridendo mentre, circospetto, le si avvicinava. Si sentiva ancora un po’ scosso per quanto visto in precedenza, tuttavia non era il momento di gettare la sugna. Soprattutto visto che sapeva che lei sapeva. Quella discussione sarebbe stata particolarmente interessante.

La donna non sembrava pericolosa, anzi: il suo volto rivelava una disponibilità che di lì a poco le sue parole gli avrebbero confermato.

 

“Un vampiro, e pure molto attraente, complimenti! Certo, non ho mai visto uno di voi brutto…

“… non ha ancora conosciuto mio fratello allora!” Ironizzò, per alleggerire la tensione che ancora sentiva.

“… e dubito anche che suo fratello lo sia! Com’è successo? E’ stata attaccata tutta la vostra famiglia?

 

La fissò, indeciso se parlare o meno. Si rivolgeva a lui con una tranquillità insolita in un essere umano, e gli ricordava vagamente una nonna che s’informa bonariamente della salute dei suoi nipotini.

Decise di parlare: pera vere qualcosa bisogna dare qualcosa, no? Certo, lui era solito prendere e basta… ma qui era davanti ad un pesce grosso, qualcunoc on cui non si sentiva di sgarrare. “No… solo noi due, ma non si è trattato propriamente di un attacco

“Quanti anni ha?”

“E’ curiosa, signora”

 

La donna sorrise, gli occhietti neri ridotti a due simpatiche fessure. “Lei è un bravo vampiro, ha tenuto buona parte della sua umanità e riesce a controllare la sua coscienza… mi stupisco sempre quando trovo qualcuno come lei. Certo, quelli che conosco io sono tutti della miglior specie, ma sono ben consapevole che si tratti di una minoranza. Quindi perdoni la mia curiosità, non me la prenderò di certo se preferirà non rispondere alle mie domande. Sappia comunque che, finché continuerà a tenere questa via, io sarò sempre disponibile con lei per qualsiasi cosa.

Oh: ovviamente, il suo segreto è al sicuro. E anche il mio spero!”

 

Ma certamente! – assentì lui, come rassicurato, dando prova della sua galanteria, e iniziando a porre alcune delle domande che lo interessavano - Lei è una strega?”

“Perbacco, mai stata una strega! – negò quella, con enfasi - Non ci capisco nulla d’incantesimi e intrugli vari! Preferisco preparare una torta al cioccolato o una succulenta pizza italiana piuttosto che impiastricciare la cucina con i fumi tossici di giganteschi pentoloni colmi delle sostanze più improbabili!

Mia nonna, tuttavia, lo era. Una strega intendo, e molto potente.

Io ho avuto il potere, ma attraverso un dono differente: sono una medium

“La più potente che conosca”

“Sì, è vero... ma è un potere devastante. Richiede troppe energie... e troppa responsabilità. Prima sarei morta, se non fosse stato per la medicina...

”Sangue di vampiro, vero?”

Più o meno. – replicò, rimanendo sul vago e insospettendo Damon. Cos’altro c’era in quella boccetta? - Allora, è disposto a dirmi da quanto tempo è in giro per il nostro pianeta?”

“Un secolo e mezzo, all’incirca”

“Oh, è piuttosto giovane allora!”

“Credo lo rimarrò per sempre!

Mi spiega come mai tanto buon spirito nei confronti di noi vampiri? Sa, mi coglie un po’ in contro piede: di solito l’accoglienza per noi si munisce di paletti di legno, non di un bel sorriso!

“Gliel’ho detto: conosco tanti vampiri che camminano sulla retta via, alcuni dei quali sono persone a me molto care… so delle difficoltà a cui andate incontro scegliendo questa strada, e un aiuto è doveroso.”

“Cosa le fa credere che io sia quello che lei definisce un “bravo vampiro”?”

“Sheila me l’ha assicurato”

 

“…?” Quella risposta ammutolì Damon per la sorpresa. Sheila?! La strega Bennet, che lo teneva a distanza e più volte aveva scatenato la sua forza contro di lui, gliel’aveva assicurato? Come poteva essere, quando era stato per un suo capriccio che lei era deceduta?

Lei si accorse della sua meraviglia, e il sorriso che le comparve in viso aveva un che di materno: il perdono di una mamma al figlioletto dopo aver compiuto una marachella. Peccato che quello che avesse fatto lui non si potesse definire con termini innocenti. “Oh si, so come eravate prima, so cosa avete combinato.

Sa, noi medium siamo maghi particolari. Non richiamiamo solo lo spirito, ma lo rendiamo concreto, consentendogli di materializzarsi attraverso la nostra stessa carne. E’ come se divenissimo un tutt’uno, capisce? Entriamo completamente a contatto, le nostre menti e i nostri cuori combaciano.

Lei ha alle spalle un passato orribile… da assassino, da mostro, da bestia! Ma Sheila dice che la sua anima sta cambiando e continuerà a cambiare, perdendo a mano a mano tutta l’oscurità di cui era intrisa

“Sheila le ha detto questo?!” Domandò, piuttosto incredulo. Chissà perché quella profezia gli sembrava alquanto poco credibile! Non sapeva neanche lui fino a quando sarebbe durata quella sua nuova moda di fare il bravo ragazzo, ma dalle sue precedenti esperienze poteva essere certo che prima o poi sarebbe cambiato. Succedeva sempre qualcosa che lo spingeva a cambiare.

“Gli spiriti non mentono mai”

“Sapevo il contrario”

“Non con me.

Ora, mi dica: ci sono altri vampiri qui a Mystic Falls, a parte lei e suo fratello?

“Immagino sappia già che mio fratello segue una dieta vegetariana da molto più tempo di me…

“Sì, ho visto anche questo grazie a Sheila

“E non ha visto se c’erano altri demoni qui intorno?”

“Oh, signor Damon, è già immensa la mente di un essere umano, s’immagini quella di uno spirito! Ho visto quello che lei mi ha fatto vedere!

“Si fida tanto di lei allora… era una sua amica?”

 

Lei assentì col capo, un’espressione nostalgica in volto. Touché... la mia Shee... siamo cresciute assieme. Poi, anche quando la vita ci ha separate, siamo riuscite a tenerci in contatto e a incontrarci qualche volta.

In ogni caso, tornando a noi… Sheila mi ha fatto capire che per il momento potevo stare tranquilla. Conferma?”

“Sì, anche se Mystic Falls ha vissuto periodi particolarmente oscuri, e non tanto tempo fa

“Non ne dubito… scommetto che questo posto è sempre stato il covo di creature demoniache. L’energia che attraversa questa terra farà sicuramente gola a molti!

Damon corrugò la fronte. “Di che parla?”

“Lei sa che alcuni luoghi sono più magici di altri: il potere vi risiede, e chi è capace di sentirlo e di maneggiarlo può impossessarsene.

Mystic Falls è uno di questi”

 

Suonò una campana fra i corridoi, segno che l’orario delle visite era finito.

 

“Diamine” Sussurrò Damon. Aveva così tante cose di cui parlare ancora!

L’anziana nera rise. “Non ti preoccupare, ci vedremo domani sera a casa del sindaco. E continueremo il nostro interessante discorso con tranquillità, senza limiti di tempo!

“Come farà ad andarci? E’ ancora qua ricoverata!”

“La medicina appena presa mi permetterà questa piccola magia” Asserì lei, facendogli l’occhiolino “E a Eva lo stesso.

A proposito della piccola peste: la avverto, questa situazione non le piacerà, sarà più antipatica e scontrosa del solito. Eva è una ragazza molto riservata, e non ama spifferare gli affari suoi agli altri. Credo tuttavia che rivelare qualcosa – almeno per tranquillizzare voi sul suo conto – sia necessario. L’avevate di mira ultimamente, non è così?

 “Se ne stupisce?” Replicò, non riuscendo a trattenere una vena di sarcasmo nel tono di voce.

Lei sospirò, affranta. “Neanche un po’ purtroppo”

 

“Bene. Prima di andarmene, tuttavia, devo chiederle un ultimo favore per conto dello sceriffo Forbes

“Oh, è vero! Quasi me ne scordavo! L’ho chiamata furiosa questo pomeriggio per l’affare verbena! Ora capisco perché sia inserita fra i cibi… lei sa di voi, dunque?

“No, e non deve saperlo. Qua i pochi che sanno dell’esistenza di noi vampiri non credono alla tesi del bravo diavolo come lei! Le spiegherò meglio domani. Mi consente di riferirle che non intende più porgere denuncia per l’accaduto?

“Ovviamente. Se la berrà?”

“Sì, m’inventerò qualcosa per renderla più credibile… Le auguro buona serata, signora Rosie!”

“Altrettanto a lei, Damon. A domani!”

 

 

 

 “Si può sapere perché ci hai messo così tanto?!” Sbottò Bonnie, alzandosi in piedi e fissandolo malamente quando, dopo mezz’ora di attesa, se lo trovò davanti.

Lui la fissò corrucciato, per niente felice dell’accoglienza. “Si può sapere chi ti ha chiesto di aspettarmi?”

“Come sarebbe a dire?! Siamo venuti assieme per uno scopo!”

“Certo, peccato che poi tu ti sia rivelata inutile per l’ennesima volta! E ti ho fatto addirittura salire nella mia macchina!” Aggiunse schifato, uscendo dalla struttura seguito a ruota da lei.

“Dimmi cos’hai scoperto!”

“Chiedimelo pi gentilmente, magari potrei anche accontentarti!”

“Damon, parla!”

“Sei più acida di un limone!”

“E tu mi stai dando ai nervi!”

Ma che strana coincidenza…

“Tu hai scoperto qualcosa e non vuoi dirmela! Non puoi! Hai capito? Non puoi tenermi all’oscuro!”

“Certo, perché altrimenti non potresti giocare a Wonder Woman, non è così? Oh mio Dio, mi sono appena immaginato te in calzamaglia, quale orribile visione!” Mormorò, prendendo le chiavi della macchina e aprendo lo sportello.

 

Bonnie, alle sue spalle, respirava a fatica per la rabbia.

Senza dire nulla se ne andò via, diretta alla fermata dell’autobus.

Prima o poi quel demonio avrebbe parlato, se c’era qualcosa d’importante non se la sarebbe tenuta solo per lui. A meno che non avesse trovato qualcosa da guadagnarci sopra, evenienza tuttavia quasi impossibile in questa circostanza.

Damon, in ogni caso, era andato lì principalmente per discutere con la baia della questione verbena per conto dello sceriffo Forbes: se l’indomani mattina Caroline non le avesse riferito di alcuna denuncia, avrebbe significato che era riuscito a parlare con Rosie, e dunque poteva avere informazioni interessanti.

Gli dava ventiquattr’ore di tempo per decidersi prima di passare alle maniere forti.

 

Stava già prospettando quali pozioni e magie usare per farlo parlare, quando vide uno macchina fermarsi davanti a lei e suonare.

Il finestrino si abbassò, e il volto infastidito di Damon fece capolino dall’abitacolo.

“Avanti, Sali!”

Bonnie lo fissò con occhi sbarrati. “Tu sei pazzo!”

“Tu sei pazza! E pure isterica!”

“Parlerai?”

“Sali ho detto!”

Lei sbuffò. Che avesse parlato o meno, il 50% di possibilità di sentirlo sputare il rospo ce l’aveva solo andando con lui. Seccata, si alzò dalla panchina e salì in macchina. Odiava quando era lui ad avere il coltello dalla parte del manico!

 

Solo un quarto d’ora dopo, quando ormai erano in vista di Mystic Falls, il vampiro si decise a parlare. Tutto il resto del viaggio era trascorso nel silenzio più completo, interrotto ogni tanto solo dagli sbuffi nervosi della strega Bennet.

“Ho una cosa da dirti” Esordì lui, senza degnarsi di guardarla in faccia.

Alla buon’ora!” Si lagnò lei, aspra.

Rosie Duriel è in verità una medium una tra le più potenti che io abbia mai conosciuto. Ha usato le sue capacità per richiamare lo spirito di una sua vecchia amica affinché le portasse in ospedale due boccette di una sostanza che avrebbe garantito la salvezza a Eva, e le energie necessarie a ripristinare le sue funzioni vitali dopo lo sforzo magico al suo stesso organismo.

A quel punto erano arrivati davanti a casa di Bonnie, e Damon fermò la macchina, mentre la strega ascoltava con impazienza la fine del suo discorso.

“L’amica in questione era tua nonna, Sheila.

Ho trovato l’ectoplasma del suo spirito al fianco di Eva, mentre le dava la medicina per salvarla.

Mi ha detto di riferirti di starle vicino” Perché lei non è come Katherine… non lo sarà mai aveva specificato lo spirito, ma lui non si sentì di aggiungere altro. Quel nome significava troppo per lui, anzi riguardava solo lui, non era necessario che nessun’altro lo sapesse.

 

Si voltò stupito quando, invece di ricevere in cambio una risposta, sentì lo sportello della macchina aprirsi e richiudersi con forza.

Dal vetro scorse la figura di Bonnie indirizzarsi con passo svelto verso la sua abitazione.

Quella ragazza era più pazza di un cavallo.

 

 

 

 

 

Stefan mugugnò dal piacere mentre Elena lo baciava con sensualità fra il collo e l’orecchio, zone particolarmente sensibili che al sol contatto delle labbra di lei si riempivano di brividi.

“Ti piace?” Chiese lei, ridacchiando soddisfatta.

“Mi piaci tu… e molto” Asserì il ragazzo, cingendole la vita con un braccio e facendo aderire perfettamente i loro busti nudi. La baciò con passione, accarezzandole la morbida pelle candida della schiena e facendola lentamente adagiare sul letto su cui erano rannicchiati. Poi scese a baciare il suo petto, dedicando particolare attenzione ai suoi graziosi seni e a quel ventre piatto in cui non vedeva l’ora di immergersi.

Lei sorrise, dolcemente rilassata, fino a quando il viso di lui non ritornò alla sua altezza e i loro corpi si unirono in un tutt’uno di passione.

“Ti amo” Gli sussurrò Elena all’orecchio.

“Ti amo anch’io” Rispose Stefan, baciandola.

 

 

Damon non rimase a vedere oltre.

Per errore era passato davanti alla camera del fratello trovandovi la porta socchiusa, e la scena di cui era stato spettatore lo aveva come ipnotizzato, riportandolo indietro nel tempo a quando una donna con quello stesso aspetto stava distesa fra le sue braccia, sotto il suo corpo, dentro il suo cuore….

Ma nessuna parola d’amore era mai uscita dalle sue labbra.

Lei era incapace d’amare, se non fisicamente.

Elena no. Elena sapeva amare.

Ma lei apparteneva a Stefan, aveva scelto suo fratello, non lui.

 

Con nel cuore una pesantezza ben conosciuta, si tramutò in corvo e prese il volo, allontanandosi dalla sua casa.

Quel dì avrebbe iniziato prima del solito il giro di perlustrazione. L’aria fresca e la vigilanza costante l’avrebbero aiutato a distendere i nervi.

 

Lei non è come Katherine, non lo sarà mai.

Quelle parole gli ritornarono in mente per l’ennesima volta.

Parevano più riferite a Elena che a Eva.

In fondo, quest’ultima cosa centrava con Katherine?

 

Un dubbio lo assalì. Rosie aveva assicurato che gli spiriti – quelli che lei richiamava, almeno – non mentivano mai. Eppure, le parole di Sheila lasciavano intendere una relazione fra le due donne. Possibile che davvero Eva fosse in qualche modo legata a Katherine?!

In precedenza si era parlato solo di una possibile parentela fra la Pierce e Elena. Che il duo del mistero fosse in verità un trio?

 

Nel suo andare era giunto a svolazzare sopra il buio cimitero. Fu la percezione di una presenza umana fra l’oscurità delle lapidi che lo costrinse a interrompere il flusso dei suoi pensieri e planare laggiù, accovacciandosi su di un albero.

Scorse le forme di una ragazza rannicchiata ai piedi di una lastra marmorea, la schiena scossa da violenti tremuli che ne rivelavano il pianto sommesso.

Non ci mise molto a riconoscere in lei Bonnie Bennet.

Con uno sbuffo seccato scese dall’albero, tornando alle sue sembianze umane. Quel giorno sembrava proprio che non potesse liberarsi di quella lagna umana.

 

“Non so se mi sbaglio, ma credo di no: mi pare che le lacrime, anche se fatte scendere durante una notte di luna piena come questa sulla terra dove è deposta la tomba prescelta, non riportino in vita i morti!” Esordì con stizza.

 

Bonnie alzò il capo, spaventata da quella voce inaspettata, per poi rivolgergli uno sguardo furioso e tirargli addosso la prima pietra che riuscì ad arraffare. “Vattene via, mostro! E’ per colpa tua se è morta!”

“No, strega della malora, è per colpa sua: sua la scelta, sue le conseguenze!”

“Sei un verme! Potevi avvertirmi questa sera della presenza del suo spirito!

“Certo, e magari accompagnarvi anche a prendere un thè assieme! Forse non sai bene come funzionano quel tipo di cose!”

“E’ morta, dannazione! E’ morta e non ho avuto neanche la possibilità di salutarla! Tu l’hai uccisa, e mi hai negato anche l’occasione di incontrarla per l’ultima volta!

“Sei una ragazzina stupida e noiosa! Arrangiati da sola, tu e le tue inutili lacrime! Dopo mesi che la vecchia è crepata una persona intelligente se ne sarebbe fatta una ragione!” Sbottò, ben intenzionato ad andarsene.

 

Bonnie si alzò in piedi, asciugandosi alla bell’e meglio il viso coperto di lacrime.

“Senti chi parla: colui che dopo decenni dalla dipartita della sua bella continua ad esserne innamorato pur sapendo di non essere minimamente ricambiato! Di non essere MAI stato minimamente ricambiato! MAI! Tu sei lo stupido, non io! Tu, che continui a credere nella tua favola d’amore, mietendo vittime ovunque per ritrovare una donna che non ha la minima intenzione di finire di nuovo fra le tue braccia…

“Stai zitta!” Gridò, non riuscendo tuttavia a muoversi da lì, paralizzato da quella verità che nessuno gli aveva mai gettato con tanta veemenza davanti.

…Tu, che corri dietro ad Elena per il semplice motivo che porta il suo stesso aspetto, innamorato di lei solo perché è la Katherine che avresti sempre voluto avere!”

“Stai zitta ho detto!”

“Tu, che impedisci al tuo stesso fratello la felicità di un amore vero, invidioso di qualcosa che, anche senza lui, non avrai mai! Perché Elena non ti amerebbe neanche se lui non esistesse, come Katherine non ti avrebbe mai amato pur senza uno Stefan fra i piedi! TU SEI LO STUPIDO!”

“BASTAAAA!”

 

Con uno scatto felino, così veloce che lei neanche ebbe il tempo di reagire, la prese per le braccia e la trascinò per un lungo tratto fino a farla sbattere con violenza sul tronco di uno dei grossi alberi all’incipit della foresta.

Dopo di che, senza neanche darle il tempo di riprendersi dal trauma subito, senza neanche saperne lui il vero motivo si chinò su di lei e la baciò con irruenza.

Un bacio che non era un bacio, ma un morso doloroso che lasciò Bonnie con la bocca impastata di sangue.

“Come ci si sente a baciare l’assassino della propria nonnina, eh?” Sussurrò Damon con la voce bassa e roca che possedeva quando il suo volto assumeva le oscure sembianze di un cacciatore notturno.

Bonnie poggiò il capo sul tronco, come sfinita, sporgendosi a sputare un po’ di sangue e asciugandosi con una strana calma il rosso liquido d’intorno alla bocca, mentre ancora qualche lacrima scendeva infelice.

“Immagino – sussurrò con voce tremante, alzando lentamente gli occhi su di lui – che sia brutto quanto assaporare il velenoso gusto della verità.”

“Sei debole e stanca… potrei ucciderti con un semplice tocco. Vuoi andare da tua nonna, Bonnie? Dalla tua amata nonnina? Quella per cui piangi ogni notte, e ogni giorno t’incolpi di aver ucciso? Vuoi incontrarla di nuovo?” Le chiese, trascinando il viso sul suo fino ad arrivare all’orecchio.

Lei riprese a piangere, scuotendo la testa. Non erano lacrime di paura, non temeva il vampiro che l’affliggeva in una morsa da cui era difficile fuggire; erano lacrime di dolore.

“No” Asserì dopo essersi asciugata le lacrime, la voce incerta “Ma vorrei che mi baciassi.”

 

Quelle parole stupirono Damon che si allontanò appena da lei e la fissò stranito, il viso tornato quello bello e perfetto di un tempo, tranne che per il sangue che gli arrossava le labbra.

Avrebbe fatto volentieri dell’ironia, ma in quel momento la vena suddetta era a secco.

“Perché?” Chiese, unica parola che riuscì a concretizzare per lo stupore.

“Perché ti odio, e tu odi me”

“Non è esattamente per questo che ci si bacia…

“Non mi pare che tu, poco fa abbia dimostrato di seguire la convenzione

“L’ho fatto per dispetto. Perché vuoi che ti baci?”

“Perché ne ho bisogno… ho bisogno di perdonarti per quello che hai fatto, ho bisogno di perdonarmi io non riesco ad andare avanti così. Il pensiero di mia nonna sta diventando una problematica fissazione.

Farà bene anche a te”

“Ah si?”

“Già. Anche tu non puoi andare avanti così.”

Quindi, se ti bacio, mi garantisci di ricordarmi quanto sono stupido in cambio del medesimo favore da parte mia?”

“Esatto”

 

La guardò negli occhi. Erano grandi, profondi, cupi… tristi e desolati come quelli di un uccellino sperduto.

Non aveva mai fatto patti così strani, e sicuramente neanche lei.

Non le era mai sembrata una ragazza capace si donava facilmente all’altro sesso, e lui non si sbagliava mai su queste cose: per questo il suo gesto, la sua richiesta, era ancora più forte, più disperata.

La strinse fra le braccia e si chinò lentamente su di lei, quasi indeciso.

Fu l’incontro con le sue labbra morbide che sapevano ancora di sangue a togliergli ogni incertezza, spingendolo ad assaggiarle con ingordigia.

Quella era la bocca della verità.

Da quelle labbra erano scaturite quelle parole terribile che, poco prima, l’avevano fatto andare in bestia.

Parole terribile quanto vere.

 

Approfondì il bacio e aumentò la stretta sui suoi fianchi, mentre un senso di tristezza gli chiudeva lo stomaco. Quel bacio era il suo appiglio, lo scoglio che gli permetteva di sfuggire a quella verità che come un mare infuriato minacciava di distruggerlo.

Katherine non l’aveva mai amato.

Elena non l’avrebbe mai amato.

Lui era solo… e stupido.

L’intera sua vita, fino ad allora, non aveva avuto senso.

Bonnie, la strega; Bonnie, la terribile Bonnie… lei, che lo odiava più di ogni altro, era l’unica che si era proposta, in quello strano modo, di aiutarlo ad accettare la verità, e andare oltre.

L’infermiera che si sarebbe presa cura di lui durante la convalescenza, in cambio dello stesso favore.

 

Si baciarono a lungo, e con quella passione – che in verità era rabbia – sempre più forte e coinvolgente.

Poi, prima che potesse accadere più di quanto avrebbero potuto accettare, si allontanarono l’un l’altro, fissandosi con un nodo alla gola.

“Torno a casa” Disse lei, raccogliendo la borsa e allontanandosi.

“E’ notte”

“So badare a me stessa”

“Ma certo. Buon viaggio” Replicò lui, assumendo le sembianze di corvo e volando via.

 

Bonnie si fermò un attimo a salutare la nonna, accarezzando quasi con devozione la lastra della sua tomba.

Non era colpa sua se lei era morta… eppure non poteva fare a meno di credere altrimenti.

Tornò a casa con passo lento e strascicato, senza accorgersi che, da lassù, due occhi azzurri come il cobalto la seguivano attenti.

 

 

   
 
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