Eva –
La Prima Figlia
Capitolo 6: Rosie
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Non c’era posto più affascinante al mondo di quell’insieme di
polverosi scaffali, pregiati tomi e isolate scrivanie che era la biblioteca.
Che si
trattasse di una piccola biblioteca di provincia o della più grande del globo
poco importava: non erano le dimensioni a contare, quanto il contenuto. Dentro
le sue mura, fra le pagine dei suoi libri, si poteva fare il giro del mondo,
tornare indietro nel tempo o addirittura arrivare a toccare il futuro con un
dito; trovare le risposte ai propri dubbi o nuove domande per ampliare i propri
orizzonti. Si poteva divenire esperti di fisica, botanica e storia, letteratura
e politica.
Le biblioteche
erano la patria del sapere, dei sogni e della fantasia, e seppur spesso fossero
carenti di appetitose fanciulle e sangue zuccherino,
le frequentava con malcelata piacevolezza.
Quella di Mystic Falls, poi, vantava un
reparto particolare, tanto ben fatto da renderlo probabilmente il principale in
tal settore di tutta l’America: la sezione sull’Occulto.
La conosceva
bene, ci si era recato spesso e aveva letto la maggior parte dei suoi libri.
Tuttavia, dopo
aver trascorso ben due ora fra quei vetusti testi era
tristemente arrivato alla consapevolezza che recarsi lì era stato completamente
inutile: purtroppo, quella volta i suoi amati libri non gli avevano dato le
risposte che cercava.
Per quei tomi,
infatti, solo i vampiri potevano essere intolleranti alla verbena, tutte le
altre creature demoniache no.
Ma i vampiri non potevano avere figli,
pertanto a quei vecchi volumi dimenticati sfuggiva qualcosa.
Qualcosa che
ora era costretto ad andare a cercare altrove, e anche velocemente: il sole
stava calando, l’orario delle visite sarebbe iniziato di lì ad
un’ora. Doveva sbrigarsi.
Il solo
pensiero di dover chiedere consiglio a lei gli faceva venire l’orticaria. Per
accorciare i tempi avrebbe potuto fare così fin dall'inizio, ma l'idea di
vederla non lo solleticava particolarmente, anzi... e ora unita al fallimento
in biblioteca era un'ulteriore fonte di fastidio.
Nonostante
quella notte avesse deciso di lottare al suo fianco, quel qualcosa in lei che
da sempre urtava il suo intimo continuava a permanere, rendendo la sua volontaria
collaborazione una sorta di punizione auto inflitta.
Con un diavolo
per capello se ne andò dall'antica struttura, dirigendosi a passo lesto e mani
in tasca dove sapeva avrebbe potuto trovare risposta.
Quando arrivò a
casa della strega, tuttavia, la trovò seduta in giardino con la piacevole
compagnia di Elena.
Sorrise,
rallegrato dalla gradevole visione. Come si dice, con un poco di zucchero la
pillola va giù?
Le due ragazze
si accorsero subito della sua presenza, e iniziarono a parlottare divertite fra di loro, ben sapendo di essere sentite nonostante la
distanza.
“Dici che sta
venendo qua?” Chiese Elena, fingendosi dubbiosa.
“Dico che
preferirei che venisse qua piuttosto che dai vicini...!”
Asserì la mora, saggiamente.
“Ma no, non temere: credo si stia addomesticando!”
“I serpenti non
sono animali domestici, Ele”
“Elena, tesoro mio, luce degli occhi del mio amatissimo fratellino, non dovresti passare tutto il tempo a parlare di me con le tue amiche! Stefan potrebbe ingelosirsi!”
Elena alzò le
sopracciglia, scettica. “Dubito che le orecchie ti
fischino per colpa mia!”
“E' come avere
un treno in corsa, alle volte!” Asserì invece lui, sicuro di sé.
“Ti assicuro
che è fermo in stazione”
“Sempre che non
si parli di catastrofi, morti violente o ecatombe disumane!” Precisò Bonnie.
Il ragazzo la fissò, un poco stizzito. “Cara sorellina, non dovresti
trascorrere le tue serate con una compagnia del genere, rischi di inacidirti!” Consigliò a Elena, con una smorfia di dissenso. “E ti
assicuro che già per natura non sei proprio uno zuccherino...!”
“Mi hai forse
mai assaggiata?”
“E' un invito?”
Chiese il moro, con gli occhi improvvisamente più lucidi e un sorriso poco
rassicurante in volto.
“E' una
domanda” Lo rimbeccò quella, seria.
“Una
domanda abbastanza retorica da rendere la mia nettamente superiore nella scala
delle priorità!
Damon, cosa ci fai qui?” Chiese Bonnie, fissando con
le sopracciglia alzate il vampiro, ottenendo subito in
risposta un sospiro seccato.
“State diventando
noiosi, sapete? Ogni qual volta vengo a trovare qualcuno di voi, mi vien chiesto cosa ci faccio. Vi sembro forse così arrivista?!”
“Sì”
“Anche fin
troppo”
“Volevo
chiederti qualche libro di cucina, ti spiacerebbe darmi una mano, da buona
vicina?” Rispose con un'invidiabile nonchalance, glissando con maestria le
accuse (consapevolmente vere) delle due amiche e incantandole col suo
affascinante sorriso.
Elena
ridacchiò, pensando quanto fossero sviluppate le doti recitative del suo
terribile cognato. “Ok, perfetto, visto che il nostro
grande cuoco ha bisogno solo di te, direi che posso togliere il disturbo! Stefan mi
aspetta!” Disse, alzandosi e salutando con due baci l'amica.
“Dove?” Chiese
Damon, incuriosito.
“A casa
vostra!”
“Oh, zia Jenna
ha deciso di rompere il coprifuoco?”
Lei fece
spallucce. “Non c'è mai stato nessun coprifuoco... diciamo
che ora mi sembra più tranquilla, e credo di potermi permettere di fare di
nuovo le ore piccole, una volta ogni tanto! Oggi in
particolare era davvero entusiasta!” Replicò sorridente, allontanandosi dalla
villa.
“Non mi dire!
La tua famelica sirena ha adocchiato nuove prede?!”
“Lo spero con
tutto il cuore, si merita un po' di felicità! Bonnie,
non dargli ricette troppo pericolose!”
“Tranquilla,
non vedrà mezzo ingrediente senza il mio permesso!”
“Immaginavo! Ciao ragazzi!” Concluse
poi, agitando la mano e regalando loro un sorriso incantevole.
Damon replicò
con lo stesso gesto e un sorriso appena accentuato. Elena somigliava così tanto a Katherine... ma non aveva mai visto
quest'ultima sorridere così, con tanta dolce spontaneità.
Però aveva sempre avuto un talento innato
nello sgozzare gente, doveva ammetterlo.
“Ti serve
davvero il mio grimorio?” Chiese Bonnie,
mentre entrambi ancora guardavano l'amica allontanarsi per la via, il tramonto
che la rendeva ormai solo un'ombra lontana.
“In un certo
senso si, ma farei volentieri a meno di leggerlo.
Preferirei un’illuminazione da parte della tua testolina piena di mostri e
demoni cattivi!”
“A che proposito?
Eva?”
“Oh yeah” Asserì Damon, sedendosi nell'unica sedia libera al
suo fianco.
“Immaginavo.
Hai fatto bene a non dirlo davanti a Elena, si sarebbe preoccupata inutilmente”
“Perché la Addams la dovrebbe preoccupare?
Le hai detto qualcosa?”
“Ieri ho avuto
modo di vedere il tatuaggio di Eva subito dopo la tua dipartita, e ne ho
parlato con lei e Stefan: è un sigillo…
il fatto, ovviamente, l’ha subito preoccupata.”
Raccontò, rimanendo un po' indecisa sul finale, come se stesse per aggiungere
qualcosa.
“E?”
“E.. non aveva tutti i torti, si tratta di un incantesimo
molto potente, in grado perfino di occultare l’essenza di un essere”
“So cos'è un
sigillo. Dimmi altro.”
Lei sospirò,
decidendo di gettare il sacco. “Quando sono andata all'ospedale per prendere Caroline,
me la sono trovata proprio a pochi passi – Eva intendo - e ho studiato i
simboli. Quell'incantesimo è presente anche nel grimorio
di mia nonna”
“Credi lo abbia
fatto lei?”
“Possibile. Gli
incantesimi sono unici.... un'altra strega non può
avere fatto esattamente quello, a meno che non fosse in possesso del suo libro.
Credo che la nonna la conoscesse”
Damon rimase un
attimo in silenzio. Il sigillo serviva a fare in modo che la parte demoniaca
non predominasse su quella umana, su questo non aveva dubbi. Non era il primo
caso di cui era a conoscenza, da secoli quella dell’apposizione del sigillo era
una pratica molto usata coi meticci, per consentire ad
una parte di prevalere sull’altra. La questione era piuttosto se lo avesse
ricevuto volontariamente o meno. Il primo caso la rendeva una creatura completamente innocua, il secondo
invece un potenziale pericolo.
“Eva è in
ospedale” Disse, spiazzando un po' la bruna.
“Sì lo so,
c'ero anch'io stamani a scuola! Ha avuto uno shock anafilattico dovuto ad un'allergia alimentare.”
“Indovina a
cosa”
Silenzio. Poi
gli occhi di Bonnie s’illuminarono, e il suo corpo
tremò appena.
“Verbena”
“Esatto”
“Chi te l'ha
detto?”
“Lo sceriffo”
“Ma… io non ho percepito alcuna
vibrazione negativa provenire da lei!”
“Neanche io in
effetti”
“Come è possibile che sia una vampira allora?”
Quella
constatazione sbalordì Damon, che reagì con stizza. “Vampira?!
Levati dalla testa certe idee oscene, se così fosse stato IO
me ne sarei accorto e l’avrei devastata!
E poi, una
vampira non se ne va in giro con una stupida fionda a cacciare bestioline
innocenti!”
“Come fai a
dirlo?”
“Perché
dovrebbe usare quell’antiquato arnese quando potrebbe tranquillamente
stracciare il collo ad uomo cinque volto più grosso di
lei con un morso?!”
Bonnie chiuse un attimo gli occhi,
cancellando la violenza dell’immagine che quelle parole avevano dipinto nella
sua mente. “Intendevo, come fai ad essere sicuro che
non sia una vampira…”
“Sono un
demone, me ne accorgo di cosa ho davanti!”
“Ma c’è il sigillo di mezzo”
“Un sigillo non
può cambiare ciò che sei, può solo bloccarti. La sete
di sangue le sarebbe rimasta, e se si nutrisse dell’appetitosa bevanda il suo corpo avrebbe un odore particolare che io,
come ogni altro demone, riuscirei a sentire!”
Lei assentì. “Ok. Umana dunque?”
“Solo per
metà.”
Bonnie spalancò gli occhi, sorpresa. “Credevo
che i meticci fossero solo leggenda!”
“Sono rari,
infatti, visto che l’attrazione fra razze differenti è
difficilmente riscontrabile, e i nati da unioni miste non vengono visti di buon
occhi, soprattutto dai demoni. Di solito vengono
perseguitati e eliminati da piccoli”
“Che il sigillo
sia stato posto per proteggerla?”
“E’ una
possibilità.” Alquanto remota, penso tra se e se, sicurissimo della sua tesi.
“Quindi Eva è una mezza demone…”
“Già, papino mostro e mammina umana”
“E il tuo fiuto
da segugio ti ha detto anche questo?! O hai delle fonti?”
“Iniziamo col dire che il mio fiuto è tanto fine quanto il mio
intelletto, e tutto quello a cui giungo corrisponde sempre al vero... comunque,
a parte l'aura, l'ho sentita parlottare...”
“Sicuramente è
la sua parte demoniaca ad aver rigettato la verbena”
“Esatto. Ma secondo
la biblioteca non esistono demoni allergici alla verbena, tolti i vampiri
ovviamente! Ed è per questo che mi servi tu!”
“E' così infatti” Mugugnò quella. “I libri della biblioteca sono
attendibili”
Damon corrugò la fronte, fissandola come se fosse un’ebete. “... T'informo che, per quanto splendidi e fantasticamente prestanti, noi succhiasangue non possiamo generare figli... non tramite il metodo classico, ovviamente!
I
mezzi vampiri non esistono!”
Bonnie replicò stizzita, stanca di essere
trattata a pesci in faccia. “… E grazie al Cielo! I
casi, allora, sono due: o Eva è uno dei pochi esseri umani presenti al mondo ad essere intollerante verso quell'erba, oppure il suo
essere ci nasconde qualcosa!”
Damon si alzò
dalla seria, ebbro di un entusiasmo così falso da risultare
irritante “Fantastico! Adesso che so esattamente quanto sapevo prima, t’informo
che, come al solito, la tua utilità è stata pari a
zero! Tempo perso, maledizione!” Brontolò, andandosene via.
Bonnie gli corse dietro, dubbiosa sulle sue
intenzioni e irritata dal suo atteggiamento. “Aspetta!
Dove vai?!”
“Cosa ti
frega?”
“Stai andando
all’ospedale, vero?”
“Può darsi”
“Bene, vengo
con te!”
Lui si voltò,
indignato da quella proposta. Solo l’immagine di lei
seduta al suo fianco nella sua preziosa vettura gli dava il voltastomaco!
Ma proprio mentre stava per cacciarla via
a male parole, un’idea gli venne in mente. “Ok. Ma si
farà come dico io: mentre io distraggo la tata, tu controlli la protetta. Cerca di avere un po’ del suo sangue.”
“Vuoi fare un
incantesimo di richiamo?”
“Esatto”
“Ci sto”
Si malediceva
ogni istante della sua esistenza per ciò che si era fatta.
Aveva cercato
la verità e l’aveva trovata, accettando il suo abbraccio rivelatore senza
accorgersi che gli arti che l’avvolgevano erano quelli
mortali e dannati di Thanatos in persona.
Era corsa
volontariamente fra le braccia della morte, ignorando
cosa fosse in verità la non vita eterna che il vampirismo le prometteva.
All’inizio
aveva perfino tentato di essere quella di un tempo, di fare finta che nulla
fosse cambiato. Ma non puoi sperare in una vita
normale quando in te più nulla è ordinario.
E seppur sia
appagante vedersi circondata dalla dolce luce del giorno, coprirsi di candide
vesti e sorridere con gentilezza a coloro che incontri
per via, semplicemente felice di esistere; seppur sia bello vivere amando e
venendo amati da coloro che ci circondano… o semplicemente sia bello vivere… la fiaba alla fine giunge a compimento, e la
finta principessa si ritrova il bianco abito sporco di sangue il cui grido
all’oltraggio e all’inganno ancora rimbomba attorno a lei e dentro di lei… il sangue di quegli amici sgozzati dalle sue mani e
divorati dai suoi denti aguzzi, emblema di quel germe demoniaco che l’ha
strappata alla morte gettandola in un inferno di non vita senza tempo.
Così, l’incanto
finisce, il paradiso ritorna a essere una meta irraggiungibile e il cuore un macigno dal peso intollerabile.
No, non poteva
pi vivere come un normale essere umano.
Quanto era
crudele e malizioso il Fato! Sicuramente ora rideva di lei che per svelare il
mistero della sua esistenza era andata incontro ad una
verità che, una volta trovata, l’aveva spinta a chiudersi nell’inganno per
nascondere il suo orrore a se stessa e agli altri.
Sarebbe stato
meglio rimanere ignoranti, piuttosto che aprire gli occhi sull’Inferno.
Si era fidata
della persona sbagliata, era stata avventatamente sciocca…
e a pagarne le conseguenze non era stata solo lei, ma
anche tutto il mondo che fino ad allora si era costruita attorno.
Aveva perso
tutto.
O quasi.
Forse, le
rimaneva ancora una speranza.
Toc toc
Una piccola
attesa, poi la porta si aprì.
Davanti a lei
si stagliava la ben nota figura di un uomo alto e prestante,
capelli biondicci e viso affascinante. Ben nota era anche la stretta
allo stomaco che provava ogni volta che lo vedeva.
Difficile
sfuggire allo charme di quegli occhi dolci e sagaci, tanto più al ricordo
dell’amore di cui un tempo si riempivano al sol
vederla.
Gli ci volle
qualche secondo per riconoscerla. Nel frattempo il saluto che la prassi dettata dall’educazione gli portò automaticamente
alle labbra gli si bloccò all’incipit.
Ovviamente non
aveva oltrepassato la soglia di casa, da furbo cacciatore (o da cosciente
preda) sapeva di non dover mai abbassare la guardia.
“Ciao Al” Lo salutò, voce ferma e sorriso sulle labbra, gli occhi
illuminati da uno scintillio di amara nostalgia.
“…E’ uno scherzo?!” Mormorò il
professore spaesato, guardandosi in giro e allontanandosi di un passo mentre il
suo volto, inconsciamente, impallidiva. Reazione iniziale piuttosto positiva,
specie quando ci si aspetta di ricevere, invece, un bel paletto in mezzo al
petto.
“Purtroppo no.
So che ti avevo promesso di starti alla larga…”
“Cosa
vuoi, Isobel?!”
Gridò lui, improvvisamente furioso.
“Il tuo aiuto.”
“Il mio aiuto?! Per fare cosa? Per rovinare ancora la vita di tua figlia?
O la mia?”
“Al…”
“Vattene via,
sto andando ad avvertire gli altri della tua
presenza!” Concluse l’uomo, chiudendo la porta.
“Al ho bisogno di te!” Confessò allora, presa da un’enfasi
causata, principalmente, dalla paura. “Katherine mi da
la caccia”
Paura, sì… perché vivere una non vita è orribile, ma morire fra le
braccia del diavolo in persona è inaccettabile… anche
per un mostro.
L’uomo si
bloccò, fissando la sua - defunta -
moglie negli impauriti occhi azzurri. Sembrava sincera…
ma perché crederle? E, in ogni caso, perché aiutarla?
Perché la ami ancora, gli sussurrò una voce nella mente.
Inghiottendo un
boccone amaro, aprì la porta e si fece da parte.
“Entra” Le
disse in un sussurro, lasciandola passare.
Una volta
giunti all’ospedale e appresi i numeri delle stanze delle pazienti, Damon e Bonnie si erano divisi.
Stando a
quanto aveva detto loro l’infermiera dell’ufficio
informazioni, inizialmente le due nuove abitanti di White Crown erano state
messe nella stessa stanza, ma appena due ore prima del loro arrivo le
condizioni della Addams erano inaspettatamente
peggiorate, richiedendo un suo urgente ricovero in Terapia Intensiva con
prognosi riservata.
Quell’inaspettato evento aveva complicato i loro piani, visto che lo stato di Eva non le permetteva di ricevere visite. Tuttavia avevano deciso di tentare comunque la loro impresa: o meglio, Damon aveva deciso che, vista la situazione, se la sarebbe cavata benissimo da solo, e Bonnie non aveva potuto fare altro, con suo grande rammarico, di zittirsi davanti alle sue ineccepibili e invincibili tesi e acconsentire ad attenderlo nella hall. Il vampiro aveva il potere di manipolare le menti, poteva portare a termine i suoi obiettivi senza problemi: lei sarebbe stata decisamente di troppo.
Sbuffò,
guardandolo mentre spariva fra i bianchi corridoi coperto dal suo chiodo di
pelle nera.
Odiava doversi
fidare di lui.
Accavallò le
gambe, prendendo un giornale a caso fra la pila al fianco e iniziando
distrattamente a curiosare fra le notizie di gossip - che si rivelarono essere
di qualche mese prima.
Inizialmente
aveva pensato di concentrarsi e seguire l’andare del Salvatore attraverso la
percezione della sua aura. Ma la consapevolezza di essere in un ospedale, luogo
pieno di anime sofferenti o in fase di trapasso la convinse ad
evitare una tal pratica: uscire da quel posto in lacrime o con spiriti novelli
alle calcagna non era proprio il suo obiettivo.
Le Addams si trovavano entrambe al quarto piano dell’ospedale,
ma in reparti diversi e a gran distanza l’uno dall’altro.
Damon aveva
preso l’ascensore in compagnia di una coppia di anziani, un’infermiera e un
dottore, che conversavano amabilmente assieme come due piccioni in amore.
Guarda caso i
pulsanti che separavano il tasto del piano terra da quello del quarto erano
tutti illuminati, segno che avrebbe dovuto portare ancora più pazienza del
previsto quella sera.
Primo piano;
le porte si aprirono e l’anziana coppia se ne andò.
Secondo piano;
fu la volta della graziosa infermiera, che salutò affabilmente il dottore
dedicandogli un malizioso sguardo dei suoi occhi celesti.
Terzo piano;
scese il medico.
Non aveva
neanche finito di ringraziare il Cielo per avergli accordato il favore di non
fare salire nessun altro su quell’ascensore che, d’improvviso, per una frazione
di secondo, le luci si spensero, l’ascensore si bloccò con un violento
strattone e lui quasi rischiò di cadere.
Dannato Black
out!
Gridando
improperi a destra e a manca si raddrizzò, mentre le luci si accendevano di nuovo
e il mezzo riprendeva la sua corsa.
Con una
differenza.
C’era qualcosa
che non andava.
Si concentrò,
tentando di percepire meglio.
Un’energia
fortissima, e decisamente innaturale, sembrava essere
comparsa in quel luogo. In quel piano.
Il quarto piano.
Uscì dall’ascensore, preoccupato, il volto rivolto al corridoio alla sua
destra, pregno di quella forza che percepiva con tutti i suoi sensi vampirici.
Tutt’intorno a
lui medici e pazienti chiacchieravano tranquillamente, parlando anche del
piccolo black out di pochi istanti prima: niente di
preoccupante, i generatori di emergenza avevano fornito prontamente il
fabbisogno energetico necessario al mantenimento delle funzioni nella struttura
clinica, e tutto era subito tornato alla normalità.
Quell’energia,
tuttavia, era tutt’altro che normale.
Con passo
deciso ne seguì la scia, finendo ben presto davanti al reparto dove solo il
personale autorizzato poteva avere accesso: Terapia Intensiva.
Col cuore
quasi in fibrillazione e mille interrogativi che gli vorticavano nel cervello attraversò quel limite proibito, convincendo ogni
contestatore della giustezza della sua presenza in loco con un semplice
sguardo.
L’energia era
sempre più forte, più oscura e più opprimente.
Entrò nella
stanza che ospitava quella forza paranormale, trovandovi un solo lettino.
Vi era distesa
sopra una ragazza, le funzioni vitali – minime – tenute sotto controllo da
miriadi di complicati macchinari.
Al suo fianco,
una donna finiva di versarle in bocca il contenuto rosso e vischioso di una
piccola boccetta di cristallo.
Arretrò di un
passo, mentre gli occhi gli si sbarravano per l’incredulità e il cuore prendeva
a battere più forte.
Erano poche le
cose che lo impressionavano, ancor meno quelle che lo impaurivano.
Fra queste
poche, c’erano gli ectoplasmi, gli spiriti richiamati dall’oltretomba dai
medium: se costui, infatti, non era abbastanza forte da tenerne le redini,
rischiava di liberare l’anima nel mondo dei vivi, consentendole di
impossessarsi a suo piacimento dei corpi degli uomini
che incontrava.
Perfino i
vampiri dinanzi a loro erano dei semplici gusci vuoti, da usare e gettare via a
proprio capriccio.
La donna che
aveva davanti, così simile ad un essere umano
d'aspetto ma dall'aura terribilmente pregna di morte, era l'opera mirabile di
un medium di alto livello.
Vuotata
l'ampolla, Sheila Bennet – perché di lei si trattava - la gettò nel cestino dei rifiuti,
rivolgendo poi l'attenzione al vampiro che la guardava con circospezione.
I suoi occhi
dall'iride liquida e instabile mettevano soggezione, ma erano l'evidente
dimostrazione che la magia stava volgendo al suo termine.
“Dì a Bonnie di starle vicino. Lei non é come Katherine... non lo
sarà mai”
Non aveva
fatto neanche in tempo a metabolizzare quelle strane parole, che lo spirito si
disgregò, attraversando il muro della stanza e allontanandosi velocemente.
Senza pensarci
due volte, Damon raccolse la boccetta di cristallo dal cestino, poi si mise ad inseguire l'ectoplasma per trovarne la fonte.
Quando arrivò
nella stanza di Rosie, il muco animato che lei stessa
aveva prodotto – ormai orribilmente deforme - stava versandole in bocca il
contenuto rubino di una seconda boccetta, che cadde poi a terra, vuota, quando
si mise a penetrare nel corpo della robusta baia attraverso ogni orifizio
facciale.
L'incredibile
quantità di energia sprigionata causò un nuovo black
out, e le condizioni normali si ripristinarono pochi istanti dopo, quando
l'operazione di ricongiunzione era ormai finita.
I macchinari a cui la donna era collegata segnalarono subito un blocco
cardiaco.
Immediatamente
la stanza si riempì di medici e infermieri che cacciarono via
Damon, spedendolo nel corridoio dirimpetto: ma non fecero in tempo ad
appoggiare sul petto della loro paziente i defibrillatori che il cuore tornò incredibilmente
a battere con vigore, mentre Rosie apriva gli occhi e
sorrideva ai dottori, vantandosi della sua pellaccia dura.
Sedata
l'emergenza, e uscito tutto il personale sanitario, il vampiro fece il suo
ingresso nella stanza.
Rosie sembrava attenderlo, fissandolo con
sguardo vigile seduta sul suo alto lettino.
Pareva
particolarmente in forme per essere una degente che aveva appena subito un
blocco cardiaco.
Del resto non
poteva essere altrimenti: non aveva ancora analizzato i residui della sostanza presenti
nell'ampolla che teneva in tasca, ma anche da lontano sarebbe stato in grado di
capire che si trattava di sangue.
Sangue di
vampiro probabilmente, visti gli eccezionali effetti curativi.
“Non mi ero
accorta – disse, invitandolo a entrare e a chiudere la porta alle spalle – che
ce ne fossero anche qui, a Mystic Falls.
Sto perdendo decisamente colpi, visto che non mi sono
resa conto che anche tu lo fossi! E ti avevo perfino stretto la mano quel
giorno a casa, ricordi?!”
“E cosa dovrei
essere io, signora?” Chiese Damon, sorridendo mentre, circospetto, le si avvicinava. Si sentiva ancora un po’ scosso per quanto
visto in precedenza, tuttavia non era il momento di gettare la sugna.
Soprattutto visto che sapeva che lei sapeva. Quella
discussione sarebbe stata particolarmente interessante.
La donna non
sembrava pericolosa, anzi: il suo volto rivelava una disponibilità che di lì a
poco le sue parole gli avrebbero confermato.
“Un vampiro, e
pure molto attraente, complimenti! Certo, non ho mai visto uno di voi brutto…”
“… non ha
ancora conosciuto mio fratello allora!” Ironizzò, per alleggerire la tensione
che ancora sentiva.
“… e dubito
anche che suo fratello lo sia! Com’è successo? E’ stata attaccata tutta la
vostra famiglia?”
La fissò,
indeciso se parlare o meno. Si rivolgeva a lui con una
tranquillità insolita in un essere umano, e gli ricordava vagamente una nonna
che s’informa bonariamente della salute dei suoi nipotini.
Decise di
parlare: pera vere qualcosa bisogna dare qualcosa, no? Certo, lui era solito
prendere e basta… ma qui era davanti ad un pesce
grosso, qualcunoc on cui non si sentiva di sgarrare.
“No… solo noi due, ma non si è trattato propriamente
di un attacco”
“Quanti anni
ha?”
“E’ curiosa,
signora”
La donna
sorrise, gli occhietti neri ridotti a due simpatiche fessure. “Lei è un bravo vampiro, ha tenuto buona parte della sua umanità e
riesce a controllare la sua coscienza… mi stupisco
sempre quando trovo qualcuno come lei. Certo, quelli che conosco io sono tutti della miglior specie, ma sono ben consapevole
che si tratti di una minoranza. Quindi perdoni la mia
curiosità, non me la prenderò di certo se preferirà non rispondere alle mie
domande. Sappia comunque che, finché continuerà a tenere questa via, io sarò
sempre disponibile con lei per qualsiasi cosa.
Oh:
ovviamente, il suo segreto è al sicuro. E anche il mio spero!”
“Ma certamente! – assentì lui, come rassicurato, dando prova della sua galanteria, e iniziando a porre alcune
delle domande che lo interessavano - Lei è una strega?”
“Perbacco,
mai stata una strega!
– negò quella, con enfasi - Non ci capisco nulla d’incantesimi e intrugli vari!
Preferisco preparare una torta al cioccolato o una succulenta pizza italiana
piuttosto che impiastricciare la cucina con i fumi tossici di giganteschi
pentoloni colmi delle sostanze più improbabili!
Mia nonna,
tuttavia, lo era. Una strega intendo, e molto potente.
Io ho avuto il
potere, ma attraverso un dono differente: sono una medium”
“La più
potente che conosca”
“Sì, è vero...
ma è un potere devastante. Richiede troppe energie... e troppa responsabilità.
Prima sarei morta, se non fosse stato per la medicina...”
”Sangue di
vampiro, vero?”
“Più o meno. – replicò, rimanendo sul vago e insospettendo
Damon. Cos’altro c’era in quella boccetta? - Allora, è disposto a dirmi da quanto tempo è in giro per il
nostro pianeta?”
“Un secolo e
mezzo, all’incirca”
“Oh, è
piuttosto giovane allora!”
“Credo lo rimarrò per sempre!
Mi spiega come
mai tanto buon spirito nei confronti di noi vampiri?
Sa, mi coglie un po’ in contro piede: di solito l’accoglienza per noi si
munisce di paletti di legno, non di un bel sorriso!”
“Gliel’ho
detto: conosco tanti vampiri che camminano sulla retta via, alcuni dei quali sono persone a me molto care…
so delle difficoltà a cui andate incontro scegliendo questa strada, e un aiuto
è doveroso.”
“Cosa le fa
credere che io sia quello che lei definisce un “bravo vampiro”?”
“Sheila me
l’ha assicurato”
“…?” Quella
risposta ammutolì Damon per la sorpresa. Sheila?! La
strega Bennet, che lo teneva a distanza e più volte aveva scatenato la sua forza contro di lui, gliel’aveva
assicurato? Come poteva essere, quando era stato per un suo capriccio che lei
era deceduta?
Lei si accorse
della sua meraviglia, e il sorriso che le comparve in viso aveva un che di
materno: il perdono di una mamma al figlioletto dopo aver compiuto una
marachella. Peccato che quello che avesse fatto lui non si potesse definire con
termini innocenti. “Oh si, so come eravate prima, so
cosa avete combinato.
Sa, noi medium siamo maghi particolari.
Non richiamiamo solo lo spirito, ma lo rendiamo concreto, consentendogli di
materializzarsi attraverso la nostra stessa carne. E’ come se divenissimo un
tutt’uno, capisce? Entriamo completamente a contatto, le nostre menti e i
nostri cuori combaciano.
Lei ha alle
spalle un passato orribile… da assassino, da mostro,
da bestia! Ma Sheila dice che la sua anima sta cambiando e continuerà a
cambiare, perdendo a mano a mano tutta l’oscurità di cui era intrisa”
“Sheila le ha
detto questo?!” Domandò, piuttosto incredulo. Chissà
perché quella profezia gli sembrava alquanto poco credibile! Non sapeva neanche
lui fino a quando sarebbe durata quella sua nuova moda di fare il bravo
ragazzo, ma dalle sue precedenti esperienze poteva essere certo che prima o poi sarebbe cambiato. Succedeva sempre qualcosa che
lo spingeva a cambiare.
“Gli spiriti
non mentono mai”
“Sapevo il
contrario”
“Non
con me.
Ora, mi dica:
ci sono altri vampiri qui a Mystic Falls, a parte lei e suo fratello?”
“Immagino
sappia già che mio fratello segue una dieta vegetariana da molto più tempo di me…”
“Sì, ho visto
anche questo grazie a Sheila”
“E non ha
visto se c’erano altri demoni qui intorno?”
“Oh, signor
Damon, è già immensa la mente di un essere umano, s’immagini
quella di uno spirito! Ho visto quello che lei mi ha fatto vedere!”
“Si fida tanto
di lei allora… era una sua amica?”
Lei assentì
col capo, un’espressione nostalgica in volto. “Touché... la mia Shee... siamo cresciute assieme. Poi, anche quando la
vita ci ha separate, siamo riuscite a tenerci in
contatto e a incontrarci qualche volta.
In ogni caso,
tornando a noi… Sheila mi ha fatto capire che per il
momento potevo stare tranquilla. Conferma?”
“Sì, anche se Mystic Falls ha vissuto periodi
particolarmente oscuri, e non tanto tempo fa”
“Non ne dubito… scommetto che questo posto è sempre stato il covo
di creature demoniache. L’energia che attraversa questa terra farà sicuramente
gola a molti!”
Damon corrugò
la fronte. “Di che parla?”
“Lei
sa che alcuni luoghi sono più magici di altri: il potere vi risiede, e chi è
capace di sentirlo e di maneggiarlo può impossessarsene.
Mystic Falls è uno
di questi”
Suonò una
campana fra i corridoi, segno che l’orario delle visite era finito.
“Diamine”
Sussurrò Damon. Aveva così tante cose di cui parlare ancora!
L’anziana nera
rise. “Non ti preoccupare, ci vedremo domani sera a casa del sindaco. E
continueremo il nostro interessante discorso con tranquillità, senza limiti di
tempo!”
“Come farà ad
andarci? E’ ancora qua ricoverata!”
“La
medicina appena presa mi permetterà questa piccola magia” Asserì lei,
facendogli l’occhiolino “E a Eva lo stesso.
A proposito
della piccola peste: la avverto, questa situazione non le piacerà, sarà più
antipatica e scontrosa del solito. Eva è una ragazza molto riservata, e non ama
spifferare gli affari suoi agli altri. Credo tuttavia che rivelare qualcosa –
almeno per tranquillizzare voi sul suo conto – sia necessario. L’avevate di
mira ultimamente, non è così?”
“Se ne stupisce?” Replicò, non riuscendo a
trattenere una vena di sarcasmo nel tono di voce.
Lei sospirò,
affranta. “Neanche un po’ purtroppo”
“Bene. Prima
di andarmene, tuttavia, devo chiederle un ultimo favore per conto dello
sceriffo Forbes”
“Oh, è vero!
Quasi me ne scordavo! L’ho chiamata furiosa questo pomeriggio per l’affare
verbena! Ora capisco perché sia inserita fra i cibi…
lei sa di voi, dunque?”
“No, e non
deve saperlo. Qua i pochi che sanno dell’esistenza di noi vampiri non credono
alla tesi del bravo diavolo come lei! Le spiegherò meglio domani. Mi consente
di riferirle che non intende più porgere denuncia per l’accaduto?”
“Ovviamente.
Se la berrà?”
“Sì,
m’inventerò qualcosa per renderla più credibile… Le
auguro buona serata, signora Rosie!”
“Altrettanto a
lei, Damon. A domani!”
“Si può sapere perché ci hai messo così tanto?!” Sbottò Bonnie,
alzandosi in piedi e fissandolo malamente quando, dopo mezz’ora di attesa, se
lo trovò davanti.
Lui la fissò
corrucciato, per niente felice dell’accoglienza. “Si può sapere chi ti ha
chiesto di aspettarmi?”
“Come sarebbe
a dire?! Siamo venuti assieme per
uno scopo!”
“Certo,
peccato che poi tu ti sia rivelata inutile per l’ennesima volta! E ti ho fatto
addirittura salire nella mia macchina!” Aggiunse schifato, uscendo dalla
struttura seguito a ruota da lei.
“Dimmi cos’hai
scoperto!”
“Chiedimelo pi
gentilmente, magari potrei anche accontentarti!”
“Damon,
parla!”
“Sei più acida
di un limone!”
“E tu mi stai
dando ai nervi!”
“Ma che strana coincidenza…”
“Tu hai
scoperto qualcosa e non vuoi dirmela! Non puoi! Hai capito? Non
puoi tenermi all’oscuro!”
“Certo,
perché altrimenti non potresti giocare a Wonder
Woman, non è così? Oh mio Dio, mi sono appena immaginato te in calzamaglia, quale
orribile visione!” Mormorò, prendendo le chiavi della macchina e aprendo lo
sportello.
Bonnie, alle sue spalle, respirava a fatica
per la rabbia.
Senza dire
nulla se ne andò via, diretta alla fermata dell’autobus.
Prima
o poi quel demonio
avrebbe parlato, se c’era qualcosa d’importante non se la sarebbe tenuta solo
per lui. A meno che non avesse trovato qualcosa da
guadagnarci sopra, evenienza tuttavia quasi impossibile in questa circostanza.
Damon, in ogni
caso, era andato lì principalmente per discutere con la baia della questione
verbena per conto dello sceriffo Forbes: se
l’indomani mattina Caroline non le avesse riferito di alcuna denuncia, avrebbe
significato che era riuscito a parlare con Rosie, e
dunque poteva avere informazioni interessanti.
Gli dava ventiquattr’ore di tempo per decidersi prima di passare
alle maniere forti.
Stava già
prospettando quali pozioni e magie usare per farlo parlare, quando vide uno macchina fermarsi davanti a lei e suonare.
Il finestrino
si abbassò, e il volto infastidito di Damon fece capolino dall’abitacolo.
“Avanti, Sali!”
Bonnie lo fissò con occhi sbarrati. “Tu sei
pazzo!”
“Tu sei pazza!
E pure isterica!”
“Parlerai?”
“Sali ho detto!”
Lei sbuffò.
Che avesse parlato o meno, il 50% di possibilità di
sentirlo sputare il rospo ce l’aveva solo andando con lui. Seccata, si alzò
dalla panchina e salì in macchina. Odiava quando era lui ad avere il coltello
dalla parte del manico!
Solo un quarto
d’ora dopo, quando ormai erano in vista di Mystic Falls, il vampiro si decise a parlare. Tutto il resto del
viaggio era trascorso nel silenzio più completo, interrotto ogni tanto solo
dagli sbuffi nervosi della strega Bennet.
“Ho una cosa
da dirti” Esordì lui, senza degnarsi di guardarla in faccia.
“Alla buon’ora!” Si lagnò lei, aspra.
“Rosie Duriel è in verità una medium… una tra le più potenti che
io abbia mai conosciuto. Ha usato le sue capacità per richiamare lo spirito di
una sua vecchia amica affinché le portasse in ospedale due boccette di una
sostanza che avrebbe garantito la salvezza a Eva, e le energie necessarie a ripristinare
le sue funzioni vitali dopo lo sforzo magico al suo stesso organismo.”
A quel punto
erano arrivati davanti a casa di Bonnie, e Damon
fermò la macchina, mentre la strega ascoltava con impazienza la fine del suo
discorso.
“L’amica
in questione era tua nonna, Sheila.
Ho trovato
l’ectoplasma del suo spirito al fianco di Eva, mentre le dava
la medicina per salvarla.
Mi
ha detto di riferirti di starle vicino” Perché lei non è
come Katherine… non lo sarà mai aveva specificato lo spirito, ma lui
non si sentì di aggiungere altro.
Quel nome significava troppo per lui, anzi riguardava solo lui, non era
necessario che nessun’altro lo sapesse.
Si voltò
stupito quando, invece di ricevere in cambio una risposta, sentì lo sportello
della macchina aprirsi e richiudersi con forza.
Dal vetro
scorse la figura di Bonnie indirizzarsi con passo
svelto verso la sua abitazione.
Quella ragazza
era più pazza di un cavallo.
Stefan mugugnò dal piacere mentre Elena lo
baciava con sensualità fra il collo e l’orecchio, zone particolarmente
sensibili che al sol contatto delle labbra di lei si
riempivano di brividi.
“Ti piace?”
Chiese lei, ridacchiando soddisfatta.
“Mi piaci tu… e molto” Asserì il ragazzo, cingendole la vita con un
braccio e facendo aderire perfettamente i loro busti nudi. La baciò con
passione, accarezzandole la morbida pelle candida della schiena e facendola
lentamente adagiare sul letto su cui erano rannicchiati. Poi scese a baciare il
suo petto, dedicando particolare attenzione ai suoi graziosi seni e a quel
ventre piatto in cui non vedeva l’ora di immergersi.
Lei sorrise,
dolcemente rilassata, fino a quando il viso di lui non
ritornò alla sua altezza e i loro corpi si unirono in un tutt’uno di passione.
“Ti amo” Gli
sussurrò Elena all’orecchio.
“Ti amo anch’io”
Rispose Stefan, baciandola.
Damon non
rimase a vedere oltre.
Per errore era
passato davanti alla camera del fratello trovandovi la porta socchiusa, e la
scena di cui era stato spettatore lo aveva come ipnotizzato, riportandolo
indietro nel tempo a quando una donna con quello stesso aspetto stava distesa
fra le sue braccia, sotto il suo corpo, dentro il suo cuore….
Ma nessuna parola d’amore era mai uscita
dalle sue labbra.
Lei era
incapace d’amare, se non fisicamente.
Elena no.
Elena sapeva amare.
Ma lei apparteneva a Stefan,
aveva scelto suo fratello, non lui.
Con
nel cuore una
pesantezza ben conosciuta, si tramutò in corvo e prese il volo, allontanandosi
dalla sua casa.
Quel dì
avrebbe iniziato prima del solito il giro di perlustrazione. L’aria fresca e la
vigilanza costante l’avrebbero aiutato a distendere i nervi.
Lei non è come Katherine, non lo sarà
mai.
Quelle parole
gli ritornarono in mente per l’ennesima volta.
Parevano più
riferite a Elena che a Eva.
In fondo,
quest’ultima cosa centrava con Katherine?
Un dubbio lo
assalì. Rosie aveva assicurato che gli spiriti –
quelli che lei richiamava, almeno – non mentivano mai. Eppure, le parole di
Sheila lasciavano intendere una relazione fra le due donne. Possibile che
davvero Eva fosse in qualche modo legata a Katherine?!
In precedenza
si era parlato solo di una possibile parentela fra la Pierce
e Elena. Che il duo del mistero fosse in verità un trio?
Nel suo andare
era giunto a svolazzare sopra il buio cimitero. Fu la percezione di una
presenza umana fra l’oscurità delle lapidi che lo costrinse a interrompere il
flusso dei suoi pensieri e planare laggiù, accovacciandosi su di un albero.
Scorse le
forme di una ragazza rannicchiata ai piedi di una lastra marmorea, la schiena
scossa da violenti tremuli che ne rivelavano il pianto sommesso.
Non ci mise
molto a riconoscere in lei Bonnie Bennet.
Con uno sbuffo seccato scese dall’albero, tornando alle sue
sembianze umane. Quel giorno sembrava proprio che non potesse liberarsi di
quella lagna umana.
“Non so se mi
sbaglio, ma credo di no: mi pare che le lacrime, anche se fatte scendere
durante una notte di luna piena come questa sulla terra dove è deposta la tomba
prescelta, non riportino in vita i morti!” Esordì con
stizza.
Bonnie alzò il capo, spaventata da quella
voce inaspettata, per poi rivolgergli uno sguardo furioso e tirargli addosso la prima pietra che riuscì ad arraffare. “Vattene
via, mostro! E’ per colpa tua se è morta!”
“No, strega
della malora, è per colpa sua: sua la scelta, sue le
conseguenze!”
“Sei un verme!
Potevi avvertirmi questa sera della presenza del suo spirito!”
“Certo, e
magari accompagnarvi anche a prendere un thè assieme!
Forse non sai bene come funzionano quel tipo di cose!”
“E’ morta,
dannazione! E’ morta e non ho avuto neanche la possibilità di salutarla! Tu
l’hai uccisa, e mi hai negato anche l’occasione di incontrarla per l’ultima
volta!”
“Sei
una ragazzina stupida e noiosa!
Arrangiati da sola, tu e le tue inutili lacrime! Dopo mesi che la vecchia è
crepata una persona intelligente se ne sarebbe fatta
una ragione!” Sbottò, ben intenzionato ad andarsene.
Bonnie si alzò in piedi, asciugandosi alla
bell’e meglio il viso coperto di lacrime.
“Senti chi
parla: colui che dopo decenni dalla dipartita della
sua bella continua ad esserne innamorato pur sapendo di non essere minimamente
ricambiato! Di non essere MAI stato minimamente ricambiato! MAI! Tu sei lo
stupido, non io! Tu, che continui a credere nella tua favola d’amore, mietendo
vittime ovunque per ritrovare una donna che non ha la minima intenzione di
finire di nuovo fra le tue braccia…”
“Stai zitta!”
Gridò, non riuscendo tuttavia a muoversi da lì, paralizzato da quella verità
che nessuno gli aveva mai gettato con tanta veemenza davanti.
“…Tu, che corri dietro ad Elena per il semplice motivo che
porta il suo stesso aspetto, innamorato di lei solo perché è la
Katherine che avresti sempre voluto avere!”
“Stai zitta ho
detto!”
“Tu, che
impedisci al tuo stesso fratello la felicità di un amore vero, invidioso di
qualcosa che, anche senza lui, non avrai mai! Perché
Elena non ti amerebbe neanche se lui non esistesse, come Katherine non ti
avrebbe mai amato pur senza uno Stefan fra i piedi! TU SEI LO STUPIDO!”
“BASTAAAA!”
Con uno scatto
felino, così veloce che lei neanche ebbe il tempo di reagire, la prese per le
braccia e la trascinò per un lungo tratto fino a farla sbattere con violenza
sul tronco di uno dei grossi alberi all’incipit della
foresta.
Dopo di che,
senza neanche darle il tempo di riprendersi dal trauma subito, senza neanche
saperne lui il vero motivo si chinò su di lei e la baciò con irruenza.
Un bacio che
non era un bacio, ma un morso doloroso che lasciò Bonnie con la bocca impastata di sangue.
“Come ci si
sente a baciare l’assassino della propria nonnina, eh?” Sussurrò Damon con la
voce bassa e roca che possedeva quando il suo volto assumeva le oscure
sembianze di un cacciatore notturno.
Bonnie poggiò il capo sul tronco, come
sfinita, sporgendosi a sputare un po’ di sangue e asciugandosi con una strana
calma il rosso liquido d’intorno alla bocca, mentre ancora qualche lacrima
scendeva infelice.
“Immagino –
sussurrò con voce tremante, alzando lentamente gli occhi su di lui – che sia
brutto quanto assaporare il velenoso gusto della verità.”
“Sei
debole e stanca… potrei ucciderti con un semplice
tocco. Vuoi andare
da tua nonna, Bonnie? Dalla tua amata nonnina? Quella
per cui piangi ogni notte, e ogni giorno t’incolpi di aver ucciso? Vuoi incontrarla di nuovo?” Le chiese, trascinando il viso sul suo
fino ad arrivare all’orecchio.
Lei riprese a
piangere, scuotendo la testa. Non erano lacrime di paura, non temeva il vampiro
che l’affliggeva in una morsa da cui era difficile
fuggire; erano lacrime di dolore.
“No” Asserì
dopo essersi asciugata le lacrime, la voce incerta “Ma vorrei che mi baciassi.”
Quelle parole
stupirono Damon che si allontanò appena da lei e la
fissò stranito, il viso tornato quello bello e perfetto di un tempo, tranne che
per il sangue che gli arrossava le labbra.
Avrebbe fatto
volentieri dell’ironia, ma in quel momento la vena suddetta era a secco.
“Perché?”
Chiese, unica parola che riuscì a concretizzare per lo
stupore.
“Perché ti
odio, e tu odi me”
“Non è
esattamente per questo che ci si bacia…”
“Non mi pare
che tu, poco fa abbia dimostrato di seguire la convenzione”
“L’ho fatto
per dispetto. Perché vuoi che ti baci?”
“Perché
ne ho bisogno… ho bisogno di perdonarti per quello
che hai fatto, ho bisogno di perdonarmi… io non riesco ad andare avanti così. Il pensiero di mia nonna sta
diventando una problematica fissazione.
Farà
bene anche a te”
“Ah si?”
“Già. Anche tu
non puoi andare avanti così.”
“Quindi, se ti bacio, mi garantisci di ricordarmi quanto sono
stupido in cambio del medesimo favore da parte mia?”
“Esatto”
La guardò
negli occhi. Erano grandi, profondi, cupi… tristi e
desolati come quelli di un uccellino sperduto.
Non aveva mai
fatto patti così strani, e sicuramente neanche lei.
Non le era mai sembrata una ragazza capace si donava facilmente
all’altro sesso, e lui non si sbagliava mai su queste cose: per questo il suo
gesto, la sua richiesta, era ancora più forte, più disperata.
La strinse fra
le braccia e si chinò lentamente su di lei, quasi indeciso.
Fu l’incontro
con le sue labbra morbide che sapevano ancora di sangue a togliergli ogni
incertezza, spingendolo ad assaggiarle con ingordigia.
Quella era la
bocca della verità.
Da quelle
labbra erano scaturite quelle parole terribile che,
poco prima, l’avevano fatto andare in bestia.
Parole terribile quanto vere.
Approfondì il
bacio e aumentò la stretta sui suoi fianchi, mentre un senso di tristezza gli
chiudeva lo stomaco. Quel bacio era il suo appiglio, lo scoglio che gli
permetteva di sfuggire a quella verità che come un mare infuriato minacciava di
distruggerlo.
Katherine non
l’aveva mai amato.
Elena non
l’avrebbe mai amato.
Lui era solo… e stupido.
L’intera sua vita, fino ad allora, non aveva avuto senso.
Bonnie, la strega; Bonnie,
la terribile Bonnie… lei, che lo odiava più di ogni
altro, era l’unica che si era proposta, in quello strano modo, di aiutarlo ad
accettare la verità, e andare oltre.
L’infermiera
che si sarebbe presa cura di lui durante la convalescenza, in cambio dello
stesso favore.
Si baciarono a
lungo, e con quella passione – che in verità era rabbia – sempre più forte e
coinvolgente.
Poi, prima che
potesse accadere più di quanto avrebbero potuto
accettare, si allontanarono l’un l’altro, fissandosi con un nodo alla gola.
“Torno a casa”
Disse lei, raccogliendo la borsa e allontanandosi.
“E’ notte”
“So badare a
me stessa”
“Ma
certo. Buon viaggio” Replicò lui, assumendo le sembianze di corvo e
volando via.
Bonnie si fermò un attimo a salutare la
nonna, accarezzando quasi con devozione la lastra della sua tomba.
Non era colpa
sua se lei era morta… eppure non poteva fare a meno
di credere altrimenti.
Tornò a casa
con passo lento e strascicato, senza accorgersi che, da lassù, due occhi
azzurri come il cobalto la seguivano attenti.