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Autore: harinezumi    27/08/2010    5 recensioni
Il ragazzo biondo con quell’aria da svampito rimase a fissarlo, e per quei lunghi –troppo lunghi- istanti, Kurogane sentì che probabilmente l’avrebbe odiato. C’erano già moltissime cose che non gli piacevano del nuovo arrivato: i suoi occhi, di un blu così glaciale, i suoi lineamenti nient’affatto giapponesi, il suo sorriso, un gesto che al di là dell’apparenza pareva essere vuoto.
Il professore invitò Fay D. Flourite a sedersi. Che nome eccessivo e pretenzioso, tanto da sembrare falso, pensò Kurogane, distogliendo con una smorfia di disappunto lo sguardo dal nuovo studente. Non che quell’individuo dovesse interessargli. Perciò, tentò di non prestargli attenzione quando si sedette sul banco dietro al suo, sfortunatamente l’unico libero a disposizione nella classe.
{fic conclusa ^^ oh yeah!}
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cap 1

The  Fool on the Hill

 

But nobody wants to know him,
They can see that he's just a fool

Il ragazzo biondo con quell’aria da svampito rimase a fissarlo, e per quei lunghi –troppo lunghi- istanti, Kurogane sentì che probabilmente l’avrebbe odiato. C’erano già moltissime cose che non gli piacevano del nuovo arrivato: i suoi occhi, di un blu così glaciale, i suoi lineamenti nient’affatto giapponesi, il suo sorriso, un gesto che al di là dell’apparenza pareva essere vuoto.

Il professore invitò Fay D. Flourite a sedersi. Che nome eccessivo e pretenzioso, tanto da sembrare falso, pensò Kurogane, distogliendo con una smorfia di disappunto lo sguardo dal nuovo studente. Non che quell’individuo dovesse interessargli. Perciò, tentò di non prestargli attenzione quando si sedette sul banco dietro al suo, sfortunatamente l’unico libero a disposizione nella classe.

Kurogane sentiva durante la lezione gli occhi del biondino puntati sulla nuca, e quello sguardo sembrava trapassargli il cervello da parte a parte. Quando ebbe la sensazione che la sua testa stesse prendendo fuoco, non poté trattenersi, e si voltò con un gesto brusco verso Fay, che accolse la sua occhiataccia con un sorriso gentile e un cenno di saluto con la mano. Era solo un idiota. Meglio seguire la lezione se non voleva che il professore notasse quanto era distratto.

Con uno sbuffo, Kurogane si concentrò di nuovo verso il suo libro, leggendo a mente ciò che il professore contemporaneamente spiegava. Ma era ancora troppo poco interessato all’argomento (l’affascinantissima teoria chemiosmotica), perciò poco dopo si sorprese a lanciare occhiate alle sue spalle. Il biondo era sempre lì a fissarlo, con sguardo ebete.

Kurogane sospirò. Sarebbe stata una lunga giornata.

***

Quando buttò malamente lo zaino sul divano di casa propria, si sentiva sollevato dall’essere riuscito a sfuggire così presto al doposcuola, dato che si era iscritto al club di basket. Fortunatamente, l’allenatore aveva spostato la partita di quel pomeriggio, e questo era stato particolarmente gratificante; non solo perché l’indomani avrebbe avuto un test di fisica e non aveva aperto libro, ma anche perché aveva notato benissimo Fay sugli spalti della palestra, quando si era fermato a fare un paio di tiri a canestro. Lo sguardo di quel tipo inquietava Kurogane, che si era dileguato in fretta.

Il ragazzo nuovo non aveva avvicinato né socializzato con anima viva da quando era arrivato quella mattina. Non aveva voluto parlare un granché di dove venisse, aveva preferito mettersi a fare il cretino per un po’ con i loro compagni, prima di sparire chissà dove all’ora di pranzo.

Mentre Kurogane rifletteva su Fay rabbrividendo, dalla cucina apparve la sorellina Tomoyo, con indosso due guantoni da forno e un grembiulino rosa.

«Oh sei tu! Ti ho a malapena sentito arrivare. Che maniere, Kurogane, vieni a salutarmi quando torni a casa!» sbuffò la ragazzina, nonostante la sua aria tranquilla facesse intuire che non aveva avuto nessun dubbio nel captare la presenza di Kurogane in casa, dal momento in cui lui aveva gettato la cartella sul divano.

«Stai cucinando?» chiese, con aria piuttosto allarmata, suo fratello, che si era appena seduto sperando di rilassarsi. Ma per quella giornata, sembrava destinato a restare ben sveglio. «Un altro dolce? Io non mangio quella roba, smettila di sprecare ingredienti».

«Lo so bene che tutta la mia gentilezza è sprecata per uno come te. Questo è per Sakura-chan, viene qui nel pomeriggio perché ho un sacco di abiti nuovi da farle indossare!» esclamò Tomoyo con un’aria sognante che fece rabbrividire suo fratello. «Chissà come sarà carina!»

«Mah, io l’impressione che le tue attenzioni non siano del tutto gradite» sbottò Kurogane, già di pessimo umore.

Ma Tomoyo lo fece pentire immediatamente di quella battuta, perché esibì un’espressione velatamente delusa e malinconica, prima di tornare in cucina senza aggiungere una parola. Kurogane, sebbene giurasse il contrario, era piuttosto rude nelle parole e nei fatti, ma si affrettò a porre rimedio cercando nella cartella un fermaglio che aveva comprato a Tomoyo pochi giorni prima. Non aveva ancora avuto l’occasione di darglielo.

La seguì in cucina, toccandole la spalla per farle sollevare la testa dalla contemplazione del forno, e le allungò la piccola forcina a forma di farfalla. Era composta di perline di un azzurro acceso, scelto per abbinarsi con gli occhi grigi della sorellina e i suoi lunghi capelli neri, alla luce spruzzati di viola. Tomoyo raccolse il regalo dalle mani di Kurogane, sorridendogli contenta e facendogli intuire che pace era fatta.

Ma suo fratello non disse una parola né la sua espressione annoiata cambiò. Kurogane infatti andò in camera sua a studiare in vista del compito del giorno dopo, cercando di considerare il meno possibile i commenti perplessi e spaventati di Sakura un paio di stanze più in là.

Evidentemente, Tomoyo stava dando fondo al suo arsenale di vestiti.

Ma Kurogane era felice di avere Tomoyo in casa. Da quando loro padre era morto, l’unico sfogo che loro madre aveva era il lavoro. Aveva preso a carico tutte le numerose aziende di famiglia, lasciando i tre figli a casa soli tutti i giorni; era parso subito ovvio a Kurogane che avrebbe dovuto occuparsi della sorella minore negli anni a venire, perché la sorella maggiore era andata ad abitare lontana, con la sua ragazza.

La sua RAGAZZA. Kurogane non sapeva ancora a che cosa pensare quando guardava Souma negli occhi, e preferiva non pensare troppo a quello che avrebbe dovuto provare nei confronti di sua sorella. Quello che gli importava davvero era la sua felicità, ma prima tra tutti, gli importava della piccola Tomoyo, che nessun’altro badava a sufficienza.

Nemmeno lui, se ne rendeva conto, era un gran fratello. Non riusciva ad ascoltare i discorsi seri che la sorellina cercava di fargli ogni tanto, ma Kurogane almeno era intuitivo e aveva compreso cosa turbasse Tomoyo. La sua migliore amica, la persona a cui Tomoyo teneva di più in assoluto, si era innamorata e faceva coppia fissa con un ragazzino della loro scuola. E Tomoyo amava Sakura; tuttavia erano molto rari i momenti in cui la vedeva triste per quella situazione.

“Se la persona che amo non volesse stare con me…” pensò Kurogane, perso in quei pensieri e ignorando del tutto il libro di fisica aperto sopra al proprio cuscino. “Non accetterei nulla del genere. Non permetterei mai che qualcuno che amo si allontanasse da me, nemmeno se fosse lui a volerlo”.

***

Quando si sedette al proprio banco, il giorno seguente, notò con orrore che il nuovo arrivato, Fay D. Flourite, se quello poteva considerarsi un nome, era intento a disegnare gatti e cani sul quaderno di storia.

«Buongiorno» lo salutò questi, esibendo un enorme sorriso. Doveva aver notato lo sguardo che Kurogane aveva buttato sui suoi disegni.

«Mh» rispose Kurogane, prendendo dalla cartella il libro di fisica e immergendovi la faccia. Tutto pur di non intavolare una conversazione con quello strano tipo, tanto più che in aula erano presenti solo una manciata di loro compagne, impegnate in una fitta conversazione sui trucchi.

«Fay D. Flourite» sentì Kurogane alle proprie spalle, e si trovò a guardare l’altro con aria spaesata. Per tutta risposta, Fay sorrise e gli porse la mano perché l’altro la stringesse. Ma quello si limitò a fissarla stolidamente senza dire una parola, così venne ritirata. «Dovresti presentarti, è così che funziona» ridacchiò il biondino, divertito dalla sua espressione spersa.

«Kurogane Suwa» borbottò allora Kurogane, non senza sentirsi un po’ idiota. Ma non era colpa sua, l’altro si comportava in maniera molto più idiota di lui. E aveva una matita rosa con un pon pon sopra.

«Che nome da duro» trillò allegramente Fay, convinto di poter parlare a ruota libera ora che sapeva il suo nome. «Awh, non va affatto bene, hai un’espressione truce e un nome ancora più truce… lo alleggerisco un po’, ti va? Da oggi sarai Kuro-wan».

«Mi… mi chiamo Kurogane» ringhiò il moro, stringendo convulsamente lo schienale della propria sedia per impedire a sé stesso di strozzare l’altro. Tuttavia, non dovette sembrare una minaccia molto sinistra, perché Fay la ignorò bellamente e continuò con i suoi sproloqui.

«O Kuro-rin. O Kuro-sama… Ooooh!» esclamò Fay, interrompendo la sfilza di nomi con un gridolino che fece trasalire Kurogane. A quel punto, il biondo alzò il quaderno di storia pieno di disegni di cani e gatti davanti al naso del compagno, e il suo sorriso si inebetì, allargandosi. «Somigli proprio a questo cagnone nero! Ti chiamerò Kuro-baubau!»

«Tu, brutto imbecille…» cominciò Kurogane, ma venne interrotto dall’entrata in classe del professore, che subito intimò il silenzio. Con un ringhio spaventoso, Kurogane si voltò verso la lavagna e prese ad ignorare Fay con tutte le sue forze, sebbene sentisse benissimo che l’altro stava facendo una lista con i soprannomi che avrebbe potuto dargli. Ogni tanto, infatti, ne mormorava uno a bassa voce.

Nonostante questo, sembrava che nessuno degli argomenti delle lezioni potesse coglierlo di sorpresa; ogni volta che il professore interpellava Fay, quello rispondeva con un tono di voce fastidiosamente squillante e deciso, e sempre in maniera corretta. Questo contribuì notevolmente a renderlo odioso agli occhi di Kurogane.

Probabilmente il biondo non ebbe problemi a concludere con successo il compito di fisica, mentre Kurogane sentiva di aver capito si e no dove scrivere il proprio nome sulla pagina. Perciò, ad ora di pranzo, era con un’aria un po’ sconsolata che stava con la schiena addossata ad uno degli alberi in cortile, senza toccare cibo. Era l’unico punto del parco della scuola ad essere lievemente sopraelevato rispetto al terreno, quindi per ognuno degli studenti era una collina da dove si aveva una discreta vista del campo sportivo e di parecchie aule, anche al primo piano.

«Fai lo sciopero della fame?» domandò una voce fin troppo conosciuta e già abbastanza detestata. Fay lo aveva raggiunto.

«Per niente» sbottò Kurogane, nel tentativo di sembrare abbastanza scortese da scacciarlo. Ma quello si sedette accanto a lui, iniziando a scartare con noncuranza la scatola del proprio pranzo.

«Ah! Chi ti prepara il pranzo? È molto carino da parte sua piegare il tovagliolo a forma di cigno».

Kurogane si voltò a guardare Fay, piuttosto spaesato. Lanciò poi un’occhiata al proprio cestino, notando solo in quel momento che tra il nodo che lo teneva legato stava infilato proprio il tovagliolo di cui parlava l’idiota.

«Non mi dire che non te n’eri accorto, Kuro-wanko! Non solo hai un’espressione incredibilmente truce, ma sei anche sbadato… mi chiedo chi è costretto a sopportarti tutto il giorno, davvero».

«Ionononhoun’espressionetruce» sibilò Kurogane tutto ad un fiato, cercando di ignorare i tremori che gli erano saliti ai pugni chiusi, per non rivolgerli alla faccia di quello strano tizio. Provò a rilassarsi rispondendo al biondo con quello che voleva sentire; Tomoyo del resto lo metteva spesso di buon umore. «Il cestino lo ha preparato mia sorella questa mattina. Ha dodici anni, ma cerca di fare del suo meglio».

«Questo perché Kuro-pon non ha l’aria di essere uno bravo in cucina» affermò Fay, osando stuzzicare la guancia del compagno con la forchetta che aveva tirato fuori. Scivolando a sedersi un po’ più distante, data l’occhiata omicida di Kurogane, continuò però a sorridere allegro. «Sei preoccupato per il test di fisica?» domandò con naturalezza allora. «Non dovresti. Ma se proprio vuoi tormentarti, mangia almeno il pranzo della tua sorellina, si sarà impegnata parecchio per prepararlo».

«Che ne sai che non dovrei preoccuparmi?» sbottò Kurogane, afferrando però il proprio pranzo e aprendo il cestino. «E perché non mangi in maniera umana? Ti porti dietro posate d’argento?» Non avrebbe voluto fare quella domanda. Ma l’altro lo aveva incuriosito.

«Oh, ma io non sono capace di usare le vostre bacchette, Kuro-myu!» si giustificò Fay, badando bene però a cambiare subito argomento, tornando a quello precedente. «Non devi preoccuparti per il test di fisica, perché dalle tue spalle ho controllato tutte le risposte che hai dato… e sei andato in maniera più che sufficiente. Siamo secchioni, eh, Kuro-chan?»

«Perché cavolo ti sei messo a leggere il mio compito?»

«Ma è semplice, per controllare che Kuro-rin facesse un buon risultato» rispose Fay con tutta la naturalezza di questo mondo e un sorriso gigantesco. «Mi eri sembrato preoccupato. Non volevo mica rischiare che la tua aria da duro s’incupisse ulteriormente!»

«La prossima volta tieni gli occhi sul tuo compito, idiota» borbottò Kurogane, per niente sollevato dal fatto che qualcuno avesse letto i suoi tentativi di svolgere gli esercizi del test.

In quel momento, proprio quando il biondo stava per scoppiare a ridere, l’altoparlante della scuola chiamò il nome di Fay. Era atteso alla segreteria della scuola, e Kurogane sentì qualcosa come “emergenza di famiglia”, ma Fay emise una risatina nervosa, che coprì giusto quelle parole.

«Sembra che io debba andare» esclamò Fay, alzandosi in piedi e spolverandosi i pantaloni della divisa scolastica. Eppure nei suoi occhi c’era stato per qualche attimo un lampo di paura, e il ragazzo era sbiancato sentendo le parole della preside raggiungerli. «Scusa, Kuro-tan, dovrai finire di pranzare tutto solo. Ma ci vedremo domani in classe, non ti preoccupare» aggiunse con falsa allegria, dato il suo reale stato d’animo. Raccolte le sue cose mentre parlava, toccò la punta del naso di Kurogane con l’indice, con lo scopo di stuzzicarlo un po’.

Kurogane infatti lo stava guardando con aria dubbiosa da quando era partito l’annuncio all’altoparlante, e tornò immediatamente ad infiammarsi a quel gesto, distraendosi dai problemi del biondino.

«Faresti veramente meglio a non farti più vedere da me!» gli urlò dietro, mentre Fay sfuggiva alla sua presa e scappava ridendo verso l’edificio scolastico.

 

 

____________________

e questo è il primo capitolo! sarei contenta di sapere se a qualcuno è piaciuto, anche se mi rendo conto che fin qui la storia non sia molto avvincente né nulla di nuovo :) (forse nemmeno poi, ma magari è in un certo modo piacevole)

il fatto che Fay si sieda dietro a Kurogane è un richiamo a Card Captor Sakura, quando Shaoran arriva nella classe di Sakura e si siede dietro di lei (aww sono così carini). per l’età di Tomoyo ho pensato di fare dodici anni, semplicemente perché Kurogane all’inizio di TRC potrebbe avere vent’anni e considerando la loro differenza d’età, così era più credibile che frequentasse l’ultimo anno di liceo (lasciate stare sto sclero °-°).

la storia è già scritta (va un pò rivista però), tutti i titoli dei dieci capitoli sono tratti da canzoni dei Beatles, ovviamente quelli che mi sembravano più adatti all’argomento trattato o che mi piacevano in modo particolare :D ma se l’insieme vi farà troppo schifo non lo pubblicherò ovvio :P

si accettano recensioni, sia che vogliate prendermi a martellate per l'avere idee così banalmente cretine, sia per amarmi e rispettarmi per il resto della vita (kurogane: meglio che vai a dormire, deficiente.)...

goodnight to everybody °-°

harinezumi

 

  
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