- Capitolo 7
- Le manuscrit de la légende du froid
- Il suono della sveglia mi aveva destata dai miei sogni.
Bellissimi sogni, aggiungerei.
- Inevitabilmente, un sorriso spuntò sulle mie labbra. Io e
Edward; ancora faticavo a crederci. Insomma, un ragazzo bello come lui,
si era forse- innamorato di una come me. Davvero, era inconcepibile.
Eppure, gongolavo come una scema pensando alla sera prima.
- Ero stata una stupida, ad aver paura. Perché ora, sentivo di
poter essere felice. Sentivo di poter dimenticare, finalmente,
quel doloroso passato che non ero ancora riuscita a cancellare.
- Mi stiracchiai, ancora sul materasso, poi scalciai via le
coperte ed andai a farmi una doccia veloce.
- «Bella, direi che sia ora di andare a casa, non ti pare?»
mi domandò lui, ad un certo punto della nostra passeggiata. Lo guardai
con un cipiglio sul viso: «no, non mi pare. » Lui ridacchiò, allegro,
accarezzandomi i capelli con fare affettuoso. Arrossire, fu
inevitabile.
- «ma domani devi andare al lavoro, non voglio che la mia
agente preferita smentisca la sua fama »
- «ma che fama e fama, Edward! Sinceramente, non ho voglia
di separarmi da te.» borbottai poi, a capo chino. Lui mi alzò il mento
con due dita, sorridendo in un modo talmente dolce e caloroso, che
sentii sciogliermi. Doveva essere proibito avere un tale sorriso:
provocava il 99% degli infarti. Dei miei, soprattutto. La sua bellezza
era innegabilmente illegale, con il suo aspetto provocava troppo
scompiglio. Soprattutto a me, e al mio povero cuore.
- «Nemmeno io ho voglia di lasciarti andare, piccola. È un
tormento per te, quanto per me.» mormorò, guardandomi negli occhi con
un’intensità tale da farmi fermare il cuore. « quanto siamo smielati,
eh?» fece poi, stemperando quell’atmosfera troppo dolce per i nostri
canoni. Io risi con lui, annuendo.
- «ti posso portare a casa io? » Scossi la testa, negando.
- « no, figurati, torno in treno non preoccuparti. »
risposi subito.
- «Bella, ma sei impazzita? A quest’ora, in treno? Ti porto
io. E poi, così stiamo ancora un po’ insieme.» Alzai gli occhi al
cielo, e annuii. Ero felice di passare altro tempo con lui, quella
sera, mi spiaceva che la magia si spezzasse. Però essere scorrazzata in
giro dagli altri non mi era mai piaciuto molto; o guidavo io, o guidavo
io.
- Mi afferrò la mano, sorridendo. «coraggio, testona! » Mi
trascinò fuori dal parco, poi la lasciò, e il suo braccio mi circondò
le spalle. Il mio cuore accelerò incredibilmente i battiti, e pensai
che mi sarebbe uscito dal petto, di questo passo. Percorremmo i pochi
isolati che ci dividevano dal luogo in cui aveva parcheggiato l’auto,
in silenzio, godendo entrambi di quelle sensazoni che la vicinanza ci
regalava. Mi aprì la portiera della Volvo, con fare galante.
- «lo fai con tutte le ragazze?» domandai «intendo, essere
così... premuroso.»
- Lui mi sorrise malizioso: «solo con quelle carine e
simpatiche che si chiamano Isabella.» Scossi la testa, esasperata e
divertita al contempo. Mise in moto, e schizzammo per le strade di
Seattle, per poi uscirne, dirigendoci verso Forks. La lancetta dei Km
segnava i centossessanta, le figure fuori dei finestrini erano macchie
sfocate.
- «Santo Cielo, rallenta Edward!»
- «perché?»
- «ti rendi conto a quanto vai?! »
- «guido sempre così...» disse, stringendosi nelle spalle.
- Lo trucidai con lo sguardo: « non voglio ritrovarmi a
frittata!» Lui alzò gli occhi al cielo, e decelerò, fino a raggiungere
un’andatura passabile.
- «va bene ora?» mi sfidò con lo sguardo e io ricambiai.
Finimmo per scoppiare a ridere, e lui cercò la mia mano con la sua. Le
intrecciammo sul cambio, mentre i nostri occhi tornarono avanti anoi.
Sentivo il mio cuore battere forte, ed era una bella sensazione, quella
che provavo. Essere innamorati ti faceva stare stranamente bene. E in
certi casi, anche terribilmente male. Lo constatai quando arrivammo
davanti a casa mia.
- «Bene, eccoci qui. » mormorò lui, con un’espressione
quasi rassegnata.
- «già. » risposi, ma non accennavo a muovermi. Era
difficile, anzi impensabile, provare ad aprire la portiera. I miei
muscoli non collaboravano. Edward si voltò verso di me, e con il dorso
della mano mi accarezzò la guancia, che si colorava di rosso. Sorrise
appena, appoggiando la sua fronte contro la mia. Fece strofinare i
nostri nasi, dolcemente, poi si allontanò. Provai una grande delusione;
speravo mi baciasse ancora, invece non l’aveva fatto.
- «buonanotte » dissi, aprendo finalmente la portiera,
mentre Edward mi guardava con un sorrisino strano. Indugiai molto,
mentre mi rialzavo. Era come se ci fosse stata una calamita che mi
rispigeva verso di lui. Prima che richiudessi la portiera, Edward si
allungò, afferrandomi il braccio e ritirandomi dentro. Appoggiò di
sorpresa le sue labbra sulle mie, baciandomi con impeto. Mi sentivo
sciogliere, sotto le sue dolci carezze. Ci staccammo col fiatone, e lui
mi sorrise.
- «buonanotte» alitò, per poi poggiare di nuovo,
fugacemente, le labbra sulle mie. A quel punto, decisi di allontanarmi
da lui, per preservare la mia sanità mentale.
- L’acqua, diventata gelida, mi svegliò dalle mie fantasie.
Spensi immediatamente il rubinetto, e uscii per asciugarmi e
prepararmi. Ero così poco presente, quella mattina, che mi accorsi un
secondo prima di uscire, di avere la maglietta al rovescio e le scarpe
spaiate. Mi diedi della rimbambita, e mi cambiai immediatamente. Che
figura, entrare nella centrale conciata così!
- A piedi, con calma calcolata, mi diressi al lavoro. Ancora
non ero pronta per affrontarlo. Diamine, ero troppo tra le nuvole.
Guardandomi allo specchio, quella mattina, avevo visto la mia immagine
per la prima volta trasognante. Se ero strana per me stessa,
figuriamoci per gli altri, abituati a vedermi sempre composta e
sufficientemente fredda. Arrivai al dipartimento, e cercai di assumere
un’espressione neutra. Il che, mi faceva sentire ridicola: non era mai
capitato di dover fingere di essere come al dolito. E questo
sottolineava quanto Edward mi avesse stravolta.
- Non avendo fatto colazione, quella mattina, la prima cosa
che feci, fu andare alla macchinetta del caffè. Pigiai il tasto della
bevanda, e aspettai che l’ordine venisse preparato.
- Osservai in giro, notando che alcuni agenti mi guardavano
stralunati. Già, dimenticavo di essere una pessima attrice. Di solito,
ero una locomotiva impazzita, nervosa e scorbutica, al mattino. Oggi
ero decisamente su di giri, calma e mezza sorridente.
- «Isabella.» la voce di Carlisle Cullen mi richiamò. Mi
voltai verso il padre di Edward, avvampando. «buon giorno. » salutò,
cordiale.
- «buongiorno» risposi in un soffio.
- «Bella giornata, eh?» disse affabile, con un sorriso allegro
sul viso. Annuii, incapace di articolare altra sillaba. «ora devo
proprio andare, buona giornata.» augurò, per poi defilarsi. Wow, che
conversazione acuta e intelligente che avevo fatto. Carlisle cercava di
attaccare bottone, e io non riuscivo a spiccicare parola. Ma si
poteva?!
- Afferrai il bicchiere di plastica svogliatamente, per poi
dirigermi nel mio ufficio. Accesi il computer, e nel frattempo
cominciai a bere la bevanda scura, fonte della mia pace interiore.
Avevo già chiesto al capo un permesso per la settimana successiva, la
mostra a Providence si avvicinava. E io volevo finirla, questa
faccenda, una volta per tutte. Non lo tolleravo più, quel Lupin dei
miei stivali. Mi aveva lanciato una sfida, e io avevo colto il guanto.
Orgogliosa com’ero, non intendevo gettare la spugna. L’avrei preso,
quel tizio. Ad ogni costo. Mi alzai per buttare il bicchiere marroncino
nel cestino della spazzatura, e urtai la busta con le informazioni del
ladro. Essa e il contenuto finirono a terra, sparpagliati sul
pavimento. Sospirai. Gettai la plastica nel contenitore, poi mi chinai
per raccogliere il tutto. Ma, per la prima volta, notai una scheda che
all’inizio non avevo notato. Era la fotocopia di un vecchio libro, non
stampato benissimo, con una vecchia fotocopiatrice, probabilmente. Era
bello massiccio, una vera fatica a copiarlo tutto. Sulla copertina
sbiadita, faceva una bella mostra di sé la scritta TOP SECRET, e un
post-it, che diceva di custodire al massimo della cura questa copia, a
qualsiasi agente fosse andato in mano.
- Lo staccai, e lo appiccicai nella seconda pagina, cosicché
non mi desse più fastidio. Mi rialzai e mi sedetti sulla sedia,
incurante delle altre carte ancora sul pavimento.
- The manuscript:The
legends of cold.
- Così
citava il titolo. Sfogliai la prima pagina, attratta dal quella brutta
copia. Doveva essere prezioso, questo libro, se non bisognava farne
parola a nessuno. Chissà, poi, perché il Vampire ne aveva così bisogno.
Cominciai a leggere.
- In tutto il vasto e nebuloso mondo dei fantasmi e dei
demoni non esiste figura più terribile, più temuta, detestata e allo
stesso tempo piena di terrificante fascino del vampiro, che non è né
fantasma né demone, ma partecipa dell'oscura natura e possiede le
misteriose e terribili qualità di entrambi. Se mai è esistita al mondo
una storia sicura e provata, è quella dei Freddi. Non manca nulla:
rapporti ufficiali, testimonianze di persone di rango, medici,
sacerdoti, giudici; insomma, esistono prove inconfutabili di tutti i
generi. Velocità, forza, bellezza, colorito pallido, occhi cangianti,
sono le caratteristiche principali. E poi, sono essi bevitori di
sangue, nemici dei licantropi, freddi e immortali. Ma detto
questo, chi crede davvero nei vampiri? Il mondo alla luce si rifiuta di
credervi, ma nelle tenebre, loro esistono, e io ci credo. Ne conobbi
uno, di loro. E vi racconterò la sua storia, delle caratteristiche
della sua specie, con scrupolo e credibilità, cercando di coinvolgervi
con questa storia.
- Si chiamava Nathalien,quel vampiro. Era alto, quasi
smilzo, che all’apparenza appariva fragile come il cristallo. Era
biondo, con due occhi cremisi, più unici che rari. Perché come lui, nel
mondo, ce n’erano tanti. La sua pelle, pallida, appunto, lo faceva
sembrare un fantasma, quasi.
- Seppi solo più tardi, che avevo sbagliato creatura delle
tenebre.
- Dopo che scoprii il suo segreto, constatai che era
tutt’altro che delicato: la sua epidermide era dura come il diamante, e
nonostante i suoi muscoli non fossero pronunciati, aveva una forza
inaudita. Poteva abbattere una mandria di bufali selvaggi con una sola
mano, e potevo ben giurare che non si sarebbe fatto nemmeno un graffio.
Era velocissimo, i suoi movimenti erano impercettibili, per me, umano.
- Quel libro aveva un incredibile ascendente su di me. Ne ero
totalmente presa, che le prime dieci pagine quasi le mangiai. Non
staccavo mai gli occhi dalle scritte sulla pagina quasi giallastra. I
miei occhi volavano sulle righe, narranti quelle avventure incredibili
su un vampiro e un umano, amici. La prima figura, stranamente, non
m’incuteva ansia o terrore, ma solo curiosità e desiderio di conoscere
altro su di quelle figure notturne.
- «Bella, ehi!»
- Nathalien non mi fece mai del male; ebbe la forza,
sempre, di placare la sua sete, in mia presenza. Non sapevo quanta
fatica fece, nel starmi vicino. Ma di sicuro, non fu una passeggiata
per lui.
- «Isabella Swan, sei pregata di rispondermi!»
- Mi raccontò, che ogni persona ha una fragranza
differente; io, stranamente, ero quello con cui faticava meno, in
quanto il mio sangue non lo attraeva molto. Mi chiesi più volte il
motivo, ma ne ero felice: ero contento, perché avevo trovato la sua
amicizia.
- All’improvviso, sentii qualcosa colpirmi la testa,
destandomi dalla lettura.
- «Ahia, ma che..?»
- «alleluia! Bella, ti ho chiamato ben due volte, e tu manco
per le palle!» ruggì Jess, infastidita.
- «be’, la delicatezza non guasta mai.» borbottai,
massaggiandomi il punto dolorante. Certo che colpirmi con la sua
borsetta da venti kg come minimo, non era stata una genialità. Ma
Jessica era fatta così, c’era da aspettarselo.
- «scusami. – fece, sedendosi al suo solito posto- tra poco
arriva anche Angie, doveva consegnare un rapporto.» E in quel momento,
anche la mia amica comparve nella stanza.
- «ho chiuso il caso, sono soddisfatta del mio lavoro.» disse,
fiera di sé, con un sorriso compiaciuto. «grande Angela!» mi
complimentai, con un gran sorriso. Si sedette anche lei sulla sedia
rossa.
- « allora, novità?» domandò l’ultima arrivata, ancora
gongolante.
- «io stasera esco con il mio Mikuccio.» fece Jess, fremente
ed eccitata. Ridacchiai, per la sua impazienza.
- «anche io e Ben, andiamo a casa dei suoi.» disse con un
sorriso appena accennato, Angela. Io non prestavo molta attenzione al
loro discorso. Dopo l’affermazione di Jessica, la mia mente era partita
verso il mio ragazzo, e mi chiesi se saremmo mai arrivati dove erano le
mie amiche in quel momento. La nostra relazione sarebbe durata? Speravo
ardentemente di sì, perché Edward stava diventando un porto sicuro per
me. Mi rendeva felice, serena come non l’ero mai stata, e non volevo
ricadere nel baratro della depressione. Non volevo più che la vita mi
scivolasse di mano. Edward mi aveva fatto tornare a sognare, e mi
piaceva, tanto, stare con lui.
- «Bella, ma che ti prende?» Angela mi schioccò le dita
davanti al naso, «sei con noi?» Annuii, frettolosamente.
- «scusate, in questi giorni ho la mente altrove.»
- «ah, l’amour...» fece Jessica, con pesante e finto accento
francese. Angela ridacchiò, portandosi la mano alla bocca.
- « che stai insinuando, agente Stanley? » accusai, con uno
sguardo truce, mascherando l’imbarazzo.
- « che finalmente sei umana! » disse, ricevendosi un’altra
occhiata di fuoco, «finalmente ti vediamo felice, Bella. » disse poi
accorata.
- « ti sei innamorata, finalmente.» fece Angie con un
sorrisino. Avvampai, e scossi la testa furiosamente.
- «avete preso un granchio, ragazze!»
- «oh, Chère, noi non sbagliamo.» fece Jess, che seguitava col
francese.
- « hai finito? Tu e l’Europa proprio non ci state. »
commentai, cercando di portare la conversazione su altri argomenti.
- «Mais ma chérie, je suis très bien avec le français!» recitò
quella stordita, «ma non cambiare discorso. Anche se tu non vuoi
ammetterlo, a te stessa e a noi, io e Angie siamo felici per te.» disse
con un sorriso sincero.
- «mh, avete finito?»
- «oh, ma sei odiosa! » esclamò la mia pettegola preferita,
indignata. Io scoppiai a ridere, con Angela al seguito.
- «Allora, che ne dite di andare da Jake, per pranzo? »
propose Angela, subito dopo. Io e l’altra annuimmo, poi le mie amiche
si congedarono. Io rimasi di nuovo sola, e ricominciai la lettura da
dove mi ero interrotta.
- Aprii la porta del piccolo bar-ristorante, e venimmo accolte
dal solito chiacchiericcio dei clienti.
- «Ehi, ciao!» Leah ci salutò velocemente, spostandosi da un
tavolo all’altro con le ordinazioni.
- Scossi la testa: nemmeno con la scusa del matrimonio, quei
due si fermavano. Ci sedemmo al primo tavolo libero, e Jake ci venne a
servire.
- «buongiorno, belle. Che vi posso servire?» domandò,
scatenando l’ilarità delle ragazze.
- «oggi meringhe. » annunciai al mio amico, che mi guardò
scettico. «parto dal dolce oggi.»
- Lui scosse la testa e scrisse quanto detto. Dopo aver preso
anche quelle di Jess e Angie, e averle portate a Seth, recuperò una
sedia e si accomodò con noi.
- «Allora.. come va?» domandò, curioso. Angela gli raccontò
del caso risolto, e Jake le scompigliò i capelli giocosamente. «e brava
la mia timidotta!» La diretta interessata rispose con una boccaccia,
facendoci ridere.
- «e te, Bells?» Jacob mi scrutò attentamente, «mi sembri
serena, quasi euforica...»
- «oh, be’... è tutto okay.» minimizzai.
- «sicura?»
- « non sono mai stata più felice, Jake. » dissi sincera. Lui
annuì, probabilmente voleva aggiungere qualcosa che, con la presenza
delle mie amiche, non poteva dire.
- «JAKE, vieni a darmi una mano!»ululò Leah, richiamandolo.
Lui corse dalla fidanzata, le scoccò un bacio sulla guancia, e ci portò
il nostro pranzo. Dopo aver allegramente mangiato, tra chiacchiere e le
buffonate dei due cuochi piccioncini, io e le mie amiche tornammo alla
centrale. Dopo un pomeriggio all’insegna di caffè e libri, mi
stiracchiai con uno sbadiglio. Non ero neppure a metà, eppure non
sbuffai per la stanchezza. Quel manoscritto era davvero interessante.
Solo che non collegavo 007 Vampire con tutte le opere che rubava.
Insomma, si trattava di un libro qualunque, una specie di thriller
fantasy. Perché darsi tanta pena per rubarlo?
- Infilai il libro nella mia borsa, poi la richiusi bene e
spensi il PC. Indossai il mio solito giacchetto di Jeans, misi in
spalla la tracolla e uscii dal mio ufficio. Era molto tardi, per i miei
standard, eppure, anche Jess e Angie stavano uscendo con me. Le chiamai
e le raggiunsi all’uscita. Scoprii che non c’erano solo loro, ma anche
altre agenti erano lì, con le loro stesse facce. Le loro espressioni
erano di puro stupore, mista estasi. Seguii i loro sguardi, fissi in
fronte a loro, e per poco non mi cadde la mascella a terra. Nel
parcheggio, appoggiato alla sua auto come un modello sulla copertina di
una rivista, il mio fidanzato creava scompiglio tra le mie colleghe,
dagli ormoni a mille.
- Mi rivolse il suo sorriso mozzafiato, e per poco non mi
cedettero le gambe.
- È qui per suo padre, pensai, come se fosse la cosa
più ovvia.
- Invece, si staccò dalla Volvo, e s’incamminò verso di me,
con fare ammaliante. Mi raggiunse, ponendosi di fronte a me, come
avvolto da un’aura di luce, causando lo stupore generale.
- «Ciao.»
- «Che ci fai qui?» domandai, «aspetti tuo padre?» Lui mi
rivolse il suo sorriso sghembo splendido, quello che mi faceva andare
il cuore a mille. «no, sono qui per te. »
- Non feci in tempo a ribattere che, di sorpresa e molto
velocemente, s’impossessò delle mie labbra. Se prima ero irrigidita,
quando Edward allacciò le mani sui miei fianchi, stringendomi di più,
l’imbarazzo scemò totalmente, e lo baciai trasmettendogli tutta la
felicità che provavo nel vederlo. Al diavolo le mie colleghe.
- Edward si staccò dolcemente dalle mie labbra, sempre
abbracciandomi, e appoggiò la fronte sulla mia, «Mi sei mancata: dovevo
vederti...», confessò.
- «Sei uno scemo.» mormorai, severa. Lui mi guardò, sorpreso,
con un cipiglio sul volto d’angelo,« ti rendi conto che mi hai baciata
davanti a tutti?»
- «Sì, e allora?»
- «Ti sembra poco?»
- «Decisamente.» Alzai gli occhi al cielo, dandogli un
pugnetto sul petto muscoloso.
- Sentii Jessica schiarirsi la gola, e noi ci voltammo a
guardarla. Angela era gongolante, l’altra invece era shoccata e
indignata.
- «Siate così gentili da spiegarci tutto » mi guardò male,
«mica avevi detto di non essere innamorata? » fece, inacidita.
- Angela ridacchiò, «oh, Jess, lasciali perdere! » mi strizzò
l’occhio, «andiamo. Arrivederci Edward, Bella.» . Angela prese il
braccio di Jessica, e cominciò a trascinarla verso l’auto di
quest’ultima. Poi si rivolse al resto delle colleghe: «Lo spettacolo è
finito, signore, ora potete levare gli occhi di dosso da quei due!»
- Io e Edward scoppiammo a ridere.
- Mentre tutte si dileguavano, sentii distintamente
l’esclamazione di Jessica, chiaramente a mio indirizzo: «MI RACCONTERAI
TUTTO, CHÈRIE, PREPARATI!»
- Scossi la testa, sospirando.
- «Poi la senti tu, quella lì.» borbottai. Edward sorrise
della mia espressione.
- «Coraggio, piccola.» fece, accarezzandomi la schiena. Mi
provocò una serie di brividi e pelle d’oca, e di certo non era per il
suo tocco gelido. «Vieni con me. »
- «Dove andiamo?» domandai immediatamente.
- «Sorpresa!» esclamò, e io misi il broncio. In risposta, si
trattenne dal ridere. Mi prese per mano, e andammo fino alla Volvo.
Salii al posto del passeggero, che cominciavo ad apprezzare, dopo che
lui, galantemente mi aveva aperto la portiera. Richiusa la sua, partì
sgommando verso una meta a me sconosciuta.
- «Spero ti piaccia.» disse, incerto, «voglio farti vedere un
posto speciale: a me, personalmente, piace molto.» Io rimasi in
silenzio, guardando gli alberi che sfrecciavano fuori dal finestrino.
Per fortuna, non andava veloce come il giorno prima.
- Arrivammo dopo una mezz’oretta, in un boschetto fuori da
Forks. Mi pareva che, non lontano da lì, ci fosse il sentiero che
portava a casa sua. Ma forse, mi confondevo. Prima che io potessi
slacciarmi la cintura, Edward era già davanti al mio sportello. Lo
aprì, e io scesi, attenta a dove mettevo i piedi. Mi prese per mano, e
cominciammo a camminare nella sottobosco. Dopo circa cinque minuti, io
ero ancora intera, e Edward aveva annunciato di essere arrivati. Spostò
un ramo, aprendomi la visuale. La piccola radura che si apriva, era
circolare, verdeggiante, e fiorita. Era davvero splendida, incantevole,
magica.
- «Ti piace?» boccheggiai, incapace di articolar sillaba. Poi,
ci riuscii.
- «E’ davvero... fantastica: è bellissimo qui.» mormorai, per
paura di rompere la magia di quel luogo. Scorsi un sorrisino tirarsi
sulle sue labbra.
- «Passo la maggior parte del tempo, qui. È il mio piccolo
mondo, e...be’, volevo dividerlo con te.» disse solenne l’ultima parte.
Mi scrutò con i suoi occhi fiammeggianti. L’oro pareva fuso, nelle sue
iridi.
- «Sei davvero importante, per me, Bella.»
- «Anche tu, Edward. Davvero.» risposi, guardandolo
intensamente. «e sono felice, di entrare nel tuo mondo.» Mi prese per
mano, stringendola forte, e mi portò al centro del prato. Si sedette a
terra, e io l’imitai. Si allungò, fino a posare la schiena sull’erba
soffice. Chiuse gli occhi, respirando piano. Osservai la sua figura
angelica, l’esempio del relax, in quel momento. Non mi sembrava vero,
che esistesse. Allungai la mano, fino a sfiorare con un dito il suo
viso perfetto. Eppure, non era una visione: Edward c’era sul serio, ed
era la cosa più bella che mi fosse capitata. Il mio dito accarezzò la
sua pelle diafana, mentre lo guardavo, assorta. Lo passai sulle
palpebre, sul naso dritto e perfetto, sulle leggere occhiaie violacee;
sfiorai gli zigomi, poi la fronte liscia e ampia, ed infine le labbra
rosee. Esse si schiusero, al mio tocco, e sentii il suo respiro sulla
pelle.
- «Non sono sicura che tu sia vero...» mormorai.
- «Non posso credere che tu perda tempo con uno come me.»
ribatté lui, con lo stesso tono di voce. «Dovrei chiedermelo io»
- «Ti amo, Bella.» pronunciò, con un’intensità
travolgente. Sorrisi, continuando a bearmi di quel momento idilliaco.
- * * *
- «Pronto?»
- «TU, BRUTTA TRADITRICE CHE NON SEI ALTRO!»
- «Ehi, Jess, come va?» feci, senza prestare attenzione a
quello che sbraitava. Mi rigirai una ciocca di capelli tra le dita,
sorridendo tra me.
- «AVRESTI DOVUTO DIRCI DI LUI! SIAMO LE TUE AMICHE, NE
ABBIAMO IL DIRITTO‼» continuò, imperterrita. Ridacchiai, come una
scema, non proprio nelle mie facoltà mentali. Il mio cervello era come
in standby: l’unica cosa che riuscivo a pensare era Lui.
- Edward...
- Edward...
- Edward...
- «BELLA, CI SEI?! OH, DEVI ASCOLTARMI, CAPITO? CAPITO?!?!»
- «Sì, sì, com’è andata con Mike?»
- «Uuuh, benissimo, comunque: NON CAMBIARE DISCORSO! Cioè,
ti rendi conto di che colpo mi è preso? Quindi, tu e quel gran
belloccio ora state insieme? Mi devi raccontare tutto, per filo e per
segno.»
- «Jess, mi dispiace, ora devo andare a dormire: ci sentiamo
presto. Au revoir!» e riagganciai. Mi diressi in camera mia, indossai
il mio pigiama preferito, e mi misi sotto le coperte. Il sorriso non
abbandonava il mio viso, probabilmente mi si erano bloccati i muscoli
facciali in quella posizione. Ma chi se ne fregava, il mio stato
d’animo era quello, non c’erano problemi. Osservai insistentemente il
soffitto della mia stanza, vedendoci un viso splendido, incorniciato da
dei capelli ramati e ribelli.
- Come arrivai nella radura di Edward, non lo seppi. Lui
non c’era, però, ero sola. Camminai un po’ per il prato, inquieta. Mi
sentivo osservata, braccata come una lepre durante il periodo di
caccia. Ed era assurdo e sciocco, per i miei gusti. Ad un certo punto,
intravidi tra gli alberi una figura avanzare verso la luce. Mi pareva
famigliare. Era il vampiro del libro, Nathalien. Appena un raggio di
sole lo colpì, cominciò a scintillare, come ricoperto da diamanti. E me
lo ritrovai a pochi centimetri.
- «Agente Swan, ci rincontriamo.» improvvisamente,
Nathalien diventò 007 vampire, nelle sue inconfondibili vesti. Il suo
viso fu a pochi millimetri dal mio, le sue braccia attorno ai miei
fianchi. Appoggiò le sue labbra sulle mie, e mi parvero familiari. Il
Vampire mi stava baciando, e io non facevo nulla per allontanarmi.
Anzi, intrecciai le mani nei suoi capelli, facendo cadere il suo solito
cilindro a terra. Si staccò da me, e solo in quel momento notai che il
Vampiro si era trasformato nuovamente, ora in Edward.
- Aprii gli occhi e sbattei più volte le palpebre, confusa dal
sogno che avevo fatto. Poi, pian piano, cominciai a vederci più chiaro,
rispetto a ciò che il mio inconscio suggeriva.
- Nathalien era 007 Vampire.
- 007 Vampire, era sul serio un vampiro.
- E per questo, per proteggere il suo segreto, aveva rubato il
manoscritto.
- Ma io, credevo davvero a quest’assurdità? Possibile, che
esistessero i freddi, i protagonisti degli horror, bevitori di sangue,
crudeli e spietati?
- Poi ricordai le caratteristiche: pelle diafana, occhi rossi,
fattezze mostruosamente perfette.
- Scesi immediatamente dal letto, fiondandomi giù dalle scale,
e corsi in salotto. Accesi con furia il computer obsoleto che mi ero
portata da casa di Charlie, per i lavori poco importanti. Dopo una
lentissima carica, potei aprire il motore di ricerca di internet, e
cliccai subitaneamente sulle pagine preferite.
- L’anima della sposa
- La damigella del re
- Il riflesso dello specchio
- Solo una parola, riuscii ad articolare: «Merda.»
**Angolino Autrice**
Buona sera...
Okay, comincio con l'inchinarmi a voi e a baciarvi i piedi: SCUSATE PER
L'ORRIBILE, L'IMMENSO, L'INCREDIBILE RITARDO. Sarei una bugiarda,
dicendo di non aver tempo. Il punto è che con altre storie da portare
avanti, non so più da che parte girarmi. L'ispirazione va e viene,
purtroppo, e non sempre ho voglia - nonostante l'idea- di scrivere su
un determinato fandom. Quindi, imploro un vostro perdono. Spero siate
magnanimi...
E che questo capitolo non sia uno schifo. Spero con tutto il cuore, che
piaccia. E imploro nuovamente perdono.
Ah, vorrei mettere alcune mie storie in corso: chi volesse, potrebbe darci un'occhiata.
open your eyesEvery time we touch
Edward&Bella: you and me, forever
Se qualcuno fosse interessato, legga, mi farebbe piacere.
Ringrazio chi ha recensito, nello scorso capitolo, chi segue, preferisce e ricorda: VI ADORO!! GRAZIE INFINITE.
Ora mi congedo: Buona notte.