Ad personam:
Cara Melisanna, grazie per la tua recensione. Yan Lin è sempre stata un bel personaggio, penso che la stessa Disney si sia pentita di averla relegata nella fortezza, limitando le sue possibilità di interazione con le protagoniste. Sono contento che il gergo magichese di Cedric ti sia sembrato convincente. Spero di vedere finita la tua bella 'Terra magica'. Cara Silen, grazie per il tuo continuo sostegno. Sì, anche a me fa sorridere quella scena. Scusiamo il povero Vathek per la sua goffaggine, è solo un novizio nei servizi segreti. E poi, non credo che vorranno più affidargli nessun animale più grosso di un chihuaua, d'ora in poi. Anche a me piace Miriadel, e trovo interessante cercare di immaginare uno scorcio urbano del nostro mondo visto con i suoi occhi e i suoi metri di giudizio. E ora, ecco una presentazione di questo capitolo, che si svolge subito
dopo il precedente. Mancano poche ore alla chiusura della millenaria Muraglia
fra i mondi. Sapremo qualcosa di più sul passato di Kandrakar e
soprattutto sulla generazione di guardiane che si chiude con Yan
Lin. Ho ricostruito questa versione dei fatti che portarono allo sgretolamento
del vecchio gruppo, di cui facevano parte anche Kadma, Halinor,
Cassidy e soprattutto Nerissa.
Buona lettura
|
|
Capitolo 13
Le guardiane di Kandrakar
“Non fate torto alle vostre stesse profezie, Regina. Non le avete sempre dette infallibili? Avete previsto che Elyon sarà la settima Luce di Meridian. Ci resta solo da vedere in che modo ciò si avvererà”.
Meridian, sala del trono
“Idiota!”, tuona Phobos dall’alto del trono al direttore
dei suoi servizi segreti, “Ti sei mosso come un sarvak in una bottega di
cristalli, finché hai risvegliato quella sonnecchiante congrega
di ebeti di Kandrakar dal loro beato letargo fra le nuvole!”.
Cedric, ai piedi della pedana, tenta di mantenere un
atteggiamento ossequiosamente dignitoso, ma l’ira di Phobos è qualcosa
che si percepisce fino nei visceri. “Altezza, abbiamo seguito i vostri
ordini. Ma non si può fare la frittata senza rompere le uova… E
poi, in fondo questo impedisce ai transfughi di continuare a uscire o rientrare
incontrollati. E quindi…”.
Phobos lo fissa con gli occhi ridotti a due fessure.
“Tu non hai idea di cosa c’è in gioco!”.
Dopo aver congedato Cedric, il principe si morde il labbro,
serrando i pugni in un gesto di rabbia impotente. Odia sentirsi così
limitato, costretto. Odia chinarsi a un’autorità arbitraria che
si intromette nel suo diritto di catturare i suoi cittadini che gli si
sono ribellati.
In un posto come Meridian è ben difficile mantenere
un segreto: la notizia della sua umiliazione filtrerà di sicuro
tra i cittadini. Freme pensando che qualcuno possa compiacersi di questa.
Ma quel che, nel lungo temine, peserà di più
sarà il non poter accedere alla tecnologia e alla scienza terrestri.
Quelle conoscenze che sua madre ha cercato inutilmente a Heatherfield,
nel tentativo di prolungare la vita di Adleric, potrebbero rendersi
disponibili nei prossimi decenni. Potrebbero permettere di impiegare i
suoi poteri autotaumaturgici a livello subcellulare con tale efficacia
da raggiungere una quasi immortalità. Ciò allontanerebbe
anche, forse all’infinito, il bisogno di mettere al mondo un successore,
e così il suo Regno sarebbe senza fine, il vertice dell’evoluzione
del Metamondo e della Dinastia.
E tutto questo dovrebbe saltare perché Kandrakar
vuole limitare le interazioni tra i mondi, che ci sono state per milioni
di anni prima che la congrega apparisse!?! Senza interazioni, nulla nel
Metamondo di oggi, e forse neanche sulla Terra, assomiglierebbe a com’è!
E’la seconda volta che Kandrakar lo umilia: il primo
affronto, che gli brucia mai sopito da decenni, è stato ciò
che fecero alla sua Nerissa. Questa era una donna eccezionale: nei
pochi mesi del loro legame, lei e Phobos si erano confrontati su ogni aspetto
della loro visione del mondo, restando sempre più sorpresi della
loro convergenza. Si erano scambiati ogni genere di conoscenza magica,
crescendo assieme in esperienza e potere; lei lo aveva erudito sugli Elementi,
mentre lui le aveva insegnato molto della magia di Meridian, mettendola
in grado di operare con grande efficacia anche con i suoi soli poteri di
base.
Ma l’Oracolo mise la parola fine a quell’idillio dal
quale sarebbe potuto nascere il nuovo ordine dei mondi; preoccupato che
Nerissa diventasse sempre più autonoma da lui, le impose di riconsegnargli
il Cuore di Kandrakar.
Lei rifiutò, naturalmente: il legame tra la
guardiana e il suo Cuore non poteva essere rotto dall’esterno. Allora quell’uomo,
con un rituale stregonesco, convinse lo spirito che animava quell’amuleto
a ricusarla. In un confronto drammatico, il Cuore di Kandrakar lasciò
le mani di Nerissa per librarsi verso l’Oracolo, che lo ghermì.
Lei fu destituita da Guardiana, ma ormai, grazie a
ciò che aveva appreso da Phobos, era divenuta assai potente anche
senza quel monile.
Nerissa cercò di convincere quell’altra guardiana
che aveva ricevuto il talismano a renderglielo. La cosa degenerò,
le due donne lottarono, lei colpì forse troppo forte, non seppe
mai spiegare come. Alla fine, quell’altra non si rialzò mai più
dal suolo.
Nerissa rimase impietrita: era andata molto al di
là delle sue intenzioni.
Non oppose resistenza quando, pochi istanti dopo,
le altre guardiane apparvero e la trassero fino alla fortezza di Kandrakar.
Fu condannata a essere sepolta per sempre in un sarcofago
di pietra stregata che l’avrebbe mantenuta in una vita peggiore della morte,
perso in un deserto di ghiaccio chiamato Groenlandia.
A questa sentenza incredibile lei protestò,
gridò, maledisse l’Oracolo e tutta la congrega. Venne trascinata
via in catene, sedata con gli incantesimi più potenti.
Insultò anche Endarno, il sommo custode della
Torre delle Nebbie, il carcere di Kandrakar. Lui, per spregio, le lanciò
una maledizione che distrusse la sua superba bellezza, trasformandola in
un mostro così repellente che avrebbe creato disgusto anche in quelli
che trascinano la loro esistenza a Meridian bassa, ben al di fuori del
palazzo.
Poco prima che lei fosse rinchiusa per sempre nel
suo sarcofago, Phobos arrivò sulla Terra ignaro di tutto, e captò
con la mente il suo disperato messaggio di addio, pieno di rabbia e di
dolore, un momento prima che il coperchio si richiudesse per sempre su
di lei.
La cercò disperatamente per soccorrerla, ma
fu sconfitto dapprima dall’immensità della Groenlandia, e poi dall’Oracolo
di Kandrakar: fattolo scacciare senza ritegno fin a Meridian, quello stregone
attivò la Muraglia, una barriera magica che interrompe il portale
naturale che collega il Metamondo con la Terra.
Dopo mille tentativi falliti, dovette desistere; per
volontà di sua madre, dovette perfino giurare di rinunciare a quella
ricerca, e solo allora il passaggio per la Terra fu di nuovo aperto.
E’ questa la gente a cui, ora, gli tocca chinare la
testa per la seconda volta.
Meridian, appartamento della regina
E’ dal giorno del massacro di piazza Due Lune che la regina
è chiusa in se stessa, impermeabile anche ai tentativi di Lidrienel
di coinvolgerla in qualche conversazione, di allietarle la giornata con
fiori e piccoli pensieri che vanno al di là dei doveri di un’ancella.
Il ronzio di scontento che percepiva affacciandosi sul
balcone ora è diventato una cappa di rancore e paura densi
come piombo fuso.
Seduta sul divano, ripensa sempre a quel giorno. Non
riesce a credere di avere maledetto suo figlio davanti a tutti: come madre,
come regina, non avrebbe mai dovuto neanche pensare parole simili, ma ormai
è troppo tardi per ritirarle.
Però le immagini dirette a Phobos, che anche lei
ha captato dagli occhi di Cedric, continuano ancora ad amareggiare i suoi
giorni e tormentare le sue notti.
Inaspettatamente suona il campanello.
“Chi sarà? Lidrienel…”.
“Subito, Altezza”, risponde lei pronta dalla sua stanzetta,
riponendo l’ennesimo romanzetto rosa.
Un attimo dopo l’ancella ritorna, seguita a ruota dal
comandante Alborn.
Questo saluta percuotendosi il petto. “Scusate, Altezza.
C’è una notizia grave. Ho saputo ora che Kandrakar sta per attivare
la muraglia”.
Heatherfield, Ye Olde Bookshop
Il gigante azzurrino col soprabito sformato dà
un’ultima occhiata al misterioso contenuto della sua valigetta aperta sul
tavolo dello scantinato, poi la richiude. “Ho preso tutta l’attrezzatura,
lord Cedric. Volete che aspetti anche Toxhorr e Vatris, o parto subito?”.
“Aspettiamoli, Vathek, così…”. Si interrompe,
notando uno scintillio in un angolo dello scantinato. “Eccoli, stanno …”.
Si zittisce, stupito: le figure che si materializzano
sono Eleanor Brown, con la sua giacca a vento grigia e fucsia, e… nientemeno
che la Regina, bardata con un impermeabile teso sul pancione e un cappello
alla Humphrey Bogart ispirato a qualche giallo fuori moda.
“Altezza!”, salutano i due agenti con un inchino, “Che
sorpresa”.
Cedric butta un’occhiata di disappunto a Eleanor, poi
previene un rimprovero: “Altezza, sarei passato da voi tra poco, ma evidentemente
il capitano Miriadel mi ha preceduto”.
“Ciao, Cedric. Voglio trattare con Kandrakar. Raggiungerò
la guardiana a casa sua, con Eleanor”. Fa per imboccare la scala che sale
verso il negozio, “Buon giorno a tutti…”, poi nota che attraverso le finestre
del seminterrato si vede solo il buio, e l’orologio alla parete segna l’una
passata. “Ma è notte fonda, qui?”.
Lui annuisce. “Temo di sì, Altezza. La guardiana
non sarà entusiasta della visita”.
Heatherfield, davanti al Silver Dragon
Mentre le luci del taxi si allontanano, Adariel si stringe
nell’impermeabile. Fa freddo, è umido. Tutt’altro clima rispetto
a quello a cui è abituata.
“Questa è la casa, Altezza”, dice Eleanor davanti
al piccolo edificio nel cui muro si aprono due finestre circolari, come
grossi oblò di una nave.
“Lo so” risponde guardando in alto l’insegna ‘The Silver
Dragon’, attorno alla quale si avvolge un lungo animaletto sottile e argentato.
E’ ovvio che questa gente non ha mai visto un vero drago. “Ci sono già
stata, anni fa”.
“Avete confidenza con la guardiana?”.
Adariel si stringe nelle spalle, facendosi salire il
bavero fino agli occhi. “Diciamo che è una persona con la quale
si deve cercare di andare d’accordo, e credo che anche lei pensi ciò
di me”.
Eleanor guarda verso l’alto. “Tutte le luci delle finestre
sono spente. E’ l’una e mezza”.
“Peggio per lei”, risponde sprezzante la regina. “E’
troppo urgente, e poi non si dà un ultimatum del genere alle otto
di sera”.
L’altra non fiata, chiedendosi se questo faccia parte
del modo per andare d’accordo.
La serratura dell’ingresso scatta da sola.
Entrano. All’interno il locale è deserto, illuminato
solo dalla luce dei lampioni che filtra attraverso le due grandi finestre.
Adariel fa strada, camminando con prudenza fra le gambe
all’aria delle sedie rovesciate sui tavoli.
Nella vicina cucina, il gocciolio di un rubinetto batte
il tempo su una pila di piatti in ammollo.
‘Di qua, per le scale’, trasmette mentalmente
la regina. Le due salgono pian piano cercando di non provocare scricchiolii,
indugiando indecise davanti ad alcune porte chiuse.
‘Ora siamo invisibili. Entro io’, comunica Miriadel.
Con prudenza infinita fa aprire la porta, lentamente,
come se fosse un refolo di vento. Si fa avanti, guardandosi attorno. Un
letto di bambù a una piazza, disfatto ma vuoto. Entrano
entrambe. Qualcosa suggerisce che è proprio la camera di Yan Lin,
ma lei non si vede.
“E adesso?” bisbiglia la regina, rinunciando all’invisibilità.
D’improvviso alle loro spalle risuona una voce decisa
e giovanile dall’inconfondibile accento cinese: “Posso sapere cosa fate
in camera mia, signore?”.
Nell’intimità del loro talamo, Chen e Joan stanno
assaporando la parte migliore della loro vita da sposini, quando un doppio
strillo li fa sussultare nel letto.
“Cos’era? Chen, cos’era?”.
“Non so”, risponde lui alzandosi veloce e infilando una
vestaglia, mentre lei si copre col lenzuolo. “Vado a vedere”.
Un attimo dopo è alla porta della camera di Yan
Lin. “Mamma, cosa succede?”, chiede in cinese. Per un attimo ha la
sensazione di un parlottare concitato oltre il battente chiuso, poi di
un bagliore attraverso le fessure; infine la voce rassicurante di sua madre
gli risponde: “E’ tutto a posto. Solo un brutto sogno”.
Lui apre la porta, trovando l’anziana tranquillamente
distesa sul letto sotto le coperte; nella stanza non c’è nessun
altro. “E quelle voci?”.
“Forse ho parlato nel sonno”, risponde lei girandosi
su un fianco.
Chen sbircia dietro la porta e il cassettone. “Ma perché
mi rispondi in inglese?”.
“Perché… perché fa parte del sogno”.
Lui scuote il viso e si ritira. Qualche volta sua madre,
nonostante i suoi sessantacinque anni, ha le stesse stranezze di una bambina.
Kandrakar
“Ben arrivata, regina”, esordisce l’uomo senza età
seduto a gambe incrociate al centro della sala, mentre levita a un palmo
dal pavimento, “Aspettavo la vostra visita”.
“Non per niente si chiama Oracolo”, sussurra la guardiana
ammiccando ad Adariel.
Questa si sfila il suo cappello a tesa, un po’ incerta.
“Oracolo, sono qui per chiedervi rispettosamente di ritirare la vostra
minaccia di riattivare la muraglia”.
Lui resta imperturbabile. “Non è una minaccia.
E’ una decisione già presa”. Dopo una breve pausa, rimarca: “Avete
ancora diciassette ore e dodici minuti”.
Lei storce il viso a quella precisazione. “Signore, quali
sono le vostre condizioni per ritornare sulla vostra decisione?”.
“Due cose che non potete garantirmi, regina: l’interruzione
delle fughe, e l’interruzione delle ricerche. Però mi pare che abbiate
perso da tempo il controllo della situazione”.
“Ma non è colpa mia!”.
“Non intendevo rimproverarvi. Però potrebbe essere
interessante rimeditare sulla vostra affermazione”.
“Cosa vuol dire?” chiede lei sulla difensiva.
L’Oracolo le sorride imperturbabile. “Mi ricordo che
una volta una delle mie guardiane, Cassidy, mi fece una domanda: ‘perché
la Luce di Meridian ha scelto il nome di Phobos per suo figlio?’
Vi giro la domanda, regina: se Cassidy fosse ancora qui, viva, cosa le
risponderebbe?”.
Lei, inquieta, resiste alla tentazione di ribattere ‘fatti
gli affari tuoi’; perché questo richiamo a Phobos e a una guardiana
uccisa dalla sua amante? Cosa vogliono farle capire? Tanto vale rispondere
sinceramente. “Leggendo un libro terrestre di astronomia, fui colpita dai
nomi dei satelliti di Marte: Phobos e Deimos. Pensai di sceglierli per
i miei futuri figli maschi. Solo molto tempo dopo seppi il significato
di queste parole in greco antico: Paura e Terrore”. Lo guarda. “E con questo?”.
“Un’altra domanda, regina. Voi avete spesso affermato
di godere del dono della profezia. Secondo quanto dite, il Dio del Fato
ha scelto voi per manifestarsi attraverso presagi di ogni tipo”.
“Lui ha scelto me, ma non sono stata io a scegliere lui.
Dove volete arrivare, Oracolo?”.
L’uomo resta impassibile, ma non risponde.
E’ Yan Lin a farlo per lui: “Forse intende che voi avevate
già previsto da tempo la tirannia di Phobos, ma non avete fatto
niente per impedirla”.
“Ma i primi presagi chiari sono stati di soli tre anni
fa” risponde animatamente Adariel, “Troppo tardi per impedire che vada
al potere. E, soprattutto, che senso ha andare contro una profezia che
viene dal Dio del Fato? Il futuro è già scritto, proprio
come il passato!”.
L’Oracolo annuisce. “Conosco e rispetto il vostro punto
di vista sulla predestinazione”.
“E allora, mi state rimproverando qualcosa? Non ha senso
fermare l’inverno. Io ho preferito seminare per la primavera”. Tenta di
scorgere una qualunque emozione nel viso di lui, poi prosegue decisa: “Mia
figlia Elyon riporterà la giustizia a Meridian appena sarà
abbastanza grande da saper usare i suoi poteri innati”.
Un’ombra di rimprovero sfiora l’espressione di lui: “Non
serve fingere, regina. Io posso vederlo: non c’è alcuna figlia nel
vostro grembo. Perché portate avanti questa finzione?”.
Dietro di lei, Yan Lin rimane a bocca aperta per la sorpresa.
Mordendosi il labbro, Adariel replica caparbia: “La Settima
Luce di Meridian esisterà, anche se non uscirà dal mio grembo,
e realizzerà ciò che il Dio del Fato ha previsto per lei”.
Poi, con tono dimesso: “Purtroppo, nel suo mondo non potrà essere
al sicuro. La profezia vuole che si rifugi sulla Terra anche lei, ma la
barriera sarebbe un ostacolo formidabile”. Finisce con una voce quasi supplice:
“Anche se voi riattivate la muraglia, non potreste lasciar passare almeno
lei e i suoi genitori adottivi, quando sarà il momento?”.
Lui resta a lungo silenzioso, lasciando la questione
in sospeso. Quando risponde, il suo tono non tradisce emozioni. “Purtroppo
la presenza sulla Terra di una bimba aliena dai poteri così forti
sarebbe un terribile fattore di squilibrio. Se questa ipotetica figlia
dovesse sviluppare i suoi poteri lì, potrebbe facilmente prendere
l’intero pianeta in suo potere, magari influenzandone i leader politici
in modo occulto”.
“Questo potrebbe solo che giovare alla Terra” risponde
lei accigliata, “Mia figlia sarà come me: odierà le guerre
e le ingiustizie, e le farà cessare immediatamente”.
“Come sul Metamondo, guarda caso”. Dopo una breve pausa,
lui riprende: “Se dovesse avere figli sulla Terra, questa ipotetica Elyon
potrebbe creare una dinastia potentissima e trasformare tutto quel mondo
in una nuova Meridian”.
Adariel si morde il labbro più forte: con la sua
risposta impulsiva ha dato un argomento in più all’Oracolo. Ma probabilmente
non fa differenza: ha la sensazione che lui sia ormai irremovibile nella
sua decisione.
L’uomo continua: “Regina, io non voglio criticare il
vostro modo di intendere pace e giustizia. Da parte mia, credo che ogni
popolo, nel lungo termine, abbia il governo che merita. Semplicemente,
il compito della nostra congrega non è portare giustizia, libertà,
pace, amore, fede, progresso, gloria, democrazia o una qualunque delle
cose che a turno, nei secoli, sono state considerate buone. Il nostro compito
è mantenere l’equilibrio tra i mondi, limitando certe interazioni,
e dovete convenire che con voi negli ultimi trecento anni siamo stati molto
tolleranti, come riconoscimento per le vostre buone intenzioni. Ora però
è sotto gli occhi di tutti che la situazione vi è sfuggita
di mano”.
Adariel riesce a malapena a trattenere le lacrime. “Siete
senza cuore, Oracolo! Allora, non vi importa niente cosa sarà di
Meridian? E… di Elyon?”.
L’uomo risponde, impassibile: “Non fate torto alle vostre
stesse profezie, Regina. Non le avete sempre dette infallibili? Avete previsto
che Elyon sarà la settima Luce di Meridian. Ci resta solo da vedere
in che modo ciò si avvererà”.
Heatherfield, camera di Yan Lin, un’ora dopo
Nella camera silenziosa, una lama di luce del lampione
fende l’oscurità filtrando attraverso le tende, e disegna bande
aranciate sul soffitto e sulla parete.
L’anziana Yan Lin, seduta sulla sua poltroncina di vimini,
attende l’alba ancora troppo lontana. Non se la sente di tornare tra le
sue coltri dopo che quella Alienor o come si chiama ci ha dormito dentro,
sia pure con il suo aspetto. Chi sa che germi potrebbero portare questi
meridiani dal loro mondo medievale?
Non è solo questo che le toglie il sonno. Di tutte
le cose accadute questa notte, sono state alcune frasi dell’Oracolo a riaprire
un vaso di Pandora di ricordi dolorosi e mai abbastanza lontani.
Cassidy. La sua compagna Cassidy. Alla Regina quel nome
ha ricordato solo uno spiacevole fatto di cronaca, ma per Yan Lin è
stato diverso.
Ha pensato a Nerissa, evocata anche senza farne il nome.
Nerissa, la sua amica. Nerissa, la Guardiana del Cuore.
La maga. La ribelle. L’assassina.
Nel 1936, in tempi in cui nubi di odio si addensavano
sul mondo, lei e Nerissa furono reclutate assieme ad altre tre quindicenni,
un gruppo multietnico di Heatherfield. Dopo aver resistito unito
per tutta la seconda guerra mondiale, questo gruppo si sfasciò tra
le più odiose recriminazioni pochi giorni dopo la sua fine, e solo
loro due rimasero fedeli all’impegno verso Kandrakar.
Si ricorda del loro primo incontro con le tre nuove
guardiane scelte dall’Oracolo per colmare il vuoto: Kadma, Halinor… e Cassidy.
Tre quindicenni, proprio come lei e Nerissa nove anni prima.
La differenza d’età non si vedeva quando erano
tutte trasformate in guardiane, con i loro splendidi costumi, i corpi sempre
nel fiore degli anni e le mani rutilanti degli immensi poteri degli Elementi;
era stridente, però, quando le cinque ragazze erano al naturale,
e soprattutto coinvolgeva atteggiamenti e interessi tipici di diverse fasi
della vita; non fu mai più possibile ricreare l’unione che avevano
vissuto all’inizio.
Nerissa rimase la Guardiana del Cuore di Kandrakar,
la leader. Amareggiata dalla fine del gruppo originale, cominciò
lentamente a sviluppare concezioni tutte sue sulle finalità della
congrega.
In diverse occasioni, Yan Lin notò che l’altra
sapeva usare anche magie che non appartenevano al suo ruolo di Guardiana;
quando gliene chiese ragione, questa rispose semplicemente che le venivano
spontanee.
Anni dopo, il vecchio Oracolo lasciò la carica,
e al suo posto fu nominato Himerish, che sta ancora coprendo questo ruolo
con onore. Nerissa, contrariata, chiese in consiglio per che ragione fosse
stato scelto un uomo il cui maggior merito era l’abilità nelle arti
marziali arcaiche, piuttosto che un potente mago. Anzi, disse ‘una potente
maga’, poi si corresse. Le risposero che Himerish era stato eletto per
la profonda stima che destava in chiunque lo conoscesse. Tranne che in
lei, a quanto pare, perché non mancò mai di mettere in discussione
i suoi ordini. Infatti Nerissa si considerava la più adatta a quella
carica.
Nel 1959 tutte loro furono inviate a Meridian, a portare
un’ambasciata alla regina Adariel, abituata a scorrazzare per la Terra.
Capitava talvolta che questa, assieme a libri e riviste, riportasse nel
suo mondo anche cose un po’ più strane, come ossido di deuterio
e di trizio in bottigliette di acqua minerale, per gli esperimenti di cui
si dilettava. Peggio ancora, era piuttosto negligente nel nascondere ai
terrestri i suoi poteri, come se si divertisse a stupirli. Era necessario
un richiamo energico.
Quando Nerissa vide il bel principe Phobos, e lui
vide la Guardiana del Cuore, questa si sciolse in sorrisoni e sorrisini,
e il necessario monito alla regina fu duro quanto un bigné, spiazzando
anche le altre che non osarono contraddire la loro leader.
Nel periodo successivo, Nerissa si teletrasferì
a Meridian molte volte da sola.
Quando le rimproverarono di sfruttare i poteri di
Kandrakar per scopi personali, lei dimostrò che in realtà
stava sfruttando magie sue proprie. Ed era vero: per esempio, si teletrasportava
sparendo in un baluginio come i meridiani, e non in un lampo come le altre
guardiane.
Ma si temeva che la sua magia fosse andata molto al
di là di questo: in diverse occasioni aveva dimostrato poteri teleipnotici
assolutamente proibiti dai codici di Kandrakar, ma tipicamente usati a
Meridian dagli Escanor.
Tutto il resto avvenne nel giro di poche ore. L’Oracolo,
persa ogni fiducia in lei, le chiese di restituire il Cuore. Lei rifiutò
rinfacciandogli, fuori dai denti, che i mondi erano pieni di violenza e
ingiustizie, e chi aveva il potere di fermarle ne aveva anche l’obbligo,
sconfessando il principio di non intervento che aveva ispirato la congrega
fin dalla sua nascita, trentamila anni prima. Continuò buttando
in faccia all’Oracolo che era indegno del suo potere, che le guardiane
erano degradate al ruolo di doganieri e che i saggi erano un’accolita di
buffoni arteriosclerotici preoccupati solo di conservare il loro seggio
celeste e la loro eterna senilità. Dichiarò orgogliosamente
che voleva unire i due poteri più forti dell’Universo, quello di
Kandrakar e quello di Meridian, per iniziare una nuova era di giustizia,
stabilità e pace.
L’Oracolo la guardò imperturbabile, e le rispose
che i secoli avevano visto migliaia di guerre e tirannie iniziare con parole
simili a queste.
Ventiquattro anni non sono bastati ad attenuare in
Yan Lin l’orrore e il rimpianto per i terribili avvenimenti che seguirono:
anche se ricorda ogni parola che fu detta, ogni gesto, ogni sguardo, il
dolore di richiamarli in dettaglio le è insopportabile. La sottrazione
del Cuore di Kandrakar all’incredula guardiana, la sua consegna alla giovane
Cassidy e poi, poche ore dopo, il trovare questa contorcersi negli ultimi
spasmi dell’agonia, con accanto Nerissa in stato confusionale i cui palmi
delle mani ancora emettevano fili di fumo…
Yan Lin scuote il viso, tentando di cacciare questo ricordo
troppo crudele. Si morde le labbra, con le lacrime agli occhi. La punizione
di Nerissa fu terribile, ma necessaria. Non fu segregata a vita solo per
ciò che aveva fatto, ma soprattutto per quello che avrebbe ancora
potuto fare.