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Autore: Neko    06/09/2010    3 recensioni
Quando Ero-sennin morì, Shikamaru, nel tentativo di consolarmi, mi aveva accennato che un giorno saremo stati noi, i maestri di qualcun altro e che avremo avuto la responsabilità di preservare la vita ai nostri allievi come avevano sempre fatto i nostri sensei, ma allora mi sembrava una cosa così surreale, lontana e invece…domani conoscerò quei tre ragazzini a cui dovrò insegnare tutto quello che so.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Cap. 4: Libertà

 

Nonostante avessi una voglia matta di agire immediatamente, per correttezza, decisi di informare la mia allieva sulla mia intenzione di scoprire cosa l’affliggeva.

Ma arrivai tardi. Infatti, il giorno dopo fui avvisato da Sakura, che la notte appena trascorsa, un uomo aveva compilato le carte necessarie, per far dimettere la figlia e portarsela a casa.

Sakura mi disse che quell’uomo era stato tutt’altro che delicato con la ragazza, ma nonostante avessero tutte le possibilità di fermarlo, non avevano il diritto di farlo, essendo Miiko sotto la custodia del suo genitore.

Sakura aveva riferito all’uomo che la ragazza aveva bisogno di riposo, ma non l’aveva minimamente considerata.

“Perché non me lo hai riferito subito?” le chiesi arrabbiato.

“Te l’ho detto appena ho potuto. Non posso assentarmi quando sono di turno all’ospedale, lo sai!”

Strinsi i pugni. Non era colpa di Sakura e lo sapevo.

Mi scusai con lei, per poi recarmi all’indirizzo che avevo letto sulla cartella di Miiko.

Dimenticai addirittura di avvisare i miei altri due allievi, che non sarei giunto al campo di allenamento all’orario stabilito, ma quella era un’emergenza…o forse io ingigantivo la faccenda, ma qualcosa mi diceva di fare in fretta.

Non mi sorpresi quando vidi Sakura seguirmi. Sicuramente, anche se aveva fatto il possibile, si sentiva in colpa di non essere riuscita a fermare l’uomo.

“Abita in questo quartiere?” chiese con una faccia un po’ schifata.

In effetti, non era un bel luogo.

Non ero mai stato lì, ma sapevo, che quel quartiere, era destinato agli ex ninja che il nostro villaggio considerava feccia.

Probabilmente qualsiasi individuo che incontravamo aveva commesso qualche reato e di sicuro era stato in prigione qualche anno.

Per me, che davo una seconda possibilità a chiunque, mi sembrava inaudito che questa gente, per degli errori passati, fosse costretta a vivere in quartieri malfamati, dove la sporcizia e la criminalità regnava sovrana.

In teoria avevano già pagato per i loro crimini stando in prigione, perché continuare a punirli in quel modo?

Ma sapevo di vederla solo io in quella maniera.

Chiunque avrebbe detto che se l’erano meritato. Forse è così.

Non sapevo che pensare. A volte comincio a pensare di essere troppo fiducioso nel prossimo.

Le case erano tutte mal fatte e con le pareti scrostate. C’era molta povertà in quella zona e una possibile causa poteva essere la disoccupazione. Di fatto nessuno voleva avere come dipendente un criminale, escludendo che il lavoro più diffuso era essere ninja.

Di sicuro non si poteva più contare su di loro.

Forse nemmeno io li avrei fatti più diventare shinobi. Certo bisognerebbe prendere ogni singolo caso e valutarlo attentamente.

C’erano anche molti bambini.

Loro cosa avevano fatto per meritarsi di vivere lì? Nascere nella famiglia sbagliata? E Miiko era una di queste creature?

Finalmente dopo essere arrivati praticamente ai confini del villaggio, giungemmo a una casa prefabbricata mal tenuta, con i vetri delle finestre rotte. Mi venne la pelle d’oca a vederla.

Accanto alla porta c’era scritto il nome della famiglia che viveva all’interno: Takada.

Purtroppo Miiko viveva davvero in quel luogo. Fino all’ultimo sperai di aver sbagliato posto.

Non me lo sarei mai aspettato. A differenza di tutti gli altri, lei sembrava comunque curare il suo aspetto, forse proprio per non dare sospetti.

Feci un respiro profondo e sentii la mano di Sakura sulla spalla, farmi coraggio.

Bussai e dopo diversi secondi, sentimmo dei passi pesanti avvicinarsi alla porta.

Essa venne aperta da un uomo di stazza grande, con barba e capelli mal curati, dalla canottiera bianca sporca.

Ebbi un flash back. Era la stessa persona da cui Miiko, due giorni prima, si nascondeva dietro di me, per non essere vista.

Possibile che l’uomo che la spaventava tanto, fosse quello che identificai come il padre.

“Chi diavolo siete?” ci disse con una voce roca e un alito da persona che si era appena scolata una cassa intera  di birra.

“Sono Naruto Uzumaki, l’insegnante di Miiko!” dissi.

L’uomo mi guardò con indifferenza “Miiko non è in casa e mai lo sarà!” ci disse provando a sbatterci la porta in faccia, ma in quel momento Sakura intervenne e spaccò la porta.

L’uomo cadde a terra per la sorpresa ed io, approfittando del suo momento di distrazione, mi intrufolai nella stanza.

Non era per niente grossa, forse poco più grande del mio monolocale. Aveva due stanze e trovai Miiko nella seconda, rannicchiata in un angolo che si teneva le ginocchia al petto.

La chiamai e per reazione la ragazza alzò di scatto la testa, sorpresa di vedermi.

Suo padre probabilmente l’aveva nuovamente picchiata. Speravo vivamente che non fosse così, ma l’uomo di per sé, non faceva intendere niente di buono e le condizioni in cui era la mia allieva, non fece altro che confermare i miei sospetti.

Aveva nuovi lividi e una profonda ferita sulla testa.

La presi in braccio per portarla fuori da quell’abitazione una volta per tutte.

Il padre mi si mise davanti con un coltello in mano.

“Lascia immediatamente andare mia figlia!” mi disse minaccioso “Tu non mi porterai via ciò che è mio!”

“E ti sembra questo il modo di trattare tua figlia? Che razza di padre picchierebbe la propria bambina?” gli dissi arrabbiato.

“Non sono affari che ti riguardano! Io non vengo a dirti come trattare i tuoi figli, puoi farne quello che vuoi, anche ucciderli, sai quanto me ne frega!” disse con arroganza.

“Sono affari che mi riguardano. Fino a prova contraria, è una mia allieva e di sicuro mi sento più io suo padre, di te che sei sangue del suo sangue!” dissi cercando di trattenermi dal prenderlo a pugni.

Il padre si arrabbiò maggiormente, quasi ringhiò e Miiko per istinto si aggrappò maggiormente alla mia tuta in cerca di protezione.

L’uomo si avventò su di noi caricando un colpo con l’arma da taglio ed io ebbi l’istinto di proteggere la mia allieva, girandomi in modo tale, che l’arma colpisse solo me.

Gemetti, un’arma da taglio impiantata nella schiena, non era uno scherzo.

Sakura urlò il mio nome, prima di intervenire, con un forte pugno  che mise ko l’uomo.

Una volta usciti da quel quartiere, Sakura si accinse a controllare la ferita, ma la fermai.  Ci avrebbe pensato Kyuubi a guarire quel graffietto, in quel momento Miiko aveva la priorità.

Per fortuna Sakura riuscì a far rimarginare le nuove ferite e a sanare un po’ di quelle vecchie, ma la spalla era ancora nelle stesse condizioni.

La fasciò nuovamente, obbligando la ragazza a tenerla ferma il più possibile.

 

Sakura si offrì volontaria per ospitare la ragazza, finchè l’hokage non avesse provveduto a trovare un appartamentino anche per lei.

Feci per andarmene,  per recarmi a terminare quello che avevo iniziato, ma Miiko mi trattenne, come se non mi volesse vedere andar via.

“Ho un’idea Naruto.  Perché non passi anche tu la notte a casa mia?” mi chiese Sakura, vedendo l’atteggiamento di Miiko. Era ancora piuttosto spaventata.

La mia amica viveva da sola nella sua grande casa, da quando i suoi genitori erano periti durante la quarta guerra ninja.

Accettai, sperando di far calmare Miiko, ma essa continuò a non lasciarmi andare.

“Cosa c’è Miiko?” le chiesi dolcemente.

Con la testa bassa e con una voce lieve mi ringraziò. Non potei fare a meno di scompigliarle i capelli, prima di andarmene.

In un batter d’occhio, fui nuovamente nella casa di Miiko, dove il padre giaceva ancora a terra svenuto.

Me lo caricai sulle spalle e lo portai da Kakashi con l’accusa di maltrattamento di minori e tentato omicidio.

Inutile dire che venne nuovamente sbattuto in prigione.

 

La sera, come promesso, andai a casa di Sakura, anche se non propriamente da solo. Portai anche Sora ed Eichi con me, anche se quest’ultimo dovetti trascinarlo di peso.

Quando entrammo, Sakura-chan ci accolse calorosamente, chiedendoci di aspettare infondo alle scale che portavano alle camere da letto al piano di sopra.

Cinque minuti dopo qualcuno, piano piano, cominciò a scendere.

Era Miiko.

Sakura in quelle poche ore che mi ero assentato, aveva provveduto alla ragazza in maniera eccezionale.

Non sembrava nemmeno la solita ragazzina chiusa e schiva di sempre.

I capelli che le cadevano sempre davanti agli occhi, erano in parte tenuti alti con delle bacchette e Sakura le aveva prestato un dei suoi vestiti cinesi di quando aveva la sua età.

“Miiko, stai molto bene così! Non sembri nemmeno tu!” le dissi sorridendo “Vero ragazzi?” dissi agli altri miei due allievi.

Volevo che Miiko si sentisse al sicuro e con chi ci si sente protetti, se non con le persone con cui si trascorre la maggior parte della giornata?

I ragazzi non risposero, erano intenti a guardare la loro compagna con le mandibole aperte a dismisura.

Miiko guardò Sakura non capendo il perché i suoi due compagni, coloro che non stavano un momento zitti, in quel momento si fossero come pietrificati.

“Hai fatto colpo!” le disse Sakura e Miiko non potè fare a meno di arrossire.

Di certo non era abituata ad avere tutte quelle attenzioni, ma ero sicuro che le apprezzasse.

Il primo a riprendersi fu Sora, che le fece i complimenti, mentre Eichi rimase a fissarla con il rossore sulle guance ancora per un po’.
“Cupido ha scoccato la sua freccia?” gli chiesi divertito.

In quel momento sembrò uscire dal trans “Ma cosa vai farfugliando? Sei tutto matto!” mi disse mettendo il broncio e facendomi scoppiare a ridere.

Sakura invitò i ragazzi a restare a cena, con sommo piacere di questi che, a giudicare dai loro stomaci, aveveno una fame da lupo.

Fu una bella serata e Miiko qualche volta disse anche qualcosa.

La mia allieva era come un bruco che non riusciva ad uscire dal suo involucro di seta, ma ora cominciava lentamente a trasformarsi in una bellissima farfalla colorata.

La cena trascorse in fretta e per i ragazzi, fu il momento di tornare alle proprie abitazioni.

“Aspettate!” disse Miiko con sommo stupore di tutti.

Sentendosi al centro dell’attenzione Miiko abbassò la testa, ma prendendo un profondo respiro, timidamente disse “D-devo ancora presentarmi!”.

Sorrisi e anche i suoi compagni.

Probabilmente la ragazza, fino a quel momento non aveva parlato, perché aveva paura di farsi scappare qualcosa sul conto del padre, il quale la minacciava di morte, se avesse detto qualcosa.

“Allora muoviti, che sto morendo di sonno!” disse Eichi con il suo solito atteggiamento, ma Miiko non sembro prendersela.

“Mi chiamo Miiko Takada. Detesto poche cose, tra cui la mia vita fino ad oggi, invece ne amo moltissime. Il sole appena sorto, l’odore dell’erba bagnata dalla rugiada la mattina. Gli uccellini che cinguettano allegri sugli alberi, la vita in generale, la tranquillità e la pace. Ho una fifa tremenda per gli insetti, ma adoro tutto il resto del regno animale. Il mio animale preferito è il gatto. Il mio sogno è di diventare una Kunoichi forte e in gamba, capace di eliminare le ingiustizie che ci sono nel mondo.” La ragazzina cominciò a piangere, ma continuò a parlare “Scusate, solo che…sono felice di aver trovato delle persone come voi…che mi hanno tirato fuori da quell’incubo! Grazie!” disse singhiozzando.

Tutti sorridemmo.

Eichi mettendo le mani dietro la testa disse con finta aria annoiata “Certo che ora che hai cominciato a parlare non la smetti più!” disse, per poi avvicinarsi a lei e darle un suo fazzoletto per asciugare le lacrime “Tieni!” Miiko lo guardò sorpresa di tale gesto, ma il ragazzino guardava altrove per l’imbarazzo.

Era vero, Miiko era stata costretta al silenzio per troppo tempo, ora finalmente era libera. Libera di parlare e di esprimere quello che voleva e libera di essere se stessa.

Sorrisi.

Finalmente potevo cominciare a considerare quei tre come una vera squadra o almeno considerare quella serata come un grosso passo avanti.

Passarono giorni in cui dovetti allenare solo due dei miei allievi. Miiko era ancora fuori combattimento a causa della spalla, ma nonostante potesse rimanere indietro, decisi di andare avanti con gli altri due. Ero sicuro che la ragazza sarebbe riuscita a recuperare. Essa aveva dimostrato una tempra forte e determinata o non avrebbe resistito alle percosse del padre fino a quel momento.

Portai i due ragazzi sul monte degli Hokage per  fare loro un po’ di storia.

“Bene, chi mi sa dire i fondatori del nostro villaggio?” chiesi.

“Che domanda idiota, il primo hokage no? Se no, non sarebbe il primo!” disse logicamente Eichi.

“Si, ma anche il secondo! Furono loro due insieme a dar vita a Konoha, con l’aiuto anche degli Uchiha!” disse intervenendo Sora “l’abbiamo studiato l’hanno scorso, non ricordi?”

“Si, si!” disse sbuffando il figlio di Kakashi.

“Esatto Sora. Ora chi mi sa dire su quale testa ci troviamo?” chiesi.

“Il quarto hokage! Questa la so. È colui che, trent’anni fa, ha ucciso la volpe a nove code, salvando il villaggio, purtroppo per lui è morto a causa di quel demone!” disse Eichi.

“Eichi? Come poteva morire a causa del demone, se l’ha ucciso lui? è resuscitato un attimo per ucciderlo?” chiesi divertito.

Eichi arrossì “Va bhe, ha sigillato il demone con il sigillo del diavolo. Volevo renderla più semplice!”

Sora alzò la mano “Si parla sempre del fatto che il demone è stato sigillato. Questo significa che  è ancora vivo, quindi dove si trova?”

Sospirai di certo non volevo far sapere loro la mia condizione di jinchuuriki.

“Bhe dentro a qualcosa. Di sicuro non è allo stato brado se no, ciao Konoha!” dissi scrollando le spalle.

“Dentro qualcosa o qualcuno!” disse Eichi “Papà mi ha detto che il kazekage di Suna è stato un jinchuuriki, però ora non lo è più perché…bhe il perché non lo so!”

“Non ha importanza del perché!” dissi.

“Quindi un demone si può sigillare all’interno di un uomo? Che cosa orribile da fare! E cosa succede alla persona che viene scelta?”

“A quanto pare viene eletto capo di un villaggio!” disse Eichi infastidito.

“Secondo questo ragionamento anche tuo padre ha un demone sigillato in sè!” gli feci notare.

Eichi scosse la testa “Ma non è pericoloso una persona che ha il potere del demone?”

“Si e no, dipende da vari fattori, da come cresce, da com’è trattato, dalle condizioni fisiche e dall’umore!” dissi io parlando per esperienza personale.

“Ma un bijuu è una creatura straordinariamente forte, è assurdo che una persona riesca a conviverci e a non soccombere al suo potere!” intervenne Sora.

“Dipende anche li.  Non si prendono persone a caso, ma che hanno delle abilità speciali!” dissi sperando che non mi chiedessero quali tipo di abilità.

“Comunque i bijuu sono nove. Sono tutti sigillati dentro a persone?” chiese Sora “Sai, mi spaventa un po’ questa cosa. non vorrei trovarmi davanti a una persona del genere, soprattutto quando non è dell’umore giusto!”

Risi divertito dalla situazione, se solo avesse saputo.

“Non ti preoccupare. Da quello che so l’unico bijuu rimasto in vita, è proprio il nostro caro vecchio Kyuubi!” dissi.

“Tu hai mai incontrato un jinchuuriki?” mi chiese Eichi.

Annuii e informai loro di averne incontrati anche più di uno.

“E sei ancora vivo?” chiese Eichi.

“Vi sembro un fantasma? Ma scusate, è da ore che vi sto dicendo che un jinchuuriki non è sempre una persona pericolosa e voi continuare a fare discorsi del tipo…incontrare un jinchuuriki equivale alla morte!” dissi cercando di mascherare il mio fastidio.

“Senti puoi dirci quello che vuoi, ma io non credo che si possa essere amici di un Jinchuuriki. Che tu ci possa tranquillamente parlare insieme e prenderci una bella tazza di thè. Secondo me l’unica cosa che si può fare, è combatterlo e sperare che ti vada bene!” disse Eichi fermamente convinto.

“Secondo me non puoi nemmeno sperare di sopravvivere…è un demone” disse invece Sora.

“Anche li non è vero. Dipende anche quello dalle situazioni!” dissi sospirando.

“Ne parli come se ne avessi affrontato uno!” disse Eichi.

“Ed è così!” dissi facendo ammutolire i presenti.

“Vi devo ricordare che il Kazekage è un mio caro amico? Già da quando era un jinchuuriki?”

“Si, questo lo sapevamo, ma pensavamo dopo che fosse diventato una persona normale!” disse Eichi.

Scossi la testa e raccontai loro, senza andare troppo nei particolari, il mio incontro con Gaara e del nostro scontro.

“Quindi dopo averlo battuto, lui è magicamente cambiato ed è riuscito a tenere a bada il suo demone?” mi chiese Eichi, non del tutto convinto.

“Il mio potere di cambiare le persone fa miracoli!” dissi buttandolo sullo scherzo “Comunque il nostro argomento erano gli hokage, non i bijuu!”

“I bijuu sono più interessanti. Nessuno parla di loro, dei kage sappiamo tutto. Si sa anche chi sarà il prossimo hokage!” disse Eichi con faccia fiera “Cioè io!”

Sospirai, davvero delle volte vedevo me stesso in quel ragazzino.

Stavo per riprendere a parlare quando mi ricordai di una mia curiosità. Chiesi a Sora del perché quando chiesi loro di scovare le mie tracce e di risalire al sotto scritto, non avesse usato il Byakugan.

Sora abbassò la testa e imbarazzato ammise di non saperlo usare. Subito Eichi non perse l’occasione di prenderlo in giro, dovetti intervenire per fargli chiudere il becco.

“Facile giudicare quando non si hanno abilità innate Eichi. Tuo padre ne ha una, chiedigli se è un gioco da ragazzi utilizzarlo, dato che  a me a malapena credi!”

Eichi mise il broncio. Non ci potevo proprio dialogare con quel moccioso.

“Comunque Sora, non preoccuparti, quando sarà il momento sarai in grado di utilizzarlo. Io non posso darti consigli dato che non so esattamente come si faccia ad attivare un’arte oculare, ma nel tuo clan ci sarà qualcuno disposto a insegnarti!”

Il ragazzo annuì, ma mi confidò che un po’ si vergognava a far sapere che all’età di dodici anni non sapesse ancora farlo funzionare.

“Secondo me è più figo lo sharingan!” disse Eichi.

Sorrisi e ringraziai il fatto che quel marmocchio non fosse figlio di Sasuke o un Uchiha, sarebbe stata la fine.

“Più figo o meno, sono dotato del byakugan e quello mi tengo!” disse Sora cercando di non intraprendere un altro battibecco con il compagno.

“Ogni abilità innata ha delle doti e dei difetti. L’importante e che se ce le hai, tu le metta al servizio delle persone che ne hanno bisogno. Non devono essere viste come un vanto con cui considerarsi superiori, proprio come fanno gli Uchiha e gli Hyuuga. Tutti i ninja sono uguali, con o senza abilità innate, chiunque può diventare una leggenda. Guardate il quarto hokage, non era impossesso né di sharingan, né di byakugan eppure è considerato una persona dalle grandi abilità e dalle doti straordinarie. Personalmente ammiro maggiormente coloro che ottengono una cosa con l’impegno e la fatica, di coloro che ce l’hanno già dalla nascita. Le seconde tendono troppo a credere di essere chi sa chi e a sottovalutare gli altri!”

Era una cosa importante questa dal mio punto di vista, ma per mia fortuna Sora non era il tipo di ragazzino che si sarebbe vantato del suo potere ed Eichi non avrebbe potuto farlo neanche volendo, poiché suo padre aveva lo sharingan solo per acquisizione e non per nascita.

 

 

  
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