Cap. 4: Libertà
Nonostante avessi una voglia
matta di agire immediatamente, per correttezza, decisi di informare la mia
allieva sulla mia intenzione di scoprire cosa l’affliggeva.
Ma arrivai tardi. Infatti, il
giorno dopo fui avvisato da Sakura, che la notte appena trascorsa, un uomo
aveva compilato le carte necessarie, per far dimettere la figlia e portarsela a
casa.
Sakura mi disse che
quell’uomo era stato tutt’altro che delicato con la ragazza, ma nonostante
avessero tutte le possibilità di fermarlo, non avevano il diritto di farlo,
essendo Miiko sotto la custodia del suo genitore.
Sakura aveva riferito all’uomo
che la ragazza aveva bisogno di riposo, ma non l’aveva minimamente considerata.
“Perché non me lo hai
riferito subito?” le chiesi arrabbiato.
“Te l’ho detto appena ho
potuto. Non posso assentarmi quando sono di turno all’ospedale, lo sai!”
Strinsi i pugni. Non era colpa
di Sakura e lo sapevo.
Mi scusai con lei, per poi
recarmi all’indirizzo che avevo letto sulla cartella di Miiko.
Dimenticai addirittura di
avvisare i miei altri due allievi, che non sarei giunto al campo di allenamento
all’orario stabilito, ma quella era un’emergenza…o forse io ingigantivo la
faccenda, ma qualcosa mi diceva di fare in fretta.
Non mi sorpresi quando vidi
Sakura seguirmi. Sicuramente, anche se aveva fatto il possibile, si sentiva in
colpa di non essere riuscita a fermare l’uomo.
“Abita in questo quartiere?”
chiese con una faccia un po’ schifata.
In effetti, non era un bel
luogo.
Non ero mai stato lì, ma
sapevo, che quel quartiere, era destinato agli ex ninja che il nostro villaggio
considerava feccia.
Probabilmente qualsiasi individuo
che incontravamo aveva commesso qualche reato e di sicuro era stato in prigione
qualche anno.
Per me, che davo una seconda
possibilità a chiunque, mi sembrava inaudito che questa gente, per degli errori
passati, fosse costretta a vivere in quartieri malfamati, dove la sporcizia e
la criminalità regnava sovrana.
In teoria avevano già pagato
per i loro crimini stando in prigione, perché continuare a punirli in quel
modo?
Ma sapevo di vederla solo io
in quella maniera.
Chiunque avrebbe detto che
se l’erano meritato. Forse è così.
Non sapevo che pensare. A
volte comincio a pensare di essere troppo fiducioso nel prossimo.
Le case erano tutte mal
fatte e con le pareti scrostate. C’era molta povertà in quella zona e una
possibile causa poteva essere la disoccupazione. Di fatto nessuno voleva avere
come dipendente un criminale, escludendo che il lavoro più diffuso era essere
ninja.
Di sicuro non si poteva più
contare su di loro.
Forse nemmeno io li avrei
fatti più diventare shinobi. Certo bisognerebbe prendere ogni singolo caso e
valutarlo attentamente.
C’erano anche molti bambini.
Loro cosa avevano fatto per
meritarsi di vivere lì? Nascere nella famiglia sbagliata? E Miiko era una di
queste creature?
Finalmente dopo essere
arrivati praticamente ai confini del villaggio, giungemmo a una casa
prefabbricata mal tenuta, con i vetri delle finestre rotte. Mi venne la pelle
d’oca a vederla.
Accanto alla porta c’era
scritto il nome della famiglia che viveva all’interno: Takada.
Purtroppo Miiko viveva
davvero in quel luogo. Fino all’ultimo sperai di aver sbagliato posto.
Non me lo sarei mai
aspettato. A differenza di tutti gli altri, lei sembrava comunque curare il suo
aspetto, forse proprio per non dare sospetti.
Feci un respiro profondo e
sentii la mano di Sakura sulla spalla, farmi coraggio.
Bussai e dopo diversi
secondi, sentimmo dei passi pesanti avvicinarsi alla porta.
Essa venne aperta da un uomo
di stazza grande, con barba e capelli mal curati, dalla canottiera bianca
sporca.
Ebbi un flash back. Era la
stessa persona da cui Miiko, due giorni prima, si nascondeva dietro di me, per
non essere vista.
Possibile che l’uomo che la
spaventava tanto, fosse quello che identificai come il padre.
“Chi diavolo siete?” ci
disse con una voce roca e un alito da persona che si era appena scolata una
cassa intera di birra.
“Sono Naruto Uzumaki,
l’insegnante di Miiko!” dissi.
L’uomo mi guardò con
indifferenza “Miiko non è in casa e mai lo sarà!” ci disse provando a sbatterci
la porta in faccia, ma in quel momento Sakura intervenne e spaccò la porta.
L’uomo cadde a terra per la
sorpresa ed io, approfittando del suo momento di distrazione, mi intrufolai
nella stanza.
Non era per niente grossa,
forse poco più grande del mio monolocale. Aveva due stanze e trovai Miiko nella
seconda, rannicchiata in un angolo che si teneva le ginocchia al petto.
La chiamai e per reazione la
ragazza alzò di scatto la testa, sorpresa di vedermi.
Suo padre probabilmente
l’aveva nuovamente picchiata. Speravo vivamente che non fosse così, ma l’uomo
di per sé, non faceva intendere niente di buono e le condizioni in cui era la
mia allieva, non fece altro che confermare i miei sospetti.
Aveva nuovi lividi e una
profonda ferita sulla testa.
La presi in braccio per
portarla fuori da quell’abitazione una volta per tutte.
Il padre mi si mise davanti
con un coltello in mano.
“Lascia immediatamente
andare mia figlia!” mi disse minaccioso “Tu non mi porterai via ciò che è mio!”
“E ti sembra questo il modo
di trattare tua figlia? Che razza di padre picchierebbe la propria bambina?”
gli dissi arrabbiato.
“Non sono affari che ti
riguardano! Io non vengo a dirti come trattare i tuoi figli, puoi farne quello
che vuoi, anche ucciderli, sai quanto me ne frega!” disse con arroganza.
“Sono affari che mi
riguardano. Fino a prova contraria, è una mia allieva e di sicuro mi sento più
io suo padre, di te che sei sangue del suo sangue!” dissi cercando di
trattenermi dal prenderlo a pugni.
Il padre si arrabbiò
maggiormente, quasi ringhiò e Miiko per istinto si aggrappò maggiormente alla
mia tuta in cerca di protezione.
L’uomo si avventò su di noi
caricando un colpo con l’arma da taglio ed io ebbi l’istinto di proteggere la
mia allieva, girandomi in modo tale, che l’arma colpisse solo me.
Gemetti, un’arma da taglio
impiantata nella schiena, non era uno scherzo.
Sakura urlò il mio nome,
prima di intervenire, con un forte pugno
che mise ko l’uomo.
Una volta usciti da quel
quartiere, Sakura si accinse a controllare la ferita, ma la fermai. Ci avrebbe pensato Kyuubi a guarire quel
graffietto, in quel momento Miiko aveva la priorità.
Per fortuna Sakura riuscì a
far rimarginare le nuove ferite e a sanare un po’ di quelle vecchie, ma la
spalla era ancora nelle stesse condizioni.
La fasciò nuovamente,
obbligando la ragazza a tenerla ferma il più possibile.
Sakura si offrì volontaria
per ospitare la ragazza, finchè l’hokage non avesse provveduto a trovare un
appartamentino anche per lei.
Feci per andarmene, per recarmi a terminare quello che avevo
iniziato, ma Miiko mi trattenne, come se non mi volesse vedere andar via.
“Ho un’idea Naruto. Perché non passi anche tu la notte a casa
mia?” mi chiese Sakura, vedendo l’atteggiamento di Miiko. Era ancora piuttosto
spaventata.
La mia amica viveva da sola
nella sua grande casa, da quando i suoi genitori erano periti durante la quarta
guerra ninja.
Accettai, sperando di far
calmare Miiko, ma essa continuò a non lasciarmi andare.
“Cosa c’è Miiko?” le chiesi
dolcemente.
Con la testa bassa e con una
voce lieve mi ringraziò. Non potei fare a meno di scompigliarle i capelli,
prima di andarmene.
In un batter d’occhio, fui
nuovamente nella casa di Miiko, dove il padre giaceva ancora a terra svenuto.
Me lo caricai sulle spalle e
lo portai da Kakashi con l’accusa di maltrattamento di minori e tentato
omicidio.
Inutile dire che venne
nuovamente sbattuto in prigione.
La sera, come promesso,
andai a casa di Sakura, anche se non propriamente da solo. Portai anche Sora ed
Eichi con me, anche se quest’ultimo dovetti trascinarlo di peso.
Quando entrammo, Sakura-chan
ci accolse calorosamente, chiedendoci di aspettare infondo alle scale che
portavano alle camere da letto al piano di sopra.
Cinque minuti dopo qualcuno,
piano piano, cominciò a scendere.
Era Miiko.
Sakura in quelle poche ore
che mi ero assentato, aveva provveduto alla ragazza in maniera eccezionale.
Non sembrava nemmeno la
solita ragazzina chiusa e schiva di sempre.
I capelli che le cadevano
sempre davanti agli occhi, erano in parte tenuti alti con delle bacchette e
Sakura le aveva prestato un dei suoi vestiti cinesi di quando aveva la sua età.
“Miiko, stai molto bene
così! Non sembri nemmeno tu!” le dissi sorridendo “Vero ragazzi?” dissi agli
altri miei due allievi.
Volevo che Miiko si sentisse
al sicuro e con chi ci si sente protetti, se non con le persone con cui si
trascorre la maggior parte della giornata?
I ragazzi non risposero,
erano intenti a guardare la loro compagna con le mandibole aperte a dismisura.
Miiko guardò Sakura non
capendo il perché i suoi due compagni, coloro che non stavano un momento zitti,
in quel momento si fossero come pietrificati.
“Hai fatto colpo!” le disse
Sakura e Miiko non potè fare a meno di arrossire.
Di certo non era abituata ad
avere tutte quelle attenzioni, ma ero sicuro che le apprezzasse.
Il primo a riprendersi fu
Sora, che le fece i complimenti, mentre Eichi rimase a fissarla con il rossore
sulle guance ancora per un po’.
“Cupido ha scoccato la sua freccia?” gli chiesi divertito.
In quel momento sembrò
uscire dal trans “Ma cosa vai farfugliando? Sei tutto matto!” mi disse mettendo
il broncio e facendomi scoppiare a ridere.
Sakura invitò i ragazzi a
restare a cena, con sommo piacere di questi che, a giudicare dai loro stomaci,
aveveno una fame da lupo.
Fu una bella serata e Miiko
qualche volta disse anche qualcosa.
La mia allieva era come un
bruco che non riusciva ad uscire dal suo involucro di seta, ma ora cominciava
lentamente a trasformarsi in una bellissima farfalla colorata.
La cena trascorse in fretta
e per i ragazzi, fu il momento di tornare alle proprie abitazioni.
“Aspettate!” disse Miiko con
sommo stupore di tutti.
Sentendosi al centro
dell’attenzione Miiko abbassò la testa, ma prendendo un profondo respiro,
timidamente disse “D-devo ancora presentarmi!”.
Sorrisi e anche i suoi
compagni.
Probabilmente la ragazza,
fino a quel momento non aveva parlato, perché aveva paura di farsi scappare
qualcosa sul conto del padre, il quale la minacciava di morte, se avesse detto
qualcosa.
“Allora muoviti, che sto
morendo di sonno!” disse Eichi con il suo solito atteggiamento, ma Miiko non
sembro prendersela.
“Mi
chiamo Miiko Takada. Detesto poche cose, tra cui la mia vita fino ad oggi,
invece ne amo moltissime. Il sole appena sorto, l’odore dell’erba bagnata dalla
rugiada la mattina. Gli uccellini che cinguettano allegri sugli alberi, la vita
in generale, la tranquillità e la pace. Ho una fifa tremenda per gli insetti,
ma adoro tutto il resto del regno animale. Il mio animale preferito è il gatto.
Il mio sogno è di diventare una Kunoichi forte e in gamba, capace di eliminare
le ingiustizie che ci sono nel mondo.” La ragazzina cominciò a piangere, ma
continuò a parlare “Scusate, solo che…sono felice di aver trovato delle persone
come voi…che mi hanno tirato fuori da quell’incubo! Grazie!” disse
singhiozzando.
Tutti
sorridemmo.
Eichi
mettendo le mani dietro la testa disse con finta aria annoiata “Certo che ora
che hai cominciato a parlare non la smetti più!” disse, per poi avvicinarsi a
lei e darle un suo fazzoletto per asciugare le lacrime “Tieni!” Miiko lo guardò
sorpresa di tale gesto, ma il ragazzino guardava altrove per l’imbarazzo.
Era
vero, Miiko era stata costretta al silenzio per troppo tempo, ora finalmente era
libera. Libera di parlare e di esprimere quello che voleva e libera di essere
se stessa.
Sorrisi.
Finalmente
potevo cominciare a considerare quei tre come una vera squadra o almeno
considerare quella serata come un grosso passo avanti.
Passarono
giorni in cui dovetti allenare solo due dei miei allievi. Miiko era ancora
fuori combattimento a causa della spalla, ma nonostante potesse rimanere
indietro, decisi di andare avanti con gli altri due. Ero sicuro che la ragazza
sarebbe riuscita a recuperare. Essa aveva dimostrato una tempra forte e
determinata o non avrebbe resistito alle percosse del padre fino a quel
momento.
Portai
i due ragazzi sul monte degli Hokage per
fare loro un po’ di storia.
“Bene,
chi mi sa dire i fondatori del nostro villaggio?” chiesi.
“Che
domanda idiota, il primo hokage no? Se no, non sarebbe il primo!” disse
logicamente Eichi.
“Si,
ma anche il secondo! Furono loro due insieme a dar vita a Konoha, con l’aiuto
anche degli Uchiha!” disse intervenendo Sora “l’abbiamo studiato l’hanno
scorso, non ricordi?”
“Si,
si!” disse sbuffando il figlio di Kakashi.
“Esatto
Sora. Ora chi mi sa dire su quale testa ci troviamo?” chiesi.
“Il
quarto hokage! Questa la so. È colui che, trent’anni fa, ha ucciso la volpe a
nove code, salvando il villaggio, purtroppo per lui è morto a causa di quel
demone!” disse Eichi.
“Eichi?
Come poteva morire a causa del demone, se l’ha ucciso lui? è resuscitato un
attimo per ucciderlo?” chiesi divertito.
Eichi
arrossì “Va bhe, ha sigillato il demone con il sigillo del diavolo. Volevo
renderla più semplice!”
Sora
alzò la mano “Si parla sempre del fatto che il demone è stato sigillato. Questo
significa che è ancora vivo, quindi dove
si trova?”
Sospirai
di certo non volevo far sapere loro la mia condizione di jinchuuriki.
“Bhe
dentro a qualcosa. Di sicuro non è allo stato brado se no, ciao Konoha!” dissi
scrollando le spalle.
“Dentro
qualcosa o qualcuno!” disse Eichi “Papà mi ha detto che il kazekage di Suna è
stato un jinchuuriki, però ora non lo è più perché…bhe il perché non lo so!”
“Non
ha importanza del perché!” dissi.
“Quindi
un demone si può sigillare all’interno di un uomo? Che cosa orribile da fare! E
cosa succede alla persona che viene scelta?”
“A
quanto pare viene eletto capo di un villaggio!” disse Eichi infastidito.
“Secondo
questo ragionamento anche tuo padre ha un demone sigillato in sè!” gli feci notare.
Eichi
scosse la testa “Ma non è pericoloso una persona che ha il potere del demone?”
“Si
e no, dipende da vari fattori, da come cresce, da com’è trattato, dalle
condizioni fisiche e dall’umore!” dissi io parlando per esperienza personale.
“Ma
un bijuu è una creatura straordinariamente forte, è assurdo che una persona
riesca a conviverci e a non soccombere al suo potere!” intervenne Sora.
“Dipende
anche li. Non si prendono persone a
caso, ma che hanno delle abilità speciali!” dissi sperando che non mi
chiedessero quali tipo di abilità.
“Comunque
i bijuu sono nove. Sono tutti sigillati dentro a persone?” chiese Sora “Sai, mi
spaventa un po’ questa cosa. non vorrei trovarmi davanti a una persona del
genere, soprattutto quando non è dell’umore giusto!”
Risi
divertito dalla situazione, se solo avesse saputo.
“Non
ti preoccupare. Da quello che so l’unico bijuu rimasto in vita, è proprio il
nostro caro vecchio Kyuubi!” dissi.
“Tu
hai mai incontrato un jinchuuriki?” mi chiese Eichi.
Annuii
e informai loro di averne incontrati anche più di uno.
“E
sei ancora vivo?” chiese Eichi.
“Vi
sembro un fantasma? Ma scusate, è da ore che vi sto dicendo che un jinchuuriki
non è sempre una persona pericolosa e voi continuare a fare discorsi del
tipo…incontrare un jinchuuriki equivale alla morte!” dissi cercando di
mascherare il mio fastidio.
“Senti
puoi dirci quello che vuoi, ma io non credo che si possa essere amici di un
Jinchuuriki. Che tu ci possa tranquillamente parlare insieme e prenderci una
bella tazza di thè. Secondo me l’unica cosa che si può fare, è combatterlo e
sperare che ti vada bene!” disse Eichi fermamente convinto.
“Secondo
me non puoi nemmeno sperare di sopravvivere…è un demone” disse invece Sora.
“Anche
li non è vero. Dipende anche quello dalle situazioni!” dissi sospirando.
“Ne
parli come se ne avessi affrontato uno!” disse Eichi.
“Ed
è così!” dissi facendo ammutolire i presenti.
“Vi
devo ricordare che il Kazekage è un mio caro amico? Già da quando era un
jinchuuriki?”
“Si,
questo lo sapevamo, ma pensavamo dopo che fosse diventato una persona normale!”
disse Eichi.
Scossi
la testa e raccontai loro, senza andare troppo nei particolari, il mio incontro
con Gaara e del nostro scontro.
“Quindi
dopo averlo battuto, lui è magicamente cambiato ed è riuscito a tenere a bada
il suo demone?” mi chiese Eichi, non del tutto convinto.
“Il
mio potere di cambiare le persone fa miracoli!” dissi buttandolo sullo scherzo
“Comunque il nostro argomento erano gli hokage, non i bijuu!”
“I
bijuu sono più interessanti. Nessuno parla di loro, dei kage sappiamo tutto. Si
sa anche chi sarà il prossimo hokage!” disse Eichi con faccia fiera “Cioè io!”
Sospirai,
davvero delle volte vedevo me stesso in quel ragazzino.
Stavo
per riprendere a parlare quando mi ricordai di una mia curiosità. Chiesi a Sora
del perché quando chiesi loro di scovare le mie tracce e di risalire al sotto
scritto, non avesse usato il Byakugan.
Sora
abbassò la testa e imbarazzato ammise di non saperlo usare. Subito Eichi non
perse l’occasione di prenderlo in giro, dovetti intervenire per fargli chiudere
il becco.
“Facile
giudicare quando non si hanno abilità innate Eichi. Tuo padre ne ha una,
chiedigli se è un gioco da ragazzi utilizzarlo, dato che a me a malapena credi!”
Eichi
mise il broncio. Non ci potevo proprio dialogare con quel moccioso.
“Comunque
Sora, non preoccuparti, quando sarà il momento sarai in grado di utilizzarlo.
Io non posso darti consigli dato che non so esattamente come si faccia ad
attivare un’arte oculare, ma nel tuo clan ci sarà qualcuno disposto a
insegnarti!”
Il
ragazzo annuì, ma mi confidò che un po’ si vergognava a far sapere che all’età
di dodici anni non sapesse ancora farlo funzionare.
“Secondo
me è più figo lo sharingan!” disse Eichi.
Sorrisi
e ringraziai il fatto che quel marmocchio non fosse figlio di Sasuke o un
Uchiha, sarebbe stata la fine.
“Più
figo o meno, sono dotato del byakugan e quello mi tengo!” disse Sora cercando
di non intraprendere un altro battibecco con il compagno.
“Ogni
abilità innata ha delle doti e dei difetti. L’importante e che se ce le hai, tu
le metta al servizio delle persone che ne hanno bisogno. Non devono essere
viste come un vanto con cui considerarsi superiori, proprio come fanno gli
Uchiha e gli Hyuuga. Tutti i ninja sono uguali, con o senza abilità innate,
chiunque può diventare una leggenda. Guardate il quarto hokage, non era
impossesso né di sharingan, né di byakugan eppure è considerato una persona
dalle grandi abilità e dalle doti straordinarie. Personalmente ammiro maggiormente
coloro che ottengono una cosa con l’impegno e la fatica, di coloro che ce
l’hanno già dalla nascita. Le seconde tendono troppo a credere di essere chi sa
chi e a sottovalutare gli altri!”
Era
una cosa importante questa dal mio punto di vista, ma per mia fortuna Sora non
era il tipo di ragazzino che si sarebbe vantato del suo potere ed Eichi non
avrebbe potuto farlo neanche volendo, poiché suo padre aveva lo sharingan solo
per acquisizione e non per nascita.