C’era una volta, in un mondo fatato lontano lontano... un piccolo regno dove il re e la regina avevano due bellissimi bambini.
Il principe era molto bello e
ammirato da tutte le ragazze del suo regno. Era forte, coraggioso e pronto a
tutto pur di salvare il suo regno.
Anche la principessa era molto bella e corteggiata dai principi dei regni vicini, ma lei non amava la vita di corte, si sentiva in gabbia, intrappolata tra regole e comportamenti ferrei da seguite, tabelle di marcia frenetiche, non aveva mai tempo per coltivare i suoi sogni o, semplicemente, per fare una lunga cavalcata nei boschi.
Un giorno la principessa conobbe
un bellissimo soldato di un regno vicino e si innamorarono, l’amore era forte e
i due presto capirono che il loro futuro era restare insieme per sempre.
Quello che nessuno sapeva era
che un principe di un regno lontano e sconosciuto, aveva notato la principessa
durante uno dei suoi viaggi e se n’era innamorato immediatamente, a prima
vista. Quando tornò nel suo regno desolato e tetro, il suo unico desiderio e
pensiero era quello di chiedere la mano a quella bellissima e dolcissima
principessa. Tornò nel regno deciso a dichiararsi ma quando vide che la sua
amata stava per sposare un altro uomo, tutto l’amore che aveva nel cuore si tramutò
in puro odio e decise di vendicarsi di quella donna che gli aveva spezzato il
cuore...
Iniziò così una lunga guerra tra
il bene e il male, il principe non volle sapere di ritirarsi e minacciò di
distruggere l’intero pianeta se la principessa non lo avesse sposato...
La campanella destò i bambini del secondo anno d’asilo da quel torpore che li aveva avvolti da quando la loro maestra si era seduta sul tappeto per raccontare una delle sue meravigliose storie.
- Oh com’é tardi. – fece la
maestra alzandosi in piedi – I vostri genitori arriveranno tra qualche minuto,
forza andate a prendere le vostre cose.
Un mormorio generale di
disapprovazione si alzò dai bambini ancora seduti a gambe incrociate con gli
occhietti sognanti.
- Andiamo bambini, riprenderemo la storia un altro giorno. – sorrise guardandoli con un lieve sorriso.
Sbuffando i piccoli si alzarono
e si diressero ai rispettivi appendiabiti per prendere i cappotti.
Una piccola bambina dai lunghi
capelli castani tirò il grembiule della maestra.
- Maestra Usagi...- disse
timidamente succhiandosi il pollice.
Usagi abbassò lo sguardo e
sorrise, si abbassò all’altezza della bambina e le tolse dolcemente il pollice
dalla bocca.
- Le signorine non si succhiano
il pollice. – le disse accarezzandole la testa – Cosa c’é tesoro?
- La principessa non lo sposa il
principe cattivo vero?
- Tu vuoi che lei sposi il
soldato?
La piccola annuì vigorosamente.
- L’amore trionfa sempre Joey,
ricordalo.
Soddisfatta la bambina corse
verso il suo cappottino rosso sotto lo sguardo divertito di Usagi, ormai grande
e adulta.
La donna guardò ancora per
qualche istante la sua classe, poi si alzò e si guardò la fede che portava al
dito da poco più che un anno.
- Già..- mormorò ricordato tutto
quello che aveva passato fin da quando aveva quattordici anni – l’amore trionfa
sempre.
***
Un giovane medico stava tornando a casa dopo una giornata di lavoro particolarmente faticosa. Camminava velocemente cercando di arrivare tra le braccia della sua mogliettina il prima possibile, le era mancata tanto durante quella giornata, fare il medico era un lavoro duro soprattutto quando sembrava che l’intero genere umano avesse deciso di morire tutto in solo colpo e, per di più, durante il suo turno.
Si fermò davanti alla vetrina di
una pasticceria guardando tutti i dolci esposti, i suoi pensieri volarono
immediatamente all’espressione che avrebbe avuto Usagi se li avesse visti.
Sorrise ed entrò deciso a dimenticare quell’interminabile giornata lavorativa.
Entrò nel palazzo visibilmente
contento, i malesseri e i malumori furono dimenticati del tutto, ora sperava
solo in una romantica e rilassante serata con la donna della sua vita.
Entrò in ascensore e premette il
pulsante, mentre le porte si stavano chiudendo Mamoru sentì la voce di una
donna.
- Aspetti!
Velocemente il ragazzo mise una
mano tra le porte facendole riaprine, una donna dai lunghi capelli neri entrò
di corsa.
- Grazie..- ansimò appoggiandosi
alla parete dell’ascensore.
- Piano?- chiese Mamoru
gentilmente.
- Quinto.
Mamoru premette il pulsante e
focalizzò la ragazza, non ricordava che accanto a lui e Usagi ci fosse una
nuova inquilina, poi ricordò che il vecchio proprietario del 5-C era deceduto
da qualche mese e i famigliari avevano venduto l’appartamento. Probabilmente
lei era la nuova vicina.
- Piacere, - fece Mamoru
porgendole la mano – sono Mamoru Chiba.
La ragazza alzò lo sguardo e
fece un sorriso.
- Haruna Ishizaki, piacere mio. – e gli strinse la mano.
Accadde tutto in un attimo,
Mamoru sentì come una scarica di energia pura arrivare da quella lieve stretta,
una strana sensazione si impadronì di lui.
Haruna...
questo nome gli suonava, stranamente, famigliare.
Mamoru la osservò per qualche
secondo, non doveva esser molto più grande di Usagi, anzi probabilmente erano
coetanee, aveva lunghi capelli neri che le arrivavano fino a metà schiena,
anche gli occhi erano azzurri come l’oceano ed altrettanto profondi, la pelle
era chiara e sembrava essere molto liscia, quasi fosse porcellana.
Tutto questo gli sembrava famigliare, aveva la netta sensazione di conoscere quella ragazza, magari era una sua amica d’infanzia, un’amica che aveva dimenticato dopo l’incidente con i suoi genitori.
- Ti senti bene?- chiese Haruna
notando il colorito pallido che aveva assunto il volto di Mamoru
all’improvviso.
- Come? Cosa? Sì, va... va tutto
bene scusa. Ho solo la strana sensazione di conoscerti. Non é che ci siamo già
incontrati qualche volta?
La ragazza scosse il capo.
- Impossibile, sono appena arrivata a Tokyo da un paese molto più lontano e non avevo mai messo piede in questa città. Probabilmente ti confondi con qualcun altro.
- Già,- sospirò Mamoru non del
tutto convinto – deve esser così.
- Oppure, - scherzò Haruna – ci
siamo già incontrati in una vita precedente!
- Beh non sarebbe la prima volta
che mi capita una cosa del genere. – pensò Mamoru,
senza però dire nulla e limitandosi a fissare le porte lucide dell’ascensore.
Arrivarono al piano e si
incamminarono verso i rispettivi appartamenti.
- Siamo vicini, - constatò
Haruna – beh buona serata.
- Grazie, - rispose Mamoru
prendendo le chiavi di casa – buona serata anche a te.
Appena entrato in casa il rumore
di pentole che cadevano a terra gli fece dimenticare quella ragazza strana
dell’ascensore.
- Oh no!- pensò posando la borsa
sul divano – Usagi sta cucinando!
In un anno di matrimonio Usagi
si era dedicata alla cucina solo per scaldare gli avanzi o per mettere in forno
qualcosa preso dalla rosticceria sotto casa. Solitamente cucinava lui quando
non aveva il turno del pomeriggio, ogni tanto Usagi si impuntava di preparare
qualche piatto “vero”, ce la metteva tutta ma, chissà poi perché, quello che
usciva era immangiabile.
Ecco... ora era in quel momento
di assoluta fiducia nelle sue scarsissime qualità culinarie, sospirò e si
diresse verso la cucina pronto per andare a letto a digiuno.
- Amore mio...- disse con
un’espressione poco allegra – stai cucinando?
- Eccoti a casa!- sorrise Usagi
buttandogli le braccia attorno al collo – Ho preparato un po’ di riso, non ti
preoccupare per il disordine sistemo tutto io dopo cena.
Mamoru sospirò di nuovo
constatando che per pulire quel macello ci sarebbero voluti almeno due giorni.
- Usagi, - sorrise lui
speranzoso di risolvere la situazione e, soprattutto, di mettere qualcosa sotto
i denti – volevo portarti fuori a cena.
- Non dire sciocchezze!- rispose
lei tornando a cucinare – Ho quasi finito e poi so bene che quando torni a casa
a quest’ora sei stanco morto. Vai a farti una bella doccia calda e, quando
tornerai, tutto sarà pronto.
Demoralizzato Mamoru andò verso
il bagno, mentre si spogliava il suo stomaco brontolò richiedendo cibo.
- Amico mio, - sospirò il medico
mettendosi una mano sullo stomaco – mi sa tanto che questa sera ci dobbiamo
accontentare solo dei pasticcini.
Aprì l’acqua e si buttò sotto lo
scroscio, mentre si lavava i capelli sorrise, non importava se non avrebbe
mangiato, era con la donna della sua vita poteva benissimo anche stare solo con
lei senza mai toccare cibo.
Ora che era a casa, al caldo e
con Usagi, tutte le preoccupazioni furono definitivamente archiviate, il lavoro
e l’episodio dell’ascensore non erano mai accadute... c’era solo la sua piccola
famiglia.